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Comunicati stampa

Sono state 37 le squadre di studenti delle scuole superiori che sabato 6 aprile hanno partecipato alla XXIII edizione della Gara Nazionale di programmazione della Macchina di Turing organizzata dall’Università di Pisa, con il sostegno del Rotary Club Galilei. I ragazzi, provenienti da 14 città italiane, hanno avuto tre ore per risolvere il testo ideato dal professor Vincenzo Gervasi e la squadra vincitrice ha risolto correttamente 7 dei 10 esercizi proposti. L’iniziativa fa parte di “Informatica50”, il ciclo che lungo tutto il 2019 propone iniziative ed eventi per ricordare e festeggiare uno storico anniversario: il 1969 è infatti l’anno in cui l’Università di Pisa ha istituito il primo corso di laurea in Informatica in Italia.

Questa è la classifica finale:

1. Galilei - Verona (Dal Forno Luca; Rizzotti Lorenzo)
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2. Galilei - Verona (Paolettoni Edoardo; Vignola Luca)
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3. Buzzi - Prato (Martorella Tommaso; Risaliti Davide)
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4. Dini - Pisa (Manzini Damiano; Stracca Iacopo)
5. Marconi - Latina (Spataro Lorenzo; Ripanti Riccardo)
6. Marconi - Foligno (Moretti Simone; Gagliardoni Leonardo)
7. Luigi Di Savoia - Chieti (Ch) (Scanzano Pasquale; Santone Domenico)
8. Galilei - Livorno (Biagioni Francesco; Terreni Vittorio)
9. Giua - Cagliari (Cadoni Valentino; Piedimonte Giusto)
10. Einaudi - Montebelluna (TV) (Xu Siyang; Dall’Armi Filippo)

La gara nasce come iniziativa nel 1997 nell’ambito della settimana della cultura scientifica promossa dal MIUR. L’idea originale del professor Antonio Brogi, supportata dall’allora direttore del dipartimento di Informatica Franco Turini, era quella di far avvicinare al mondo della programmazione studenti delle scuole superiori di ogni genere e tipo; per questo motivo si scelse di non usare un linguaggio di programmazione che avrebbe favorito gli istituti tecnici, bensì un formalismo molto importante alla base della disciplina informatica: la macchina di Turing. Si tratta di un modello astratto e molto semplice sia da descrivere, sia da capire come si possa programmare in modo da implementare un algoritmo che dia soluzione ad un problema.

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Il modello della macchina di Turing (proposto da Alan Turing, il matematico inglese considerato tra i padri fondatori dell’informatica e dell’intelligenza artificiale, a cui è intitolato il premio mondiale equivalente al premio Nobel) è capace di implementare tutte le funzioni matematiche calcolabili (in accordo alla tesi di Church Turing) e ha quindi la stessa espressività del più moderno computer nonostante la sua semplicità.

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«È proprio questa natura astratta e non tecnica ad aver reso la gara così longeva ed è un appuntamento che è divenuto ormai tradizionale per molti istituti provenienti da tutta Italia – commenta Antonio Cisternino, direttore della gara e membro del comitato scientifico insieme a Vincenzo Gervasi – I professori che raccolgono la sfida e contribuiscono alla preparazione dei ragazzi, per una competizione che è divenuta molto difficile e competitiva, nel tempo si sono appassionati al valore formativo che ha l’insegnamento del pensiero computazionale mediante questo sistema. Nel tempo sono nate spontaneamente delle competizioni regionali ideate per selezionare gli studenti che debbano partecipare all’edizione nazionale della gara ospitata da 23 anni presso il nostro Ateneo». La gara è stata diretta negli anni dal professor Antonio Brogi, poi dal professor Roberto Grossi, e a partire dalla settima edizione da Antonio Cisternino (in precedenza responsabile per il supporto tecnico fin dalla prima edizione).

Si ringrazia per il supporto organizzativo Simona Pucciarelli e Luigi Capuano; per il supporto tecnico il Polo 2 della Direzione Servizi Informatici e Statistici.

Informazioni sulle edizioni precedenti: http://mdt.di.unipi.it/.

Si è svolta dal 25 al 29 marzo alla Fortezza Da Basso di Firenze la conferenza "DATE 2019 - Design, Automation and Test in Europe", il principale evento a livello europeo nel settore della progettazione hardware e software, test e produzione di circuiti e sistemi elettronici. L’evento ha attratto più di 1600 esperti provenienti da oltre 40 paesi che hanno potuto apprezzare un programma tecnico composto da 88 sessioni divise in 8 track parallele e 5 keynote da parte di esperti provenienti dall’industria e dal mondo accademico: Astrid Elbe (Intel, DE), Jürgen Bortolazzi (Porche, DE), David Pellerin (Amazon, US), Edward Lee (UC Berkeley, US) e infine Claudio Giorgione (Museo della Scienza e della Tecnica di Milano) che ha presentato la vita e il lavoro di Leonardo da Vinci per celebrare il 500° anniversario dalla sua morte.

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Nell’ambito della conferenza i professori dell’Università di Pisa, Luca Fanucci, in qualità di exhibition chair, e Rossano Massai, in qualità di delegato al Job Placement, hanno organizzato il 27 marzo la sessione “Inspiring Futures”, una serie di presentazioni aziendali a cui hanno partecipato studenti, dottorandi e laureati dell’Ateneo che hanno così potuto conoscere le opportunità di carriera offerte da alcune fra le più importanti e prestigiose realtà industriali a livello nazionale e internazionale.
La sessione, moderata dal professor Sergio Saponara, è stata aperta dall’intervento di Xavier Salazar, del Barcelona Supercomputing Center, dal titolo “Academia or Industry? - or everything! Career and Internship Opportunities powered by Hipeac”. È seguito un intervento della dottoressa Antonella Magliocchi, responsabile del Career Service dell’Ateneo pisano su “How to kick-start your career in an ever-changing world”.

Le presentazioni aziendali sono state tenute da Simone Fontanesi, di Infineon Technologies; Anton Kolz di Cadence; Fernando De Bernardinis di eSilicon; Ugo Santini di Microtest; Magnus Hjorth di Cobham Gaisler; Camilla Giunti di IngeniArs; Neslihan Kose Cihangir di Intel; Valeria Tomaselli di STMicroelectronics; Alessandro Iovene di CAEN. Nel corso della giornata i partecipanti hanno potuto svolgere dei colloqui conoscitivi.

Tutte le aziende presenti sono alla ricerca di profili qualificati sia per posizioni junior che senior, e questo conferma la straordinaria vitalità di un settore che offre enormi opportunità di carriera. Chi fosse interessato a candidarsi può ancora farlo consultando la pagina https://unipi.jobteaser.com/it/events/38593-inspiring-futures-high-tech-careers-session-date-2019.

Its name is Peregocetus pacificus, which means "the cetacean traveler who reached the Pacific", and the discovery of its fossil skeleton in sediments over 42 million years old is fundamental to trace back the route followed by the whale and dolphin ancestors in the long travel that, between 50 and 40 million years ago, took them from their center of origin between India and Pakistan to colonize all the oceans.

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Artistic reconstruction of Peregocetus.

The important discovery, just published by the prestigious journal "Current Biology", was made by an international team of paleontologists and geologists from the universities of Pisa and Camerino and the natural history museums of Paris, Brussels, and Lima whose research in the coastal desert of Peru have already provided important results, such as the finding in the same place of Peregocetus, but in more recent rocks, of Mystacodon selenesis, the oldest known baleen whale ancestor.

"A particularly interesting aspect of this new archaeocete - says Giovanni Bianucci, paleontologist of the Earth Sciences Department of the University of Pisa (Italy) who took part in the excavation and study of the fossil - is that the presence of small hooves at the tip of fingers and toes, together with the shape of the pelvis and limbs, suggests that Peregocetus was still able to walk on land, while the long and flat fingers, probably palmate, and the anatomical features of the tail indicate that it was also a good swimmer. It would therefore be an intermediate stage between today's whales and dolphins (no longer able to move out of the water) and their four-legged terrestrial ancestors, that is, an animal with a life-style similar to the otter."

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Prof. Giovanni Bianucci.

It is through the detailed study of its fossil skeleton that researchers were able to establish that this archaeocete was able to maneuver its four-meter long body both on land and in the water. For example, the fact that the caudal vertebrae are similar to those of beavers and otters suggests that the tail provided a significant contribution to swimming.

"It is extraordinary to have found a cetacean in rocks so ancient and so far from the area of origin of these marine mammals - explains Claudio Di Celma, geologist of the School of Sciences and Technologies of the University of Camerino (Italy) who took care of the stratigraphic study of the area where Peregocetus was found. In fact, this discovery represents the first indisputable record of a quadruped cetacean in the Pacific Ocean, probably the oldest ever found in America and the most complete outside India and Pakistan”.

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Field excavation of Peregocetus in the Peruvian desert.

According to the researchers, the geological age of this archaeocete and its presence along the western coast of South America strongly support the hypothesis that the first cetaceans reached the New World crossing the South Atlantic from the west coast of Africa to South America. These ancestors of whales and dolphins would have been assisted in their travel by the surface currents that at that time flowed from the West to the East and by the shorter distance (half of the present one) between the two continents.

Meanwhile, research in Peru goes on and the international team continues to make new discoveries. "Every expedition - concludes Giovanni Bianucci - gives us new surprises. Everything is possible thanks to an exceptional fossil deposit and to an extraordinary research group".

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The Peru desert.

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The protocetid way from India and Pakistan to the Pacific Ocean as traced back thanks to
Peregocetus.

Il suo nome è Peregocetus pacificus, che significa "il cetaceo viaggiatore che ha raggiunto il Pacifico", e il ritrovamento del suo scheletro fossile in sedimenti di oltre 42 milioni di anni fa è stato fondamentale per ricostruire la rotta seguita dagli antenati di balene e delfini nel lungo viaggio che, fra i 50 e i 40 milioni di anni fa, li portò dal loro centro di origine fra India e Pakistan a colonizzare tutti gli oceani.

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Ricostruzione dell'archeoceto.

L’importante scoperta, appena pubblicata dalla rivista Current Biology è stata fatta da un team internazionale di paleontologi e geologi delle Università di Pisa e di Camerino e dei musei di storia naturale di Parigi, Bruxelles, e Lima le cui ricerche nel deserto costiero del Perù hanno già dato importanti risultati, come il ritrovamento nella stessa località del Peregocetus, ma in rocce più recenti, di Mystacodon selenesis, il più antico antenato delle balene ad oggi conosciuto.

“Un aspetto particolarmente interessante di questo nuovo archeoceto – afferma Giovanni Bianucci, paleontologo del dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa che ha preso parte allo scavo e allo studio del fossile – è che la presenza di piccoli zoccoli sulle dita, assieme alla forma del bacino e degli arti, suggerisce che fosse ancora in grado di camminare sulla terraferma mentre le lunghe dita, probabilmente palmate, e le caratteristiche anatomiche della coda indicano che era anche un buon nuotatore. Si tratterebbe, quindi, di uno stadio intermedio fra le balene e i delfini di oggi (non più in grado di muoversi fuori dall’acqua) e i loro antenati terrestri a quattro zampe, cioè di animale dal modo di vita simile alla lontra.”

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Il professor Giovanni Bianucci.

È attraverso lo studio dettagliato dello scheletro che i ricercatori sono stati in grado di stabilire che questo archeoceto era in grado di manovrare il suo corpo lungo 4 metri sia in terra che in acqua. Per esempio, il fatto che le vertebre caudali siano simili a quelle dei castori e delle lontre suggerisce che la coda fornisse un contributo significativo durante il nuoto.

“È straordinario avere trovato un cetaceo in rocce così antiche e così lontane dall’area di origine di questi mammiferi marini – spiega Claudio Di Celma, geologo della Scuola di Scienze e tecnologie dell’Università di Camerino che ha curato lo studio stratigrafico dell’area di ritrovamento del fossile. Questa scoperta documenta, infatti, il primo ritrovamento indiscutibile di un cetaceo quadrupede nell’Oceano Pacifico, probabilmente il più antico rinvenuto in America e il più completo al di fuori di India e Pakistan”.

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Lo scavo del Peregocetus.

Secondo i ricercatori l'età geologica di questo cetaceo quadrupede e la sua presenza lungo la costa occidentale del Sud America sostengono fortemente l'ipotesi che i primi cetacei abbiano raggiunto il Nuovo Mondo attraversando il Sud Atlantico dalla costa occidentale dell'Africa al Sud America. Questi antenati delle balene e dei delfini sarebbero stati aiutati nel loro viaggio dalle correnti superficiali che scorrevano da ovest verso est e dal fatto che a quel tempo la distanza tra i due continenti era la metà di quella che è oggi.

Intanto le ricerche in Perù vanno avanti e il team internazionale continua a fare nuove scoperte. ”Ogni spedizione - conclude Giovanni Bianucci - ci riserva nuove sorprese. Tutto è possibile grazie a un giacimento di fossili eccezionale e a un gruppo di ricerca straordinario”.

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II deserto del Perù.

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Ricostruzione degli spostamenti del Peregocetus.

La crescita delle piante è regolata da uno specifico meccanismo molecolare che ha una sua sede specifica. La chiave di tutto è l’auxina, un ormone vegetale che agisce nella parte più esterna delle radici e che determina lo sviluppo della pianta anche in risposta agli stimoli esterni. La scoperta arriva da uno studio scientifico coordinato da Riccardo Di Mambro, ricercatore del dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa, in collaborazione con l’Università Sapienza di Roma, pubblicato sulla rivista Current Biology.

“La concentrazione di auxina, un ormone vegetale con proprietà morfogenetiche, nel tessuto più esterno della radice, la cosiddetta cuffia laterale, coordina la crescita e l’attività di tutte le cellule radicali e dunque lo sviluppo dell’intera pianta”, spiega Riccardo Di Mambro.

 

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Particolari delle radici studiate, immagini ottenute mediante microscopia confocale

 


Dalle sperimentazioni condotte tra i laboratori italiani e statunitensi, da Milano alla California, il trentasettenne ricercatore dell’Ateneo pisano è così riuscito per la prima volta ad identificare questo meccanismo molecolare e la particolare sede in cui ha luogo.

“Di fatto a ‘comandare’ lo sviluppo di un’intera pianta è un processo che avviene in uno specifico tessuto, che è poi quello più a contatto con l’esterno. Questo processo è dunque in grado di regolare la crescita in base agli stimoli ambientali, come ad esempio l’acidità/basicità o la salinità del terreno”, continua Di Mambro.

Riccardo Di Mambro in laboratorio, di lato la camera termostata per la crescita delle piante


La conoscenza di questo meccanismo apre la strada ad una serie di applicazioni biotecnologiche volte a creare piante più resistenti agli stress esterni. “Ad esempio – conclude Di Mambro – si potrebbero generare piante che hanno più strati di questo tessuto esterno in modo da renderle più forti e pronte a rispondere a condizioni ambientali fortemente avverse”.

cinzia chiappeÈ scomparsa Cinzia Chiappe, docente di Chimica organica al dipartimento di Farmacia dell’Università di Pisa. Cinzia Chiappe si era laureata nel 1985 in Chimica e Tecnologia farmaceutiche presso l’Università di Pisa e nel 1989 aveva conseguito il titolo di dottore di ricerca in Scienze chimiche. Dopo due anni come collaboratore chimico presso ARPAT (allora USL), nel 1992 era entrata a far parte del Dipartimento di Chimica bioorganica e biofarmacia dell'Università di Pisa in qualità di ricercatore universitario, divenendo nel 1998 professore associato e poi nel 2002 professore ordinario di Chimica organica.

Dal 1999, i suoi principali interessi di ricerca si sono focalizzati sulla chimica dei liquidi ionici e sulle loro applicazioni. Utilizzando gli strumenti della chimica fisica-organica il suo gruppo di ricerca si è dedicato a ottenere informazioni sui liquidi ionici e sulle loro proprietà fisico-chimiche e biologiche, spesso correlando i risultati sperimentali con calcoli teorici. In questo settore, ha sviluppato diversi progetti in cui, utilizzando questi "sali" liquidi a temperatura ambiente, è stato possibile mettere a punto nuovi processi chimici più sostenibili in grado di fornire nuovi composti e materiali. Obiettivo del suo lavoro di ricerca è stato infatti quello di progettare e sintetizzare nuove classi di liquidi ionici, con proprietà ottimizzate per una specifica applicazione, da utilizzare come solventi e/o catalizzatori in problemi reali: in altre parole per ottenere reazioni chimiche più efficaci o per sviluppare nuovi processi più efficienti in termini energetici e di impatto ambientale.

Cinzia Chiappe è stata più volte Principal Investigator per programmi di ricerca finanziati dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), MIUR, Fondazioni (CaRiPi), Regione Toscana e Comunità Europea. Inoltre, è stata responsabile di progetti di ricerca finanziati da grandi (ENI, Processi Innovativi, TKT), piccole e medie imprese.

È stata autrice o co-autrice di oltre 200 pubblicazioni peer-reviewed e di alcuni capitoli di libri in RSC- ACS, Wiley e monografie sui liquidi ionici. Ha tenuto oltre 75 conferenze su invito a congressi internazionali e presso istituzioni accademiche e di ricerca.

È stata rappresentante italiana per l’azione COST CM 1206 EXIL - Exchange on Ionic Liquids. Membro della Società Chimica Italiana e dell'American Chemical Society, nel 2014 è stata nominata fellow della Royal Society of Chemistry.

Dal 2012, è stata inoltre membro del Advisory Board della rivista Green Chemistry, RSC, ed è stata Membro dell’Advisory Board del COIL5, leader del WG1 “Synthesis & Development of Ionic Liquids” nell’azione COST-Exil; Membro della Conferenza Green Solvents (2016, DECHEMA); Membro dell’International Committee European Symposium of Organic Chemistry (ESOC); Membro del Advisory Board del COIL-2017; membro della Commissione Ricerca della Società Chimica Italiana. Dal 2018 era coordinatore del corso di dottorato del dipartimento di Farmacia (Scienze del farmaco e delle sostanze bioattive) e presidente del centro CIRESS, il Centro interdipartimentale di ricerca sull’energia per lo sviluppo sostenibile, nonchè membro della commissione ASN per il settore 03/C1 (Chimica Organica).

Nel 2013 è stata insignita della Medaglia Mangini della Società Chimica Italiana, Divisione di Chimica organica.

lupetti mario 2 copiaÈ morto a Pisa il giorno 2 aprile 2019 il professor Mario Lupetti, studioso di Istologia e per lungo tempo docente di discipline morfologiche presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Pisa. Pubblichiamo qui di seguito un ricordo del professor Lupetti a firma di Amelio Dolfi, professore di Istologia e Embriologia all'Università di Pisa. 

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Nato a Castelnuovo Garfagnana nel 1931, il professor Mario Lupetti si è laureato in Medicina e Chirurgia a Pisa e dopo la laurea, negli anni ‘60 ha intrapreso la carriera universitaria dedicandosi alla ricerca in campo istologico presso l’Istituto Nazionale delle Ricerche e successivamente assumendo il ruolo di assistente universitario presso l’Università di Pisa. Ha assunto diversi incarichi di docenza, in particolare insegnando Anatomia Umana nel corso di laurea in Farmacia e successivamente Istologia ed Embriologia nel corso di laurea in Medicina e Chirurgia. Ha conseguito il ruolo di Professore associato nel 1982 e di Professore ordinario di Istologia nel 1986, ruolo che ha ricoperto fino al suo collocamento a riposo.

La sua attività di ricerca ha portato importanti contributi alle conoscenze sulla morfologia e sullo sviluppo embriologico di diversi organi e apparati in varie specie animali compreso l’uomo. In particolare sono significativi i risultati ottenuti sulla linfopoiesi e sulla organogenesi renale. La maggior parte degli studi sono stati oggetto di pubblicazioni scientifiche su riviste internazionali.

Il Prof. Lupetti ha dato un valido contributo alla nascita della scuola di Istologia dell’Università di Pisa che grazie al suo impegno e alla sua dedizione nel formare i giovani che hanno seguito le sue orme, ha assunto oggi rilevanza nazionale e internazionale. La sua lunga e intensa attività didattica ha consentito la formazione di generazioni di medici che lo ricordano con stima ed affetto.

Personalmente non posso esimermi dal ricordare con grande commozione il professor Mario Lupetti, Collega, ma soprattutto fraterna presenza, negli anni in cui, entrambi più giovani, ci aiutavamo per migliorare noi stessi, il nostro lavoro e il mondo che ci stava intorno.

Amelio Dolfi
Professore di Istologia e Embriologia

Pisa si prepara a tremare di paura. Dal 7 aprile al 1° settembre 2019, il Museo della Grafica (Comune di Pisa, Università di Pisa) presenta una mostra che indaga la figura del regista del brivido Alfred Hitchcock (1899-1980). Curata da Gianni Canova e prodotta e organizzata da ViDi, "Alfred Hitchcock nei film della Universal Pictures", presenta 70 fotografie e contenuti speciali provenienti dagli archivi della Major americana che conducono il pubblico nel backstage dei principali film di Hitchcock, facendo scoprire particolari curiosi sulla realizzazione delle scene più celebri, sull’impiego dei primi effetti speciali, sugli attori e sulla vita privata del regista inglese.

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Celebrato come uno dei principali e più influenti innovatori della storia del cinema, Hitchcock è famoso per il suo ingegno, le trame avvincenti, la gestione delle camere da presa, l’originale stile di montaggio, l’abilità nel tener viva la tensione in ogni singolo fotogramma. “Hitchcock, come hanno detto i critici della nouvelle vague – afferma Gianni Canova - è stato uno dei più grandi creatori di forme di tutto il Novecento. I suoi film, per quante volte li si riveda, sono ogni volta una sorpresa, ogni volta aprono nuove prospettive attraverso cui osservare il mondo e guardare la vita”.

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Il percorso espositivo analizza i principali capolavori di Hitchcock, prodotti dalla Universal Pictures. Primo fra tutti Psyco (1960), una delle sue opere più controverse che riuscì a battere tutti i record di incassi e fece fuggire il pubblico dalle sale in preda al panico. Un’occasione per vedere il dietro le quinte del metafisico Motel Bates, conoscere il personaggio inquietante di Norman, la doppia personalità di Marion e la celebre scena della doccia.

Una sala del Museo della Grafica è dedicata a Gli Uccelli (1963), pellicola in cui introdusse numerose novità nel campo del suono e degli effetti speciali; con ben 370 trucchi di ripresa, il film richiese quasi tre anni di preparativi a causa della sua complessità tecnica.

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L’itinerario nell’universo hitchcockiano prosegue con La Finestra sul cortile (1954), con James Stewart che interpreta il fotoreporter ‘Jeff’ Jeffries, costretto su una sedia a rotelle per una frattura alla gamba e che, per vincere la noia, spia le vite dei vicini dal proprio appartamento, fino a convincersi che in un appartamento si sia consumato un delitto. Il film fu un grande successo; uscito nell’agosto 1954, nel maggio 1956 aveva già incassato 10 milioni di dollari.

E ancora, La donna che visse due volte (1958), capolavoro divenuto oggetto di venerazione, che racconta una delle storie d’amore più angoscianti del cinema, narrata attraverso un numero infinito di angolazioni e riprese straordinarie nei luoghi più famosi di San Francisco.

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Il materiale fotografico getta inoltre uno sguardo su altri celebri film come Sabotatori (1942), L’ombra del dubbio (1943), Nodo alla gola (1948), La congiura degli innocenti (1955), L’uomo che sapeva troppo (1956), Marnie (1964), Il sipario strappato (1966), Topaz (1969), Frenzy (1972) e Complotto di famiglia (1976).

Lungo tutto il perimetro della mostra, il visitatore è accompagnato da una serie di approfondimenti video di Gianni Canova.

Una sezione è inoltre dedicata alla musica che ha connotato alcuni dei suoi film, tra cui quella di Bernard Herrmann, compositore statunitense che ha scritto, tra le altre, le celebri colonne sonore per La donna che visse due volte e Psyco, che furono parte integrante e fondamentale per la costruzione del senso di attesa hitchcockiano. Chiude idealmente l’esposizione il montaggio con le celebri e fugaci apparizioni di Hitchcock sulla scena. Nati come simpatiche gag, i cammei divennero col tempo una vera e propria superstizione. Il pubblico iniziò ad attenderli con impazienza e per evitare che lo spettatore si distraesse troppo durante il film, il regista decise di anticiparli ai primissimi minuti dell’inizio.

Il catalogo della mostra è curato da Skira.

La più grande organizzazione mondiale di chirurghia ha conferito la sua massima onorificenza al professor Franco Mosca, Emerito di Chirurgia generale dell’Università di Pisa. La “Honorary Fellowship” dell’American College of Surgeons (ACS) è stata assegnata al professor Mosca in occasione del Congresso 2018 che si è svolto a Boston.

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L’ACS, fondata nel 1913, è la più grande organizzazione di chirurgia generale e specialistica e riunisce più di 82.000 chirurghi di tutto il mondo, con lo scopo di migliorare la qualità della pratica chirurgica. Dalla sua istituzione a oggi sono divenuti membri onorari 470 chirurghi internazionali e tra di loro soltanto 11 italiani: Raffaele Bastianelli nel 1918, Vittorio Putti nel 1925, Roberto Alessandri nel 1926, Mario Dogliotti nel 1951, Pietro Valdoni nel 1955, Giambattista Bietti nel 1968, Umberto Veronesi nel 1998, Sergio Pecorelli nel 2005, Nicola Scopinaro nel 2007, Alberto Montori nel 2011 e Renzo Dionigi nel 2017.
Il professor Franco Mosca, Fellow dell’ACS da 25 anni, aggiunge questo massimo riconoscimento ad honorem ad altri ambiti e molto esclusivi, quali il Royal College of Surgeons (2006), l'American Surgical Association (2008) e il Polish Association of Surgeons (2011).

Nella Motivazione del riconoscimento si ricorda che “il professor Franco Mosca è divenuto cattedratico nel 1986. Da allora ha creato una Unità Operativa di eccellenza in chirurgia oncologica, vascolare e trapiantologica. Fin dall’inizio della sua carriera si è dedicato a migliorare l’organizzazione ospedaliera introducendo la terapia intensiva post chirurgica, l’endoscopia chirurgica, l’ecografia diagnostica ed operativa nella convinzione che i chirurghi non possono delegare queste attività ad altri se vogliono ottenere i migliori risultati. Queste basi hanno consolidato lo sviluppo di una costellazione di nuovi programmi per il trattamento dell’ipertensione portale, la chirurgia vascolare, i trapianti di organi (rene, pancreas, fegato). Inoltre il professor Mosca ha sviluppato la chirurgia oncologica e in particolare quella pancreatica ed epatobiliare; infine ha, tra i primi in Italia, sviluppato la chirurgia laparoscopica. L’interesse per le nuove tecnologie ha portato il professor Mosca a stabilire legami stretti con i Dipartimenti di Ingegneria delle Università Pisane, mettendo a punto nuovi dispositivi per la chirurgia laparoscopica e l’endoscopica fino alla creazione di un Centro di Eccellenza (Endocas) per ricerca e training in chirurgia assistita dal computer. Questo centro è riconosciuto, primo e unico in Italia, dall’American College of Surgeons quale 'Accredited Education Institute'. Il professor Mosca è un eccezionale leader chirurgico e uno dei più rispettati e influenti chirurghi europei”.

“Desidero condividere questo riconoscimento - ha dichiarato il professor Franco Mosca - con quanti hanno collaborato con me in tanti anni di impegno e sacrificio rendendo possibile il raggiungimento di risultati importanti a favore dei nostri pazienti e della Sanità Pubblica. Sono molto gratificato per essere stato presentato all’ACS da un illustre allievo della Scuola Medica Pisana: il professor Fabrizio Michelassi chirurgo di fama mondiale”.

Dal 3 all’8 aprile, si riunisce a Pisa, per la prima volta in Italia, il Comitato direttivo dell’Associazione Internazionale Docenti di Tedesco L2 (Internationaler Deutschlehrerverband e.V. /IDV). Scopo dell’incontro è dare veste finale al progetto scientifico del convegno a cura dell’Associazione che si realizzerà a Lipsia nel luglio 2019, coinvolgendo circa cento rappresentanti delle Associazioni nazionali di Germanistica di tutti i contenenti, tra cui naturalmente l’Associazione Italiana di Germanistica/AIG.

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Riunione del Direttivo IDV, New Orleans, novembre 2018.


Fanno parte del Direttivo IDV la professoressa Marianne Hepp, titolare di Lingua e traduzione tedesca del dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica dell'Università di Pisa, che lo presiede dal 2009, e quattro colleghi provenienti da India, Brasile, Polonia e Bosnia, vi partecipano inoltre esperti dei quattro maggiori paesi di lingua tedesca (Germania, Austria, Svizzera, Liechtenstein).

Tra le realizzazioni principali dello IDV si annovera l’organizzazione del Convegno Internazionale Docenti di Tedesco (Internationale Deutschlehrertagung /IDT), massimo forum internazionale dedicato alla disciplina Lingua e traduzione tedesca. Al prossimo appuntamento, fissato per il 2021 con sede presso l’università di Vienna, si attende la partecipazione di oltre 3.000 convegnisti.

Il comitato IDV sarà ospite del dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica dell’Università di Pisa. Il direttore del dipartimento, Rolando Ferri, darà il suo benvenuto all’apertura della riunione in lingua tedesca.

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