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Comunicati stampa

La professoressa Valentina Domenici del dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell’Università di Pisa è entrata a far parte del neonato gruppo per la diffusione della cultura chimica della Società Chimica Italiana (SCI). Il gruppo attivo da gennaio sta già organizzando numerose iniziative in tutta Italia, anche legate all'anno internazionale della Tavola Periodica degli Elementi, designato per il 2019 dall'Unesco per celebrare la ricorrenza dei 150 anni dalla prima pubblicazione ad opera di Dimitri Ivanovich Mendeleev nel 1869.
"Nel corso dell'ultimo congresso nazionale della Società Chimica Italiana abbiamo organizzato una sessione dedicata alla comunicazione – racconta Valentina Domenici –proprio in questa occasione è nata l’idea di attivare un gruppo di lavoro che si occupasse del tema anche per contrastare le cosiddette "fake news" che purtroppo interessano direttamente anche la chimica, basti pensare alla bufala delle scie chimiche”.
Il gruppo per diffusione della cultura chimica nasce infatti dalla consapevolezza che il mondo di oggi abbia bisogno di tornare a credere nella chimica e nel suo ruolo chiave nel garantire il benessere e lo sviluppo. Insieme a Valentina Domenici ne fanno parte altri sette soci della Società Chimica Italiana: Sara Tortorella, Stefano Cinti, Valeria Costantino, Elena Lenci, Adriano Intiso, Alberto Zanelli e Luciano D’Alessio.

La professoressa Valentina Domenici del dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell’Università di Pisa è entrata a far parte del neonato gruppo per la diffusione della cultura chimica della Società Chimica Italiana (SCI). Il gruppo attivo da gennaio sta già organizzando numerose iniziative in tutta Italia, anche legate all'anno internazionale della Tavola Periodica degli Elementi, designato per il 2019 dall'Unesco per celebrare la ricorrenza dei 150 anni dalla prima pubblicazione ad opera di Dimitri Ivanovich Mendeleev nel 1869.

"Nel corso dell'ultimo congresso nazionale della Società Chimica Italiana abbiamo organizzato una sessione dedicata alla comunicazione – racconta Valentina Domenici –proprio in questa occasione è nata l’idea di attivare un gruppo di lavoro che si occupasse del tema anche per contrastare le cosiddette "fake news" che purtroppo interessano direttamente anche la chimica, basti pensare alla bufala delle scie chimiche”.

 

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Valentina Domenici a sinistra durante Bright 2018, la Notte Europea dei Ricercatori


Il gruppo per diffusione della cultura chimica nasce infatti dalla consapevolezza che il mondo di oggi abbia bisogno di tornare a credere nella chimica e nel suo ruolo chiave nel garantire il benessere e lo sviluppo. Insieme a Valentina Domenici ne fanno parte altri sette soci della Società Chimica Italiana: Sara Tortorella, Stefano Cinti, Valeria Costantino, Elena Lenci, Adriano Intiso, Alberto Zanelli e Luciano D’Alessio.

Il professor Lisandro Benedetti-Cecchi, ordinario di Ecologia al dipartimento di Biologia dell'Università di Pisa e prorettore per la Ricerca in ambito europeo e internazionale, ha ricevuto il premio alla carriera dell'International Temperate Reefs Symposium (ITRS) in occasione dell’omonimo congresso che si è tenuto a Hong Kong dal 7 all'11 gennaio.
L’ITRS è la più importante conferenza internazionale dell’ecologia marina costiera che storicamente ha coinvolto alcuni fra i più rinomati studiosi dell’ecologia sperimentale. Lo spirito dell’ITRS è quello di stimolare lo scambio tra scienziati in una fase avanzata di carriera e le nuove generazioni di ricercatori, in un clima amichevole e informale. La prima edizione si è svolta a Melbourne nel 1989 e da allora il congresso si svolge ogni due o tre anni con alternanza fra emisfero australe e emisfero boreale. È stato ospitato da importanti università negli Stati Uniti, in Sud Africa, Australia, Cile, Inghilterra, Italia e Cina. Il professor Benedetti-Cecchi ne ha curato l’undicesima edizione che si è svolta a Pisa nel giugno 2016.
Il premio alla carriera è stato istituito in riconoscenza dell’impegno di ricercatori che si sono contraddistinti per il contributo alle scienze del mare e alla promozione dell’ecologia marina attraverso l’ITRS. Le candidature avvengono secondo un processo decisionale tra gli studiosi del settore, moderato dai precedenti beneficiari del premio. Il discorso di motivazione e attribuzione del riconoscimento, che per tradizione avviene durante la cena del congresso, è stato tenuto dal professor Tony Underwood dell'Università di Sydney. "È per me un grande onore ricevere questo premio - ha commentato il professor Benedetti-Cecchi - un riconoscimento dal sapore del tutto speciale che proviene dagli scienziati che stimo maggiormente e che hanno inspirato tutta la mia carriera dai tempi del dottorato di ricerca in poi".
Il professor Lisandro Benedetti-Cecchi, nato a Montecatini Terme nel 1963, ha sviluppato le sue attività di ricerca negli ambiti dell'ecologia di ambienti marini costieri, della biodiversità di coste rocciose, degli effetti di aree marine protette, dell'analisi sperimentale di processi ecologici a varie scale spazio-temporali e degli effetti di cambiamenti climatici e analisi di impatto antropico sulla biodiversità marina costiera. Autore di oltre 140 articoli su riviste scientifiche internazionali, ha partecipato a più di 30 progetti di ricerca, coordinando tra i questi due progetti internazionali (BIOFUSE e NAGISA) e un PRIN (BIORES). Ha ricoperto numerosi e qualificati incarichi accademici e di ricerca sia a livello nazionale che internazionale: attualmente è rappresentante per l’European Marine Board nella Partnership for Observation of the Global Ocean (POGO) e per il Consorzio Nazionale delle Scienze del Mare (CoNISMa) dell'University Consortium Panel dello stesso European Marine Board. È inoltre membro del Biology and Ecosystems Panel del Global Ocean Observing System (GOOS) e negli ultimi otto anni ha servito nel pannello LS8 per la valutazione dei progetti IDEAS dell’European Reseach Council.

Dal 22 al 23 gennaio si è svolta a Trieste la seconda edizione dei “Seminari di fisica della materia al sincrotrone”, attività promossa nell’ambito della convenzione quadro recentemente stipulata fra Elettra Sincrotrone Trieste e Università di Pisa, quest’anno supportata dall’Ateneo nel piano dei progetti speciali per la didattica. Tredici studenti dei corsi di laurea magistrale in Fisica e in Materials&Nanotechnology dell’Ateneo pisano, accompagnati dal professor Riccardo Mannella e dal professor Simone Capaccioli, hanno partecipato a due giornate di lezioni ed esercitazioni di laboratorio dedicate allo studio della materia condensata attraverso la radiazione di due sorgenti coerenti di luce, l'anello di accumulazione Elettra ed il laser a elettroni liberi (FEL) FERMI.
Gli studenti sono Lorenzo Bernazzani, Davide Bonaretti, Lorenzo Cacciamani, Ada Angela Chimienti, Letizia Ferbel, Maria Domenica Galati, Enio Mangiacotti, Simone Morviducci, Matteo Rinaldi, Raffaele Salvia, Giorgia Silvestrelli, Daniele Sonaglioni, Lorenzo Zavagna.
L’edizione 2019 dell’iniziativa ha proposto un ricco programma formativo grazie al coinvolgimento nelle attività didattiche, sia teoriche sia pratiche, di alcuni ricercatori di Elettra (Maurizio Polentarutti, Sigrid Bernstorff, Francesco D’Amico e Alessio Turchet), Fermi (Carlo Callegari) e TUGraz (Barbara Sartori). Dopo una prima parte dedicata a seminari tematici riguardanti le caratteristiche della radiazione prodotta dalle sorgenti di Elettra e FERMI e le loro possibili applicazioni sperimentali, gli studenti hanno potuto saggiare dal vivo alcuni esempi di lavoro di ricerca che viene svolta presso le grandi infrastrutture. Un’intera giornata è stata dedicata infatti a lezioni “pratiche” presso le linee di luce XRD, IUVS, SAXS e DXRL, durante le quali gli studenti hanno partecipato direttamente alla realizzazione di un esperimento in tutte le sue fasi di preparazione del setup sperimentale, raccolta e analisi dati. In particolare, grazie all’impiego di tecniche di diffrazione ad ampio e piccolo angolo di raggi X e di spettroscopia Raman UV risonante, è stato possibile studiare la struttura e la dinamica di molecole rilevanti per applicazioni bio-mediche e agroalimentari.
«Il successo di questa seconda edizione, riscontrato nell'entusiasmo che gli studenti hanno mostrato nelle differenti attività svolte e dall’apprezzamento espresso dai docenti accompagnatori, conferma l’importanza di questa iniziativa che potrebbe diventare un appuntamento fisso annuale di incontro fra la comunità accademica pisana ed i laboratori Elettra e FERMI – commenta il professor Simone Capaccioli, direttore del CISUP (Centro per l'Integrazione della Strumentazione scientifica dell'Università di Pisa) e co-organizzatore dei seminari insieme alla dottoressa Barbara Rossi (Elettra) e al professor Claudio Masciovecchio (FERMI) – Tali occasioni di scambio sono fondamentali per creare sinergie sempre più strette fra l’Università di Pisa e le grandi infrastrutture di ricerca e possono aiutare a rafforzare la preparazione dei giovani che si affacciano all’attività di ricerca scientifica in ambito internazionale».

 

eye 691269 1920L’ambliopia, detta anche occhio pigro, è un disturbo diffuso, causato da uno sbilanciamento in età giovanile dell’attività dei due occhi, indotto da varie cause: forti differenze nel potere rifrattivo dei due occhi (anisometropia), opacizzazioni della cornea, strabismo, cataratta congenita. La patologia determina una marcata riduzione delle capacità visive, in particolare dell’acuità visiva e della stereopsi (visione della profondità). Nel bambino è trattabile prima degli otto-nove anni di età, ma nell’adulto non è curabile a causa della riduzione dei livelli di plasticità cerebrale del cervello maturo.

Gli esperimenti condotti da Claudia Lunghi (ex-ricercatrice dell’Università di Pisa, ora all’Ecole Normale Superieure di Parigi) in collaborazione con l’équipe oculistica di Antonio Lepri dell’Azienda ospedaliera universitaria pisana e coordinati da Alessandro Sale dell'Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-In) e da Maria Concetta Morrone dell’Università di Pisa hanno dimostrato che è invece possibile ottenere un marcato miglioramento delle funzioni visive anche in adulti affetti da ambliopia. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista "Annals of Clinical and Translational Neurology".

“Gli studi che ho condotto su modelli animali hanno mostrato che l’attività fisica potenzia la plasticità cerebrale, ossia la capacità dei circuiti del cervello di cambiare struttura e funzione in risposta agli stimoli ambientali”, spiega Sale. “D’altro canto, gli studi effettuati dal mio gruppo su soggetti umani hanno evidenziato una plasticità visiva che si mantiene anche negli individui adulti e che agisce su tempi brevi: la chiusura temporanea di uno dei due occhi porta al miglioramento della percezione visiva in quell’occhio”, aggiunge Morrone. “Anche questo tipo di plasticità visiva, definita omeostatica, si potenzia in risposta all’attività fisica volontaria nelle persone sane”.
Nel nuovo studio è emerso che potenziando nell’adulto questa plasticità omeostatica con l’attività fisica si migliora in modo permanente la visione dell’occhio pigro. “Un gruppo di dieci persone ambliopi hanno trascorso, per tre giorni consecutivi, un breve periodo di deprivazione della visione dell’occhio ambliope stando seduti di fronte a un televisore, guardando un film e alternando, durante la visione, dieci minuti di pedalata alla cyclette con dieci minuti di riposo, per tre ore complessive”, raccontano i due studiosi. “La stessa procedura è stata ripetuta per altre tre settimane, riducendo il numero di giorni di trattamento per settimana da tre a uno. Ai soggetti di controllo è stata invece somministrata la deprivazione senza l’uso simultaneo della cyclette, quindi senza attività fisica”.
I risultati sono stati subito evidenti. “Quanti svolgevano attività motoria hanno mostrato un marcato recupero dell’acuità visiva e della stereopsi, effetto che si è mantenuto nel tempo ed è risultato presente anche dodici mesi dopo la fine del trattamento. I soggetti di controllo, invece, hanno evidenziato solo livelli di recupero trascurabili”, continuano i due ricercatori. 

Lo studio rappresenta la prima dimostrazione della possibilità di utilizzare i benefici dell’attività fisica per favorire il recupero delle funzioni visive in soggetti ambliopi, ma contiene anche un’altra novità. “La ricerca dimostra l’efficacia della chiusura dell’occhio ambliope quale strategia per favorirne il recupero”, conclude Sale. “Il paradigma più usato, in questo campo, prevede lunghi periodi di occlusione dell’occhio sano, per contrastarne la predominanza e favorire l’uso dell’occhio pigro. Il lavoro pubblicato mostra invece che la chiusura dell’occhio ambliope, se avviene in condizioni che favoriscono la plasticità omeostatica, offre scenari di trattamento insperati e ancora tutti da esplorare, anche se è effettuata per periodi di tempo molto brevi”.

(fonte: Ufficio Stampa del CNR)

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