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Si chiama RUBICON ed è un robot capace di dare assistenza ad anziani e disabili dopo averne imparato le abitudini di vita. Un team di ricercatori del dipartimento di Informatica dell'Università di Pisa, coordinati da Stefano Chessa e Alessio Micheli, è partner di un progetto di ricerca europeo finanziato con 2,5 milioni di euro che ha l'obiettivo di unire dispositivi robotici e reti di sensori in un sistema capace di interagire con l'ambiente circostante. Della ricerca, il cui capofila in Europa è l'Università di Dublino, fanno parte anche l'Istituto di scienza e tecnologie dell'informazione "A. Faedo" (ISTI) del CNR, la Fondazione Stella Maris, la Örebro University (Svezia), la University of Ulster (Nord Irlanda), due aziende spagnole di componenti robotici (Tecnalia e Robotnik) e l'azienda irlandese Pintail Ltd.

L'idea che sta alla base del progetto RUBICON (Robotic UBIQuitous COgnitive Network) è progettare robot in grado di apprendere le caratteristiche dell'ambiente e della qualità di vita della persona da assistere tramite una rete di sensori installati in casa. RUBICON è infatti un misto di "intelligenza" ambientale e robotica, una sorta di "cervello artificiale pervasivo" che fa parte dell'ambiente ed è capace di apprendere dall'ambiente stesso ciò che avviene e di comandare i robot di conseguenza. I sensori acquisiscono le informazioni, memorizzano un modello di abitudini ritagliato sulla persona specifica a cui portare assistenza e lo trasmettono ai robot.

I ricercatori spiegano che, con questa tecnologia, sarà possibile abbinare un evento a un comportamento specifico dei robot. Per fare un esempio, se RUBICON capisce che la persona ha l'abitudine di alzarsi tutte le mattine alle sette, il sistema attiva i robot a quell'ora può per portare le pantofole e assistere il soggetto specifico. Il vantaggio è che, se col tempo le abitudini cambiano, RUBICON è in grado di adattarsi autonomamente alle condizioni ambientali mutate, senza bisogno di essere riprogrammato.

Il team di ricerca dell'Università di Pisa, che include i gruppi di reti wireless e di intelligenza computazionale, è composto da 6 persone tra professori, ricercatori, assegnisti di ricerca e collaboratori, e ha lavorato negli ultimi sei mesi per definire il progetto che adesso passerà alla fase più operativa. RUBICON arriverà, infatti, a test di prototipi legati a scenari applicativi con una sperimentazione di sei mesi all'ospedale della Stella Maris e, parallelamente, in un living lab dell'azienda Tecnalia a Bilbao. Nel primo caso è previsto l'utilizzo del robot per il trasporto di materiale ospedaliero: i sensori ambientali dovranno essere addestrati a memorizzare dati utili a comprendere e disegnare il percorso per arrivare ai degenti. Il laboratorio spagnolo, invece, riprodurrà l'ambiente di un appartamento dove attori simuleranno azioni quotidiane sotto l'osservazione di sensori. Al suo lato sarà attrezzata una sala regia, dove i ricercatori potranno elaborare i dati, osservando i robot e la loro interazione con le persone.

Lo sviluppo di questa tecnologia apre nuove prospettive per il futuro: la sfida è riuscire a progettare sistemi che, in virtù della loro capacità di adattarsi alle persone, siano in grado di capire quello di cui hanno veramente bisogno, portando assistenza dove e quando serve, compatibilmente con la sensibilità del soggetto assistito, imparando a interagire con lui in maniera discreta e non invasiva.

Venti dipartimenti sostituiranno da qui a qualche mese le attuali 11 facoltà e i 48 dipartimenti, andando a costituire le aggregazioni di base dell'Università di Pisa. Con l'approvazione all'unanimità da parte del Senato Accademico, si è concluso mercoledì 16 novembre il processo di definizione del nuovo assetto organizzativo dell'Ateneo, che tra l'altro risponde a quanto richiesto dalla legge numero 240 del 2010, la legge Gelmini. "Siamo i primi in Toscana e tra i primi in Italia ad aver completato l'iter di costituzione dei nuovi dipartimenti - ha commentato il rettore Massimo Augello - che a mio giudizio permetteranno di garantire una qualità ancora più elevata dell'offerta formativa, dal momento che didattica e ricerca andranno a convivere sotto lo stesso tetto".

"Con i nuovi dipartimenti – precisa il prorettore vicario, Nicoletta De Francesco – ci proponiamo di semplificare l'organizzazione dell'Università, passando da 59 a 20 strutture, di collegare le attività di didattica e di ricerca sotto un unico organismo, di razionalizzare l'utilizzo di personale e sedi, con un risparmio in termini di costi e soprattutto di procedure amministrative". Il tutto, tiene a ribadire la professoressa, senza incidere sui corsi di laurea e dunque sull'offerta formativa per gli studenti, se non attraverso l'eliminazione di quel riferimento immediato che oggi è rappresentato dalle facoltà.

I nuovi dipartimenti, a ognuno dei quali dovrà afferire un minimo di 50 docenti contro i 40 previsti dalla legge Gelmini, potranno essere monodisciplinari o pluridisciplinari, in quanto riuniscono docenti di diversi settori per collaborare a progetti didattici e scientifici comuni. Le venti strutture saranno suddivise in quattro appartenenti al settore culturale delle scienze matematiche e informatiche, fisiche, della terra; quattro delle scienze chimiche, biologiche, agrarie; tre delle scienze mediche e una di veterinaria; tre dell'ingegneria; due dei settori umanistici; tre delle scienze giuridiche, economiche, politiche e sociali. Per ora sono state decise le afferenze del solo personale docente, ma nei prossimi mesi dovranno essere risolte le questioni relative all'afferenza dei corsi di studio a ogni dipartimento, alla dislocazione del personale tecnico-amministrativo, all'utilizzo degli spazi, all'organizzazione e razionalizzazione di sedi e laboratori.

I nuovi dipartimenti, inoltre, non entreranno subito in funzione, perché il loro percorso si intreccia con l'iter di approvazione del nuovo Statuto dell'Università di Pisa, ancora all'esame del ministero. Subito dopo questo passo con le eventuali integrazioni richieste da Roma, e dunque probabilmente entro i primissimi mesi del prossimo anno, si procederà ad attivare ufficialmente le nuove strutture. Intorno all'estate 2012 saranno rinnovati i due organi di governo dell'Ateneo – il Senato Accademico e il Consiglio di Amministrazione – in modo da essere pronti con l'organizzazione definitiva dell'Università all'inizio dell'anno accademico 2012-2013.

Sarà un'indagine trasparente e capillare, che coinvolgerà direttamente gli oltre 57 mila docenti degli atenei italiani e i quasi 8 mila ricercatori e tecnici degli enti di ricerca, sottoponendo a giudizio più di 216 mila "prodotti". Con la registrazione del decreto ministeriale da parte della Corte dei Conti e la pubblicazione sul sito dell'Agenzia (www.anvur.org/) il 7 novembre scorso del Bando ufficiale, è stato dato il via al percorso di Valutazione della qualità della ricerca (Vqr) per il periodo 2004-2010, una delle sfide decisive per dare piena credibilità al sistema universitario italiano sulla strada della valorizzazione del merito.

Il progetto è affidato all'ANVUR, l'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca, al cui interno opera il professor Andrea Bonaccorsi, docente di Ingegneria gestionale all'Università di Pisa e tra i principali esperti di analisi di efficienza del sistema pubblico della ricerca. Il professor Bonaccorsi è uno dei sette membri del Consiglio direttivo dell'ANVUR e vice coordinatore delle attività Vqr 2004-2010. A lui abbiamo chiesto di sintetizzare gli aspetti centrali dell'attività di valutazione.

Professor Bonaccorsi, partiamo dalla fine. Le dimissioni del Governo bloccheranno la Valutazione della ricerca? E se dovesse essere sciolto il Parlamento?

Per fortuna no. L'Agenzia è stata creata con un Decreto del Presidente della Repubblica e quindi ha una vita che va oltre non solo i singoli governi, ma anche le legislature. Dunque anche nella infelice ipotesi di uno scioglimento delle Camere proseguirebbe la sua attività. La VQR inoltre è stata aperta con un Decreto del Ministro che è stato approvato dalla Corte dei Conti il 28 ottobre scorso e prosegue quindi senza interruzioni. Il 7 novembre abbiamo pubblicato il Bando, e da quello stesso giorno tutti gli atenei e gli enti di ricerca si sono messi in moto.

Quali sono i precedenti nel nostro Paese in tema di valutazione della ricerca?

Il primo esperimento nazionale di Valutazione triennale della ricerca ha riguardato gli anni 2001-2003 ed è stato affidato al CIVR, il Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca. Il processo, su base volontaria, è partito nel marzo del 2004 e si è concluso due anni dopo. I risultati sono stati utilizzati per distribuire la quota premiale del Fondo di finanziamento ordinario negli anni dal 2006 al 2011, prima come semplice fattore correttivo del parametro di potenzialità di ricerca; poi, dal 2009, come percentuale da pesare all'interno della ricerca.

Più recente è invece la costituzione dell'ANVUR, anche se il suo cammino è stato piuttosto travagliato...

Sì, l'ANVUR è stata istituita con la legge numero 286 del 2006, ma il suo regolamento è stato emanato solo nel 2010 e il suo Consiglio direttivo è stato nominato a febbraio di quest'anno. La sua vicenda, pertanto, si è intrecciata con quella legata alla programmazione dell'attività di Valutazione della ricerca, prima prevista per il quinquennio 2004-2008 e affidata al CIVR e poi estesa fino al 2010 e affidata all'ANVUR.

Il 12 luglio 2011 è stato finalmente firmato il decreto ministeriale che affida all'ANVUR la Valutazione della qualità della ricerca per il periodo 2004-2010.

In attesa del vaglio del decreto ministeriale da parte della Corte dei Conti, avevate già programmato e messo in atto delle azioni concrete?

Certamente, anche perché l'orientamento seguito all'interno dell'Agenzia ha inteso predisporre tutto ciò che era possibile a livello organizzativo, in modo da essere immediatamente operativi subito dopo il via libera ufficiale. Per esempio, abbiamo nominato i 14 presidenti dei Gruppi di esperti della valutazione, i GEV, che costituiranno l'organismo di base del processo valutativo, prima dell'approvazione del Decreto! Potevamo farlo, nominandoli come nostri esperti di valutazione. I presidenti si sono messi subito al lavoro per preparare i Criteri di valutazione, che potranno differire tra i vari settori scientifici.

Quali saranno, dunque, le strutture, i soggetti e i "prodotti" sottoposti a valutazione?

Per quanto riguarda le strutture, in prima battuta saranno interessate le università statali e quelle non statali autorizzate a rilasciare titoli accademici: in totale sono 95, comprese quelle telematiche. In seconda battuta, gli enti di ricerca pubblici vigilati dal MIUR, tra i quali ci sono anche CNR e INFN. Infine, altri soggetti pubblici e privati che svolgono attività di ricerca e che sono stati coinvolti su loro richiesta e dietro copertura delle spese.

I soggetti monitorati comprenderanno i professori ordinari e associati; i ricercatori universitari, a tempo indeterminato e determinato; gli assistenti universitari.

Per "prodotto" della ricerca si intende una pluralità di documenti, che spaziano dagli articoli su riviste ai libri e loro capitoli, inclusi atti di congressi, nonché edizioni critiche, traduzioni e commenti scientifici. Vi rientrano i brevetti depositati, così come più in generale le composizioni, disegni, design, performance, mostre ed esposizioni organizzate, manufatti, prototipi e opere d'arte e loro progetti, banche dati e software, carte tematiche, esclusivamente se corredati da pubblicazioni atte a consentirne adeguata valutazione.

Quali saranno gli step e i tempi di attuazione del processo?

Il percorso della valutazione sarà assolutamente trasparente e scandito da tempi contingentati, perché l'obiettivo è di completare l'intero iter in poco più di un anno.

Più in dettaglio, saranno queste le fasi del processo: le università certificheranno gli elenchi dei soggetti da valutare, predisposti dal CINECA sulla base delle banche dati del MIUR; i singoli professori, ricercatori e assistenti caricheranno quindi la propria lista di "prodotti" della ricerca; le università selezioneranno tre "prodotti" per ognuno e li trasmetteranno ai GEV; i Gruppi, composti da 450 studiosi di elevata qualificazione suddivisi all'interno delle 14 aree disciplinari sottoposte alla valutazione, procederanno con la valutazione e successivamente la integreranno con altri indicatori di qualità; dopo aver ricevuto il rapporto conclusivo dei GEV, l'ANVUR predisporrà la relazione finale VQR 2004-2010.

Come sarà articolata questa relazione?

La valutazione finale comprenderà quattro aspetti. Ci sarà una valutazione per aree disciplinari; una per strutture, che riguarderà le singole università e i singoli centri di ricerca; una per dipartimenti, analizzati sia nell'attuale configurazione che in quella che scaturirà dopo le modifiche in atto degli Statuti universitari; una, infine, per attività di trasferimento tecnologico, e quindi per brevetti e spin-off, e per altre attività di impatto sulla società, come la gestione di beni culturali museali e archeologici. La valutazione della terza missione sarà però separata dalla valutazione della qualità della ricerca, perché si tratta di missioni diverse, anche se complementari.

A cosa servirà tutta questa mole di lavoro e di dati?

Innanzitutto, avremo a disposizione un quadro complessivo, affidabile e aggiornato, sulla cui base il Ministero potrà procedere alla distribuzione del Fondo di finanziamento ordinario, con l'obiettivo di essere pronti a partire dal 2013. In secondo luogo, metteremo a disposizione degli atenei uno strumento fondamentale per le loro politiche di programmazione, perché in grado di identificare i settori di punta e le aree di debolezza all'interno di ogni singolo ateneo. Infine, puntiamo a far emergere il potenziale di ricerca del nostro Paese, che viene troppo spesso oscurato da pratiche accademiche, modi di gestione e singoli episodi che rischiano di fornire una immagine riduttiva alla società italiana e al mondo.

Lunedì, 21 Novembre 2011 08:44

L’evoluzione di VIRGO

Si trasformerà in "Advanced Virgo" il rivelatore di onde gravitazionali di Cascina che negli ultimi mesi è rimasto ad ascoltare l'universo e che ora si arresterà per potenziare la propria sensibilità. Una volta attivo, il nuovo Virgo potrà esplorare una sfera di universo con un raggio di 10 volte superiore e darà maggiori possibilità di isolare segnali dovuti a onde gravitazionali. Per tutta l'estate Virgo ha lavorato insieme al "collega" europeo, il GEO600 vicino a Hannover, per captare segnali dal cielo. I due rivelatori erano attivi al momento dell'esplosione della supernova del 24 agosto che però, essendo troppo lontana, non è potuta essere colta dagli strumenti in funzione.

Virgo è il rivelatore ideato dal fisico italiano Adalberto Giazzotto e completato nel 2003 nel comune di Cascina, in provincia di Pisa, all'interno del sito dello European Gravitational Observatory (EGO). Pisa, con i suoi enti di ricerca e, soprattutto, con l'Università, è stata la culla ideale per la nascita e la crescita di un progetto di tale rilevanza internazionale. "Advanced Virgo" diverrà operativo dopo il 2015 contemporaneamente ad "Advanced LIGO", l'analogo rivelatore americano, che è stato spento già alcuni mesi fa per fare delle importanti modifiche. A quella data tutti i rivelatori, divenuti più sensibili, di "seconda generazione", saranno in grado di ascoltare collassi gravitazionali avvenuti a distanza 10 volte maggiore.

"Avendo la possibilità di esplorare una sfera di universo con un raggio 10 volte più grande, e un volume 1000 volte maggiore, aumenterà di 1000 volte anche la probabilità di captare un evento – spiega Carlo Bradaschia, uno dei costruttori di Virgo e ricercatore dell'INFN di Pisa – In questo modo avrà inizio l'astronomia gravitazionale". Il risultato più evidente di questa nuova astronomia sarà la realizzazione di mappe del cielo in cui verranno rappresentate come stelle le sorgenti di onde gravitazionali, in parte probabilmente coincidenti con corpi celesti noti, che sono sorgenti di luce visibile. L'attesa per queste nuove mappe è grandissima, poiché le onde gravitazionali sono dovute alla massa dei corpi celesti, mentre la luce visibile e gli altri mezzi di indagine sono dovuti alle cariche elettriche presenti nella materia. Radiazioni di natura totalmente diversa potranno dare immagini del cosmo altrettanto diverse. Le onde gravitazionali, in quanto generate dal moto delle masse potrebbero svelarci almeno una parte di quella stragrande parte dell'universo, la "materia oscura", di cui non sappiamo nulla.

Il fatto che fino ad ora nessun rivelatore abbia isolato segnali dovuti ad onde gravitazionali non rappresenta una sorpresa né un fallimento: "Con le attuali sensibilità dei rivelatori, infatti, si stima che la probabilità di captare un evento in un anno di ascolto sia del 2-5% - continua Bradaschia - Proprio il non aver rivelato onde gravitazionali, con le attuali sensibilità, ha permesso di ottenere risultati di rilievo scientifico, che la collaborazione Virgo-GEO600-LIGO sta pubblicando sulle riviste specializzate, man mano che l'analisi dei dati progredisce". Fra l'altro sono stati messi limiti superiori alla produzione di onde gravitazionali di origine cosmologica e alla loro emissione da parte delle pulsar. Quest'ultimo dato ha permesso di calcolare limiti importanti all'ellitticità della distribuzione di massa di pulsar note (Vela e Granchio).

Virgo e GEO600 sono stati per tre mesi all'ascolto dell'universo, per una eccezionale frazione del 82% del tempo. È molto importante che almeno due rivelatori siano attivi contemporaneamente. Questo permette di scartare segnali spuri dovuti a disturbi locali che interessano un solo strumento ma, soprattutto, consente di individuare la sorgente delle onde gravitazionali, proprio come fa il nostro cervello per individuare la sorgente di un suono, elaborando i segnali delle due orecchie.

rubicon 1Si chiama RUBICON ed è un robot capace di dare assistenza ad anziani e disabili dopo averne imparato le abitudini di vita. Un team di ricercatori del dipartimento di Informatica dell'Università di Pisa, coordinati da Stefano Chessa e Alessio Micheli, è partner di un progetto di ricerca europeo finanziato con 2,5 milioni di euro che ha l'obiettivo di unire dispositivi robotici e reti di sensori in un sistema capace di interagire con l'ambiente circostante. Della ricerca, il cui capofila in Europa è l'Università di Dublino, fanno parte anche l'Istituto di scienza e tecnologie dell'informazione "A. Faedo" (ISTI) del CNR, la Fondazione Stella Maris, la Örebro University (Svezia), la University of Ulster (Nord Irlanda), due aziende spagnole di componenti robotici (Tecnalia e Robotnik) e l'azienda irlandese Pintail Ltd.

L'idea che sta alla base del progetto RUBICON (Robotic UBIQuitous COgnitive Network) è progettare robot in grado di apprendere le caratteristiche dell'ambiente e della qualità di vita della persona da assistere tramite una rete di sensori installati in casa. RUBICON è infatti un misto di "intelligenza" ambientale e robotica, una sorta di "cervello artificiale pervasivo" che fa parte dell'ambiente ed è capace di apprendere dall'ambiente stesso ciò che avviene e di comandare i robot di conseguenza. I sensori acquisiscono le informazioni, memorizzano un modello di abitudini ritagliato sulla persona specifica a cui portare assistenza e lo trasmettono ai robot.

Stefano Chessa I ricercatori spiegano che, con questa tecnologia, sarà possibile abbinare un evento a un comportamento specifico dei robot. Per fare un esempio, se RUBICON capisce che la persona ha l'abitudine di alzarsi tutte le mattine alle sette, il sistema attiva i robot a quell'ora può per portare le pantofole e assistere il soggetto specifico. Il vantaggio è che, se col tempo le abitudini cambiano, RUBICON è in grado di adattarsi autonomamente alle condizioni ambientali mutate, senza bisogno di essere riprogrammato.

Il team di ricerca dell'Università di Pisa, che include i gruppi di reti wireless e di intelligenza computazionale, è composto da 6 persone tra professori, ricercatori, assegnisti di ricerca e collaboratori, e ha lavorato negli ultimi sei mesi per definire il progetto che adesso passerà alla fase più operativa. RUBICON arriverà, infatti, a test di prototipi legati a scenari applicativi con una sperimentazione di sei mesi all'ospedale della Stella Maris e, parallelamente, in un living lab dell'azienda Tecnalia a Bilbao.

Alessio Micheli Nel primo caso è previsto l'utilizzo del robot per il trasporto di materiale ospedaliero: i sensori ambientali dovranno essere addestrati a memorizzare dati utili a comprendere e disegnare il percorso per arrivare ai degenti. Il laboratorio spagnolo, invece, riprodurrà l'ambiente di un appartamento dove attori simuleranno azioni quotidiane sotto l'osservazione di sensori. Al suo lato sarà attrezzata una sala regia, dove i ricercatori potranno elaborare i dati, osservando i robot e la loro interazione con le persone.

Lo sviluppo di questa tecnologia apre nuove prospettive per il futuro: la sfida è riuscire a progettare sistemi che, in virtù della loro capacità di adattarsi alle persone, siano in grado di capire quello di cui hanno veramente bisogno, portando assistenza dove e quando serve, compatibilmente con la sensibilità del soggetto assistito, imparando a interagire con lui in maniera discreta e non invasiva. 

(Le foto dei robot sono tratte da "PEIS Ecology”, http://aass.oru.se/~peis/)

 

 

 

Ne hanno parlato:

Il Giornale di Brescia (20/12/2012)
Ansa 
Unità Toscana
Nazione Pisa
Corriere Fiorentino
Nuovo Corriere di Firenze 
Il Giornale di Brescia
RepubblicaFirenze.it
CorriereFiorentino.it
TirrenoPisa.it
NazionePisa.it
InToscana.it 
PisaNotizie.it  
PisaInformaFlash.it
 

Mercoledì, 16 Novembre 2011 16:22

Venti nuovi dipartimenti per l'Università di Pisa

Nicoletta De Francesco

Venti dipartimenti sostituiranno da qui a qualche mese le attuali 11 facoltà e i 48 dipartimenti, andando a costituire le aggregazioni di base dell'Università di Pisa. Con l'approvazione all'unanimità da parte del Senato Accademico, si è concluso mercoledì 16 novembre il processo di definizione del nuovo assetto organizzativo dell'Ateneo, che tra l'altro risponde a quanto richiesto dalla legge numero 240 del 2010, la legge Gelmini. "Siamo i primi in Toscana e tra i primi in Italia ad aver completato l'iter di costituzione dei nuovi dipartimenti - ha commentato il rettore Massimo Augello - che a mio giudizio permetteranno di garantire una qualità ancora più elevata dell'offerta formativa, dal momento che didattica e ricerca andranno a convivere sotto lo stesso tetto".

"Con i nuovi dipartimenti – precisa il prorettore vicario, Nicoletta De Francesco – ci proponiamo di semplificare l'organizzazione dell'Università, passando da 59 a 20 strutture, di collegare le attività di didattica e di ricerca sotto un unico organismo, di razionalizzare l'utilizzo di personale e sedi, con un risparmio in termini di costi e soprattutto di procedure amministrative". Il tutto, tiene a ribadire la professoressa, senza incidere sui corsi di laurea e dunque sull'offerta formativa per gli studenti, se non attraverso l'eliminazione di quel riferimento immediato che oggi è rappresentato dalle facoltà.

Senato AccademicoI nuovi dipartimenti, a ognuno dei quali dovrà afferire un minimo di 50 docenti contro i 40 previsti dalla legge Gelmini, potranno essere monodisciplinari o pluridisciplinari, in quanto riuniscono docenti di diversi settori per collaborare a progetti didattici e scientifici comuni. Le venti strutture saranno suddivise in quattro appartenenti al settore culturale delle scienze matematiche e informatiche, fisiche, della terra; quattro delle scienze chimiche, biologiche, agrarie; tre delle scienze mediche e una di veterinaria; tre dell'ingegneria; due dei settori umanistici; tre delle scienze giuridiche, economiche, politiche e sociali. Per ora sono state decise le afferenze del solo personale docente, ma nei prossimi mesi dovranno essere risolte le questioni relative all'afferenza dei corsi di studio a ogni dipartimento, alla dislocazione del personale tecnico-amministrativo, all'utilizzo degli spazi, all'organizzazione e razionalizzazione di sedi e laboratori.

I nuovi dipartimenti, inoltre, non entreranno subito in funzione, perché il loro percorso si intreccia con l'iter di approvazione del nuovo Statuto dell'Università di Pisa, ancora all'esame del ministero. Subito dopo questo passo con le eventuali integrazioni richieste da Roma, e dunque probabilmente entro i primissimi mesi del prossimo anno, si procederà ad attivare ufficialmente le nuove strutture. Intorno all'estate 2012 saranno rinnovati i due organi di governo dell'Ateneo – il Senato Accademico e il Consiglio di Amministrazione – in modo da essere pronti con l'organizzazione definitiva dell'Università all'inizio dell'anno accademico 2012-2013.

Guarda la tabella dei nuovi dipartimenti.

Ne hanno parlato:

Tirreno
Nazione Pisa
Tirreno Pisa
Unità Toscana
Corriere fiorentino 
InToscana.it
PisaNotizie.it
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TG:

TgGranducato 
50Canale

Lunedì, 14 Novembre 2011 15:23

La ricerca degli atenei all'esame dell'ANVUR

Sarà un'indagine trasparente e capillare, che coinvolgerà direttamente gli oltre 57 mila docenti degli atenei italiani e i quasi 8 mila ricercatori e tecnici degli enti di ricerca, sottoponendo a giudizio più di 216 mila "prodotti". Con la registrazione del decreto ministeriale da parte della Corte dei Conti e la pubblicazione sul sito dell'Agenzia (www.anvur.org) il 7 novembre scorso del Bando ufficiale, è stato dato il via al percorso di Valutazione della qualità della ricerca (Vqr) per il periodo 2004-2010, una delle sfide decisive per dare piena credibilità al sistema universitario italiano sulla strada della valorizzazione del merito.

Il progetto è affidato all'ANVUR, l'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca, al cui interno opera il professor Andrea Bonaccorsi, docente di Ingegneria gestionale all'Università di Pisa e tra i principali esperti di analisi di efficienza del sistema pubblico della ricerca. Il professor Bonaccorsi è uno dei sette membri del Consiglio direttivo dell'ANVUR e vice coordinatore delle attività Vqr 2004-2010. A lui abbiamo chiesto di sintetizzare gli aspetti centrali dell'attività di valutazione.

Professor Bonaccorsi, partiamo dalla fine. Le dimissioni del Governo bloccheranno la Valutazione della ricerca? E se dovesse essere sciolto il Parlamento?

Andrea BonaccorsiPer fortuna no. L'Agenzia è stata creata con un Decreto del Presidente della Repubblica e quindi ha una vita che va oltre non solo i singoli governi, ma anche le legislature. Dunque anche nella infelice ipotesi di uno scioglimento delle Camere proseguirebbe la sua attività. La VQR inoltre è stata aperta con un Decreto del Ministro che è stato approvato dalla Corte dei Conti il 28 ottobre scorso e prosegue quindi senza interruzioni. Il 7 novembre abbiamo pubblicato il Bando, e da quello stesso giorno tutti gli atenei e gli enti di ricerca si sono messi in moto.

Quali sono i precedenti nel nostro Paese in tema di valutazione della ricerca?

Il primo esperimento nazionale di Valutazione triennale della ricerca ha riguardato gli anni 2001-2003 ed è stato affidato al CIVR, il Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca. Il processo, su base volontaria, è partito nel marzo del 2004 e si è concluso due anni dopo. I risultati sono stati utilizzati per distribuire la quota premiale del Fondo di finanziamento ordinario negli anni dal 2006 al 2011, prima come semplice fattore correttivo del parametro di potenzialità di ricerca; poi, dal 2009, come percentuale da pesare all'interno della ricerca.

Più recente è invece la costituzione dell'ANVUR, anche se il suo cammino è stato piuttosto travagliato...

Sì, l'ANVUR è stata istituita con la legge numero 286 del 2006, ma il suo regolamento è stato emanato solo nel 2010 e il suo Consiglio direttivo è stato nominato a febbraio di quest'anno. La sua vicenda, pertanto, si è intrecciata con quella legata alla programmazione dell'attività di Valutazione della ricerca, prima prevista per il quinquennio 2004-2008 e affidata al CIVR e poi estesa fino al 2010 e affidata all'ANVUR.

Il 12 luglio 2011 è stato finalmente firmato il decreto ministeriale che affida all'ANVUR la Valutazione della qualità della ricerca per il periodo 2004-2010.

In attesa del vaglio del decreto ministeriale da parte della Corte dei Conti, avevate già programmato e messo in atto delle azioni concrete?

Certamente, anche perché l'orientamento seguito all'interno dell'Agenzia ha inteso predisporre tutto ciò che era possibile a livello organizzativo, in modo da essere immediatamente operativi subito dopo il via libera ufficiale. Per esempio, abbiamo nominato i 14 presidenti dei Gruppi di esperti della valutazione, i GEV, che costituiranno l'organismo di base del processo valutativo, prima dell'approvazione del Decreto! Potevamo farlo, nominandoli come nostri esperti di valutazione. I presidenti si sono messi subito al lavoro per preparare i Criteri di valutazione, che potranno differire tra i vari settori scientifici.Logo Anvur

Quali saranno, dunque, le strutture, i soggetti e i "prodotti" sottoposti a valutazione?

Per quanto riguarda le strutture, in prima battuta saranno interessate le università statali e quelle non statali autorizzate a rilasciare titoli accademici: in totale sono 95, comprese quelle telematiche. In seconda battuta, gli enti di ricerca pubblici vigilati dal MIUR, tra i quali ci sono anche CNR e INFN. Infine, altri soggetti pubblici e privati che svolgono attività di ricerca e che sono stati coinvolti su loro richiesta e dietro copertura delle spese.

I soggetti monitorati comprenderanno i professori ordinari e associati; i ricercatori universitari, a tempo indeterminato e determinato; gli assistenti universitari.

Per "prodotto" della ricerca si intende una pluralità di documenti, che spaziano dagli articoli su riviste ai libri e loro capitoli, inclusi atti di congressi, nonché edizioni critiche, traduzioni e commenti scientifici. Vi rientrano i brevetti depositati, così come più in generale le composizioni, disegni, design, performance, mostre ed esposizioni organizzate, manufatti, prototipi e opere d'arte e loro progetti, banche dati e software, carte tematiche, esclusivamente se corredati da pubblicazioni atte a consentirne adeguata valutazione.

Quali saranno gli step e i tempi di attuazione del processo?

Il percorso della valutazione sarà assolutamente trasparente e scandito da tempi contingentati, perché l'obiettivo è di completare l'intero iter in poco più di un anno.

Più in dettaglio, saranno queste le fasi del processo: le università certificheranno gli elenchi dei soggetti da valutare, predisposti dal CINECA sulla base delle banche dati del MIUR; i singoli professori, ricercatori e assistenti caricheranno quindi la propria lista di "prodotti" della ricerca; le università selezioneranno tre "prodotti" per ognuno e li trasmetteranno ai GEV; i Gruppi, composti da 450 studiosi di elevata qualificazione suddivisi all'interno delle 14 aree disciplinari sottoposte alla valutazione, procederanno con la valutazione e successivamente la integreranno con altri indicatori di qualità; dopo aver ricevuto il rapporto conclusivo dei GEV, l'ANVUR predisporrà la relazione finale VQR 2004-2010.

Come sarà articolata questa relazione?

La valutazione finale comprenderà quattro aspetti. Ci sarà una valutazione per aree disciplinari; una per strutture, che riguarderà le singole università e i singoli centri di ricerca; una per dipartimenti, analizzati sia nell'attuale configurazione che in quella che scaturirà dopo le modifiche in atto degli Statuti universitari; una, infine, per attività di trasferimento tecnologico, e quindi per brevetti e spin-off, e per altre attività di impatto sulla società, come la gestione di beni culturali museali e archeologici. La valutazione della terza missione sarà però separata dalla valutazione della qualità della ricerca, perché si tratta di missioni diverse, anche se complementari.

A cosa servirà tutta questa mole di lavoro e di dati?

Innanzitutto, avremo a disposizione un quadro complessivo, affidabile e aggiornato, sulla cui base il Ministero potrà procedere alla distribuzione del Fondo di finanziamento ordinario, con l'obiettivo di essere pronti a partire dal 2013. In secondo luogo, metteremo a disposizione degli atenei uno strumento fondamentale per le loro politiche di programmazione, perché in grado di identificare i settori di punta e le aree di debolezza all'interno di ogni singolo ateneo. Infine, puntiamo a far emergere il potenziale di ricerca del nostro Paese, che viene troppo spesso oscurato da pratiche accademiche, modi di gestione e singoli episodi che rischiano di fornire una immagine riduttiva alla società italiana e al mondo.
 

Ne hanno parlato:

Repubblica
Repubblica Firenze 
TirrenoPisa.it 
Tirreno Pisa  
Tirreno Grosseto 
InToscana.it
PisaNotizie.it  
PisaInformaFlash.it  

Lunedì, 14 Novembre 2011 11:50

L’evoluzione di VIRGO

VirgoSi trasformerà in "Advanced Virgo" il rivelatore di onde gravitazionali di Cascina che negli ultimi mesi è rimasto ad ascoltare l'universo e che ora si arresterà per potenziare la propria sensibilità. Una volta attivo, il nuovo Virgo potrà esplorare una sfera di universo con un raggio di 10 volte superiore e darà maggiori possibilità di isolare segnali dovuti a onde gravitazionali. Per tutta l'estate Virgo ha lavorato insieme al "collega" europeo, il GEO600 vicino a Hannover, per captare segnali dal cielo. I due rivelatori erano attivi al momento dell'esplosione della supernova del 24 agosto che però, essendo troppo lontana, non è potuta essere colta dagli strumenti in funzione.

Virgo è il rivelatore ideato dal fisico italiano Adalberto Giazzotto e completato nel 2003 nel comune di Cascina, in provincia di Pisa, all'interno del sito dello European Gravitational Observatory (EGO). Pisa, con i suoi enti di ricerca e, soprattutto, con l'Università, è stata la culla ideale per la nascita e la crescita di un progetto di tale rilevanza internazionale. "Advanced Virgo" diverrà operativo dopo il 2015 contemporaneamente ad "Advanced LIGO", l'analogo rivelatore americano, che è stato spento già alcuni mesi fa per fare delle importanti modifiche. A quella data tutti i rivelatori, divenuti più sensibili, di "seconda generazione", saranno in grado di ascoltare collassi gravitazionali avvenuti a distanza 10 volte maggiore.

"Avendo la possibilità di esplorare una sfera di universo con un raggio 10 volte più grande, e un volume 1000 volte maggiore, aumenterà di 1000 volte anche la probabilità di captare un evento – spiega Carlo Bradaschia, uno dei costruttori di Virgo e ricercatore dell'INFN di Pisa – In questo modo avrà inizio l'astronomia gravitazionale". Il risultato più evidente di questa nuova astronomia sarà la realizzazione di mappe del cielo in cui verranno rappresentate come stelle le sorgenti di onde gravitazionali, in parte probabilmente coincidenti con corpi celesti noti, che sono sorgenti di luce visibile. L'attesa per queste nuove mappe è grandissima, poiché le onde gravitazionali sono dovute alla massa dei corpi celesti, mentre la luce visibile e gli altri mezzi di indagine sono dovuti alle cariche elettriche presenti nella materia. Radiazioni di natura totalmente diversa potranno dare immagini del cosmo altrettanto diverse. Le onde gravitazionali, in quanto generate dal moto delle masse potrebbero svelarci almeno una parte di quella stragrande parte dell'universo, la "materia oscura", di cui non sappiamo nulla.

Il fatto che fino ad ora nessun rivelatore abbia isolato segnali dovuti ad onde gravitazionali non rappresenta una sorpresa né un fallimento: "Con le attuali sensibilità dei rivelatori, infatti, si stima che la probabilità di captare un evento in un anno di ascolto sia del 2-5% - continua Bradaschia - Proprio il non aver rivelato onde gravitazionali, con le attuali sensibilità, ha permesso di ottenere risultati di rilievo scientifico, che la collaborazione Virgo-GEO600-LIGO sta pubblicando sulle riviste specializzate, man mano che l'analisi dei dati progredisce". Fra l'altro sono stati messi limiti superiori alla produzione di onde gravitazionali di origine cosmologica ed alla loro emissione da parte delle pulsar. Quest'ultimo dato ha permesso di calcolare limiti importanti all'ellitticità della distribuzione di massa di pulsar note (Vela e Granchio). Virgo e GEO600 sono stati per tre mesi all'ascolto dell'universo, per una eccezionale frazione del 82% del tempo. È molto importante che almeno due rivelatori siano attivi contemporaneamente. Questo permette di scartare segnali spuri dovuti a disturbi locali che interessano un solo strumento ma, soprattutto, consente di individuare la sorgente delle onde gravitazionali, proprio come fa il nostro cervello per individuare la sorgente di un suono, elaborando i segnali delle due orecchie.

Durante la recente raccolta di dati si è anche cominciato a mettere in pratica l'accordo di mutuo allarme esistente fra i rivelatori di onde gravitazionali, i telescopi ottici, i rivelatori di neutrini e di sciami di raggi gamma, sia sulla terra che nello spazio. Mettere in evidenza la relazione temporale fra segnali di tipo diverso sarà fondamentale per comprendere la natura delle sorgenti dei diversi tipi di radiazione.

I moderni rivelatori di onde gravitazionali sono dei giganteschi interferometri in cui si cerca di misurare le impercettibili variazioni di lunghezza dei due bracci, lunghi alcuni chilometri, causate dal passaggio di onde gravitazionali. In questi strumenti, fasci di luce laser vengono inviati lungo i bracci orizzontali e perpendicolari, alle cui estremità grandi specchi, sospesi sotto vuoto, riflettono i fasci avanti e indietro centinaia di volte prima di inviarli sui fotodiodi rivelatori. Le periodiche variazioni di lunghezza dei bracci, causate dalle onde gravitazionali, si traducono in oscillazioni delle figure di interferenza, che vengono continuamente campionate e registrate. La enorme difficoltà di queste misure è dovuta allo straordinario grado di isolamento necessario per gli strumenti da ogni disturbo esterno che possa mascherare il puro effetto delle onde gravitazionali. Quantitativamente, in Virgo, bisogna distinguere, sui bracci di 3 km, variazioni di lunghezza di un miliardesimo di miliardesimo di metro.

Ne hanno parlato:

Tirreno Pisa  
Nazione Pisa
PisaNotizie.it
InToscana.it
TirrenoPisa.it 
Asca
 

 

Un 11.11.11 fatto di bit ha tenuto oggi a battesimo il convegno organizzato nell'ambito delle iniziative "La CEP prima della CEP: storia dell'informatica". I lavori alla Limonaia sono cominciati con i saluti del prorettore vicario Nicoletta De Francesco e del Sindaco di Pisa Marco Filippeschi. Quindi 11 minuti e 11 secondi dopo le 11 il simulatore della Macchina Ridotta, uno dei prototipi della Calcolatrice Elettronica Pisana ricostruiti per l'occasione, ha completato un breve conto alla rovescia e ha riprodotto in sistema binario data e ora esatte. Il risultato è stato un 11011 11011 11011 fatto di spie luminose, dove 1 sta per accesa e 0 per spenta. Un gioco che però ha richiesto una vera e propria programmazione. I vecchi calcolatori infatti non avevano orologio interno come quelli di oggi, ma potevano essere programmati per fare da timer.

Il convegno prosegue anche sabato 12 novembre, sempre alla Limonaia. In questa due giorni i temi principali affrontati saranno tre: la storia dell'informatica pisana e italiana con la partecipazione di diversi protagonisti del tempo, le ricadute dell'esperienza CEP come opportunità per Pisa e per il suo territorio e la conservazione e la ricostruzione delle macchine del passato a scopo didattico e divulgativo.

Domenica 13 novembre alle 10,30, al Museo degli strumenti per il calcolo, si inaugura invece la mostra sulla storia dell'informatica e della CEP. Aperta fino alla fine di marzo 2012, proporrà al pubblico un viaggio all'insegna dell'archeologia informatica per apprezzare e comprendere le tecnologie hardware e software di oggi.

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Sono aperte le iscrizioni alla IX edizione del master universitario di I livello in Tecnologie internet attivato dal dipartimento di Ingegneria dell'informazione dell'Università di Pisa, in collaborazione con l'IIT del CNR di Pisa e il patrocinio del Registro.it. La scadenza per la presentazione delle domande di iscrizione è il 30 novembre 2011.

Il master ha lo scopo di formare esperti nelle tecnologie legate a internet, alle reti informatiche e ai servizi web, con aspetti giuridici e di sicurezza. Si rivolge a giovani laureati e a coloro che già operano in tali settori e desiderano aggiornarsi o riqualificarsi professionalmente. A chi consegue il titolo viene consegnata anche la certificazione di primo livello CCNA, rilasciata da Cisco Systems per operare professionalmente su reti Cisco.

Il master è pensato per essere compatibile con una attività lavorativa. Le lezioni sono distribuite su tutto l'arco del 2012, raggruppate in quattro cicli ben distanziati. In ogni ciclo, sono previste lezioni teoriche (venerdì mattina e primo pomeriggio, fruibili anche via internet in forma diretta o registrata) ed esercitazioni di laboratorio (venerdì nella seconda parte del pomeriggio e sabato mattina, fruibili solo frontalmente). Il conseguimento del titolo avverrà a giugno 2013, dopo la fine delle sessioni di esame e il tirocinio aziendale. Per maggiori informazioni è possibile consultare www.ing.unipi.it/master.it.

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