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Comunicati stampa

Presto lavoreranno in team di ricerca internazionali e saranno chiamati a condividere i risultati dei loro studi e le loro scoperte con il pubblico più ampio. Per farlo serve una grande preparazione scientifica, ma questa da sola non basta: i dottorandi dell’Università di Pisa si preparano a diventare ricercatori di successo frequentando il corso di “Academic English for PhDs” organizzato dal CLI, il Centro Linguistico d’Ateneo, e tenuto da Joanne Spataro, un’iniziativa che nell’edizione 2019 ha coinvolto 233 partecipanti, per un totale di 8 corsi di 30 ore di lezione ciascuno.

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I dottorandi e le dottorande dell'area umanistica insieme a Joanne Spataro.

Il corso è partito come progetto pilota nel 2015 soltanto per alcuni dottorati ma, su impulso dell’Ateneo, è stato esteso ai corsi di tutte le aree disciplinari: «Ci è sembrato opportuno rendere il corso di Academic English una tappa necessaria nel percorso formativo di tutti gli studenti del primo anno di PhD - commenta Marcella Aglietti, delegata del rettore per i dottorati di ricerca – I nostri allievi hanno così la possibilità di acquisire strumenti e competenze che, unite alla loro ottima preparazione scientifica, li aiuteranno ad affermarsi nel mondo della ricerca».

L’offerta formativa proposta dal CLI è finalizzata all’acquisizione della consapevolezza delle strutture linguistiche fondamentali per la scrittura e la pubblicazione di articoli scientifici in lingua inglese, nonché delle abilità linguistiche che sono necessarie in contesti accademici internazionali, come convegni, seminari e workshops. Ma non solo: «La particolarità del nostro corso – spiega Silvia Bruti, direttrice del CLI – è che si propone di fornire anche “soft skills”, competenze trasversali alla mera conoscenza della lingua inglese: i ragazzi imparano a lavorare in team, a sviluppare pensiero critico, capacità sociali e creatività, confrontandosi costantemente con dottorandi del proprio settore scientifico e con quelli appartenenti ad altri ambiti disciplinari. Imparano inoltre ad affrontare la stesura di un manoscritto scientifico partendo da una costante analisi comparativa tra la propria lingua madre e la lingua inglese, tutte competenze indispensabili nella loro futura carriera di ricercatori».

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Un momento della lezione di Joanne Spataro.

Alla fine del corso i ragazzi sono chiamati a tenere una presentazione dei loro progetti di ricerca, mettendo in pratica ciò che hanno acquisito a lezione: «Chiarezza nell’esposizione, efficacia delle slide, ma anche postura, gestualità e capacità di coinvolgemento del pubblico sono gli elementi che i ragazzi devono saper gestire al meglio in questa occasione – aggiunge Joanne Spataro – È affascinante accompagnare in questo percorso i dottorandi, che vivono questa esperienza con molto entusiasmo e partecipazione».

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Una dottoranda presenta il suo progetto di ricerca.

boccioni_ritratto_web.jpgColla animale, caseina, gomma arabica e la significativa assenza di oli e di resine. Non una ricetta qualsiasi, ma piuttosto alcuni degli “ingredienti” dei pastelli utilizzati da Umberto Boccioni per realizzare il “Ritratto di Innocenzo Massimino” di che sono stati identificati da un team di chimici dell’Università di Pisa esperti nel campo della scienza dei beni culturali. Il gruppo guidato dalle professoresse Maria Perla Colombini e composto e Francesca Modugno, insieme ai dottori Anna Lluveras Tenorio e Jacopo La Nasa ha infatti contribuito alla comprensione e al restauro dell’opera in collaborazione con la restauratrice Barbara Ferriani e con Danka Giacon, curatore del Museo del Novecento dove il quadro è conservato. Un lavoro svolto alcuni anni fa e che ha permesso di esporre nuovamente il quadro al pubblico nel 2016 a Palazzo Reale a Milano, in occasione di una grande mostra per il centenario della morte di Boccioni, ma che solo adesso i ricercatori descrivono da “dietro le quinte” in un articolo scientifico appena pubblicato sul “Journal of Cultural Heritage”.

“Poco è noto sulla natura chimica dei pastelli usati in pittura nei primi del '900, sul loro degrado e su come affrontare un loro restauro – spiega Maria Perla Colombini - I pastelli sono costituiti essenzialmente da pigmenti inorganici polverizzati, come ferro per il rosso o piombo per il bianco, tenuti insieme da una piccolissima quantità di legante organico, dunque questo tipo di pittura mostra una grande fragilità poiché non si forma un vero film pittorico, dando luogo nel tempo a perdite di parti pittoriche”.

Il problema del distacco del colore è stata infatti proprio una delle problematiche affrontate nel restauro del dipinto “Ritratto di Innocenzo Massimino”, che Umberto Boccioni dipinse nel 1908.

Per il recupero del quadro è stata quindi fondamentale la conoscenza chimica dei materiali organici che compongono i pastelli resa possibile grazie alle analisi basate su cromatografia/spettrometria di massa, eseguite nei laboratori del dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell’Università di Pisa. Dunque come hanno rivelato le indagini, sebbene la composizione dei pastelli utilizzati da Boccioni vari in funzione del colore del pigmento, colla animale e gomma arabica restano gli ingredienti fondamentali. Questo significa che a livello di restauro, per fissare il film pittorico, non sono stati usati consolidanti a base acquosa ma fissativi a bassa viscosità in solvente volatile.

"Le indagini chimiche hanno fornito un’opportunità unica di ottenere informazioni sulle tecniche utilizzate dagli artisti futuristi e sulla composizione dei pastelli nel primo novecento – conclude la restauratrice Barbara Ferriani - I risultati sono stati fondamentali per l’individuazione del trattamento conservativo dell'opera e per la selezione del fissativo da applicare. In particolare, a seguito dell’indicazione della presenza di proteine e gomma arabica, e della assenza di lipidi come olii o cere, abbiamo deciso di applicare un fissativo a bassa viscosità che garantisce la massima compatibilità con i materiali costitutivi dell'opera".

 

cover fisica materiaÈ uscito in distribuzione con il Corriere della Sera il volume "La Fisica della materia”, scritto da Maria Luisa Chiofalo, professoressa dell’Università di Pisa, insieme a Leonardo Salvi e Guglielmo Maria Tino. Il libro fa parte della collana “Lezioni di Fisica”, un’iniziativa editoriale del Corriere della Sera che presenta 25 volumi dedicati all’incredibile mondo della fisica, per esplorare le conoscenze del terzo millennio attraverso il racconto e la spiegazione di docenti e ricercatori dell’Istituto nazionale di fisica nucleare e dell’Istituto nazionale di astrofisica.

Fisica teorica e sperimentale, paradossi quantistici e indagini astrofisiche nelle profondità dell’universo, fino alle ricerche di frontiera sul teletrasporto e sulla vita extraterrestre in lontani pianeti: libri per trovare le risposte a tante domande ma anche domande senza ancora risposta, e per mostrare il fascino di una materia da conoscere e amare in un percorso alla scoperta dei tanti perché della vita quotidiana, del mondo e dei fenomeni naturali.

 

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La Fisica della materia

Maria Luisa Chiofalo, Leonardo Salvi, Guglielmo Maria Tino

Superconduttività, superfluidità, cristalli liquidi, orologi atomici, “fogli” di carbonio spessi come un solo atomo: sono solo alcune delle applicazioni realizzate dai fisici della materia che hanno scoperto, o hanno sviluppato, proprietà di atomi e molecole che superano, moltiplicano o annullano, a seconda dei casi, il comportamento dei corpi descritto dalla fisica classica.

La sua integrazione con il metodo dell’elettronica ha portato a realizzazioni che hanno cambiato, e cambieranno, la nostra vita, nel mondo dell’informatica e delle comunicazioni. Lo studio della materia a livello quantistico permette di studiare anche l’intima struttura di molecole biologiche, cellule e loro aggregati, per scoprire in che modo funziona la vita a livello atomico.

E, nel mondo della pura conoscenza, questa scienza comincia a integrarsi con l’astrofisica, per lo studio delle stelle di neutroni e dei buchi neri. C’è ancora un mondo nell’infinitamente piccolo, apparentemente bizzarro, da studiare e sul quale costruire le applicazioni di domani.

Un esperimento alla frontiera della scienza che vuol fare luce sulle troppe ombre che ancora avvolgono il comportamento della materia a livello microscopico. Il 25 marzo scorso, nel Laboratorio KEK, a Tsukuba, in Giappone, sono avvenute le prime collisioni elettrone-positrone dell’acceleratore SuperKEKB, che producono principalmente mesoni B, ma anche mesoni con charm e leptoni tau.

L’obiettivo degli scienziati è di trovare nuove particelle e nuovi fenomeni fisici che non sono descritti nel Modello Standard, quello cioè che definisce la fisica così come la conosciamo oggi. Entro giugno gli scienziati si aspettano di raccogliere i primi 5 milioni di eventi, che diventeranno 50 miliardi nel corso dei prossimi anni, da cui ricavare i dati per lo studio.

 

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Francesco Forti (terzo da destra), insieme ai colleghi giapponesi e ad Antonio Paladino, ex-assegnista pisano (al centro),durante le fasi finali di completamento di SVD


L’esperimento in Giappone è frutto di una collaborazione internazionale formata da circa 800 fisici di 23 nazioni diverse. Gli scienziati italiani sono più di 60 provenienti dai laboratori e dalle sezioni dell’INFN e Università di Napoli, Padova, Perugia, Pisa, Torino, Trieste, Roma Sapienza, Roma Tre, Laboratori Nazionali di Frascati ed Enea Casaccia.

“In particolare nei laboratori dell’Università di Pisa e dell’INFN sono stati realizzate le parti anteriori e posteriori del rivelatore di vertici Silicon Vertex Detector, installato a dicembre 2018, che costituisce il cuore dell’esperimento per la misura delle particelle cariche,” spiega Francesco Forti, coordinatore del gruppo di Pisa, e fino allo scorso febbraio presidente del comitato esecutivo dell’esperimento.

Il gruppo di ricerca dell’Università di Pisa, che ha numerose responsabilità di rilievo nell’esperimento, è composto da Giovanni Batignani, Stefano Bettarini (coordinatore INFN), Giulia Casarosa (coordinatrice del software di SVD e del gruppo di analisi del charm), Eugenio Paoloni (coordinatore del software di tracciatura delle particelle) e Giuliana Rizzo (vice-coordinatrice del gruppo SVD). Del gruppo sono e sono stati parte attiva e fondamentale numerosi dottorandi e studenti magistrali; attualmente ne fanno parte Laura Zani, Luigi Corona e Gaetano de Marino.

 

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Componenti anteriori e posteriori prodotti nei laboratori INFN / Università di Pisa

 

“I dati che raccoglieremo nei prossimi anni ci permetteranno di realizzare misure competitive e complementari a quello del nostro diretto concorrente, l’esperimento LHCb al CERN, che ha scoperto recentemente la asimmetria materia-antimateria nei mesoni con charm,” conclude Francesco Forti.

Le collisioni appena partite inaugurano una nuova fase dell’esperimento, iniziata dopo il completamento del rivelatore Belle II e l’aggiornamento dell'acceleratore SuperKEKB. Il nuovo acceleratore raggiungerà una luminosità 40 volte maggiore del suo predecessore KEKB attivo dal 1999 al 2010 e che nel 2001 scoprì, insieme all’esperimento Babar, la simmetria materia-antimateria nei mesoni con beauty.

Venerdì 22 marzo presso il Centro Congressuale delle Benedettine, 17 giovani studenti della classe IV° del Liceo Cecioni di Livorno hanno presentato delle idee di impresa attraverso un elevator pitch nell’ambito del progetto “Start-upper junior”, promosso dal Contamination Lab dell’Università di Pisa. Il progetto ha previsto una settimana di formazione sui temi legati all’imprenditoria e alle analisi economico-finanziarie e delle attività di laboratorio in cui hanno sviluppato i loro progetti, sotto la guida di due neolaureate presso il dipartimento di Economia e Management di Pisa.

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L’obiettivo finale di questo percorso ha portato alla realizzazione di un business plan di una start-up innovativa, con executive summary in lingua inglese e la presentazione di un elevator pitch. Gli studenti hanno anche acquisito una serie di soft skills quali produrre testi e presentazioni in power point, comprendere la propria attitudine a lavorare in gruppo o mettere alla prova il proprio spirito d’iniziativa, utilizzo dell’Excel per le valutazioni economiche nonché linguistiche per la presentazione. Il percorso del progetto “Start-upper Junior” è stato coordinato dalla professoressa Giovanna Mariani, Project Manager del Contamination Lab e organizzato dall’Unità Servizi per la Ricerca e il trasferimento tecnologico dell’Università di Pisa.

Durante la giornata conclusiva sono state presentate cinque idee di start up innovative, valutate da una giuria composta dalla professoressa Antonella del Corso, prorettrice per gli studenti e il diritto allo studio, da Lorenzo Santalena, in rappresentanza dei gruppo giovani di Confindustria Livorno Massa-Carrara, e dalla professoressa Giovanna Mariani. È stato valutato come miglior progetto “Il caso GPLR Foundation”, presentato dal gruppo composto da Francesco Gallo, Alessandro La Russa e Niccolò Pellegrini, che ha valutato il lancio di una gamma camera in grado di rilevare tumori anche allo stadio primordiale.

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Gli altri progetti sono stati “Vino e benessere”, per la produzione di vino biologico, di Nicola De Pompeis, Linda Papini e Carlo Rolfini; “Il caso See Far” di Giulia Fulceri, Marco Salvadori e Ilaria Sardelli, che hanno valutato il lancio di un radar anticollisione; “Integral +” di Arianna D’Amico, Gabriele Shu, Irene Tavanti e Gianluca Vitelli, che producono un nuovo integratore; “Project X” di Julie Cencini, Filippo Peruginelli, Marco Tridenti e Manfredi Zoncu, che hanno analizzato un sistema di sicurezza per e-bike.

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La prorettrice Antonella Del Corso e Lorenzo Santalena hanno sottolineato il valore che tali collaborazioni rivestono per gli studenti che saranno chiamati in poco tempo a decidere sul proprio futuro. Con tali esperienze, infatti, gli studenti delle scuole superiori possono entrare in contatto con diverse discipline che spaziano dallo studio delle scienze, dell’informatica, dell’ingegneria e dell’economia aziendale, il tutto con un obiettivo operativo, in modo da avvicinarli ad una decisione più consapevole del percorso futuro di studio e di lavoro.

C’è anche una studentessa dell’Università di Pisa tra i mille neolaureati meritevoli selezionati da Fondazione Italia-Usa che avranno la possibilità di partecipare gratuitamente al master online “Global marketing, Comunicazione e Made in Italy - edizione speciale Giornalismo e uffici stampa”, promosso dalla Fondazione Italia Usa, Centro Studi Comunicare l'Impresa e Agenzia Nova, con l’adesione di MIUR e MiBAcT. Simona Izzo, 23 anni, originaria di Telese Terme (BN), si è laureata da poco in “Discipline dello spettacolo e della comunicazione” e nei giorni scorsi è stata premiata nell’Aula dei Gruppi Parlamentari della Camera dei Deputati a Roma, dove le è stato consegnato un attestato di “social media reporter” riconosciuto da Agenzia Nova.

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La neo dottoressa ha svolto una tesi dal titolo “La Valle Telesina: comunicazione e promozione”, discussa con il professo Carlo Marletti. Il suo un progetto di studio è incentrato sulla sua terra di origine, la Valle Telesina e consiste in una descrizione storico-artistica di tutti i comuni, nell’identificazione di quella che è l’identità del territorio – beni storico-artistici, prodotti tipici, tradizioni e paesaggio – e infine nella creazione di un brand che permetta di comunicare e promuovere questa zona.

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«Il percorso di studi all’Università di Pisa è stato veramente fondamentale ed efficace e mi ha permesso di incontrare docenti molto preparati che hanno saputo far crescere la mia passione per la comunicazione – commenta la neolaureata – Frequentando il corso, ho avuto l’opportunità di creare progetti di comunicazione per musei e sviluppare la mia creatività, qualità fondamentale che è in ognuno di noi. I miei progetti per il futuro sono sicuramente legati allo studio, vorrei completare ed accrescere le mie conoscenze e competenze, ma spero di potermi affacciare presto al mondo del lavoro per mettere in pratica tutto ciò che ho studiato in questi anni».

sassi cover insideMaria Michela Sassi, professoressa di Storia della Filosofia Antica presso il Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa, è autrice del volume The Beginnings of Philosophy in Greece, una recente traduzione della Princeton University Press del libro Gli Inizi della filosofia in Grecia edito da Bollati Boringhieri.
Nel saggio la professoressa riparte dagli interrogativi canonici – il quando e il come del pensiero, la sua natura specifica e le sue forme distintive – per ricomporre la trama del sapere arcaico attraverso i punti di fuga, le accelerazioni temporali, le tecniche cognitive (prima fra tutte la scrittura), l’agonismo intellettuale che resero possibile quello che un tempo si sarebbe chiamato «il miracolo greco». 

Di seguito una presentazione del volume a firma dell'autrice.

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Solo nell’età di Platone si definisce l’idea che l’”amore di sapere” (questo il senso del conio philosophia) sia un’attività specifica, e i primi pensatori greci non fanno “filosofia” consapevolmente. La sophia dell’età greca arcaica era nozione fluida che si stendeva dai poeti agli studiosi di matematica, e quelli che ora chiamiamo filosofi presocratici erano percepiti come portatori di una sapienza priva di qualsiasi caratterizzazione disciplinare. Ma si trattava certo di una sapienza con nuovi oggetti (il mondo della natura, per esempio) e un piglio critico peculiare.

Quella ragione critica che ritengo cifra essenziale della filosofia, e che come tale trova davvero i suoi inizi nella Mileto di Talete (come sostengo contro una tendenza interpretativa a svalutare la portata filosofica del pensiero presocratico), è una ragione che non si esprime solo nei modi dell’argomentazione. Può appoggiarsi all’autorità di una rivelazione divina, come in Parmenide, o addirittura alla proclamazione della propria origine divina, come in Empedocle. Entrambi ricorrono al verso della tradizione epica, l’esametro, adatto a narrare un mondo di dèi ed eroi. Eraclito, d’altro canto, modella sapientemente i suoi detti enigmatici su moduli oracolari. Ma linguaggio e attitudine da poeta ispirato o veggente, in tutti questi pensatori, convivono con una riflessione sul mondo della natura e sull’anima e sulle modalità con cui queste realtà e i loro princìpi non manifesti possono essere attinti andando oltre i dati sensibili.

A conclusione del mio discorso, nell’ultimo capitolo, insisto sulla necessità di riconoscere che la filosofia nasce in Grecia grazie all’interazione di molteplici stili di razionalità, o “razionalità multiple”. Ho così raccolto l’invito di Yehuda Elkana a ripensare quella nozione di ragione argomentativa che costituisce la più forte eredità del pensiero illuministico, costretti dalla complessità del moderno a portare l’attenzione sui momenti di tensione dialettica e la compresenza di alternative che la realtà esibisce. Intreccio di argomentazioni logiche e immaginario significa apertura alla complessità: il pensiero filosofico ai suoi inizi non merita forse di attrarci proprio per questo?

Maria Michela Sassi

Le piante endemiche italiane, presenti cioè solo nel nostro territorio, sono oltre 1400, un dato che ci rende il terzo Paese più ricco di diversità vegetale dell'area mediterranea. Tuttavia, si sa ben poco di molte di queste specie: spesso una descrizione morfologica di massima e poco più. Per colmare questa lacuna e contribuire alla protezione di queste piante, è appena partito un progetto (PRIN) dell’Università di Pisa finanziato dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca (MIUR) che per i prossimi tre anni, coinvolgerà le Università di Genova, Camerino, Napoli Federico II, Palermo e Cagliari.

“Numerosi studiosi saranno impegnati nel progetto e attiveremo anche 15 nuove collaborazioni per giovani ricercatori per raccogliere dati sulle varie specie, con attività sia sul campo che in laboratorio”, spiega il professore Lorenzo Peruzzi dell’Università di Pisa, che coordina il lavoro.

La sfida, infatti, è di accumulare nuove conoscenze per circa il 10 per cento della flora endemica nazionale, integrando vari metodi di indagine sistematica, fra cui analisi distributive, morfologiche e genetiche, in modo da quantificare oggettivamente affinità e differenze tra le varie specie.

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Alcune delle piante che saranno studiate, da sinistra, Armeria denticulata (specie endemica dei rilievi serpentinosi di Toscana e Liguria. Appartiene a un genere che conta ben 17, fra specie e sottospecie, endemiche italiane); Dianthus brachycalyx (specie segnalata per le più alte quote dell'Appennino, dal Lazio alla Calabria. Appartiene a un gruppo di specie affini che conta ben 18, fra specie e sottospecie, endemiche italiane); Ptilostemon niveus (specie endemica di Basilicata, Calabria e Sicilia, appartenente a un genere poco numeroso, che mostra in Italia la massima diversità); Santolina pinnata (specie endemica delle Alpi Apuane in Toscana, appartenente a un gruppo di specie affini che conta 6 specie endemiche italiane).


“Le piante endemiche sono la componente di maggior valore di una flora, spesso soggette ad un elevato rischio di estinzione – aggiunge Peruzzi –per poterle tutelare efficacemente dobbiamo prima conoscerne meglio le caratteristiche".

Uno degli obiettivi del progetto è infatti anche quello di aggiornare lo stato di rischio delle specie studiate secondo gli standard dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, una onlus riconosciuta dall’ONU impegnata nel conservare la biodiversità a livello mondiale.

Per dare l’avvio ufficiale ai lavori, lo scorso 25 marzo si sono ritrovati a Pisa i professori Gianluigi Bacchetta (Cagliari), Paolo Caputo (Napoli), Fabio Conti e Fabrizio Bartolucci (Camerino), Gianniantonio Domina (Palermo), Luigi Minuto e Gabriele Casazza (Genova). I vari partner hanno stabilito di concentrare il lavoro su alcuni gruppi appartenenti a quattro famiglie botaniche particolarmente ricche di specie endemiche (Asteraceae, Caryophyllaceae, Fabaceae e Plumbaginaceae) fra cui ad esempio i generi Armeria ('Spilloni'), Dianthus ('Garofani'), Ptilostemon ('Cardi') e Santolina ('Crespoline').

 

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I partner riuniti a Pisa per l’avvio del progetto, da sinistra, Fabio Conti, Gabriele Casazza, Fabrizio Bartolucci, Luigi Minuto, Lorenzo Peruzzi, Gianniantonio Domina, Paolo Caputo, Gianluigi Bacchetta


"Grazie a questo progetto riusciremo a contribuire significativamente allo sviluppo delle conoscenze sulla flora endemica italiana – conclude Peruzzi – questi studi serviranno anche a cementare ed innalzare ulteriormente il livello qualitativo delle collaborazioni tra botanici sistematici italiani, incluse nuove leve in formazione".



Linee guida per organizzare workshop e convegni scientifici effettivamente inclusivi e orientati all’equilibrio di genere: grazie al lavoro di un gruppo di esperte istituito dal CUG, il Comitato unico di garanzia dell’Università di Pisa, è stato redatto e approvato un documento che offre indicazioni per garantire la parità di genere in conferenze, seminari ed eventi scientifici. Obiettivo del CUG è adesso far adottare nel suo complesso queste linee guida dall’Ateneo, anche alla luce del fatto che la parità di genere è uno degli obiettivi di sviluppo sostenibile stabiliti dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite (Sustainable Development Goals, Obiettivo 5 “Achieve gender equality and empower all women and girls”), che l’Università di Pisa si è impegnata a perseguire, anche partecipando alla Rete delle Università per lo Sviluppo sostenibile (RUS) promossa dalla CRUI.

Il documento è stato redatto da un gruppo di lavoro composto da Elisa Giuliani, docente del dipartimento di Economia e Management, Nadia Pisanti, docente del dipartimento di Informatica, componente del CUG, e dalla dottoressa Adriana Ciurli, del dipartimento di Scienze agrarie, vicepresidente del CUG, che sono partite dalle “Guidelines for ensuring gender balance at conferences”, di Elvira Uyarra, Philip Shapira, Laura Dawson Alliance della Manchester Business School, e dalle “Linee Guida per la parità di genere nelle conferenze, seminari e eventi scientifici”, adottate dalla Società Italiana degli Economisti.

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Il gruppo di lavoro del CUG che ha redatto il documento: da sinistra Elisa Giuliani, Nadia Pisanti e Adriana Ciurli.

“Il documento che il CUG ha approvato - sottolinea Giuliani, che per prima ha proposto al CUG l’adozione di un simile strumento - si basa su indicazioni provenienti da ricerche internazionali condotte sul tema, che hanno guidato il lavoro delle economiste autrici delle guidelines da cui abbiamo preso le mosse”. “Comitati scientifici e comitati organizzatori equilibrati rispetto alla presenza di genere, lista di speakers equilibrata, con particolare attenzione ai ruoli attribuiti alle donne all’interno dei panel, promozione di un ambiente inclusivo che non ostacoli la partecipazione attiva di tutti i generi alla discussione e al confronto scientifico, adozione di politiche di Ateneo volte alla rimozione di barriere strutturali alla partecipazione, come le responsabilità genitoriali”, questi alcuni dei punti fondamentali delle Linee guida, richiamati da Ciurli.

Pisanti segnala anche alcune previsioni molto specifiche, che chiamano in causa direttamente l’Ateneo: “Nel caso di conferenze con partecipazione a pagamento e in settori disciplinari in cui il genere femminile è particolarmente sottorappresentato, si suggerisce, al fine di incentivare la partecipazione femminile, di elaborare ipotesi di sconti per l’iscrizione di relatrici di sesso femminile, eventualmente individuando sponsor specifici per lo scopo. Accanto a questo ci sembra fondamentale l’inserimento del rispetto dell’equilibrio di genere e, eventualmente, del perseguimento di politiche di pari opportunità nell’organizzazione dell’evento, tra le condizioni richieste dall’Ateneo per il supporto finanziario a convegni e conferenze”.

Scarica le linee guida dal sito del Comitato Unico di Garanzia

The first graduates in Computer Science in Italy were taught in Pisa: fifty years ago, in 1969, the University of Pisa established the first degree course in Computer Science in Italy, placing the university at the forefront of the digital revolution which has transformed our daily lives. In order to commemorate and celebrate this historic anniversary, the University of Pisa has organized “Informatica50”, which throughout 2019 will include meetings and events, an exhibition, an art competition and many other initiatives. Informatica50 was presented in the university administrative building on Tuesday 19th March by the rector Paolo Mancarella, the deputy rector, Nicoletta De Francesco, and the director of the Department of Computer Science, Gian-Luigi Ferrari.

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The events begin on Monday 25th March with “The Reversed Game”, which is open to the public and in which Alessandro Baricco will be interviewing teaching staff and students from the university, as well as Enrico Dameri, a graduate from the University of Pisa and today Chief Executive Officer at LIST, to talk about the rise of the digital era and the challenges facing computer science of the future.

The event will be chaired by Claudio Giua, and will see professors Antonio Bicchi, Nicoletta De Francesco, Paolo Ferragina, Gianluigi Ferrari, Emanuela Navarretta and Enrica Salvatori on stage alongside students Fulvio Denza and Ismail El Gharras. The meeting will take place in the Aula Magna of Polo Fibonacci, from 5.30 pm.

Informatica50 events will follow three strands which recall the classical structure of computers: memory, processing and communication. The memory element will be dedicated to events piecing together stories and memories of the first graduates, in a dialogue with present-day students and the public. In this regard, an exhibition will be mounted to promote the collection housed in the Museum of Computing Machinery and a web doc will be created including the main characters and the evolution of the history of computer science in Pisa. For the processing element, the challenge will be to outline future scenarios of computer science research. The communication theme will start from everything which has to do with the so-called digital society to finally shedding light on connections between computer science and aspects of everyday life, from art to music and the cinema, from video art to comic strips and videogames. Academics from various fields will discuss the evolution of Artificial Intelligence, illustrating the areas of freedom in social networks and Big Data, and will talk about forms of entertainment on the web. A project for the creation of a permanent work of art to commemorate Pisa’s leading role in the institution and growth of computer science in Italy will be chosen through a public competition.

“The degree course in Computer Science is the reason I moved to Pisa in 1977: being able to celebrate the 50th anniversary of its foundation as rector of the university is a very thrilling and moving experience for me,” said Professor Paolo Mancarella. “The journey which was undertaken at that time has led our university to levels of excellence which have been confirmed yet again this year by the excellent placings our subjects have received in international rankings. It is up to us to continue along this path and aim ever higher, with the same enthusiasm as back then which we hope to pass on to our young researchers of today.”

“The computer science adventure of Pisa, which had already begun in the 1950s with the creation of the first Italian computer, the CEP, must become part of our collective memory and add one more jewel to the rich history of the city,” stressed Professor Nicoletta De Francesco. “These celebrations do not only include the university but the whole city, and for this reason we will be collaborating closely with Pisa City Council during the various initiatives.”

”Just as it was 50 years ago,” said Gian-Luigi Ferrari, director of the Department of Computer Science, “computer science is still today a young scientific subject capable of developing innovation and answering the needs of today’s society. It was founded by people with a strategic vision - that of introducing an innovative degree with a strong scientific base and close interdisciplinary collaboration. The value and merit of the University of Pisa are to be found in having delivered this vision to the attention of the national and international public. The 50 years of this degree course will, therefore, be a celebration of the past and present of computer science and above all an opportunity to indicate the future of the subject and our society in general.”

 

Informatica50; a brief history

The founding fathers of the first degree course in Computer Science in Italy were two mathematicians from the University of Pisa, who established the course fifty years ago, in 1969: the then Rector, Alessandro Faedo, and Professor Gianfranco Capriz, at that time director of the Institute of Data Processing of the CNR. This date marks one of the fundamental steps of the digital revolution in our country and confirms the leading role the city of the Leaning Tower and Galileo Galilei have had in the history of computer science in Italy.

It was, in fact, in Pisa that the first Italian electronic calculator, the CEP (Calcolatrice Elettronica Pisana) was built. The CEP, designed by Enrico Fermi, was inaugurated by the President of the Republic Giovanni Gronchi in 1961. In 1969, in the wake of this project, the most important national centre of electronic calculus in the country (CNUCE), which later became part of the CNR, and the first Institute for Computer Science (ISI), forefathers of the present Department of Computer Science, were established. Along with these, of course, the first Italian degree course in Computer Science was founded and subsequently, in 1983, the first PhD course in Italy in Computer Science. In 1986, the first Internet connection in Italy was also made from Pisa, and this is the reason why the city still hosts the register of national domains .it.

In this brief history, the University of Pisa has held and continues to hold a leading role. From the 90s, in addition to investing in teaching and research, it has, in fact, contributed significantly to communication networks: firstly, with the development of the metropolitan network of Pisa (which has now been extended as far as Livorno), serving around 100,000 users; then by contributing to the creation of the national ultra-broadband network  dedicated to the teaching and research community (GARR); and more recently, with the creation of the Data Center infrastructure which is essential for dealing with research in all fields nowadays.

In the 90s, inside the area of the old slaughterhouse (ex Macelli), the University of Pisa – in agreement with Pisa City Council – opened the Museum of Computing Machinery, where it is possible to see the CEP as well as an extensive collection of machinery linked to the history of computing and computer science. It is an area where it is possible to understand the technological revolutions which have led to our way of life today.

Pisa, 19th March 2019

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