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Comunicati stampa

Si scosta un altro po’ il velo calato sul mistero dell’asimmetria tra materia e antimateria: un’asimmetria minuscola ma sufficiente a far sì che il nostro universo esista e sia fatto esclusivamente di materia. È stata, infatti, scoperta nei decadimenti delle particelle charm (ossia particelle che contengono un quark c, che ha carica elettrica +2/3 rispetto a quella dell’elettrone) un’asimmetria di comportamento rispetto alle loro antiparticelle, chiamata violazione di CP (cioè di carica e di parità). In particolare, la violazione di CP è stata osservata nei mesoni D0. La misura è stata ottenuta dall’esperimento LHCb, uno dei quattro enormi rivelatori dislocati lungo l’anello sotterraneo di 27 km dell’acceleratore LHC del CERN, ed è stata coordinata dal gruppo di Bologna dell’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare che fa parte della collaborazione scientifica LHCb, a cui partecipa anche l’Università di Pisa con un gruppo di ricerca coordinato dal professor Giovanni Punzi.

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“L’osservazione di questo fenomeno, previsto dalla teoria ma sfuggito fino ad oggi alla conferma sperimentale, rappresenta per la fisica delle particelle il raggiungimento di una nuova pietra miliare” commenta Vincenzo Vagnoni, responsabile del gruppo LHCb della Sezione INFN di Bologna. “Si tratta di una misura complessa: per realizzarla è stato necessario progettare e costruire strumenti di indagine potenti come l’acceleratore LHC e il nostro rivelatore LHCb, e ci sono voluti quasi dieci anni di lavoro da parte del nostro gruppo di ricerca”, conclude Vagnoni.

Il risultato, che ha una significatività statistica di 5.3 sigma – deviazioni standard – superiore quindi alla soglia di 5 sigma convenzionalmente adottata dai fisici delle particelle per affermare in maniera inequivocabile una scoperta), viene presentato oggi, 21 marzo, alla conferenza Rencontres de Moriond EW e di un seminario al CERN dai ricercatori italiani Federico Betti e Angelo Carbone, entrambi della Sezione INFN e dell’Università di Bologna.

“Aver contribuito alla realizzazione di questa misura – racconta Federico Betti – è stata per me un’esperienza entusiasmante”. “Ho lavorato ininterrottamente all’analisi dei dati durante gli ultimi due anni e mezzo, inserendomi in un lavoro quasi decennale portato avanti dal nostro gruppo di ricerca”, conclude Betti.

“Abbiamo realizzato una misura di altissima precisione che ha richiesto un lunghissimo lavoro”, spiega Angelo Carbone. “La differenza di comportamento tra le particelle D0 e le corrispondenti antiparticelle è, infatti, molto piccola – prosegue Carbone – e abbiamo avuto bisogno di produrre e ricostruire decine di milioni di loro decadimenti per poterla osservare e misurare con precisione”.

I quark e la violazione di CP

I quark possono essere suddivisi in due categorie: quelli di “tipo up” con carica +2/3 denominati quark up (u), charm (c) e top (t), e quelli di “tipo down” con carica -1/3, i quark down (d), strange (s) e beauty (b). Differenze di proprietà tra materia e antimateria derivanti dal cosiddetto fenomeno della violazione della simmetria CP erano state osservate in passato solo nei decadimenti di particelle strange e beauty, cioè particelle che contengono quark s o quark b. La violazione di CP non era mai stata misurata prima d’ora nei decadimenti di particelle che contengono quark con carica di +2/3.

“Questa scoperta - spiega Giovanni Passaleva dell’INFN di Firenze, che è a capo della collaborazione internazionale LHCb - apre ora un nuovo campo di studi per la fisica delle particelle: la comprensione degli effetti della violazione di CP anche nella categoria di quark di tipo up”. “La violazione di CP è uno dei processi chiave per comprendere fino in fondo e spiegare perché l’universo di oggi sia composto solo di particelle di materia, e non vi sia presenza di antimateria residua”.

Il fenomeno della violazione di CP fu osservato per la prima volta nel 1964 nel decadimento dei mesoni K neutri, e i due fisici che fecero la scoperta, James Cronin e Val Fitch, furono insigniti del premio Nobel per la fisica nel 1980. A quel tempo, la scoperta rappresentò una grande sorpresa per la comunità dei fisici delle particelle, allora fermamente convinta che la simmetria CP non potesse essere violata.
Si poneva, quindi, il problema di come inserirla nella descrizione matematica della teoria. Un primo contributo teorico, successivamente rivelatosi fondamentale per lo sviluppo di una descrizione completa del fenomeno, era già stato fornito in un celebre articolo del 1963 da Nicola Cabibbo, il quale aveva capito che l’interazione debole ‘interpreta’ le particelle composte da quark come il risultato del mescolamento dei loro vari tipi. Partendo dalle fondamenta gettate da Cabibbo, i giapponesi Makoto Kobayashi e Toshihide Maskawa realizzarono all’inizio degli anni '70 che la violazione di CP poteva essere inclusa nel quadro teorico che oggi conosciamo come Modello Standard della fisica delle particelle elementari a condizione che esistessero in natura almeno sei diversi tipi di quark. Alla matrice che descrive il mescolamento dei quark fu dato poi il nome di matrice CKM, dalle iniziali dei cognomi tre fisici teorici. L’idea fu confermata definitivamente tre decenni dopo con la scoperta della violazione di CP nei decadimenti delle particelle beauty da parte degli esperimenti BaBar negli Stati Uniti e Belle in Giappone, risultato che condusse al riconoscimento del premio Nobel per la fisica nel 2008 a Kobayashi e Maskawa.

“Questa teoria spiega tutti gli effetti di violazione di CP finora noti nella fisica delle particelle ed è stata ulteriormente confermata da altre misure, molte ottenute dall’esperimento LHCb”, spiega Matteo Palutan, ricercatore dei Laboratori Nazionali INFN di Frascati e rappresentante nazionale della collaborazione LHCb. “La stessa teoria prevede anche la minuscola violazione di CP nei decadimenti delle particelle charm che finalmente siamo riusciti a provare sperimentalmente con questa misura”, conclude Palutan.

L’entità della violazione di CP osservata finora nelle interazioni del Modello Standard è, tuttavia, troppo piccola per spiegare l’asimmetria materia-antimateria che osserviamo in natura, suggerendo l’esistenza di ulteriori processi ancora
sconosciuti che violino più fortemente la simmetria CP. Questa misura stimolerà un rinnovato lavoro teorico per valutarne l’impatto sulla descrizione fornita dalla matrice CKM nel contesto del Modello Standard, e aprirà la strada alla ricerca di possibili nuovi processi di violazione di CP nelle particelle charm. La ricerca prosegue dunque nel suo intento di scovare effetti che evidenzino l’incompletezza del Modello Standard nella descrizione della realtà fisica, per aprire nuovi orizzonti alla conoscenza dei meccanismi di funzionamento del nostro universo.

I dipartimenti di fisica delle università italiane contano solo un 20% donne, che diventano il 10% se sono docenti; un 35% di dottorande e un 30% di studentesse". Sono i numeri con cui la giornalista Sandra Zampa ha aperto la tavola rotonda che si è tenuta nella sede dell’agenzia Dire, a Roma, sul rapporto tra pensiero di genere e donne, con una provocazione: se la scienza abbia bisogno delle donne. Protagoniste della discussione sono state Marilù Chiofalo, professoressa di fisica della materia dell’Università di Pisa, Anna Loretoni, professoressa di Filosofia politica alla Scuola Superiore Sant'Anna, e l’onorevole Chiara Braga, urbanista e ambientalista.

Guarda il video della tavola rotonda.

"Il lavoro della ricerca scientifica non ha orari. È un tempo opportuno e non cronologico, quindi i maggiori ostacoli, più che pregiudizi, si incontrano quando si ha un progetto di vita completo che richiede anche un lavoro di cura, e questo riguarda le donne come gli uomini che se ne occupano". È questa una delle difficoltà più grandi secondo Marilù Chiofalo, che ha anche sottolineato come la "massima produttività della carriera universitaria e di ricerca arrivi intorno ai 30/40 anni, proprio in coincidenza di quella riproduttiva".

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Nella foto, da sinistra: Marilù Chiofalo, Sandra Zampa, Anna Loretoni e Chiara Braga.

C'è una questione di stereotipi culturali che iniziano fin dall'infanzia, ma c'è anche un tema di governance e di potere nelle università e nei dipartimenti su cui tanto lavoro c'è ancora da fare, secondo Anna Loretoni: "Il pensiero di genere e la presenza delle donne può cambiare e orientare diversamente le agende di ricerca". È questa in fin dei conti la risposta alla domanda della tavola rotonda DireDonne moderata da Sandra Zampa. "Un esempio tra tanti - che ha citato Anna Loretoni, riferendosi alle scienze sociali - è dato dall'apporto del ‘simbolico’ che il pensiero delle donne può dare alla ricerca, o ancora, l'abbandono della prospettiva economicistica marxiana”. La competenza, soprattutto nella scienza sperimentale che è il terreno dei fatti, è proprio la ragione per cui "non si possono avere discriminazioni".

E a proposito di competenza è la deputata Chiara Braga, urbanista e membro della Commissione ambiente, a spiegare come recuperarla sia importante anche in politica "per le donne" e per le loro battaglie. "Basta pensare alle tante donne - ha detto Braga - impegnate per l'emergenza clima, molte nel Continente africano dove si pagano in modo tangibile le emergenze di cui tutti sappiamo o all'ultimo sciopero per il pianeta Terra in occasione del quale i giovani si sono presentati - ha ricordato la parlamentare, commentando un cartello tra i tanti che hanno sfilato nelle strade - come portavoce degli scienziati".

Eppure "le adolescenti hanno spesso performance peggiori dei maschi nelle scienze sperimentali" ha sottolineato Marilù Chiofalo, e per abbattere gli stereotipi e le cosiddette "scelte adattive",che sono riflessi di modelli ormai assimilati, più che scelte vere e proprie, ha lanciato una sfida al mondo dell'istruzione, sin dalla scuola dell'infanzia. "La fisica si insegna in adolescenza, ed è già troppo tardi. La scienza è creatività, linguaggio, sperimentazione e chi meglio dei bambini può farlo. Ma serve anche un nuovo modo di insegnarla che faccia cogliere la sua utilità sociale, perchè le donne hanno la capacità di connettere temi e questioni diverse. Accade in Norvegia, ma anche in India e in Giordania che le ragazze negli studi scientifici siano più brave dei maschi. Bisogna trovare il modo - ha concluso - di non perdere cervelli".

È un bene per la ricerca scientifica di frontiera che i risultati di studi e ricerche siano liberamente accessibili alla comunità scientifica e al pubblico? Questa domanda è stata al centro di un incontro che si è svolto martedì 19 marzo nel Palazzo della Sapienza dell’Università di Pisa che ha visto protagonisti i vertici degli enti di ricerca europei, del mondo accademico e dell’editoria scientifica internazionale. L’evento era organizzato in collaborazione con Science Business e faceva parte di ERC=Science².

Erano presenti fra gli altri insieme al rettore dell’Ateneo pisano Paolo Mancarella, il vice presidente dell’European Research Council, Fabio Zwirner, la vice-presidente della Regione Toscana Monica Barni e il presidente del CNR Massimo Inguscio. Per l’Università di Pisa sono intervenuti anche i vincitori dei finanziamenti dell'European Research Council - Paola Binda, Gianluca Fiori e Benedetta Mennucci - accanto al prorettore per la ricerca in ambito europeo e internazionale Lisandro Benedetti-Cecchi.

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Paolo Mancarella e Monica Barni.

Dopo la conferenza internazionale di aprile dello scorso anno e l'incontro di giugno sulla proposta della Commissione Europea, quello in Sapienza è stato il terzo appuntamento che l'Università di Pisa ha organizzato in vista di "Horizon Europe", il Programma Quadro europeo per la ricerca e l’innovazione 2021-2027. La “Scienza aperta” o “Open Science” è infatti un tema di straordinario rilievo, oltre che di grande attualità, dato che la Commissione Europea chiede di rendere liberamente disponibili le pubblicazioni scientifiche e i dati della ricerca. L’incontro in Sapienza ha sviluppato una riflessione sul tema cercando di offrire un proprio contributo su come la ricerca di frontiera possa realmente beneficiare di un approccio aperto alla scienza, senza tuttavia rinunciare ai suoi tratti distintivi in termini di qualità e competitività.

A questo link sono disponibili ulteriori informazioni e materiali sul convegno.

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Qui di seguito si pubblica l’intervento del rettore Paolo Mancarella che ha introdotto la giornata.


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The future of frontier research: is there a “good way” to Open Science?

With great pleasure, I greet and welcome you to this opportunity to debate frontier research and its link with the Open Science Processes. We will discuss today with leading representatives of Italian and international institutions and bodies, qualified representatives of the scientific publishing and the academic world, along with the European Research Council grantees of our university. I am deeply grateful to all the panellists and particularly to the ERC Vice President, Fabio Zwirner, for accepting our invitation.

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Da sinistra: Vincenzo Vespri, del MIUR, Philipp Kircher, European University Institute e University of Edinburgh, ERC grantee, Massimo Inguscio, presidente CNR Italia, Fabio Zwirner, vice presidente dell'European Research Council.


After last April international conference and the meeting in June on the proposal of the European Commission, this meeting today is the third event planned by the University of Pisa in preparation of "Horizon Europe", under the coordination of the Vice Rector for European and International Research, Professor Lisandro Benedetti-Cecchi and the Research and Technology Transfer Division. As in in the past, this event is organized in cooperation with Science Business and in this occasion also with the "ERC = Science2" project.

I also wish to recall the attention our University pays to the development of the Horizon Europe Program and to remember, with great pleasure, the recent establishment of the Belgian association TOUR4EU (Tuscan Organization of Universities and Research 4 Europe), which includes Regione Toscana and the seven Tuscan universities and schools. In this regard, I wish to greet Prof Monica Barni, vice-president of the Regione Toscana and president of TOUR4EU, and Dr Simona Costa, Director of TOUR4EU. I congratulate them both for the significant results of these very first months of activity, which stimulate to go ahead on the process we have started.

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Philipp Kircher, European University Institute e University of Edinburgh.


These initiatives aim to strengthen the international competitiveness of our University on the international research scene, promoting the dialogue with those stakeholders "at the forefront" in the connection between the Italian research reality and the European institutions. This is how we could help to better define, in the appropriate venue, the perspectives of the Italian Academy, ahead of the negotiations, now at a crucial phase, on the final text of the European Framework Program for Research and Innovation 2021-2027.

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Maryline Fiaschi, Managing Director, Science|Business.


In this context, Open Science is an extraordinarily crucial issue, as well as extremely topical, now that the European Commission asks the scientific publications and research data to be immediately available, free of charge and indefinitely reusable. As we all know, from the 1 January 2020, scientific publications resulting from funded research will have to be published in open access journals or on open access platforms, or in hybrid journals as long as they have committed with a transformative agreement to switch to full Open Access within a defined time frame.

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Da sinistra: Michael Markie Publishing Director, Life Sciences, F1000 Research, Claudio Colaiacomo, Vice President, Global Academic Relations, Elsevier, Gianluca Fiori, professore all'Università di Pisa e ERC Grantee, Frederick Fenter, Executive Editor, Frontiers, Lisandro Benedetti Cecchi, prorettore alla Ricerca europea dell'Università di Pisa.


It is a perspective that involves fundamental aspects of the research system, if only we consider the evaluation criteria definition, and it requires a drastic revision of the current "ground rules" of the scientific publishing system. The extensive debate, been unleashed on a global scale, has made clear that this process might encompass many positive features: for instance and above all, the guarantee of more widespread, democratic and free access to research results. Nevertheless, we also have to consider controversial aspects that could compromise the system that currently ensures the quality of research.

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Paola Binda, ERC grantee Università di Pisa.

Today's event, therefore, is meant to develop an open and balanced reflection on Open Science, trying to offer its contribution on how frontier research could benefit from an open approach, never refraining from its distinctive traits in terms of quality and competitiveness.

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Benedetta Mennucci, ERC grantee Università di Pisa.

As its Statute defines, the University of Pisa endorses the principles of open access and has always committed to implementing institutional policies, with the aim at developing open access and promoting the international visibility of Italian research. With a clear concern of the forthcoming challenges, the University has recently established a specific Commission for the open access to scientific literature under the coordination of our Vice-Rector for National Research, Professor Claudia Martini. This Commission has developed an Open Access incentive proposal targeted for our faculty authors, with the aim of implementing the inclusion of research products on our institutional research archive (Iris Arpi) and complying with the principles of open access.

Our discussion today might act as a stimulus, along with other initiatives that will soon be planned in this regard, thus representing an adequate disclosure and awareness opportunity to the entire university community on Open Science.

Paolo Mancarella

 

I primi laureati in Informatica del nostro Paese si sono formati a Pisa: cinquanta anni fa, nel 1969, l’Università di Pisa ha istituito il primo corso di laurea in Scienze dell’Informazione in Italia, ponendo l’Ateneo e la città all'avanguardia della rivoluzione digitale che ha trasformato la nostra quotidianità e le nostre vite. Per ricordare e festeggiare questo storico anniversario l’Università di Pisa ha organizzato il ciclo “Informatica50”, che lungo tutto il 2019 proporrà incontri ed eventi, una mostra, un concorso per realizzare un'opera d'arte e tante altre iniziative. Il ciclo è stato presentato in Rettorato, martedì 19 marzo, dal rettore Paolo Mancarella, dalla prorettrice vicaria, Nicoletta De Francesco, e dal direttore del Dipartimento di Informatica, Gian-Luigi Ferrari.

Si parte lunedì 25 marzo con “The Reversed Game”, un evento aperto al pubblico in cui Alessandro Baricco intervisterà docenti e studenti dell’Ateneo, oltre al laureato pisano Enrico Dameri, oggi Chief Executive Officer di LIST, per dialogare con loro dell’insurrezione digitale e delle sfide dell’informatica del futuro. Moderati da Claudio Giua, saranno sul palco i professori Antonio Bicchi, Nicoletta De Francesco, Paolo Ferragina, Gianluigi Ferrari, Emanuela Navarretta ed Enrica Salvatori, e gli studenti Fulvio Denza e Ismail El Gharras. L’incontro si terrà nell’Aula Magna del Polo Fibonacci, a partire dalle ore 17,30.

 

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Da sinistra, Gian Luigi Ferrari, Nicoletta De Francesco, Paolo Mancarella


Il ciclo Informatica50 si snoda lungo tre filoni che richiamano la struttura classica dei computer: la memoria, l’elaborazione e la comunicazione. La parte della memoria sarà dedicata a eventi tesi a ricostruire storie e ricordi dei primi laureati, in un dialogo con gli studenti attuali e con il pubblico. In questo ambito sarà allestita una mostra per valorizzare la collezione del Museo degli Strumenti per il Calcolo e sarà realizzato un web doc su alcuni dei principali protagonisti e sull'evoluzione della storia informatica pisana. Per la sezione dell’elaborazione la sfida sarà quella di delineare gli scenari futuri della ricerca informatica. Il tema comunicazione sarà infine declinato a partire da tutti i fenomeni che coinvolgono la cosiddetta società digitale, arrivando a illuminare i rapporti tra informatica e aspetti della vita quotidiana e dell'arte, dalla musica al cinema, dalla video arte ai fumetti e ai videogiochi. Studiosi di varie discipline racconteranno quale sarà l’evoluzione dell’Intelligenza Artificiale, quali gli spazi di libertà nella società delle reti sociali e dei Big Data, sino a parlare delle forme di entertainment sul web. Attraverso un bando pubblico sarà infine selezionato il progetto per realizzare un'opera artistica permanente che ricordi il primato di Pisa nella nascita e nella crescita dell’informatica italiana.

“Il corso di laurea in Scienze dell’Informazione è il motivo per cui, nel 1977, mi trasferii a Pisa: celebrare da Rettore i 50 anni dalla sua istituzione è per me molto emozionante e coinvolgente - ha detto il professore Paolo Mancarella - Il percorso che iniziò allora ha portato la nostra Università a livelli di eccellenza, confermati anche quest’anno dagli ottimi piazzamenti della disciplina nei ranking internazionali. Sta a noi continuare su questa strada e puntare sempre più in alto, con lo stesso entusiasmo di allora che speriamo di continuare a trasmettere ai nostri giovani ricercatori di oggi”.

“L’avventura informatica pisana, che era iniziata già negli anni 50 con la costruzione del primo computer italiano, la CEP, merita di entrare a far parte della memoria collettiva e di arricchire di un ulteriore tassello la storia della città – ha sottolineato la professoressa Nicoletta De Francesco - Queste celebrazioni riguardano non solo l’università, ma tutta la città e per questo collaboreremo strettamente anche con il Comune di Pisa nelle varie iniziative”.

"Come 50 anni fa - ha detto il direttore del dipartimento di Informatica, Gian-Luigi Ferrari - l’informatica è anche oggi una giovane disciplina scientifica in grado di sviluppare innovazione e rispondere alle esigenze della società attuale. Essa è stata fondata da persone che hanno avuto una visione strategica: introdurre una laurea innovativa con una forte base scientifica e una stretta collaborazione interdisciplinare. Il valore e il merito dell’Università di Pisa sta nell'aver portato questa visione all’attenzione nazionale e internazionale. I 50 anni del corso di laurea saranno quindi una festa per parlare del passato e del presente dell’informatica e soprattutto un’occasione per delineare il futuro della disciplina e in generale della nostra società”.

 

"Informatica50": la storia

Furono due matematici i padri del primo corso di laurea in Scienze dell’Informazione d’Italia istituito all’Università di Pisa 50 anni fa, nel 1969: l’allora rettore, Alessandro Faedo, e il professor Gianfranco Capriz, all’epoca direttore dell'Istituto di Elaborazione dell'Informazione del CNR. Una data che segna uno dei passaggi fondamentali della rivoluzione digitale del nostro Paese e che conferma il ruolo della città della Torre e di Galileo Galilei nella storia dell’Informatica in Italia.

È infatti a Pisa che venne costruito il primo calcolatore scientifico italiano, la CEP (Calcolatrice Elettronica Pisana), realizzato su suggerimento di Enrico Fermi e inaugurato dal Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi nel 1961. Sulla scia di questo progetto, nel 1969, nacquero il più importante centro di calcolo elettronico nazionale (CNUCE) del Paese, poi confluito nel CNR, il primo Istituto (universitario) di Scienze dell’Informazione (ISI), avo dell’attuale Dipartimento di Informatica, e con esso appunto il primo corso di laurea in Informatica d’Italia e successivamente, nel 1983, il primo Dottorato di Ricerca in Informatica in Italia. Sempre a Pisa, nel 1986, è partita la prima connessione a Internet in Italia, motivo per cui la città ospita ancora il registro dei domini nazionali .it.

In questa storia l’Università di Pisa ha continuato e continua ad avere un ruolo da di protagonista. A partire dagli anni ’90, oltre a investire nell’insegnamento e nella ricerca, ha infatti dato contributi rilevanti alle reti di comunicazione: prima con lo sviluppo della rete metropolitana pisana (oggi estesa fino a Livorno) che serve circa 100.000 utenti; poi contribuendo alla creazione della rete nazionale a banda ultra-larga dedicata alla comunità dell'istruzione e della ricerca (GARR); e più recentemente con la realizzazione delle infrastrutture Data Center indispensabili per affrontare la ricerca in ormai tutte le discipline.

Dagli anni ’90, all’interno dell’area degli ex Macelli, l’Università di Pisa – d’intesa con il Comune di Pisa – ha inoltre aperto il Museo degli Strumenti per il Calcolo, dove è possibile vedere la CEP e una ricca collezione di macchine legate alla storia del calcolo e dell’Informatica, uno spazio per capire le rivoluzioni tecnologiche che hanno portato al nostro modo di vivere.

 

 

 

Torna a Pisa per il quinto anno consecutivo una delle prove di Coppa del Mondo di scherma paralimpica, valida come qualifica per Tokio 2020. La tappa pisana si svolgerà da giovedì 21 a domenica 24 marzo nella sede del PalaCUS. Dopo il grande successo delle scorse edizioni, la Federazione Italiana Scherma ha, infatti, ritenuto di ricandidare la città della Torre anche per questa stagione e ancora attraverso l’organizzazione della storica Società U.S. Pisascherma.

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In programma dodici gare individuali previste per le specialità di fioretto, spada e sciabola (categorie A e B secondo disabilità, maschile e femminile) più 2 gare a squadre. Le gare avranno inizio alle ore 09.00 e termineranno con le cerimonie di premiazione alle 17.30 tutti i giorni, escluso la domenica (ore 16). Circa 450 gli atleti in gara e le persone dello staff attesi (quasi il doppio rispetto allo scorso anno), in rappresentanza di 32 nazioni: Argentina, Azerbaijan, Brazil, Belarus, Belgium, Canada, China, Estonia, France, Georgia, Germany, Great Britain, Greece, Hong Kong, Hungary, Iraq, Israel, Italy, Japan, Korea, Latvia, Lebanon, Macao, Malaysia, Poland, Russia, Spain, Switzerland, Thailand, Turkie, Ukraine, Usa.

«È con grande orgoglio - dichiara il Sindaco di Pisa Michele Conti - che la città di Pisa ospita la quinta edizione della Coppa del mondo di scherma paralalimpica, a conferma della grandissima tradizione della scherma pisana che è stata protagonista, con campioni olimpionici come Simone Vanni, del successo della scherma italiana in tutto il mondo. Sarà un’occasione importante per la città non solo a livello sportivo, ma anche e soprattutto per dimostrare la grande attenzione dedicata all’accoglienza delle persone con disabilità, in questo caso campioni olimpionici come Bebe Vio, che sono diventati testimonial per il loro coraggio e la loro forza di volontà nell’abbattimento delle barriere non solo fisiche, ma mentali, che spesso limitano le possibilità delle persone con disabilità».

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«Ringrazio l’A.S. Pisa Scherma, il CUS e l’Università di Pisa – prosegue il Sindaco - per aver dato vita a questa manifestazione, dimostrando una forte sensibilità a questi temi: Ricordo che l’Università ha nominato uno specifico prorettore e ha realizzato servizi dedicati agli studenti con disabilità, così come la nostra Amministrazione ha espresso una delega specifica alla disabilità. È nostra ferma volontà non solo sostenere iniziative che aprano lo sport a tutti, ma anche e soprattutto agire concretamente come Amministrazione, come stiamo facendo proprio in questi giorni con i cantieri partiti sui Lungarni, per abbattere le barriere architettoniche e rendere la città sempre più accessibile a tutti».

«L'US Pisascherma è onorata di essere stata incaricata dalla Federazione Italiana Scherma per il quinto anno consecutivo dell'organizzazione di questa competizione nella quale sono coinvolti, in modi diversi, tutti i componenti della nostra grande famiglia - dichiara Giovanni Calabrò, presidente della società -. Con il supporto della Società della Salute zona pisana e dell'Amministrazione comunale riteniamo di aver creato un ambiente ideale per questa qualifica pre-olimpica dal punto di vista tecnico e di poter proporre al meglio un turismo accessibile per coloro che approfitteranno di questa occasione per vivere la nostra città».

«Salutiamo con entusiasmo – afferma l’assessore alla disabilità Rosanna Cardia - una manifestazione sportiva di risonanza internazionale e di qualità per il pregio degli atleti che partecipano, che ci aiuta a diffondere la cultura dello sport alla portata di tutti. La presenza di grandi atleti ormai conosciuti da tutti come esempio di forza e coraggio, rappresentano il più efficace invito alla pratica sportiva rivolto a tutti, per il valore e i benefici che l’attività comporta, anche senza il raggiungimento di livelli di eccellenza. Nell’edizione di quest’anno, che vede anche la partecipazione di Luca Pancalli, presidente del Comitato Paralimpico Italiano, abbiamo lavorato come Comitato organizzatore per far partecipare attivamente tutta la città, coinvolgendola nella riuscita di un evento che conferma Pisa città sensibile all’accoglienza e all’accessibilità, sia in ambito sportivo, che turistico, ricordando, a questo proposito, che l’evento coincide proprio con il fine settimana di festeggiamenti del Capodanno Pisano».

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«Riteniamo che in tema di disabilità – spiega l’assessore alle politiche sociali e presidente della Società della Salute Gianna Gambaccini - non si debba parlare soltanto di diritti, ma anche di doveri da parte di chi governa: rendere la città accessibile e favorire l'accoglienza verso tutti deve rappresentare una priorità nell’azione amministrativa. Proprio sabato 23 marzo, in concomitanza con la Coppa del Mondo di scherma paralimpica, è in programma a Pisa una intera giornata dedicata al “Il Progetto Itaca” (Itinerari Turistici Accessibili e Aperti), di cui è capofila la Società della Salute della Zona Pisana, che prevede, all’interno del programma del Capodanno Pisano, visite guidate a 4 itinerari di grande interesse turistico nei quartieri storici di Pisa (Sant’Antonio, Santa Maria, San Francesco, San Martino) per verificare e testare insieme le caratteristiche di effettiva accessibilità». (Fonte Ufficio Stampa Comune di Pisa).

«Anche quest’anno siamo orgogliosi di accogliere presso il nostro CUS gli atleti della Coppa del Mondo di scherma paralimpica - dichiara la professoressa Antonella Del Corso, prorettrice per gli Studenti dell'Università di Pisa - Con le attività svolte dal CUS Pisa, il nostro Ateneo dimostra quotidianamente massima attenzione e grande sensibilità per il valore sociale dello sport e per il significato più profondo del rapporto tra sport e disabilità».

Conferma infatti il commissario del Cus Pisa Marco Treggi: «Il Centro universitario sportivo pisano ha messo a disposizione le sue strutture e le sue professionalità per contribuire alla buona riuscita della competizione che coniuga i valori dello sport con quelli dell’impegno sociale: principi che, insieme alla particolare attenzione verso le disabilità, il Cus Pisa promuove quotidianamente nelle sue attività».

Presente alla conferenza stampa anche Yuri Bianchi per Sport For Children Onlus che in occasione della manifestazione promuove un'iniziativa che unisce due grandi momenti di sport: la Carrarese, in maniera del tutto gratuita, ha infatti concesso lo spazio sopra la propria divisa nella partita contro il Pisa Sporting Club per applicarvi il logo di questa tappa Mondiale Paralimpica.

Giovani maschi e di buona cultura, ecco gli europei più propensi a consumare gli insetti come cibo. L’identikit emerge da un articolo pubblicato sulla rivista “Food Research International” da un team del dipartimento di Scienze veterinarie dell’Università di Pisa guidato dalla professoressa Gisella Paci e composto dai dottori Simone Mancini, Roberta Moruzzo e Francesco Riccioli. I ricercatori hanno messo insieme e confrontato i dati provenienti da una quarantina di studi pubblicati dal 2012 ad oggi per capire quali categorie di persone più disponibili ad accettare gli insetti nel proprio piatto.

Gli uomini fra i venti e i trenta anni sono i consumatori più interessati, soprattutto per una questione di curiosità – spiega Simone Mancini che sta svolgendo alcuni progetti di ricerca sul tema degli insetti edibili – e questo vale sia al livello italiano che europeo, come indicano le ricerche svolte sulle fasce di popolazione più giovani come ad esempio gli studenti universitari”.

Fattore curiosità a parte, dalla rassegna condotta dai ricercatori dell’Ateneo pisano emerge che le persone preferiscono comunque consumare gli insetti come ingredienti piuttosto che interi. Il disgusto provocato dal vederli gioca infatti un ruolo fondamentale, soprattutto perché nella cultura occidentale sono spesso associati all’idea di sporco e di contaminazione. Se invece gli insetti edibili sono trasformati in “polvere” e addizionati come ingrediente a un prodotto noto, la repulsione scende notevolmente.

 

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Insetti edibili sulle nostre tavole, mangeremo così?


“Gli insetti fanno parte della dieta tradizionale e sono storicamente consumati come animali di allevamento e di cattura in Asia, Africa, Sud America e Centro America – sottolinea Gisella Paci – la sfida è di capire come anche in occidente si possa accettare culturalmente questo nuovo cibo”.

A favore del consumo degli insetti giocherebbero infatti molti fattori. Numerosi studi scientifici per esempio evidenziano il loro alto valore nutrizionale come fonte proteica, di lipidi, minerali e vitamine, caratteristica che unita alle ridotte richieste di superficie, ha spinto le agenzie spaziali a studiarli come possibile cibo nelle missioni spaziali. Ma considerata la questione dell’impatto ambientale, gli insetti si candiderebbero come nutrimento del futuro anche per il nostro pianeta. Non a caso le Nazioni Unite li hanno individuati come una possibile risposta al crescente bisogno di proteine dovuto all'incremento della popolazione umana stimata in 9,7 miliardi nel 2050.

 

Dopo la direttiva europea sul novel food sarà questa la nostra dieta?



“L’interesse verso gli insetti ci riguarda direttamente dato che nei prossimi anni, specie dopo la direttiva europea sul novel food in vigore dal gennaio del 2018, troveremo sicuramente questi prodotti negli scaffali dei supermercati come già accade nel nord Europa, Belgio e Olanda in primis, e fuori l’Unione europea, nella vicina Svizzera – conclude Gisella Paci - in questa ottica sarà quindi necessario pensare ai processi di allevamento e di trasformazione in termini di investimento e di nuove strategie gestionali, il tutto unito ad un imprescindibile impegno informativo e comunicativo per aumentare l'accettabilità degli insetti nella cultura occidentale, che faccia leva sugli aspetti economici, ambientali e sociali”.

CopVOLPIEUROPA.jpgAlessandro Volpi, docente di Storia contemporanea al Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Pisa, è autore del libro Perché non possiamo fare a meno dell’Europa. Contro la retorica anti-euro di sovranisti e populisti (Altreconomia, 2019).

Presentiamo di seguito un estratto dal volume.

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Cos’è ora realmente l’Europa? Difficile dirlo in modo organico e chiaro. Per gli euroscettici l’Europa rappresenta il male assoluto, il bersaglio contro cui indirizzare tensioni altrimenti disomogenee, l’universo simbolico che permette la tenuta di piattaforme programmatiche capaci di legare formazioni politiche e sociali inconciliabili su un’infinita serie di altri piani. Soprattutto, in maniera assai semplicistica, la condanna dell’Europa e dell’euro consente di immaginare un futuro più roseo e più felice per il solo fatto di porre fine ad una condizione esistente senza dover concepire formule concretamente alternative. Attaccare l’Europa permette di raccogliere consensi e voti, a prescindere.

Per gran parte degli europeisti, invece, l’Europa rappresenta un’amplificazione delle singole realtà nazionali: esistono un’Europa francese, un’Europa tedesca, un’Europa nordica, un’Europa mediterranea e varie altre declinazioni dove l’elemento decisivo non è l’appartenenza europea ma la visione nazionale trasferita in una dimensione continentale. L’idea autosufficiente di Europa, dotata di un valore in se stessa, sembra del tutto assente, così come risultano molto deboli le prospettive culturali e i linguaggi politici condivisi persino negli ambienti che si dichiarano europeisti.

In termini di regole l’Europa di Maastricht è decisamente superata e per molti versi anche tradita da numerose violazioni dei suoi parametri; praticamente nessun Paese rispetta il rapporto del 60% tra debito e Pil e anche il vincolo del deficit inferiore al 3% del Pil appare in molti casi illusorio. Manca, poi, l’indispensabile Europa fiscale, che dovrebbe eliminare la concorrenza tra i vari Stati membri, combattuta a colpi di aliquote stracciate. Manca l’Europa bancaria, ad oggi limitata ad astruse e terroristiche misure destinate ad aggredire i conti dei correntisti. Manca, ancora, la possibilità per la Bce di intervenire direttamente alle aste dei titoli pubblici per acquistarli prima che finiscano, ormai bolliti, sul mercato secondario.

Ma allora perché così tanta attenzione all’Europa e ai suoi giudizi? Perché i sovranisti non riescono a convincere neppure i loro governi a praticare il più volte gridato “me ne frego”? Perché dopo aver urlato all’Europa matrigna, bisogna accettare, controvoglia, di farci i conti? Il perché sta, in estrema sintesi, nella sua indispensabilità, pur contestata e negata. Alla prova dei fatti, senza moneta comune e senza una per quanto flebile idea di Europa, i singoli Stati affonderebbero rapidamente come dimostra il fatto che ad ogni sussulto “troppo nazionalistico” il mondo, e non solo i mercati, si spaventa e reagisce per evitare il disastro di un pianeta retto solo da Trump, Putin e Xijimping; gli unici interessati non alla sparizione ma alla sudditanza dell’Europa. Per frenare la crisi finanziaria più grave di sempre è servito il “whatever it takes” di Draghi e per far tornare i debiti pubblici, e privati, collocabili a prezzi sostenibili è servito l’accordo con la Commissione europea sia in Grecia, dove è stato durissimo, sia in Irlanda sia in altre parti dell’Europa.

Gli Stati possono proclamarsi forti e sovrani ma la loro debolezza nel mondo globale dei colossi e della rinata geopolitica impone l’adesione, se non l’appartenenza, europea, anche soltanto ipocritamente formale.

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A seguito delle polemiche suscitate dal finanziamento delle attività studentesche autogestite riportate in calce, ritengo necessarie alcune precisazioni.

Il finanziamento di tutte le attività suddette è stato vagliato e approvato, in data 6 marzo 2019, dal Consiglio degli Studenti, unico organo di Ateneo dotato di competenza in merito.

Gli uffici amministrativi dell’università, contrariamente a quanto affermato in talune comunicazioni diramate anche via mail da rappresentanti degli studenti, hanno esclusivamente il compito di verificare la regolarità formale delle richieste di contributo presentate dalle associazioni studentesche.

Le iniziative sotto elencate coinvolgono anche relatori che rivestono cariche istituzionali in diversi livelli di governo e, dai relativi titoli, non vi è evidenza di una valenza propagandistica a fini elettorali. Inoltre, ad oggi non sono note a questa amministrazione le date in cui esse si svolgeranno.

Del resto, qualora dall’istruttoria svoltasi in seno al Consiglio degli Studenti, quest’ultimo avesse evidenziato nelle iniziative suddette una violazione del principio di neutralità dell’Università perché eventi di propaganda partitica, ben avrebbe dovuto non assegnare il contributo. Infatti, in base al vigente Regolamento d’Ateneo per l'assegnazione di contributi per le attività e i viaggi studenteschi, e contrariamente a quanto diffuso nelle mail sopracitate, la non assegnazione del contributo ad una singola iniziativa, se in contrasto con i principi generali dell’ordinamento, non impedisce il finanziamento delle altre iniziative.

Esorto comunque il Consiglio degli Studenti ad esercitare il proprio dovere di controllo sul legittimo utilizzo di tutti i finanziamenti concessi, come disposto dall’art. 16, comma 2, lett. e) del sopra citato regolamento di Ateneo.

Il Rettore
Paolo M. Mancarella

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- Susanna Ceccardi, “La sicurezza in Italia - Traguardi e obiettivi”
- Senatore Armando Siri, “Flat Tax – La rivoluzione fiscale in Italia è possibile?”
- Emanuele Filiberto di Savoia e Pietro Orso Baiardo Virgadamo, “Monarchia e futuro – Contrapposizioni o analogie?”
- Ministro degli Interni Matteo Salvini, “Il ruolo dell’Italia in Europa”
- “I veterinari Italiani di oggi vs le nuove normative europee” - Workshop con la Senatrice Rosellina Sbrana
- Ipotesi Agricole, Alimentari e Veterinarie - Workshop con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Gian Marco Centinaio

Ci sono voluti mesi di cure per salvare Athos e Porthos, i due lupi ricoverati all’Ospedale Didattico Veterinario (ODV) “Mario Modenato” del Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Pisa che alcuni giorni fa sono stati liberati in un’area protetta del Parco Faunistico del Monte Amiata.


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La professoressa Micaela Sgorbini, direttore sanitario dell’Ospedale Didattico Veterinario (ODV) “Mario Modenato”


Athos, il più giovane, è stato trovato intrappolato fra alcuni tubi nell’area mineraria Rosignano Solvay da alcuni operai del Comune di Montecatini Val di Cecina, quindi portato all’ospedale dell’Ateneo pisano dalla polizia provinciale nel novembre del 2018. Porthos, l’esemplare adulto, è arrivato invece lo scorso gennaio grazie ai volontari della onlus “Amici a 4 zampe” dopo una segnalazione di alcuni cittadini nel Comune di Terricciola.
“Athos, il lupacchiotto, aveva tibia e fibula fratturate e una ferita estesa all’arto posteriore sinistro che abbiamo pulito chirurgicamente con un intervento in anestesia generale – racconta la professoressa Micaela Sgorbini, direttore sanitario dell’ODV che cura gli animali selvatici in team con le dottoresse Francesca Bonelli e Irene Nocera.


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Athos nel momento del ritrovamento intrappolato fra i tubi


“Anche Porthos, il lupo adulto, era in condizioni molto critiche quando è arrivato – continua Micaela Sgorbini – era in stato comatoso, disidratato e aveva una frattura all’anca sinistra. Lo abbiamo quindi sottoposto a fluidoterapia e a terapia del dolore. Fortunatamente, nel giro di 48 ore era già vigile, ed è rimasto con noi fino a alla guarigione spontanea della frattura”.


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Porthos nel ricovero dell’Ospedale Didattico Veterinario dell’Università di Pisa


Una volta ristabiliti, il 5 marzo scorso Athos e Porthos sono stati affidati a Marco Aloisi, medico veterinario responsabile sanitario del Parco Faunistico del Monte Amiata, che li ha portati nella loro nuova casa dove, una volta liberati, avranno 18 ettari di terreno a disposizione.

Per la salvaguardia della fauna selvatica, l’ODV “Mario Modenato” dell’Università di Pisa opera in convenzione con la Regione Toscana e dal 2010 a fine 2018, gli animali soccorsi e ricoverati sono stati 194. Insieme a Micaela Sgorbini e al suo team sono coinvolti nella cura degli animali anche i servizi di diagnostica per immagini, di cui è responsabile la professoressa Simonetta Citi, e di anestesiologia che fa capo alla professoressa Angela Briganti.

 

Raffaele Cantone Festival Economia 2016Giovedì 14 marzo, alle ore 10, nell’aula magna storica del Palazzo della Sapienza, Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, terrà una lezione dal titolo “La prevenzione della corruzione: strumenti, risultati, prospettive”. Nell’occasione sarà presentato il libro “Corruzione e anticorruzione, dieci lezioni”, di Raffaele Cantone e del professor Enrico Carloni. L’evento, aperto al pubblico, è promosso dal Master APC - Analisi, prevenzione e contrasto della criminalità organizzata e della corruzione del dipartimento di Scienze politiche, e dal dottorato in Scienze giuridiche (curriculum in Amministrazione, mercato e giustizia penale) del dipartimento di Giurisprudenza. Saranno presenti anche il professor Alberto Vannucci, del dipartimento di Scienze politiche, il professor Alfredo Fioritto, del dipartimento di Giurisprudenza, e il professor Roberto Bartoli, ordinario di Diritto penale all’Università di Firenze.

Presidente dell’ANAC dal 2014, Raffaele Cantone ha come punto fermo la trasparenza. Con la consapevolezza che la strada da percorrere è ancora lunga e che i risultati si potranno vedere solo nel medio e lungo periodo, non ha mai mancato di ricordare la necessità di un impegno sempre maggiore da parte degli attori istituzionali; a ciò si devono affiancare funzionari pubblici, formati e adeguatamente supportati, e una cittadinanza attenta e seriamente informata.

Il libro “Corruzione e anticorruzione, dieci lezioni”, ultimo di Cantone e scritto assieme al professor Enrico Carloni, mette a nudo i limiti dei rimedi individuati per combattere la corruzione. Spiega che per colpire questo fenomeno insidioso la prevenzione è più efficace della cura. Capire quanta corruzione abbiamo di fronte è solo una parte della sfida. Ci sono moltissimi dati eterogenei da interpretare. E le sanzioni non sono sufficienti se non vengono accompagnate da un insieme di regole che anticipino gli eventi delittuosi. In dieci lezioni capaci di rendere accessibile il linguaggio delle autorità amministrative, Raffaele Cantone ed Enrico Carloni illustrano in cosa consiste l’attività di contrasto alla corruzione e quali sono gli errori che dobbiamo correggere per non essere più vittime di un sistema spietato e pervasivo.

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