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nicola belcariÈ stato finanziato con oltre un milione di euro UTOFPET, il progetto coordinato dall’Università di Pisa il cui obiettivo è sviluppare nuove tecnologie nel campo della sensoristica fotonica per rivelatori PET, che consentano di ottenere immagini più nitide con minori dati a disposizione. La PET, tomografia a emissione di positroni, è la tecnologia che, nell’ambito della ricerca clinica, aiuta a rivelare il funzionamento e il metabolismo di organi e tessuti.

Combinando tecnologie fotoniche innovative (come i sensori MultiDigital-Silicon Photomultipliers (MD-SiPM), i cristalli fotonici e sistemi di acquisizione dati intelligenti), i ricercatori lavoreranno allo sviluppo di un prototipo di rivelatore che possa essere utilizzato come elemento fondante per le future generazioni di scanner PET, che potrebbero offrire prestazioni fino a 100 volte superiori agli attuali.

«I dispositivi MD-SiPM sono generalmente più complessi da usare dei comuni sensori utilizzati nei rivelatori PET e richiedono architetture di acquisizione dati più avanzate di quelle convenzionali, ma sono anche molto più precisi – spiega Nicola Belcari, docente di Fisica dell’Ateneo pisano e coordinatore di UTOFPET (a destra nella foto) – L’utilizzo sinergico con i cristalli fotonici, ovvero sottili strati nanostrutturati di un materiale otticamente trasparente ad alto indice di rifrazione, richiede competenze multidisciplinari negli ambiti della simulazione di sensoristica fotonica, della progettazione di rivelatori ed integrazione, sia hardware che software di sistemi di imaging PET». Per questo, nel progetto UTOFPET, sono state coinvolti partner internazionali sia accademici (Universiteit Gent e École polytechnique fédérale de Lausanne) che industriali (AGE Scientific di Capezzano Pianore (LU) e la Molecube NV (Gent)) con competenze altamente complementari.

“La tecnologia sviluppata in questo progetto consentirà il raggiungimento della risoluzione spaziale e della sensibilità richiesta dalle attuali e future applicazioni nel campo dell’imaging molecolare – conclude Nicola Belcari - mantenendo al contempo un favorevole rapporto costo-beneficio”. UTOFPET, che durerà 36 mesi, è stato finanziato complessivamente con 1.119.500 euro dal consorzio Photonic Based Sensing (PhotonicSensing) del programma ERA-NET Cofund - Horizon 2020.

È stato costituito per iniziativa del dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Pisa il "Team Coste", che ha come obiettivo lo studio della dinamica dei sistemi costieri toscani. Il gruppo di ricerca è nato grazie alla firma di un protocollo d'intesa tra le Università di Pisa, Firenze e Siena, rappresentate rispettivamente dai dipartimenti pisani di Scienze della Terra, Biologia e Ingegneria dell’Informazione, dal dipartimento fiorentino di Scienze della Terra e da quello senese di Ingegneria dell’informazione e Scienze Matematiche.

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Il progetto mira a sviluppare sistemi di monitoraggio e di modellazione quantitativa dell’evoluzione dei sistemi costieri toscani, approfondendo in particolare la conoscenza dei processi che governano lo spostamento della sabbia lungo le coste all’interno delle diversità fisiografiche e di quelli che operano trasversalmente alla costa, interessando il sistema bacino fluviale-costa-mare. Esso intende inoltre elaborare una specifica piattaforma informatica, mediante la quale sia possibile mettere a disposizione di tutte le componenti interessate - quella tecnico-scientifica, quella istituzionale e la società civile - le informazioni oggi disponibili e quelle che saranno prodotta in futuro sui sistemi costieri toscani.

Il "Team Coste" si caratterizza per una marcata impronta multidisciplinare, indispensabile per affrontare le complessità dei problemi che affliggono le coste, e intende mettere a disposizione delle istituzioni locali, a partire dalla Regione Toscana, conoscenze tecnico-scientifiche utili a consentire una gestione sempre più efficace delle problematiche poste dal territorio.

Tra i primi firmatari del progetto ci sono, per l'Università di Pisa, i professori Giovanni Sarti e Mauro Rosi e il dottor Duccio Bertoni (Scienze della Terra), la dottoressa Daniela Ciccarelli (Biologia), il professor Andrea Caiti e il dottor Riccardo Costanzi (Ingegneria dell’Informazione); per l'Università di Firenze, i professori Sandro Moretti e Filippo Catani (Scienze della Terra); per l'Università di Siena, il professor Alessandro Mecocci e il dottor Alessandro Pozzebon (Ingegneria dell’informazione e Scienze Matematiche).

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Nella foto il gruppo dei ricercatori pisani: da sinistra, Giovanni Sarti, Andrea Caiti, Daniela Ciccarelli, Mauro Rosi, Duccio Bertoni e Riccardo Costanzi.

Il dipartimento pisano di Scienze della Terra, che è il promotore del "Team Coste", ha organizzato dal 2014 al 2016 tre congressi internazionali a Forte dei Marmi, invitando, grazie alla sovvenzione del Comune di Forte di Marmi e della Federalberghi, esperti da tutto il mondo per confrontarsi sui problemi di gestione delle coste. I congressi sono stati concepiti non solo per esperti del settore, ma sono stati aperti a tutti i portatori di interesse, dalle amministrazioni ai singoli cittadini, con lo scopo di incrementare la consapevolezza e la conoscenza di queste tematiche attraverso uno spirito sinergico e collaborativo. In questo senso sono stati svolti diversi incontri nelle scuole e altri sono già in programma nelle prossime settimane. A partire dall’edizione 2018, che si terrà dal 10 al 14 ottobre, i congressi internazionali di Forte dei Marmi avranno cadenza biennale e si terranno sotto l’egida del "Team Coste", mantenendo e rinforzando la vision nata dal primo congresso del 2001 e sviluppata in modo più organico dopo il 2014.

 

 

 

È volato in prestito al Museo Nazionale del Bardo, in Tunisia, il ritratto di Giovanni Pagni che normalmente è esposto nella Sala dei Mappamondi di Palazzo alla Giornata, sede del rettorato dell'Università di Pisa. L'opera d'arte resterà a Tunisi dal 18 marzo al 30 settembre come emblema della mostra "Antichità d'Africa alla Galleria degli Uffizi. Giovanni Pagni, medico e archeologo pisano nella Tunisia del XVII secolo".

La mostra del Bardo - organizzata a tre anni dall’attentato del 18 marzo 2015 in cui hanno perso la vita 24 persone, in gran parte turisti, tra i quali anche quattro italiani - presenta un nucleo di antichità provenienti dalla Tunisia raccolte nel 1677 dal medico e archeologo Giovanni Pagni, illustre professore dell'Università di Pisa.

Questi, oltre a raccogliere un vasto materiale in Tunisia studiando in particolare le rovine di Cartagine, fu per un anno al servizio del Bey Murad II che, riconoscente per la guarigione ottenuta grazie al suo intervento, gli dette in dono diversi reperti preziosi. Fra questi vi era una raccolta di oltre venti opere fra epigrafi, stele funerarie e stele votive di età imperiale, che da subito entrarono nelle collezioni delle Gallerie degli Uffizi e del Museo Archeologico Nazionale di Firenze.

I rilievi e le iscrizioni, fra le prime testimonianze dell’Africa romana che era possibile ammirare in Europa, sono stati per due secoli al centro dell’interesse degli studiosi internazionali. Tornano ora in Tunisia per iniziativa della Regione Toscana, in collaborazione con il ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo, il ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, l’Ambasciata italiana e l’istituto Italiano di Cultura a Tunisi, i musei degli Uffizi e del Bardo.

Il dipinto di Giovanni Pagni, realizzato dall'artista Giovanni Stella, faceva parte della serie dei ritratti realizzati alla fine del XVIII secolo per la Sala delle Lauree nel Palazzo Arcivescovile, dal quale fu poi trasferito all’Università di Pisa.

La scheda del quadro per la mostra è stata redatta dal professor Alessandro Tosi, tra i massimi esperti italiani di storia dell'arte moderna. La consegna della tela alla Società Cooperativa A.R.A., in qualità di ditta incaricata del trasporto, è avvenuta lo scorso 9 marzo, alla presenza della dottoressa Donatella Montanari, in rappresentanza della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio della provincia di Pisa, e della dottoressa Aurelia De Simone, in qualità di Economo dell’Università di Pisa.

 

 

 

Il professore Fabrizio Baiardi dell’Università di Pisa è uno degli undici esperti che darà vita a “Cybersecurity”, il primo gruppo di studio costituito a livello nazionale per la difesa dei dati informatici del servizio sanitario italiano. Annunciata nei giorni scorsi e coordinata dall’Istituto Superiore di Sanità, l’iniziativa è nata su impulso del Centro Nazionale di Tecnologie Innovative in Sanità Pubblica.



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Fabrizio Baiardi

 

“Studieremo strategie specifiche – spiega Baiardi - per migliorare costantemente la difesa delle strutture sanitarie del Paese da attacchi informatici di varia natura, con l’obiettivo di sviluppare maggiore consapevolezza dei rischi cyber in sanità, da questo punto di vista infatti è importante sensibilizzare coloro che usano i dispositivi connessi in rete per salvaguardare i dati dei pazienti e dei medici”.

Fabrizio Baiardi è ordinario di informatica all’Università di Pisa e la sua ricerca è focalizzata sulla valutazione del rischio posto da sistemi ICT complessi a partire dallo studio delle vulnerabilità e delle intrusioni in sistemi informatici.

 

L’E-team, la squadra corse dell'Ateneo, si prepara a rinnovare il proprio staff in vista della prossima stagione di gare e lancia una campagna di recruitment rivolta agli studenti di tutti i corsi di laurea. La ricerca di nuovi membri riguarda tutti i settori tecnici e gestionali, ma quest’anno il recruiting è rivolto in particolar modo al settore delle pubbliche relazioni.

La squadra punta a studenti che abbiano tutte o alcune delle seguenti competenze: livello di lingua inglese B.2 (o oltre), esperti in comunicazione, conoscenza di software di grafica, montaggio video.

Il rinnovo di parte della Squadra Corse riguarda anche i piloti, che abbiano esperienze “certificate” in campionati karting, rally o simili esperienze agonistiche. Per inviare la propria candidatura basta compilare il form “become a member” sul sito www.eteamsquadracorse.it.

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Il progetto dell’E-Team nasce nel 2007 ad opera di un gruppo di studenti e dottorandi di Ingegneria e con il tempo si è ingrandito coinvolgendo anche studenti provenienti da altri corsi di laurea tra cui Economia, Discipline dello Spettacolo e della Comunicazione e Giurisprudenza. La squadra infatti non è impegnata soltanto sotto il profilo della progettazione e della costruzione, ma anche sul fronte del marketing, delle pubbliche relazioni e della ricerca e gestione delle risorse economiche.

L’E-team partecipa ogni anno alla Formula SAE e Formula Student Germany, competizioni automobilistiche per veicoli monoposto progettati da studenti universitari, che prevedono prove statiche e gare di velocità. Inoltre, a partire da gennaio 2018 i membri del Team hanno dato vita a un nuovo progetto: un veicolo a guida autonoma, che parteciperà alla categoria Driverless del campionato di Formula Student.

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È nato il “Centro interuniversitario per la promozione dei principi delle 3R nella didattica e nella ricerca (Centro 3R)”, novità assoluta nel panorama accademico italiano, nato su impulso delle Università di Pisa e di Genova. Il Centro 3R è una infrastruttura che si prefigge di avviare un processo di sensibilizzazione di studenti, ricercatori e docenti alla sperimentazione responsabile e ai metodi alternativi all’uso degli animali, in ottemperanza alla direttiva UE 2010/63 sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici, recepita in Italia con il D.Lgs. 26 del 4 marzo 2014. L’inaugurazione è stata ospitata al Centro congressi delle Benedettine, dove hanno portato i loro saluti la prorettrice vicaria dell’Università di Pisa, Nicoletta De Francesco, e il rettore dell’Università di Genova, Paolo Comanducci.

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Da sinistra: Nicoletta De Francesco, prorettrice vicaria Università di Pisa, Paolo Comanducci, rettore Università di Genova, Arti Ahluwalia (Università di Pisa), direttrice del Centro 3R, Anna Maria Bassi (Università di Genova), vice direttrice del Centro 3R.

3R è l’acronimo di Replacement (sostituzione delle sperimentazioni sugli animali con metodi alternativi ogni qual volta questo sia possibile), Reduction (riduzione al minimo indispensabile del numero di animali utilizzati) e Refinement (continuo perfezionamento dei metodi impiegati allo scopo di ridurre la sofferenza degli animali). Il concetto delle 3R è stato per la prima volta introdotto da W. Russel e R. Burch nel 1959 in “The Principles of Humane Experimental Techniques”.

“La direttiva Europea stabilisce che gli stati membri assicurino che, ove possibile, un metodo o una strategia di sperimentazione, scientificamente soddisfacente, che non comporti l’uso di animali vivi, possa essere utilizzato in sostituzione di una procedura sugli animali – spiega la professoressa Arti Ahluwalia, direttrice del Centro 3R e responsabile per l’Università di Pisa – L’implementazione della D.L. 26 richiede uno sforzo puntato alla diffusione di informazione e formazione, in un contesto che possa favorire lo sviluppo di tecnologie sempre più adeguate per studi scientificamente validi”.

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“Per raggiungere queste finalità – sottolinea la professoressa Anna Maria Bassi, vice direttrice del Centro 3R e responsabile per l’Università di Genova – il coinvolgimento dei giovani ricercatori è fondamentale nella sperimentazione di nuovi sistemi in vitro, in vivo e in silico, per garantire la salute umana e animale, e per la tutela dell’ecosistema. Tutto ciò richiede una cooperazione nazionale e internazionale perché solo dal confronto con altre realtà si possono conseguire più rapidamente risultati utili in linea con gli obiettivi di ricerca prefissati. In altre parole, bisogna educare i giovani ad avere una mentalità aperta alle innovazioni per ottenere miglioramenti visibili nell'applicazione delle 3R, delle scienze della vita e dell'istruzione, sia a livello nazionale che internazionale, nel campo della ricerca scientifica di base, traslazionale e applicata”.

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“Il centro si farà promotore di iniziative per istituire nuovi corsi che mirino a formare una nuova generazione di scienziati maggiormente responsabili – aggiunge Paolo Milazzo, docente del dipartimento di Informatica dell’Università di Pisa e membro del Comitato scientifico-didattico – I corsi saranno incentrati sui principi delle 3R e sui nuovi metodi sperimentali e computazionali che possano sostituire la sperimentazione sugli animali o ridurre il numero di animali necessari negli esperimenti. È altresì fondamentale assicurare il trasferimento tecnologico verso il mondo accademico e le imprese, con l’elaborazione di progetti di ricerca e sviluppo congiunti su tematiche legate alle 3R. Il centro promuoverà questo tipo di progetti e si occuperà di diffondere le conoscenze e le migliori pratiche sulle 3R a livello nazionale”.

“Gli obiettivi prefissati potranno essere raggiunti – concludono i professori Ahluwalia, Bassi e Milazzo – grazie all’impegno, alla perseveranza e alla disponibilità di tutti i membri del Centro 3R, e alla auspicabile interazione con esperti di altri enti, e del mondo delle imprese”.

Complessivamente, 60 docenti e ricercatori delle due università coinvolte hanno scelto di aderire al Centro 3R fin dalla sua nascita. La composizione del Comitato scientifico-didattico, il principale organo di gestione e indirizzo, riflette la natura interdisciplinare del centro. Ve ne fanno parte per l’Università di Pisa: Arti Ahluwalia (responsabile) del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione; Maria Grazia Cascone, del Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale; Patrizia Chetoni, del Dipartimento di Farmacia; Angelo Gazzano, del Dipartimento di Scienze Veterinarie; Paolo Milazzo, del Dipartimento di Informatica; Michela Novelli, del Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia. Per l’Università di Genova: Anna Maria Bassi (responsabile), del Dipartimento di Medicina Sperimentale (DIMES), Manuela Marcoli, del Dipartimento di Farmacia (DIFAR); Laura Pastorino, del Dipartimento di Informatica, Bioingegneria, Robotica e Ingegneria dei Sistemi (DIBRIS); Susanna Penco, del Dipartimento di Medicina Sperimentale (DIMES); Anna Pittaluga, del Dipartimento di Farmacia (DIFAR), Sonia Scarfì, del Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e della Vita (DISTAV).

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Dopo un lavoro durato quasi dieci anni è stato appena pubblicato sulla rivista internazionale “Plant Biosystems” l’elenco aggiornato delle piante aliene (o esotiche) che si sono diffuse spontaneamente in Italia. Si è trattato di una ricerca corale realizzata grazie alla collaborazione di 51 ricercatori italiani e stranieri e coordinata da un gruppo di studiosi fra cui Lorenzo Peruzzi, professore di Botanica sistematica dell’Università di Pisa.

A fare da contraltare alle 8195 specie e sottospecie autoctone, vi sono 1597 specie aliene. Anche relativamente a questa biodiversità 'negativa', l'Italia si colloca purtroppo tra le nazioni con i maggiori numeri in Europa. Tra queste specie aliene, 221 risultano invasive su scala nazionale, con 14 specie incluse nella 'lista nera' della Commissione Europea (regolamento EU 1143/2014 e suoi aggiornamenti periodici), che elenca una serie di piante e animali esotici, la cui diffusione in Europa va assolutamente tenuta sotto controllo.

 

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Da sinistra, Fabrizio Bartolucci, Gabriele Galasso e Lorenzo Peruzzi, tre dei coordinatori dello studio.


Fra i problemi causati dalle specie aliene, in particolare se invasive, vi sono quelli legati alla salute come nel caso delle allergie e delle irritazioni cutanee anche piuttosto gravi causate dall’ambrosia o dalla panàce di Mantegazza; oppure danni all’agricoltura e ancora la minaccia alla biodiversità come nel caso del fico degli Ottentotti sulle nostre coste rocciose e le pesti d’acqua in canali e laghi.

La diffusione di specie aliene è un fenomeno legato al processo di globalizzazione che va attentamente monitorato – spiega Lorenzo Peruzzi – le regioni che presentano il maggior numero di esotiche (e potenzialmente i maggiori problemi legati a fenomeni di invasione biologica) sono: Lombardia (776, di cui 111 invasive), Veneto (618, di cui 67 invasive) e Toscana (580, di cui 51 invasive)”.

Insieme a Lorenzo Peruzzi, il coordinamento nazionale della ricerca è stato svolto da Gabriele Galasso ed Enrico Banfi (Museo di Storia Naturale di Milano), Fabrizio Bartolucci e Fabio Conti (Centro Ricerche Floristiche dell’Appennino, Università di Camerino - Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga), Nicola Ardenghi (Università di Pavia) e Laura Celesti-Grapow (Università La Sapienza di Roma). Il professore Peruzzi, in collaborazione con Brunello Pierini e Francesco Roma-Marzio, ha inoltre curato la parte dello studio relativo alla flora toscana.

 

 

santagata coverE' appena uscito nelle librerie Un meraviglioso accidente. La nascita della vita (Mondadori, pagg. 144, euro 19,00). Gli autori sono Marco Santagata, uno dei maggiori italianisti e studiosi italiani di Dante e Petrarca e già docente all'Università di Pisa, e Vincenzo Manca, professore di informatica all'Università di Verona.

Il volume sarà presentato a giovedì 15 marzo 2018, alle ore 18.00 al Museo della Grafica. Nell'occasione sarà anche inaugurata la mostra delle illustrazioni originali di Guido Scarabottolo presenti nel libro.

Di seguito una introduzione al volume, buona lettura!

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Un meraviglioso accidente. La nascita della vita di Vincenzo Manca e Marco Santagata è un esperimento di comunicazione scientifica, un libro di divulgazione scritto da un addetto ai lavori e da un profano, letterato e scrittore di successo, che ha subito il fascino di un racconto tra amici in una sera, o meglio in più sere di mezza estate, di qualche anno fa. L’esperimento consiste nello scrivere le cose che il primo autore dice, ma attraverso una rielaborazione del secondo approvata dal primo. Una sorta di divulgazione “alla fonte” in cui la “tassa di incomprensione”, ineliminabile nel travaso, viene in qualche modo concordata all’origine.

A guardare l’indice del libro, sembra che tutto il cammino della vita possa essere scandito da princìpi astratti: Aggregazione, Replicazione, Generazione, Memorizzazione, Riproduzione, Diversificazione, Evoluzione (Due prologhi all’inizio, due lettere degli autori alla fine, e una brevissima nota storica in fondo).

Si mette in luce la logica stringente dei passi di un processo che sembra seguire il copione di un regista, ma allo stesso tempo mostra, a tutti i livelli, una diffusa casualità che sembra puramente “accidentale”.
I primi attori della storia sono molecole, dette monomeri, che si aggregano formando delle file. La logica di queste file è quella di realizzare in modo efficiente copie di se stesse. La vita nasce con le replicazioni di biopolimeri, catene di monomeri. La formazione dell’elica del Dna e la formazione delle membrane non sono altro che danze di molecole che seguono uno spartito basato su aggregazione, dualità, complementarietà, asimmetrie e ritrovate simmetrie. Una volta che si formano delle membrane che al loro interno ospitano biopolimeri, siamo sul cammino verso le cellule, ma per arrivare alle vere cellule vi è una lunga storia di generazioni.

La riproduzione in senso pieno prevede una memoria biologica adeguata. Questa memoria è realizzata dal Dna. Alla struttura del Dna sono dedicate diverse pagine per spiegare l’intrinseca necessità geometrica dell’elica. La logica di questa forma deriva dal modulo triangolare che sovrintende alle file appaiate di biopolimeri, una logica richiesta dal dovere comprimere questa molecola gigantesca in uno spazio molto piccolo (il nucleo della cellula). Con la comparsa del Dna si sviluppa una ricca struttura di rapporti molecolari in cui si distinguono molecole informazionali (Dna) da molecole funzionali (Proteine) e da molecole ambivalenti (Rna). La vita è informazione rappresentata ed elaborata da molecole. Questa è una delle tesi centrali del libro.

Gli ultimi due capitoli raccontano il passaggio dalla vita unicellulare a quella multicellulare. All’evoluzione, che compare sin dai primi passi del racconto, è dedicato l’ultimo capitolo. Questa è la parte più astratta del libro in cui si cerca di superare il continuo dilemma tra caso e calcolo.

Da alcune settimane il popolare servizio di Google Maps ha reso disponibile una vista a 360° gradi di alcuni luoghi rappresentativi dell’Ateneo, che possono essere visitati virtualmente tramite Google Street View: collegandosi alla piattaforma, gli utenti possono esplorare Palazzo alla Giornata, l’Orto botanico, il Complesso Ex-Salesiani, Palazzo Boileau e l’ex Monastero delle Benedettine, con le loro sale interne, aule e giardini.

L’Università di Pisa ha aderito al progetto “Google Street View Special Collects Italia” che ha l’obiettivo di pubblicare su Google Maps e Google Street View le più interessanti destinazioni culturali e turistiche del paese. Negli scorsi mesi un operatore del colosso americano ha effettuato riprese di immobili e luoghi rappresentativi dell’Ateneo, sia dall’esterno che dall’interno, dando così vita a un tour virtuale negli ambienti più suggestivi frequentati ogni giorno da studenti, docenti e personale tecnico-amministrativo.

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L'Orto e Museo botanico.

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La Sala del caminetto di Palazzo alla Giornata.

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L'Auditorium del Complesso ex-Benedettine.

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Il giardino del Complesso ex-Salesiani.

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L'aula 1 di Palazzo Boileau.

Da un movimento rotativo della pedalata a un movimento a “step”, più efficiente e confortevole per gli arti inferiori. Realizzando anche un prototipo artigianale in legno, Giulio Santi e Federico Cinquini, con il progetto StepRide, si sono aggiudicati il primo dei due premi messi in palio dall’Innovation Center di Intesa San Paolo destinato alle migliori idee di impresa e start up sviluppate al PhD+, il corso dell’Università di Pisa che insegna a pensare innovativo e a trasformare le idee in impresa.

Guarda il video di StepRide.

I ragazzi, entrambi 24 anni, studenti del corso di laurea magistrale in Ingegneria energetica, sono stati premiati da Francesco Giachetti di Intesa San Paolo, che ha consegnato loro un assegno da duemila euro durante l’evento finale del PhD+ ospitato al Complesso delle Benedettine.

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Il team di StepRide.

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Il secondo premio, pari a mille euro, è andato a Netralmec, il progetto sviluppato da Nigel Fioretti, Alessio Forconi e Sofia Daini, che consiste in un robot semovente per il controllo delle infestanti su tappeti erbosi e verde urbano. Nigel e Alessio, rispettivamente 27 e 26 anni, sono laureandi nel settore di Agronomia, mentre Sofia, 24 anni, si sta per laureare in Economia e analisi di mercato. Il loro robot è in grado di rilevare la presenza di infestanti tramite un database con i parametri di piante coltivate e infestanti e mediante l'utilizzo di reti neurali. Inoltre è in grado di rimuovere le infestanti meccanicamente: affondando l'infestante nel terreno con trivella oppure mediante un secondo utensile per le infestanti con apparato fascicolato mediante zappetta meccanica.

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Il team di Netralmec.

In tutto sono 19 le idee di impresa e di start up che si sono contese i premi e che sono state presentate con un elevator pitch dinanzi a una giuria composta da Marco Raugi, prorettore alla ricerca applicata, Leonardo Bertini, delegato alle spin off e brevetti, Andrea di Benedetto, presidente del Polo tecnologico di Navacchio, Francesco Giacchetti del Coordinamento Territoriale Prodotti e Segmenti Specialista per l’Innovazione di Intesa San Paolo e Federico Davini di A11-Venture capitalist. Con l’edizione 2018 del Phd+ sono stati inoltre lanciati due contest, il contest #TerrediPisa, ADV Game 2018, promosso dalla Camera di Commercio di Pisa, e “Idea progettuale per la Città”, promossa da Pisamo.

Il primo contest chiedeva l’ideazione e lo sviluppo di un gioco digitale utile a promuovere il nuovo brand turistico “Terre di Pisa” ed è stato vinto da Jessica Casaccia, 25 anni, studentessa di Archeologia, che ha progettato una “caccia al tesoro” per individuare e fotografare in modo originale i monumenti e le strutture di importanza artistico-culturale dei 32 comuni aderenti al brand. Pisamo ha invece premiato Pykhtin Nazar, 29 anni, neolaureato in Economia, che ha proposto un’idea per ridisegnare la circolazione nei pressi del Ponte della Fortezza a Pisa. Entrambi i ragazzi si sono aggiudicati duemila euro.

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Pykhtin Nazar e Jessica Casaccia.

Tutte molto originali le 19 idee presentate all’evento finale del PhD+, frutto di un mese di seminari sulla creazione di impresa, esercitazioni pratiche e incontri one to one, con sportelli dove era possibile approfondire tematiche come la brevettazione o la realizzazione di un business plan. Gli iscritti al PhD+ quest’anno, per la prima volta, sono stati coinvolti in momenti di incontro e contaminazione tra idee innovative e di impresa svoltesi presso la sede delle Benedettine che comprende al suo interno la sede del nascente Contamination Lab, a cui accederanno adesso tutti i finalisti del PhD+ edizione 2018.

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Un momento delle presentazioni dei progetti.

Ne hanno parlato:
Tirreno Pisa
Nazione Pisa
InToscana.it
PisaToday.it
gonews.it

 

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