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Una rappresentanza di studenti ucraini iscritti all’Ateneo pisano ha partecipato a un incontro convocato dal rettore Paolo Mancarella e dal prorettore alla cooperazione e relazioni internazionali Francesco Marcelloni la mattina di venerdì 4 marzo nell’Aula Magna Storica del Palazzo della Sapienza. Scopo dell’iniziativa era prima di tutto testimoniare la vicinanza di tutto l’Ateneo agli studenti e alle loro famiglie e quindi ascoltare le storie dei ragazzi e delle ragazze, conoscere la loro attuale situazione e i problemi che stanno attraversando loro e le loro famiglie, al fine di poter indirizzare nel modo più proficuo le azioni e le strategie di supporto che l’Ateneo sta già programmando e mettendo in atto. A testimonianza della vicinanza di tutta l’intera comunità accademica pisana con gli studenti ucraini, all’incontro ha partecipato anche Luigi Ambrosio, direttore della Scuola Normale Superiore, e ha mandato i suoi saluti anche la rettrice della Scuola Superiore Sant’Anna, Sabina Nuti.

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In totale sono 71 gli studenti ucraini iscritti all’Università di Pisa e sono 18 quelli che hanno risposto all’invito diffuso dall’Unità Cooperazione Internazionale presentandosi all’incontro con il rettore e il prorettore. Parte di loro proviene da famiglie che ormai vivono da tempo in Italia, altri hanno i loro cari in Ucraina pur risiedendo qua da molti anni, altri ancora sono venuti a Pisa con programmi di mobilità come l’Erasmus.

All’inizio dell’incontro, sono state illustrate le iniziative messe in campo in questi giorni in collaborazione con la Regione Toscana e con l’ARDSU, prima tra tutte l’accoglienza nelle sedi universitarie regionali di studenti in fuga dall’Ucraina: in questa prima fase a Pisa sono previsti 45 posti, 25 a Firenze e 50 a Siena (maggiori informazioni sono disponibili a questo link). L’Ateneo sta parallelamente lavorando per capire come accoglierli all’interno dei corsi di laurea, cercando soluzioni rapide che agevolino l’inserimento nei corsi di studio.

A seguire, i ragazzi e le ragazze presenti all’incontro hanno esposto le loro problematiche e richieste, per cui il rettore si è reso subito disponibile a trovare soluzioni pratiche: per fare qualche esempio, è emersa l’esigenza di avere registrazioni delle lezioni che, in questo periodo di grande tensione, non riescono a seguire con continuità; è stato richiesto il posticipo di scadenze per la presentazione di domande di borse di studio o per il pagamento tasse; è stata espressa la necessità di avere un supporto psicologico in questo particolare momento. All’incontro è stato inoltre deciso di costruire una rete tra gli studenti ucraini, in modo che possano rimanere in contatto tra loro e comunicare con l’Ateneo in modo diretto. Non sono mancate le testimonianze dirette della guerra, alcuni tra loro hanno raccontato che i familiari stanno cercando di fuggire dall’Ucraina per arrivare in Italia e l’Università di Pisa si è resa disponibile a fornire contatti con istituzioni e associazioni che possano aiutarli concretamente.

“In un momento così drammatico la nostra comunità non poteva far mancare il suo sostegno ai tanti studenti ucraini che ne fanno parte – ha commentato il rettore, Paolo Mancarella – L’incontro di oggi è servito a capire quali siano i loro bisogni, così da poterli aiutare in modo concreto. Proprio in queste ore, infatti, stiamo definendo gli aspetti operativi del nostro intervento assieme alla Regione Toscana e all'Azienda regionale per il diritto allo studio universitario, come stiamo anche collaborando con Comune, Prefettura e volontariato pisano nella gestione dell'emergenza. È il nostro contributo alla difesa di quei valori di pace, solidarietà e fratellanza in cui la nostra comunità crede profondamente”.

”Ascoltare le testimonianze di queste ragazze e questi ragazzi, percepire le loro paure per le loro famiglie e per il loro futuro ci ha colpito veramente molto, ricordandoci ancora una volta quanta sofferenza possa portare una guerra – aggiunge Francesco Marcelloni –  Con questo incontro, l’Università di Pisa che li ha accolti per i loro studi e a cui queste studentesse e questi studenti hanno affidato le loro speranze per il loro futuro, ha voluto confermare la sua presenza e ribadire i suoi valori di accoglienza, inclusione, pace e democrazia”.

Proprio in nome di questi valori l’Università di Pisa ha inviato un messaggio a tutti i suoi studenti russi (circa 140), che sono anche loro stati colpiti dalla guerra e dalle sanzioni economiche, per dimostrare anche a loro la propria vicinanza in questa difficile congiuntura che li vede coinvolti nel conflitto.

Giovedì, 03 Marzo 2022 11:12

Come rilassare velocemente il grafene

Il grafene è il materiale più sottile mai realizzato, con lo spessore di un singolo strato di atomi inferiore a un miliardesimo di metro, è in grado di assorbire efficacemente la luce visibile ed infrarossa, mediante l’eccitazione dei suoi portatori di carica. A seguito dell’assorbimento della luce, le cariche eccitate tornano rapidamente allo stato di equilibrio iniziale in un lasso tempo di pochi picosecondi, ovvero pochi milionesimi di milionesimi di secondo. La notevole velocità di questo processo di rilassamento energetico rende il grafene particolarmente promettente per una serie di applicazioni tecnologiche, tra cui rivelatori, sorgenti e modulatori di luce.

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Nella figura: i portatori di carica nel grafene sono disposti su diversi livelli energetici rappresentati dai coni di Dirac, che a seconda del numero di portatori sono occupati fino ad energia pari al punto di neutralità (livello blu nel cono di sinistra) oppure fino ad energia corrispondente alla banda di conduzione (livello blu nel cono di destra). Nei due casi i portatori seguono una dinamica di rilassamento più veloce (scivolo a sinistra) o più lenta (scivolo di destra).

 

Un recente lavoro pubblicato su ACS Nano, ha mostrato che attraverso un campo elettrico esterno è possibile modificare in modo significativo il tempo di rilassamento dei portatori di carica del grafene. La ricerca è stata condotta dall’Istituto di fotonica e nanotecnologie del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ifn) e dal Politecnico di Milano, in collaborazione con il Graphene Center di Cambridge, l’Istituto italiano di tecnologia (Iit), l’Università di Pisa e il ICN2 di Barcellona ed è supportata dal progetto europeo Graphene Flagship.

“La variazione del tempo di rilassamento dei portatori di carica del grafene che abbiamo osservato dimostra un livello di controllo delle proprietà ottiche senza precedenti e permette di ottenere da un unico materiale una grande variabilità di comportamenti”, afferma Eva Pogna, ricercatrice del Cnr-Ifn, prima firma del lavoro.

Il lavoro apre la strada allo sviluppo di dispositivi che sfruttano il controllo del tempo di rilassamento dei portatori di carica per ottenere nuove funzionalità. Per esempio, se il grafene viene utilizzato come assorbitore in una cavità laser per generare impulsi di luce ultrabrevi, variando il tempo di rilassamento dei portatori è possibile controllare la durata degli impulsi generati.

tomadinLa modellizzazione teorica del rilassamento dei portatori di carica del grafene in funzione del campo elettrico esterno, curata da Marco Polini e Andrea Tomadin (nella foto a destra) del Dipartimento di Fisica dell'Università di Pisa, ha permesso l'identificazione del meccanismo fisico alla base del fenomeno osservato.

“Per osservare la dipendenza delle proprietà del grafene dal campo elettrico applicato, è stato cruciale realizzare un dispositivo in grado di variare il numero dei portatori di carica su un ampio intervallo, sfruttando i transistor con liquidi ionici, una tecnologia all’avanguardia ideata per lo studio dei superconduttori”, afferma Andrea Ferrari, direttore del Graphene Center di Cambridge.

Il dispositivo a base di grafene è stato quindi studiato mediante un esperimento di spettroscopia ultraveloce che ha permesso di scoprire come varia il rilassamento dei portatori di carica.

“Questa scoperta è di grande interesse per diversi settori applicativi, dalla fotonica, per la produzione di sorgenti laser impulsate o di limitatori ottici che prevengono il danneggiamento da eccessiva illuminazione, alle telecomunicazioni, per la realizzazione di rivelatori e modulatori ultraveloci”, conclude Giulio Cerullo, professore del Dipartimento di fisica del Politecnico di Milano, che ha coordinato lo studio.

 

Come un terremoto o una catastrofe naturale, le persone più vicine agli epicentri pandemici sono quelle che maggiormente hanno sofferto di disturbi mentali, in particolare disturbi post-traumatici da stress (Post-Traumatic Stress Disorder, PTSD), oltre a sintomi d’ansia e dell’umore. E’ questo quanto emerge da uno studio coordinato dall’Università di Pisa e pubblicata su The Journal of Clinical Psychiatry, il primo mai condotto su un campione di pazienti già affetti da disturbi d’ansia e di umore.

“Il nostro scopo era quello di indagare se vivere in un'area ad alta incidenza Covid-19 comportasse livelli più elevati di sintomi post-traumatici da stress, ansiosi o depressivi, rispetto a chi abitava nelle zone di bassa incidenza”, spiega la professoressa Claudia Carmassi (in foto) del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell’Ateneo pisano e dell'Unità operativa Psichiatria dell'Aoup diretta dalla professoressa Liliana Dell’Osso. 

Per condurre la ricerca sono stati reclutati 102 soggetti, metà uomini e metà donne, presso l'ambulatorio psichiatrico delle Cliniche Psichiatriche di due ospedali universitari italiani: Pisa come “zona a bassa incidenza COVID-19” e Verona come “area ad alta incidenza”. La valutazione è stata condotta subito dopo la prima ondata della pandemia e il primo lockdown nazionale, dal 1 giugno al 30 luglio 2020, durante il quale l’Italia è stata caratterizzata da significative differenze nei tassi di contagio tra le varie regioni. I pazienti sono stati monitorati nei tre mesi successivi. Il livello di esposizione alla pandemia è dunque risultato il principale fattore di rischio per lo sviluppo del disturbo post traumatico da stress al di là dell’età e del genere dei soggetti coinvolti.

I risultati sono in linea con quanto emerso dagli studi che la professoressa Carmassi ha condotto negli ultimi anni sul disturbo post-traumatico da stress nelle vittime dei maggiori eventi traumatici di massa in Italia, tra cui: i sopravvissuti al terremoto di L’Aquila del 2009, in collaborazione con i colleghi dell’Università di L’Aquila, i soccorritori del naufragio della Costa Concordia, in collaborazione con la Marina Militare Italiana, e gli operatori sanitari impegnati nell’emergenza Covid-19, in collaborazione con i colleghi di Codogno e di altri importanti atenei italiani coinvolti nell’emergenza sanitaria e l’Istituto Superiore di Sanità.

“La nostra ricerca ha messo in evidenza i bisogni di assistenza sanitaria dei pazienti psichiatrici come parte particolarmente vulnerabile della popolazione – conclude Carmassi - Crediamo che il crescente utilizzo della telemedicina possa essere molto utile per consentire un follow-up continuo di pazienti”.

Il lavoro pubblicato su “The Journal of Clinical Psychiatry” è stato svolto da Claudia Carmassi, Liliana Dell’Osso, Carlo Antonio Bertelloni, Virginia Pedrinelli, Valerio Dell’Oste, Annalisa Cordone per l’Università di Pisa e da Mirella Ruggeri, Simone Schimmenti, Chiara Bonetto e Sarah Tosato per l’Università di Verona. Lo studio è stato condotto in conformità con la Dichiarazione di Helsinki e approvato dal Comitato Etico di Area Vasta Nord Ovest Toscana (n. 17152/2020) e dalle Province di Verona e Rovigo (n. 26045/2020)

Come un terremoto o una catastrofe naturale, le persone più vicine agli epicentri pandemici sono quelle che maggiormente hanno sofferto di disturbi mentali, in particolare disturbi post-traumatici da stress (Post-Traumatic Stress Disorder, PTSD), oltre a sintomi d’ansia e dell’umore. E’ questo quanto emerge da uno studio coordinato dall’Università di Pisa e pubblicata su The Journal of Clinical Psychiatry, il primo mai condotto su un campione di pazienti già affetti da disturbi d’ansia e di umore.carmassi testo copy copy

“Il nostro scopo era quello di indagare se vivere in un'area ad alta incidenza Covid-19 comportasse livelli più elevati di sintomi post-traumatici da stress, ansiosi o depressivi, rispetto a chi abitava nelle zone di bassa incidenza”, spiega la professoressa Claudia Carmassi (in foto) del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell’Ateneo pisano e dell'Unità operativa Psichiatria dell'Aoup diretta dalla professoressa Liliana Dell’Osso

Per condurre la ricerca sono stati reclutati 102 soggetti, metà uomini e metà donne, presso l'ambulatorio psichiatrico delle Cliniche Psichiatriche di due ospedali universitari italiani: Pisa come “zona a bassa incidenza COVID-19” e Verona come “area ad alta incidenza”. La valutazione è stata condotta subito dopo la prima ondata della pandemia e il primo lockdown nazionale, dal 1 giugno al 30 luglio 2020, durante il quale l’Italia è stata caratterizzata da significative differenze nei tassi di contagio tra le varie regioni. I pazienti sono stati monitorati nei tre mesi successivi. Il livello di esposizione alla pandemia è dunque risultato il principale fattore di rischio per lo sviluppo del disturbo post traumatico da stress al di là dell’età e del genere dei soggetti coinvolti.

I risultati sono in linea con quanto emerso dagli studi che la professoressa Carmassi ha condotto negli ultimi anni sul disturbo post-traumatico da stress nelle vittime dei maggiori eventi traumatici di massa in Italia, tra cui: i sopravvissuti al terremoto di L’Aquila del 2009, in collaborazione con i colleghi dell’Università di L’Aquila, i soccorritori del naufragio della Costa Concordia, in collaborazione con la Marina Militare Italiana, e gli operatori sanitari impegnati nell’emergenza Covid-19, in collaborazione con i colleghi di Codogno e di altri importanti atenei italiani coinvolti nell’emergenza sanitaria e l’Istituto Superiore di Sanità.

“La nostra ricerca ha messo in evidenza i bisogni di assistenza sanitaria dei pazienti psichiatrici come parte particolarmente vulnerabile della popolazione – conclude Carmassi - Crediamo che il crescente utilizzo della telemedicina possa essere molto utile per consentire un follow-up continuo di pazienti”.

Il lavoro pubblicato su “The Journal of Clinical Psychiatry” è stato svolto da Claudia Carmassi, Liliana Dell’Osso, Carlo Antonio Bertelloni, Virginia Pedrinelli, Valerio Dell’Oste, Annalisa Cordone per l’Università di Pisa e da Mirella Ruggeri, Simone Schimmenti, Chiara Bonetto e Sarah Tosato per l’Università di Verona. Lo studio è stato condotto in conformità con la Dichiarazione di Helsinki e approvato dal Comitato Etico di Area Vasta Nord Ovest Toscana (n. 17152/2020) e dalle Province di Verona e Rovigo (n. 26045/2020)

L’Università di Pisa ha stipulato una convenzione quadro quinquennale con il Tribunale civile e penale di Pisa per lo svolgimento di lavori di pubblica utilità. L’accordo firmato lo scorso febbraio dal Rettore Paolo Mancarella e dalla Presidente Maria Giuliana Civinini prevede l’impiego di cinque persone nelle strutture di Ateneo.

Il lavoro di pubblica utilità consiste nella prestazione di un'attività non retribuita a favore della collettività da svolgere presso enti o associazioni e può sostituire alcune pene pecuniarie e detentive. Il caso tipico è quello delle condanne per guida in stato di ebbrezza.

Le strutture messe a disposizione dall’Ateneo sono il Polo Piagge, quello di Ingegneria, l’Area Pontecorvo e il Polo della Memoria San Rossore 1938 e i lavoratori verranno utilizzati per svolgere attività a supporto della comunità accademica e studentesca. 

“Grazie a questa convenzione l’Università si apre a queste forme di integrazione, secondo un’ottica di inclusione – commenta la professoressa Elisa Giuliani (in foto) del Dipartimento di Economia e Management referente del progetto –dando a persone che hanno avuto una condanna, la possibilità di scontare la pena rendendosi utili alla nostra comunità”.

“Prevediamo di potere includere queste persone nelle attività che supportano il raggiungimento di alcuni degli obiettivi della Commissione per lo Sviluppo Sostenibile di Ateneo nell’ambito dalla quale è nato questo progetto- continua Giuliani - Tra le attività iniziali ci sarà la cura dell’ambiente e degli spazi esterni nei principali poli didattici, visitati quotidianamente da migliaia di studenti. Contiamo poi con il tempo e l’esperienza di poter aggiungere altre attività, da valutare anche in base alle competenze che riscontreremo nei candidati. Ringrazio la Direzione legale e in particolare le dottoresse Alessandra Attardi, Giulia De Rosario, Roberta Filidei e Raffaella Menconi per il prezioso aiuto nella realizzazione del progetto”.

L’Università di Pisa ha stipulato una convenzione quadro quinquennale con il Tribunale civile e penale di Pisa per lo svolgimento di lavori di pubblica utilità. L’accordo firmato lo scorso febbraio dal Rettore Paolo Mancarella e dalla Presidente Maria Giuliana Civinini prevede l’impiego di cinque persone nelle strutture di Ateneo.

elisa giuliani

Il lavoro di pubblica utilità consiste nella prestazione di un'attività non retribuita a favore della collettività da svolgere presso enti o associazioni e può sostituire alcune pene pecuniarie e detentive. Il caso tipico è quello delle condanne per guida in stato di ebbrezza.

Le strutture messe a disposizione dall’Ateneo sono il Polo Piagge, quello di Ingegneria, l’Area Pontecorvo e il Polo della Memoria San Rossore 1938 e i lavoratori verranno utilizzati per svolgere attività a supporto della comunità accademica e studentesca. 

“Grazie a questa convenzione l’Università si apre a queste forme di integrazione, secondo un’ottica di inclusione – commenta la professoressa Elisa Giuliani (in foto) del Dipartimento di Economia e Management referente del progetto –dando a persone che hanno avuto una condanna, la possibilità di scontare la pena rendendosi utili alla nostra comunità”.

“Prevediamo di potere includere queste persone nelle attività che supportano il raggiungimento di alcuni degli obiettivi della Commissione per lo Sviluppo Sostenibile di Ateneo nell’ambito dalla quale è nato questo progetto- continua Giuliani - Tra le attività iniziali ci sarà la cura dell’ambiente e degli spazi esterni nei principali poli didattici, visitati quotidianamente da migliaia di studenti. Contiamo poi con il tempo e l’esperienza di poter aggiungere altre attività, da valutare anche in base alle competenze che riscontreremo nei candidati. Ringrazio i colleghi e le colleghe della Commissione per lo Sviluppo Sostenibile di Ateneo, in particolare la dottoressa Elena Perini ed il suo staff, e la Direzione legale e in particolare le dottoresse Alessandra Attardi, Giulia De Rosario, Roberta Filidei e Raffaella Menconi per il prezioso aiuto nella realizzazione del progetto.”.

Pratesi_M.jpgMonica Pratesi, professoressa ordinaria di Statistica al Dipartimento di Economia e Management dell'Università di Pisa, è da oggi la direttrice del Dipartimento per la produzione statistica dell'Istat, succedendo al professor Francesco Maria Chelli. L'incarico dirigenziale di livello generale ha una durata di due anni.

La professoressa Pratesi proviene da una carriera accademica che l'ha vista impegnata nella ricerca, nella didattica e nell'assunzione di numerose responsabilità istituzionali e organizzative. Sul versante della ricerca si è occupata soprattutto di metodi di indagine e campionamento, studi sulla povertà, statistiche ufficiali per la pianificazione e il monitoraggio delle politiche pubbliche.

La sua produzione scientifica in questi ambiti include oltre 100 pubblicazioni tra articoli in riviste nazionali e internazionali, capitoli in monografie, curatele, working paper e note prodotte nell'ambito di convegni, conferenze e seminari. Inoltre, ha coordinato progetti di ricerca nazionali e internazionali ed è stata Direttrice, referee e redattrice di riviste scientifiche italiane straniere.

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