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Comunicati stampa

L'Information Science (IS) è un settore professionale e di ricerca interdisciplinare che si occupa della gestione dell'informazione
in tutti i suoi aspetti. La formazione dei "professionisti dell'informazione", tradizionalmente affidata alle facoltà umanistiche con
programmi più o meno specifici per la formazione del personale per biblioteche, archivi e centri di documentazione, si sta di
necessità riconfigurando e aprendo ad altre discipline come l'economia, le scienze sociali e l'informatica per far fronte alle
esigenze della moderna società dell'informazione.
La scuola estiva è aperta ai laureandi e neo-laureati triennali delle università europee interessati a questo settore, che potrebbero
decidere di iscriversi successivamente a una laurea magistrale in Information Science (ad esempio Digital Humanities,
Data Science, Computer Science) in Italia o all'estero. È un'occasione di apprendimento unica, che prevede una settimana intensiva
di lezioni e esercitazioni insieme a un gruppo internazionale di studenti e docenti, in un luogo storico nel cuore dell'Austria.

La scuola estiva è organizzata nell'ambito del progetto Erasmus+ EINFOSE , di cui l'Università di Pisa è partner.

Per gli studenti segnalati dai partner sono previsti rimborsi spese di viaggio e partecipazione a carico del progetto.

La pagina della summer school con le modalità di partecipazione e modulo per presentare la domanda è on-line sul sito della Università di Graz:
https://informationswissenschaft-wirtschaftsinformatik.uni-graz.at/de/essis-2018/

La scadenza per inoltrare la domanda di partecipazione è il 30 aprile 2018.

Referenti per l'Università di Pisa:
Salvatore Ruggieri (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.)
Alessandro Gandolfo (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.)
Enrica Salvatori (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.)
Maria Simi (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.)

I geologi li chiamano “terremoti silenti” perché non producono onde sismiche, e tuttavia l’ipotesi è che siano dei “campanelli di allarme” per tsunami e grandi eventi sismici. Per la prima volta una campagna oceanografica realizzata nell’ambito dell’International Ocean Discovery Program (IODP), un programma internazionale di ricerca in mare che ha l’obiettivo di decifrare la storia e le dinamiche del pianeta Terra, studierà questo fenomeno. Francesca Meneghini del dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa è l’unica italiana del team internazionale composto da una trentina di ricercatori - fra statunitensi, giapponesi, neozelandesi ed europei - che sarà in missione per due mesi, dall’8 marzo al 5 maggio, su una nave oceanografica al largo della Nuova Zelanda.
Scoperti solo recentemente, i “terremoti silenti” sono scivolamenti lenti delle pacche terrestri lungo una faglia che possono andare da pochi millimetri a qualche decimetro e durare settimane o mesi. Soprattutto, si tratta di movimenti che avvengono ad una velocità intermedia tra quella tipica delle placche tettoniche che è di 1-10 cm all’anno a quella necessaria a generare terremoti, che è intorno a 1 metro al secondo.
“I collegamenti ipotizzati tra terremoti silenti e grossi sismi e tsunami - sottolinea Francesca Meneghini – pongono con urgenza alla ricerca scientifica il compito di decifrare le caratteristiche geologiche e geofisiche di questo fenomeno”.
L’obiettivo della campagna internazionale (di cui questa spedizione fa parte dopo una precedente del dicembre scorso) è quindi quello di investigare le condizioni in situ e i processi attivi in un’area in cui la placca pacifica scende in “subduzione" al di sotto del continente neozelandese. Per compiere lo studio la nave oceanografica eseguirà, a circa 2-300 metri sotto la superficie dell’acqua, tre perforazioni e carotaggi di circa 800 metri di profondità nel fondale marino. L’idea dei ricercatori è quella di caratterizzare chimico-fisicamente e geologicamente il materiale che “entra” nella zona di subduzione e quello deformato lungo la faglia che separa la placca pacifica e quella neozelandese cercando di decifrare come sedimenti e rocce si modificano.
“Poiché i terremoti silenti possono durare anche settimane o mesi – conclude Francesca Meneghini – installeremo anche degli “osservatori in pozzo” per monitorare le variazioni delle condizioni fisico-chimiche nel tempo, con la speranza di “registrare” anche a distanza uno di questi fenomeni”.

 

I geologi li chiamano “terremoti silenti” perché non producono onde sismiche, e tuttavia l’ipotesi è che siano dei “campanelli di allarme” per tsunami e grandi eventi sismici. Per la prima volta una campagna oceanografica realizzata nell’ambito dell’International Ocean Discovery Program (IODP), un programma internazionale di ricerca in mare che ha l’obiettivo di decifrare la storia e le dinamiche del pianeta Terra, studierà questo fenomeno. Francesca Meneghini del dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa è l’unica italiana del team internazionale composto da una trentina di ricercatori - fra statunitensi, giapponesi, neozelandesi ed europei - che sarà in missione per due mesi, dall’8 marzo al 5 maggio, su una nave oceanografica al largo della Nuova Zelanda.

 

francesca_meneghini

Francesca Meneghini, ricercatrice di Scienze della Terra dell'Ateneo


Scoperti solo recentemente, i “terremoti silenti” sono scivolamenti lenti delle pacche terrestri lungo una faglia che possono andare da pochi millimetri a qualche decimetro e durare settimane o mesi. Soprattutto, si tratta di movimenti che avvengono ad una velocità intermedia tra quella tipica delle placche tettoniche che è di 1-10 cm all’anno a quella necessaria a generare terremoti, che è intorno a 1 metro al secondo. “I collegamenti ipotizzati tra terremoti silenti e grossi sismi e tsunami - sottolinea Francesca Meneghini – pongono con urgenza alla ricerca scientifica il compito di decifrare le caratteristiche geologiche e geofisiche di questo fenomeno”.

 

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La nave oceanografica statunitense “Joides Resolution” utilizzata per la spedizione

L’obiettivo della campagna internazionale (di cui questa spedizione fa parte dopo una precedente del dicembre scorso) è quindi quello di investigare le condizioni in situ e i processi attivi in un’area in cui la placca pacifica scende in “subduzione" al di sotto del continente neozelandese. Per compiere lo studio la nave oceanografica eseguirà, a circa 2-300 metri sotto la superficie dell’acqua, tre perforazioni e carotaggi di circa 800 metri di profondità nel fondale marino. L’idea dei ricercatori è quella di caratterizzare chimico-fisicamente e geologicamente il materiale che “entra” nella zona di subduzione e quello deformato lungo la faglia che separa la placca pacifica e quella neozelandese cercando di decifrare come sedimenti e rocce si modificano.

“Poiché i terremoti silenti possono durare anche settimane o mesi – conclude Francesca Meneghini – installeremo anche degli “osservatori in pozzo” per monitorare le variazioni delle condizioni fisico-chimiche nel tempo, con la speranza di “registrare” anche a distanza uno di questi fenomeni”.



Il dipartimento di Chimica e Chimica industriale dell'Università di Pisa partecipa a un programma di ricerca internazionale che mira a sviluppare un dispositivo in grado di fornire una diagnosi rapida e affidabile di scompenso cardiaco da campioni di saliva. Il progetto, denominato KardiaTool, è stato finanziato dalla Commissione europea nell'ambito di "Horizon 2020" con 4,9 milioni di euro per i prossimi tre anni e mezzo. Il dipartimento pisano fa parte di un consorzio costituito da 14 partner di 10 diversi paesi (Belgio, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Regno Unito, Spagna e Stati Uniti), con la presenza di università, centri di ricerca e imprese che insieme forniscono le garanzie necessarie per la riuscita del progetto in tutte le fasi di sviluppo. Per l'Italia è coinvolto anche l'Istituto di Fisiologia Clinica (IFC) del CNR, mentre capofila internazionale del progetto è l'Università di Lione.
La piattaforma KardiaTool includerà un dispositivo portatile, KardiaPOC, per permettere al medico di rilevare in modo rapido e accurato alcuni biomarcatori di scompenso cardiaco. Tale piattaforma sarà associata al dispositivo KardiaLOC, un laboratorio-on-a-chip monouso e a basso costo, che integrerà sensori, con relativa biochimica di rivelazione basata su nanoparticelle magnetiche funzionalizzate, attuatori, sistemi microelettromeccanici e microfluidici in un unico spazio, per rilevare i biomarcatori in campioni di saliva. Inoltre, la piattaforma includerà anche KardiaSoft, un software di supporto decisionale basato su tecniche di modellazione predittiva che analizzerà i dati misurati dal KardiaPOC e fornirà informazioni sullo stato dello scompenso cardiaco e sull’efficacia della terapia.
"Nell'ambito di questo mega progetto internazionale - ha detto il professor Roger Fuoco, ordinario di Chimica analitica e referente scientifico dell'Università di Pisa - il dipartimento di Chimica e Chimica industriale metterà a punto le procedure di controllo e assicurazione di qualità dei risultati e coordinerà le attività previste in un trial pre-clinico in collaborazione con l’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR di Pisa, di cui è referente la dottoressa Maria Giovanna Trivella, e, come terza parte, con la Fondazione Toscana Gabriele Monasterio. In particolare, i biomarcatori selezionati saranno misurati nei campioni di saliva dei pazienti sia con il dispositivo POC che mediante procedure analitiche di riferimento sviluppate presso il dipartimento. I due gruppi di dati analitici saranno analizzati e confrontati utilizzando strumenti statistici appropriati e le prestazioni del dispositivo KardiaPOC saranno valutate in termini di esattezza, precisione, specificità, interferenze e tempo di risposta".

In occasione delle prossime elezioni politiche del 4 marzo 2018, il Senato Accademico, nella seduta dello scorso 19 gennaio, ha deliberato la sospensione delle attività didattiche nell’intera giornata di sabato 3 marzo e di lunedì 5 marzo 2018.

elezioni politiche4

Il dipartimento di Chimica e Chimica industriale dell'Università di Pisa partecipa a un programma di ricerca internazionale che mira a sviluppare un dispositivo in grado di fornire una diagnosi rapida e affidabile di scompenso cardiaco da campioni di saliva. Il progetto, denominato KardiaTool, è stato finanziato dalla Commissione europea nell'ambito di "Horizon 2020" con 4,9 milioni di euro per i prossimi tre anni e mezzo. Il dipartimento pisano fa parte di un consorzio costituito da 14 partner di 10 diversi paesi (Belgio, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Regno Unito, Spagna e Stati Uniti), con la presenza di università, centri di ricerca e imprese che insieme forniscono le garanzie necessarie per la riuscita del progetto in tutte le fasi di sviluppo. Per l'Italia è coinvolto anche l'Istituto di Fisiologia Clinica (IFC) del CNR, mentre capofila internazionale del progetto è l'Università di Lione.

 gruppo Fuoco

La piattaforma KardiaTool includerà un dispositivo portatile, KardiaPOC, per permettere al medico di rilevare in modo rapido e accurato alcuni biomarcatori di scompenso cardiaco. Tale piattaforma sarà associata al dispositivo KardiaLOC, un laboratorio-on-a-chip monouso e a basso costo, che integrerà sensori, con relativa biochimica di rivelazione basata su nanoparticelle magnetiche funzionalizzate, attuatori, sistemi microelettromeccanici e microfluidici in un unico spazio, per rilevare i biomarcatori in campioni di saliva. Inoltre, la piattaforma includerà anche KardiaSoft, un software di supporto decisionale basato su tecniche di modellazione predittiva che analizzerà i dati misurati dal KardiaPOC e fornirà informazioni sullo stato dello scompenso cardiaco e sull’efficacia della terapia.

"Nell'ambito di questo mega progetto internazionale - ha detto il professor Roger Fuoco, ordinario di Chimica analitica e referente scientifico dell'Università di Pisa - il dipartimento di Chimica e Chimica industriale metterà a punto le procedure di controllo e assicurazione di qualità dei risultati e coordinerà le attività previste in un trial pre-clinico in collaborazione con l’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR di Pisa, di cui è referente la dottoressa Maria Giovanna Trivella, e, come terza parte, con la Fondazione Toscana Gabriele Monasterio. In particolare, i biomarcatori selezionati saranno misurati nei campioni di saliva dei pazienti sia con il dispositivo POC che mediante procedure analitiche di riferimento sviluppate presso il dipartimento. I due gruppi di dati analitici saranno analizzati e confrontati utilizzando strumenti statistici appropriati e le prestazioni del dispositivo KardiaPOC saranno valutate in termini di esattezza, precisione, specificità, interferenze e tempo di risposta".

Nella foto in alto da sinistra: Silvia Ghimenti, Tommaso Lomonaco, Francesca Bellagambi, Fabio Di Francesco, Roger Fuoco, Denise Biagini.

Giovedì, 01 Marzo 2018 09:42

Due selezioni pubbliche cat. B3. Scad 29/03

È un sistema per rintracciare le biciclette rubate, in grado di permettere l'identificazione della propria bici da parte della Polizia Municipale, che poi avviserà i cittadini del ritrovamento del mezzo grazie a una app installata sui nostri cellulari. Il suo nome è SaveMyBike ed è stato sviluppato al dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa nell’ambito di un progetto cofinanziato dalla Regione Toscana all’interno del Programma operativo del Fondo Europeo di sviluppo regionale, in cui ricerca e tecnologia si mettono al servizio delle due ruote, per sostenere e incentivare la diffusione delle biciclette in ambito urbano.
“Uno dei problemi principali connessi all’uso delle biciclette – spiega il professor Paolo Nepa – è quello dei furti. Questo è uno degli aspetti su cui ci siamo concentrati sin dall'inizio e il risultato, presentato pochi giorni fa, è un sistema per rintracciare le biciclette rubate. Il sistema si compone di sensori che vengono installati sul veicolo, e di una app, che si chiama GOOD_GO, tramite la quale i cittadini possono caricare la foto della propria bici e denunciarne il furto. Quando un ausiliare del traffico o un vigile, mediante un lettore portatile dei tag, ritrova una bici rubata, il suo cellulare manda l'avviso di ritrovamento al legittimo proprietario mediante la app”. L'esperimento pilota verrà condotto nel Comune di Livorno, dove il sistema sarà installato gratuitamente su un migliaio di biciclette. Infine, tramite GOOD_GO i cittadini possono partecipare a un gioco sociale, che premia con diversi incentivi i comportamenti ecologicamente più sostenibili, in modo da sostituire sempre di più l'uso dell'auto con quello delle due ruote.
Il progetto è coordinato da Tages, società cooperativa Pisana che opera nel campo della pianificazione e progettazione dei sistemi di mobilità e trasporto delle persone e delle merci e oltre al dipartimento di Ingegneria dell'Informazione dell'Università di Pisa, vi partecipano il Polo Universitario Sistemi Logistici di Livorno e le aziende Geosolutions sas e NewGOO srl. “Al momento – conclude il professor Nepa – stiamo per terminare la fase di avvio del prototipo della piattaforma GOOD_GO. Una volta pronta, sarà importante che il maggior numero possibile di cittadini si iscriva al sistema per poter partecipare al sistema di premialità per la mobilità sostenibile, e dare un contributo al miglioramento dello stile di vita collettivo e della città in cui viviamo”.

Secondo la classifica del QS World University Rankings appena uscita, l’Ateneo pisano è primo in Italia per la Matematica (insieme al Politecnico di Milano e alle Università di Bologna e La Sapienza di Roma) e secondo per Fisica e Astronomia, il che a livello mondiale significa un posizionamento tra i primi 10% degli atenei censiti. A questo risultato si aggiunge anche il successo in “Scienze dell’Antichità” (“Classics” per il Qs) dove l’Università di Pisa è 12esima al mondo e seconda in Italia dopo La Sapienza di Roma.
“Oltre a confermare il primato nelle discipline scientifiche per cui il nostro Ateneo è conosciuto in tutto il mondo – commenta il rettore dell’Università di Pisa Paolo Mancarella - siamo particolarmente soddisfatti che il ranking del QS premi anche le discipline classiche, un altro ambito che a Pisa ha una lunga e prestigiosa tradizione. Abbiamo migliorato il nostro posizionamento in tutte le aree, segno che i semi che abbiamo gettato stanno cominciando a germogliare”.
Per l’edizione 2018, l’agenzia QS ha classificato più di 4.500 università del mondo, la maggior parte appartenenti ai paesi OCSE ed alla Cina, valutando 48 discipline suddivise in 5 macro settori sulla base di indicatori come la qualità della ricerca e la reputazione degli atenei.
La nostra Università è presente in tutti i macro settori e migliora ovunque il proprio piazzamento: in particolare è tra le prime cento al mondo in Scienze Naturali, dove avanza di quattro posizioni rispetto al 2017, ed è 160ma in Ingegneria e Tecnologia dove guadagna ben 36 posizioni.
La buona performance dell’Ateneo è inoltre confermata anche dagli altri posizionamenti raggiunti nelle singole discipline: tra le prime 150 in Computer Science ed in Electrical Engineering, e tra le prime 200 in Medicina, Farmacia, Scienze Agrarie, Statistica, Archeologia.
“Quando, come in questo caso – aggiunge il professor Francesco Marcelloni, prorettore alle cooperazione e relazioni internazionali – le classifiche si basano su parametri veramente significativi per valutare l’eccellenza, quali reputazione internazionale e indicatori quantitativi per la ricerca, l’Università di Pisa si colloca tra i migliori atenei del pianeta”.

 

Secondo la classifica del QS World University Rankings appena uscita, l’Ateneo pisano è primo in Italia per la Matematica (insieme al Politecnico di Milano e alle Università di Bologna e La Sapienza di Roma) e secondo per Fisica e Astronomia, il che a livello mondiale significa un posizionamento tra i primi 10% degli atenei censiti. A questo risultato si aggiunge anche il successo in “Scienze dell’Antichità” (“Classics” per il Qs) dove l’Università di Pisa è 12esima al mondo e seconda in Italia dopo La Sapienza di Roma.

 

qs logo

“Oltre a confermare il primato nelle discipline scientifiche per cui il nostro Ateneo è conosciuto in tutto il mondo – commenta il rettore dell’Università di Pisa Paolo Mancarella - siamo particolarmente soddisfatti che il ranking del QS premi anche le discipline classiche, un altro ambito che a Pisa ha una lunga e prestigiosa tradizione. Abbiamo migliorato il nostro posizionamento in tutte le aree, segno che i semi che abbiamo gettato stanno cominciando a germogliare”.

Per l’edizione 2018, l’agenzia QS ha classificato più di 4.500 università del mondo, la maggior parte appartenenti ai paesi OCSE ed alla Cina, valutando 48 discipline suddivise in 5 macro settori sulla base di indicatori come la qualità della ricerca e la reputazione degli atenei.

La nostra Università è presente in tutti i macro settori e migliora ovunque il proprio piazzamento: in particolare è tra le prime cento al mondo in Scienze Naturali, dove avanza di quattro posizioni rispetto al 2017, ed è 160ma in Ingegneria e Tecnologia dove guadagna ben 36 posizioni.

La buona performance dell’Ateneo è inoltre confermata anche dagli altri posizionamenti raggiunti nelle singole discipline: tra le prime 150 in Computer Science ed in Electrical Engineering, e tra le prime 200 in Medicina, Farmacia, Scienze Agrarie, Statistica, Archeologia.


“Quando, come in questo caso – aggiunge il professor Francesco Marcelloni, prorettore alle cooperazione e relazioni internazionali – le classifiche si basano su parametri veramente significativi per valutare l’eccellenza, quali reputazione internazionale e indicatori quantitativi per la ricerca, l’Università di Pisa si colloca tra i migliori atenei del pianeta”.

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