L’esperimento CMS
L’inizio dell’attività di LHC ci vede protagonisti nella grande corsa verso la conoscenza come fisici del nostro Ateneo che hanno partecipato in prima persona a questo grande progetto. Nell’ultimo decennio ho svolto la mia attività di ricerca in collaborazione con il gruppo di fisici dell’Università di Pisa, della Scuola Normale Superiore e dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) che ha collaborato ad uno di questi esperimenti, chiamato CMS, acronimo di Compact Muon Solenoid. L’esperimento CMS è supportato da una grande collaborazione scientifica internazionale. Ne fanno parte in totale 175 laboratori di ricerca e circa 2400 fisici. La parte italiana della collaborazione raggruppa le università e sezioni INFN di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Frascati, Genova, Legnaro, Milano, Napoli, Padova, Pavia, Perugia, Pisa, Roma, Torino e Trieste. Una comunità di istituti che consiste in circa 230 fisici, 71 ingegneri, 95 tecnici pių un centinaio di studenti. La partecipazione italiana è di eccellenza ed è numericamente molto consistente, al pari di quella di altre grandi nazioni.
Il rivelatore di particelle che costituisce l’apparato sperimentale di CMS è enorme: alto come un palazzo di cinque piani e pesante quanto un incrociatore, circa 12.500 tonnellate. È uno dei più complessi strumenti scientifici finora concepiti installato in una caverna grande quanto una cattedrale, 100 metri sotto terra alle pendici delle montagne del Giura in territorio francese.
La struttura è imponente e robusta: tonnellate di acciaio, equipaggiate con i rivelatori più veloci e sofisticati oggi concepibili, intorno al magnete superconduttore più potente del mondo che produce un campo magnetico pari a circa 100.000 volte il campo magnetico terrestre. Al suo interno apparati di rivelazione molto precisi, di altissima tecnologia.
Nonostante la sua mole il rivelatore è estremamente delicato: il suo assemblaggio per componenti in superficie ed il successivo trasferimento in caverna ha richiesto un anno e mezzo di lavoro tra le più meticolose precauzioni, con un’opera di ingegneria di alto livello.
L’apparato sperimentale CMS ha una struttura cilindrica, lunga circa 22 metri e con un diametro di 15 metri, progettato in modo da racchiudere ermeticamente al centro la zona in cui avverranno le collisioni protone–protone dei fasci di LHC. CMS è costruito a strati ciascuno dei quali è specializzato per un particolare compito ed ottimizzato per rivelare gruppi specifici di particelle.
Figura 1. L’apparato sperimentale CMS. Sono indicati i rivelatori principali che lo compongono
Uno spaccato di CMS è rappresentato nella figura 1: procedendo dagli strati più esterni verso il centro geometrico troviamo una serie di rivelatori che brevemente descrivo qui di seguito.
– Le camere per la rivelazione dei muoni. Questi rivelatori sono preposti alla ricostruzione della traiettoria di volo delle particelle che, generate nel punto di collisione, riescono ad attraversare tutto il materiale rappresentato dall’apparato CMS. Principalmente si tratta di muoni, particelle comunemente presenti nei raggi cosmici che raggiungono la superficie terrestre. Queste camere, in totale 1400 rivelatori posizionati in quattro strati all’interno della struttura portante dell’intero apparato, ricostruiscono in maniera molto accurata la traiettoria ed inoltre generano un segnale veloce capace di avvisare in tempo reale, circa ogni milionesimo di secondo, dell’avvenuto passaggio di almeno una di queste particelle penetranti.
– Il solenoide superconduttore. Un grande magnete fatto da spire mantenute a temperatura bassissima, 268,5o C sotto lo zero. Tutto l’apparato CMS è costruito “attorno” a questo solenoide, capace di generare un campo magnetico uniforme di 4 Tesla all’interno di un grande volume cilindrico di diametro di 7 metri e lunghezza pari a 13 metri. In presenza di questo intenso campo magnetico le particelle cariche, prodotte nella collisione dei fasci, seguono traiettorie curve e questo permette di misurarne le proprietà cinematiche.
– Il calorimetro adronico. Questo rivelatore è preposto a misurare l’energia di tutte le particelle adroniche, simili ai comuni protone e neutrone, che in media terminano la loro corsa all’interno del suo volume. Il principio di funzionamento è simile a quello del calorimetro adronico di ATLAS descritto in dettaglio in questo stesso numero di Athenet. È suddiviso in 72 spicchi, ciascuno del peso di circa 2 tonnellate, in cui il materiale sensibile scintillatore, che produce il segnale che misura l’energia depositata, è intervallato ad assorbitore in rame. Questo materiale, che ha una elevata densità, ha permesso di costruire un calorimetro adronico compatto e capace di operare in campo magnetico. Parte del rame è stato ricavato dalla fusione di materiale bellico della II guerra mondiale dismesso dalla Marina Militare in Russia.
– Il calorimetro elettromagnetico. Questo rivelatore è molto sofisticato perché costruito da circa 80000 cristalli di tungstanato di piombo, materiale che possiede ottime proprietà scintillanti ed è trasparente alla luce. Ciascun cristallo ha un peso di circa 1,5 Kg, concentrato in un volume pari a quello di una tazza di caffè. Con questi rivelatori, ciascuno geometricamente simile ad un tronco di piramide che punta verso la regione di collisione, si misura la componente elettromagnetica dell’energia, cioè trasportata da particelle come l’elettrone o il fotone, con estrema precisione e rapidità di risposta.
– Il sistema di tracciatura. La parte pių interna di CMS è il cuore dell’intero esperimento. Consiste in un grande cilindro di circa 2,6 metri di diametro e 5 metri di lunghezza, equipaggiato con rivelatori a micro strisce. Al suo interno si trova un piccolissimo cilindro, lungo cira un metro e di soli 30 centimetri di diametro, posizionato a pochi centimetri dalla zona di collisione ed equipaggiato con rivelatori a pixel.
Il cuore di questo esperimento è una creatura tutta italiana. In Italia abbiamo progettato e costruito il sistema di tracciatura a micro strisce. È un cuore fragilissimo perché fatto di cristalli di silicio montati su sottili supporti in fibra di carbonio. I cristalli sono ricavati su piastrine “rese intelligenti”, di spessore inferiore al millimetro, simili a quelle che vengono usate per i chip di memoria, ma estremamente più sofisticate. L’insieme di 25000 di questi cristalli che ricoprono una superficie di circa 200 m2 e che forniscono 10 milioni di elementi sensibili, rappresenta oggi il rivelatore di tracce più sofisticato mai costruito.
Si potranno cosė “fotografare ad altissima risoluzione” le collisioni prodotte da LHC, e di queste immagini ne verranno raccolte 40 milioni ogni secondo.
Figura 2: Cristallo a micro strisce di silicio del tracciatore di CMS
Un esempio di questi cristalli, di forma rettangolare e simile ad un piccolo specchio, è mostrato in figura 2. Il cristallo è equipaggiato con l’elettronica di lettura ed i cavi di connessione elettrica e di segnale verso l’esterno. Su ciascun cristallo sono impiantate circa un migliaio di micro strisce ricoperte di uno strato metallico, questo giustifica ad una prima vista la somiglianza ad una superficie riflettente. Le micro strisce, immaginabili come nastri di spessore pari a circa un micro metro (un milionesimo di metro) e larghi circa 20 micro metri, sono gli elettrodi con i quali raccogliamo il segnale creato dal passaggio di una particella carica.
Questi cristalli sono capaci di localizzare il punto di attraversamento di una particella carica con una precisione incredibile, pari a circa 20 micro metri, corrispondente ad una frazione dello spessore di un capello umano.
La parte più interna del sistema di tracciatura, costruita da colleghi in Svizzera e in America, anche se molto piccola è equipaggiata da rivelatori molto sofisticati. Sessanta milioni di canali di pixel di silicio, simili ai dispositivi delle odierne macchine fotografiche digitali ma che racchiudono una tecnologia ben più sofisticata, ricoprono una superficie di circa 1 metro quadro. Con questo enorme numero di canali si riesce a distinguere e ricostruire il passaggio delle particelle cariche in una regione in cui la densità spaziale di tracce è molto elevata, in quanto ci troviamo molto vicini al punto di collisione dei fasci di LHC.
L’intero sistema di tracciatura ricostruisce per ciascuna particella carica la sua traiettoria di volo e ne misura l’impulso, legato alla sua velocità, utilizzando in media 12 punti misurati dai cristalli di silicio con estrema precisione.
Quando il rivelatore di tracce di CMS entrerà in funzione potremo osservare con chiarezza gli eventi prodotti, anche i più complicati. Avremo un’accuratezza impressionante come un microscopio puntato sul mondo estremamente piccolo, che ci permetterà di osservare le firme inconfondibili della nuova fisica nascoste tra i miliardi di eventi prodotti.
Siamo stati noi italiani ad avere proposto il rivelatore alla comunità scientifica di CMS quando tutto il mondo pensava che sarebbe stato impossibile costruire un sistema così sofisticato.
All’epoca un piccolo gruppo di fisici pisani, tra cui Guido Tonelli ed Alberto Messineo dell’Università, Rino Castaldi, Pier Giorgio Verdini e Roberto Dell’Orso dell’INFN, proposero di usare rivelatori a micro strisce al silicio per equipaggiare l’intero apparato di tracciatura di CMS.
All’inizio tutto il mondo scientifico guardava con scetticismo la nostra proposta; in seguito è stato entusiasmante vedere come ricercatori di tutto il mondo abbiano cominciato a lavorare in questa direzione. I problemi tecnici che negli anni si sono presentati per la realizzazione di questo apparato apparivano insormontabili. Fino ai primi anni Novanta si usavano rivelatori a semiconduttore per oggetti piccoli come una scatola, i rivelatori al silicio non resistevano alla radiazione e non si riuscivano a produrre chip di lettura adeguati. Infine occorreva individuare partner industriali capaci di produrre su vasta scala oggetti così sofisticati. Le condizioni sperimentali, inoltre, imponevano di mantenere l’intero volume occupato dal sistema di tracciatura ad una temperatura costante ed uniforme pari a −10° C.
Abbiamo fornito una soluzione affidabile a ciascuno di questi problemi con una intensa attività di ricerca e sviluppo protratta negli anni.
Nel nostro sforzo siamo stati supportati dall’INFN che ha guidato il lavoro di ricerca e sviluppo che ha permesso di progettare e costruire i primi prototipi e di lanciare poi la produzione su scala industriale di questo gioiello della tecnologia. Sono stati necessari 12 anni e il lavoro di centinaia di fisici ed ingegneri di tutto il mondo per trasformare il sogno in realtà. La collaborazione dell’INFN in Italia è stata realizzata dalle sedi di Pisa, Firenze, Torino, Padova, Bari, Catania e Perugia, che hanno contribuito a realizzare l’apparato di tracciatura.
Circa dieci anni dopo tutto è pronto: nel cuore del magnete superconduttore più potente al mondo, funziona oggi il primo tracciatore completamente di silicio, capace di ricostruire con precisione incredibile le tracce delle particelle cariche prodotte nelle collisioni, individuando anche l’esatta posizione in cui quelle instabili si disintegrano.
Figura 3. Tracciatore di CMS visto dal punto di collisione
Nella figura 3 vedete come appare una metà del tracciatore fotografata dal punto di collisione. Sono visibili le migliaia di rivelatori di silicio, posizionati in maniera accurata e stabile su gusci cilindrici in fibra di carbonio, con una struttura leggerissima ma stabile e molto resistente. Si nota la successione dei diversi strati di cui è composto il tracciatore, distanziati di pochi centrimetri l’uno dall’altro. È così come appare: un sistema fragilissimo, tecnicamente molto complicato ed altrattanto sofisticato.
Nel nostro Ateneo fisici, ingegneri, studenti, assegnisti e ricercatori, entusiasti e consapevoli di far parte di una grande impresa scientifica, hanno realizzato una cooperazione di saperi, professionalità e anche culture differenti. A Pisa negli anni hanno lavorato al tracciatore di CMS circa 40 fisici, 11 ingegneri e 13 tecnici, oltre a molti studenti. Borsisti e colleghi ricercatori stranieri ci hanno supportato in questo progetto.
Con la guida di Rino Castaldi, dirigente di ricerca dell’INFN di Pisa e responsabile internazionale del sistema di tracciatura di CMS dal 1994 al 2000, e di Guido Tonelli, docente del dipartimento di Fisica, per molti anni responsabile della parte italiana della collaborazione CMS e dal 2006 vice–responsabile internazionale di CMS, abbiamo intrapreso questa avventura. Facciamo parte a pieno titolo della collaborazione CMS e molti dei ricercatori dell’Ateneo pisano ricoprono posizioni di coordinamento di gruppi di lavoro e di responsabilità all’interno di CMS.
Figura 4. Scatti fotografici di una piccola parte del team di fisici, ricercatori, ingegneri e tecnici che hanno contribuito alle attività per la realizzazione del tracciatore a micro strisce di CMS
Alcuni dei componenti del team di ricercatori e tecnici che hanno contribuito alle attività del tracciatore sono mostrati in due scatti fotografici. La figura 4 rappresenta a sinistra un piccolo gruppo dei ricercatori coinvolti nella progettazione e realizzazione delle parti meccaniche, foto scattata presso i laboratori INFN di Pisa, e a destra uno dei team che ha contribuito alle ultime fasi di integrazione dell’apparato di tracciatura presso i laboratori del CERN.
Ecco come appare oggi CMS nella sua caverna, in figura 5, prima della chiusura completa. Sono visibili i diversi strati cilindrici dei vari rivelatori ricoperti dalle connessioni di servizio, funzionamento e comunicazione verso l’esterno. Le pareti della caverna che circondano il rivelatore sono equipaggiate, a diversi livelli, con i servizi di supporto necessari per il funzionamento dell’intero apparato sperimentale.
L’esperimento CMS, con tutti i suoi rivelatori qualificati e funzionanti, è già entrato in attività durante l’estate di quest’anno. In questo periodo, che precede l’inizio delle collisioni dei fasci di LHC, abbiamo avuto modo di mettere a punto l’intero apparato. Abbiamo provato le potenzialità dell’esperimento studiando le tracce di milioni di raggi cosmici che raggiungono quotidianamente la superficie terrestre.
Figura 5. L’apparato sperimentale di CMS nella vista ortogonale ai fasci di LHC, prima della completa chiusura
In pieno regime di funzionamento CMS sarà gestito e tenuto sotto osservazione, monitorato 24 ore su 24, da 60 addetti in totale in tre sale di controllo: due sono allestite al CERN e una a Chicago, per sfruttare al meglio la differenza di fuso orario. L’Italia ha investito in CMS 40 milioni di Euro su 350 milioni di costo totale dell’esperimento e molte aziende italiane, partecipando a gare internazionali gestite dal CERN per i componenti di CMS, sono riuscite ad aggiudicarsi commesse per oltre 60 milioni di Euro, un saldo in attivo. Per il sistema universitario è sicuramente una grossa opportunità di misurarsi con i massimi livelli di eccellenza.
L’apparato CMS e in generale il progetto di LHC sono stati il banco di prova per la sperimentazione di tecnologie di punta che possiamo aspettarci troveranno in seguito applicazioni commerciali e nella produzione convenzionale.
Nel prossimo decennio saremo partecipi delle scoperte più importanti originate dallo studio dettagliato di tutte le informazioni che questo esperimento fornirà. Complessi algoritmi informatici dovranno esaminare una grande mole di dati per riuscire a carpirne i dettagli piu segreti che racchiudono. Ogni anno saranno accumulate informazioni pari a centinaia di migliaia di miliardi di byte: se dovessimo scrivere i dati raccolti in un anno di presa dati di CMS su dei comuni CD ne sarebbero necessari cira 45 milioni.
Questi dati saranno analizzati grazie alle strutture di calcolo oggi realizzate anche a Pisa e con una rete internazionale di calcolo che non ha eguali, detta GRID. Attraverso la tecnologia GRID è stata costruita una rete di sistemi di computer distribuiti, localizzati nei laboratori scientifici del mondo, che riescono a funzionare come un unico supercentro di calcolo virtuale.
Oggi a Pisa è funzionante un centro di calcolo che rappresenta uno dei nodi di GRID regionali. È uno dei più grandi creati in Italia, e attualmente ospita più di 1000 unità di calcolo e uno storage pari a 200 TB, equivalenti a 300.000 CD.
Ci si aspetta un grosso impatto anche dalla tecnologia GRID per applicazioni commerciali e industriali, una rivoluzione simile a quella prodotta da Internet, originariamente inventata al CERN per le esigenze dei fisici sperimentali.
La ricerca, la cultura e le nuove generazioni di fisici del nostro Ateneo si formeranno avendo in mano uno strumento scientifico molto promettente.
Possiamo immaginare LHC come il più grande e potente microscopio della storia della scienza e CMS, come una delle sue lenti che ci permetterà di scrutare nella fisica delle piccole distanze e alle energie più elevate mai raggiunte. Sono allo studio dei ricercatori di CMS complessi e sofisticati metodi di analisi dei dati che l’apparato sperimentale ci fornirà, con lo scopo di puntare e focalizzare questo microscopio verso gli eventi più nascosti e più ricercati.
Le emozioni di nuove scoperte di segnali previsti o inaspettati saranno da adesso nelle mani e nell’estro geniale di giovani studenti, di fisici e ricercatori affermati del nostro Ateneo. Continuiamo così una tradizione che nel mondo ha avuto come seme iniziale l’attività universalmente riconosciuta di Enrico Fermi.
Ci troveremo nei prossimi anni in una condizione propizia per vivere una nuova era di scoperte importanti e per educare una nuova generazione di scienziati al piacere dello studio delle meraviglie del nostro universo.
Alberto Messineo
ricercatore del dipartimento di Fisica “Enrico Fermi”