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Nonostante il superlavoro degli ultimi mesi dovuto alla processazione dei tamponi per la pandemia da Covid-19, che hanno assorbito buona parte delle attività di alcune strutture in esso comprese, il Dipartimento di Medicina di laboratorio dell’Aoup ha ottenuto la certificazione ISO 9001, con valutazione positiva e apprezzamento da parte dell'Ente Det Norske Veritas DNV per tutte Unità operative e Sezioni dipartimentali che ne fanno parte.

Un risultato, per la struttura diretta dal professore Romano Danesi del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell’Università di Pisa che assume particolare rilevanza per le attività diagnostiche e di ricerca, specialmente in questa difficile congiuntura, e conferma quindi la capacità di governare in modo appropriato tutti i processi produttivi di laboratorio garantendo un controllo efficace della qualità.

 

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La certificazione del sistema di gestione della qualità ai sensi della norma UNI EN ISO 9001:2015 risponde infatti a una serie di norme internazionali che stabiliscono standard di riferimento il cui rispetto assicura il mantenimento delle conformità ed è garanzia per tutti della validità e riproducibilità dei servizi erogati.

Il risultato conseguito è dunque motivo di orgoglio e corona il percorso iniziato negli anni passati a cui tutti hanno contribuito, dai referenti aziendale e dipartimentale della qualità ai direttori di struttura a tutte le figure professionali appartenenti al Dipartimento. Un lavoro di squadra prezioso che ha consentito a tutti di impegnarsi per adeguare, da un punto di vista operativo e documentale, le attività dei laboratori nonostante il tempo dedicato alle attività connesse alla pandemia.

(Fonte ufficio stampa Aoup)

Un ulteriore passo avanti nella ricerca di nuove tecniche diagnostiche a bassa invasività. Oggetto di studio questa volta i segnali nervosi tra cervello e organi periferici, in ambito neurologico, cardiovascolare e endocrinologico, e in particolare in pazienti con amputazione di arto superiore, pazienti con ipertensione o scompenso cardiaco e pazienti in stato di minima coscienza, affetti da Gravi Cerebrolesioni Acquisite.
Questi gli ambiti nei quali si articolerà il progetto TUNE BEAM (TUscany NEtwork for BioElectronic Approaches in Medicine), finanziato dalla Regione Toscana (Bando Ricerca Salute 2018) e varato ufficialmente nei giorni scorsi presso il Centro IRCCS Don Gnocchi di Firenze.

 

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Un primo dato, già acquisito, è la creazione del Network che lavorerà al progetto, formato dall’IRCCS Fondazione Don Carlo Gnocchi Firenze (capofila), Università di Pisa, Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana, Scuola Superiore S. Anna di Pisa, Istituto di Fisiologia Clinica del CNR, Fondazione Toscana Gabriele Monasterio, con la partecipazione esterna del Campus Biomedico di Roma. Lo scopo è studiare e testare sui pazienti approcci bioelettronici, sia per far progredire le conoscenze scientifiche sulla fisiopatologia di organi o funzioni complesse, sia in ottica traslazionale per trasferire la conoscenza acquisita in protocolli clinici.

Le ricerche saranno condotte in modo sinergico in due laboratori congiunti già realizzati tra gli enti partecipanti: il Movement Assistance and Rehabilitation Lab (MAReLab) a Firenze, una struttura congiunta tra IRCCS Fondazione don Carlo Gnocchi e Scuola Superiore Sant’Anna, e il Microneurography and Microneurostimulation Lab (N2Lab) a Pisa, che vede coinvolti l’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR, la Scuola Superiore Sant’Anna, l’Università di Pisa, l’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana e la Fondazione Toscana Gabriele Monasterio. Il progetto vedrà anche la collaborazione scientifica con due gruppi di ricerca in Svezia e Australia, e con l’associazione di pazienti A.TRA.C.TO (Associazione Traumi Cranici Toscani).

 

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I partner del progetto

 

Lo studio si focalizzerà sull’applicazione delle tecniche di microneurografia e microneurostimolazione, effettuata attraverso un micro elettrodo (un ago minimamente invasivo) inserito sottocute fino a raggiungere un nervo target, che permette di stimolare elettricamente o di registrare i segnali elettrici che determinano il flusso di comunicazione tra cervello e organi periferici. L’obiettivo è di affinare ancora meglio questa metodica neurofisiologica in campi diversi, sfruttandone tutte le potenzialità a fini innanzitutto diagnostici e in un secondo momento traslazionali in fase di trattamento e riabilitazione dei pazienti, raccogliendo una gran mole di dati a cui poi applicare strumenti di analisi basati sull’intelligenza artificiale.

Nello specifico, le metodiche saranno applicate in pazienti con amputazione di arto superiore per identificare modelli di stimolazione ottimali al fine di riprodurre la sensazione tattile, in pazienti con ipertensione per identificare predittori della risposta della denervazione renale, in pazienti con scompenso cardiaco, per individuare meccanismi fisiopatologici di attivazione adrenergica come nuovi potenziali bersagli di trattamento e in pazienti in stato vegetativo o di minima coscienza per identificare predittori di prognosi, in un’ottica di sviluppo di nuovi percorsi di riabilitazione personalizzati.

“Sono particolarmente orgogliosa - ha commentato Maria Chiara Carrozza, direttore scientifico della Fondazione Don Gnocchi e docente di bioingegneria industriale presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa - di dare avvio a questo progetto di ricerca che coinvolge un partenariato prestigioso con l’obiettivo di diffondere e sperimentare la tecnica di microneurografia per diverse tipologie di pazienti, attivando clinical trials che si svolgeranno in diversi ambiti clinici che riguardano amputazioni di arto superiore, disordini della coscienza, ipertensione e scompenso cardiaco”.

 

È iniziata pochi giorni fa la terza campagna di ricerche archeologiche nei possedimenti di Giulia Felice a Pompei. Per tre settimane, docenti e laureandi dell’Università di Pisa e della Scuola IMT Alti Studi di Lucca saranno impegnati nelle attività di scavo e documentazione all’interno dei cosiddetti Praedia di Iulia Felix, un vasto complesso che comprende una lussuosa abitazione, un giardino, terme e un’osteria.
I risultati al termine della prima settimana di indagini sono assai significativi. Le verifiche stratigrafiche al centro del grande giardino dei Praedia hanno infatti consentito di intercettare i resti di strutture murarie precedenti la realizzazione dell’hortus e distrutte per lasciare spazio a quest’ultimo. Allo stesso tempo, lo scavo in prossimità della domus ad atrio tuscanico ha consentito di mettere in luce i resti di una pavimentazione in cocciopesto, verosimilmente anteriore alla costruzione del complesso di proprietà di Iulia Felix e intaccata per la realizzazione di un canale di deflusso delle acque provenienti dal settore del viridarium. Tali strutture saranno al centro delle indagini nelle prossime settimane. Il loro rinvenimento rende infatti ancora più urgente l’accurata definizione delle principali fasi edilizie in questo settore della città.
L’iniziativa rientra nel progetto PRAEDIA che, iniziato nel 2016, vede la collaborazione tra il Parco archeologico di Pompei, il Dipartimento di Civiltà e forme del sapere dell'Università di Pisa, il Laboratorio SMART della Scuola Normale Superiore, l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.
PRAEDIA porterà nuovi dati sull'edilizia residenziale di Pompei attraverso un programma di indagini multidisciplinari nella Regio II, una zona di cruciale importanza nel tessuto della città antica, delimitata da una porta urbica, dall'anfiteatro, dalla necropoli di Porta Nocera e dalla principale arteria cittadina, via dell'Abbondanza.
La campagna di scavo, diretta dal Parco Archeologico, è coordinata da Anna Anguissola (Dipartimento di Civiltà e forme del sapere, Università di Pisa) e Riccardo Olivito (Scuola IMT Alti studi, Lucca); il team dell’Università di Pisa si avvale della collaborazione di Emanuele Taccola e Chiara Tarantino (Dipartimento di Civiltà e forme del sapere).
Gli interessati possono seguire l’attività di quest’anno e avere ulteriori informazioni su www.praediaproject.com, www.instagram.com/praediaproject, twitter.com/praediaproject.

È iniziata pochi giorni fa la terza campagna di ricerche archeologiche nei possedimenti di Giulia Felice a Pompei. Per tre settimane, docenti e laureandi dell’Università di Pisa e della Scuola IMT Alti Studi di Lucca saranno impegnati nelle attività di scavo e documentazione all’interno dei cosiddetti Praedia di Iulia Felix, un vasto complesso che comprende una lussuosa abitazione, un giardino, terme e un’osteria.

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I risultati al termine della prima settimana di indagini sono assai significativi. Le verifiche stratigrafiche al centro del grande giardino dei Praedia hanno infatti consentito di intercettare i resti di strutture murarie precedenti la realizzazione dell’hortus e distrutte per lasciare spazio a quest’ultimo. Allo stesso tempo, lo scavo in prossimità della domus ad atrio tuscanico ha consentito di mettere in luce i resti di una pavimentazione in cocciopesto, verosimilmente anteriore alla costruzione del complesso di proprietà di Iulia Felix e intaccata per la realizzazione di un canale di deflusso delle acque provenienti dal settore del viridarium. Tali strutture saranno al centro delle indagini nelle prossime settimane. Il loro rinvenimento rende infatti ancora più urgente l’accurata definizione delle principali fasi edilizie in questo settore della città.

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L’iniziativa rientra nel progetto PRAEDIA che, iniziato nel 2016, vede la collaborazione tra il Parco archeologico di Pompei, il Dipartimento di Civiltà e forme del sapere dell'Università di Pisa, il Laboratorio SMART della Scuola Normale Superiore, l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.

PRAEDIA porterà nuovi dati sull'edilizia residenziale di Pompei attraverso un programma di indagini multidisciplinari nella Regio II, una zona di cruciale importanza nel tessuto della città antica, delimitata da una porta urbica, dall'anfiteatro, dalla necropoli di Porta Nocera e dalla principale arteria cittadina, via dell'Abbondanza.

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La campagna di scavo, diretta dal Parco Archeologico, è coordinata da Anna Anguissola (Dipartimento di Civiltà e forme del sapere, Università di Pisa) e Riccardo Olivito (Scuola IMT Alti studi, Lucca); il team dell’Università di Pisa si avvale della collaborazione di Emanuele Taccola e Chiara Tarantino (Dipartimento di Civiltà e forme del sapere).

Gli interessati possono seguire l’attività di quest’anno e avere ulteriori informazioni su www.praediaproject.com, www.instagram.com/praediaproject, twitter.com/praediaproject.

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