Il cdl in Ingegneria edile-Architettura sperimenta nuovi modelli didattici per far fronte al periodo di pandemia
Il corso di laurea in Ingegneria edile-Architettura si rinnova adattandosi al periodo di pandemia e avvia un modello sperimentale di Laboratorio integrato di progettazione architettonica che propone workshop ed esercitazioni attraverso le piattaforme telematiche, con il coinvolgimento di docenti da diverse parti del mondo.
“Questa sperimentazione didattica – spiega il professor Luca Lanini, vicepresidente del citato corso di laurea magistrale a ciclo unico e coordinatore del Laboratorio - nasce dalla necessità di ripensare radicalmente l'insegnamento della composizione architettonica nell'attuale situazione emergenziale. Se fino ad oggi la tradizione dei laboratori di progettazione era incentrata sul rapporto diretto, da atelier, tra docente e studenti e il lavoro eseguito ‘come a bottega’, la rescissione di questo rapporto ha portato a rifondarne gli stessi fondamenti didattici. Abbiamo quindi deciso che una simile ridefinizione avesse innanzitutto bisogno di un'ampia condivisione della comunità scientifica, coinvolgendo all'interno del Laboratorio molti docenti provenienti da realtà diverse e istituendo un vero e proprio Comitato scientifico che supervisionasse i lavori progettuali”.
Il tema proposto, la relazione tra architettura e città, è uno di quelli fondativi dell'architettura italiana e del suo insegnamento e viene sviluppato approfondendo lo studio di una città-laboratorio su cui basare le varie esercitazioni degli studenti. La città è Mosca, scelta innanzitutto perché è la più grande metropoli europea per dimensione e popolazione, poi perché nella sua storia urbana dell'ultimo secolo ha indicato prima di altre le principali tendenze e idee urbane che molto dopo si sono presentate in altre realtà contemporanee. Infine, è stata selezionata per la sua condizione storico-geografica di sospensione tra oriente e occidente, che apre a chiavi interpretative sulle dinamiche urbane asiatiche.
Il Laboratorio – che, oltre al professor Lanini, è coadiuvato dal professor Antonio Mariano e integrato dal modulo di Tecnica delle Costruzioni del professor Pietro Croce e da quello di Fondazioni del professor Nunziante Squeglia – è quindi riuscito a costruire una serie di relazioni con importanti istituzioni russe: il Markhi, Istituto di Architettura di Mosca e una delle culle dell'avanguardia europea; l'MGSU, l'Università statale di Mosca di Ingegneria civile e uno dei più grandi centri di ricerca russi; il Do.Co.Mo.Mo Russia, l’ente che si occupa della tutela dell'architettura moderna; il “The Constructivist Project”, principale sito web sull'avanguardia sovietica.
Il Laboratorio integrato di progettazione architettonica ha in programma tre esercitazioni progettuali, due Lectio Magistralis su questioni ineludibili quali il rapporto tra architettura e costruzione e quello tra architettura e natura, lezioni seminariali sul contributo italiano al pensiero sulla città e sui suoi protagonisti e varie altre di grandi esperti e docenti internazionali su temi specifici. L'idea finale è di realizzare una mostra e un libro dei vari progetti a testimonianza dell’anno di lavoro svolto.
Incarico ad oggetto: “Revisione e aggiornamento del sito internet del Master APC”
Avviso di fabbisogno interno per lo svolgimento delle attività necessarie al completamento dei progetti di Ateneo di servizio civile regionale
Nel Mar Mediterraneo del Pliocene nuotavano razze di dimensioni titaniche
Dalle rocce risalenti a 3 milioni di anni fa che formano buona parte del preappennino toscano è venuto alla luce un reperto fossile che ha restituito informazioni su un gigante che nuotava nei mari del Pliocene. Si tratta della spina caudale appartenuta a una razza le cui dimensioni superavano realisticamente i due metri di diametro. Lo studio, frutto della collaborazione tra il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa e il “Gruppo Avis Paleontologia e Mineralogia di Scandicci ODV”, è stato pubblicato sulla rivista internazionale “Neues Jahrbuch für Geologie und Paläontologie” con il titolo “Did titanic stingrays wander the Pliocene Mediterranean Sea? Some notes on a giant-sized myliobatoid stinger from the Piacenzian of Italy”.
Da un punto di vista scientifico, le razze sono classificate all'interno degli elasmobranchi, un gruppo di pesci cartilaginei di cui fanno parte anche gli squali. La spina caudale rinvenuta nelle rocce è stata tentativamente attribuita alla famiglia Dasyatidae, che include oggi le cosiddette pastinache. Questi pesci cartilaginei sono caratterizzati, oltre che dal classico corpo romboidale, dalla presenza di una spina finemente dentellata che si aggancia alla base della sottile coda e che può venir eretta a scopo di difesa da eventuali predatori. È proprio una di queste spine che è stata oggetto dello studio da parte dei ricercatori dell'Università di Pisa.
“Il fossile ritrovato rappresenta con ogni probabilità la spina caudale di razza più lunga mai descritta, tanto da animali viventi quanto da esemplari fossili – spiega Alberto Collareta, ricercatore del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Ateneo pisano – Il reperto, pur non essendo completo, mostra infatti una lunghezza massima conservata di 42 cm: considerando che tutte le razze attuale hanno spine caudali inferiori ai 40 cm di lunghezza, è realistico immaginare che la spina fossile del GAMPS appartenesse a una razza che superava i due metri di diametro”.
Le dimensioni del fossile conferiscono una grande importanza al reperto stesso, che costituisce una testimonianza della presenza di razze di dimensioni titaniche, paragonabili a quelle delle pastinache giganti (Bathytoshia brevicaudata e Urogymnus polylepis) tipiche delle acque tropicali attuali delle coste e dei sistemi fluviali dell’Oceano Pacifico e dell’Oceano Indiano, nel mare pliocenico toscano.
Il reperto è in esposizione presso l'esibizione permanente del GAMPS (Badia a Settimo, Scandicci), insieme ad una grande raccolta di fossili di animali marini che hanno contribuito, in modo sostanziale, a svelare gli antichi segreti del mare che un tempo sommergeva la campagna toscana. L'esposizione paleontologica GAMPS permette uno sguardo d'insieme e un'esperienza globale delle faune che popolavano l'antico mare di Toscana.
Svelati nuovi meccanismi che legano la dieta al funzionamento del cervello
È noto che la dieta può alterare il funzionamento di molti organi quali il fegato, l’intestino o il pancreas modificando i cicli giornalieri di produzione di importanti fattori molecolari, tuttavia gli effetti della dieta a livello dell’orologio circadiano nel cervello erano finora poco noti. Un nuovo studio condotto da Paola Tognini, ricercatrice del Dipartimento di Ricerca Traslazionale dell’Università di Pisa, ha dimostrato come una dieta ricca di grassi abbia azioni molto forti anche a livello cerebrale. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista scientifica Proceedings of the National Academy of Science (PNAS) ed è frutto di una collaborazione internazionale che include la University of California Irvine, la University of Texas Houston (USA) e l’INRAE Bordeaux (Francia), coordinata dal noto scienziato Paolo Sassone-Corsi, professore della University of California Irvine, deceduto prematuramente lo scorso luglio.
Confrontando l’andamento giornaliero dell’insieme completo di piccole molecole coinvolte nel metabolismo chiamate metaboliti a seguito di una dieta bilanciata o di una dieta grassa, i ricercatori hanno rivelato che la dieta grassa sconvolgeva la ritmicità giornaliera dei metaboliti in diverse aree del cervello. “Questo studio mette in luce quanto il metabolismo cerebrale sia sensibile alla nutrizione e quanto le alterazioni indotte dalla dieta siano fortemente specifiche a seconda della regione cerebrale analizzata – spiega Paola Tognini – Importante è anche l’aspetto del “quando” durante la giornata questi metaboliti cambino i loro livelli in base al tipo di dieta, poiché questa informazione potrebbe essere sfruttata per future strategie terapeutiche”.
Lo studio ha inoltre individuato variazioni giornaliere in cascate metaboliche conosciute per il loro ruolo nella plasticità dei neuroni, nel funzionamento della trasmissione elettrica, e nella sopravvivenza neuronale: “Ciò ci suggerisce che le variazioni nei livelli giornalieri di metaboliti cerebrali indotti dal consumo prolungato di cibi ad alto contenuto di grassi possa avere effetti deleteri sui vari aspetti delle nostre funzioni cerebrali, tra cui quelli cognitivi ed emozionali, e quindi sul nostro comportamento - aggiunge Paola Tognini - Dato che l’obesità e il consumo eccessivo di grassi sono stati associati al rischio di malattie psichiatriche (come la depressione), valuteremo sia il coinvolgimento delle variazioni metaboliche osservate nella genesi di disordini neuropsichiatrici, sia l’utilizzo di questi dati per lo sviluppo di nuove terapie”.
CONTHACKT - Hackaton del Contamination Lab
Svelati nuovi meccanismi che legano la dieta al funzionamento del cervello
È noto che la dieta può alterare il funzionamento di molti organi quali il fegato, l’intestino o il pancreas modificando i cicli giornalieri di produzione di importanti fattori molecolari, tuttavia gli effetti della dieta a livello dell’orologio circadiano nel cervello erano finora poco noti. Un nuovo studio condotto da Paola Tognini, ricercatrice del Dipartimento di Ricerca Traslazionale dell’Università di Pisa, ha dimostrato come una dieta ricca di grassi abbia azioni molto forti anche a livello cerebrale. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista scientifica Proceedings of the National Academy of Science (PNAS) ed è frutto di una collaborazione internazionale che include la University of California Irvine, la University of Texas Houston (USA) e l’INRAE Bordeaux (Francia), coordinata dal noto scienziato Paolo Sassone-Corsi, professore della University of California Irvine, deceduto prematuramente lo scorso luglio.
Confrontando l’andamento giornaliero dell’insieme completo di piccole molecole coinvolte nel metabolismo chiamate metaboliti a seguito di una dieta bilanciata o di una dieta grassa, i ricercatori hanno rivelato che la dieta grassa sconvolgeva la ritmicità giornaliera dei metaboliti in diverse aree del cervello.
“Questo studio mette in luce quanto il metabolismo cerebrale sia sensibile alla nutrizione e quanto le alterazioni indotte dalla dieta siano fortemente specifiche a seconda della regione cerebrale analizzata – spiega Paola Tognini – Importante è anche l’aspetto del “quando” durante la giornata questi metaboliti cambino i loro livelli in base al tipo di dieta, poiché questa informazione potrebbe essere sfruttata per future strategie terapeutiche. Inoltre, abbiamo individuato variazioni giornaliere in cascate metaboliche conosciute per il loro ruolo nella plasticità dei neuroni, nel funzionamento della trasmissione elettrica, e nella sopravvivenza neuronale. Pertanto lo studio suggerisce che le variazioni nei livelli giornalieri di metaboliti cerebrali indotti dal consumo prolungato di cibi ad alto contenuto di grassi possa avere effetti deleteri sui vari aspetti delle nostre funzioni cerebrali, tra cui quelli cognitivi ed emozionali, e quindi sul nostro comportamento. Dato che l’obesità e il consumo eccessivo di grassi sono stati associati al rischio di malattie psichiatriche (come la depressione), valuteremo sia il coinvolgimento delle variazioni metaboliche osservate nella genesi di disordini neuropsichiatrici, sia l’utilizzo di questi dati per lo sviluppo di nuove terapie”.