Cerimonia di conferimento dell'Ordine del Cherubino
Venerdì 15 febbraio 2008, Aula Magna Nuova della Sapienza

Il discorso del Rettore Venerdì 15 febbraio, nell'Aula Magna Nuova del Palazzo La Sapienza, il rettore Marco Pasquali ha conferito le insegne dell'Ordine del Cherubino a sette docenti dell'Università che hanno contribuito ad accrescere il prestigio dell’Università segnalandosi per i loro meriti scientifici e culturali, ma anche per la partecipazione al funzionamento dell’Ateneo. Si tratta della professoressa Silvana Borgognini e del professor Ennio Arimondo della facoltà di Scienze matematiche fisiche e naturali, del professor Enio Martino della facoltà di Medicina e Chirurgia, del professor Aldo Frediani della facoltà di Ingegneria, del professor Roberto Ajello della facoltà di Lingue e Letterature straniere, del professor Piero Floriani della facoltà di Lettere e Filosofia e del professor Paolo Crotti della facoltà di Farmacia.

 

Discorso pronunciato dal rettore, professor Marco Pasquali

Oggi, 15 febbraio, celebriamo la ricorrenza della nascita di Galileo Galilei. E’ tradizione del nostro Ateneo che si svolga in questo giorno la cerimonia di conferimento dell’ Ordine del Cherubino a quei colleghi con almeno 10 anni di anzianità che hanno accresciuto il prestigio dell’Ateneo per meriti scientifici di particolare importanza, o che comunque hanno contribuito in modo incisivo alla vita e al funzionamento dell’Ateneo nelle cariche istituzionali e organizzative ricoperte. Oggi questi colleghi sono 7 professori ordinari.

Uno dei presupposti per tale scelta, ossia il distinguersi per la rilevanza della produzione scientifica, induce ad alcune riflessioni in parte già accennate nell’inaugurazione dell’Anno Accademico il 31 gennaio. L’Università italiana è offerta quasi quotidianamente all’opinione pubblica più con la dilatazione mediatica di vicende non edificanti che per i meriti indubbi del lavoro e dell’impegno della comunità di studiosi. Questi meriti sono ancor più significativi se pensiamo che in Italia l’investimento per la ricerca è al di sotto della media europea del 50%. Eppure, in quanto a produttività scientifica, su 146 paesi l’Italia è all’ottavo posto per numero di pubblicazioni e al settimo per numero di citazioni. La precedono Stati Uniti, Giappone, Germania, Gran Bretagna, Francia, Cina e Canada. Sono i dati della banca ISI per l’anno 2007.
Nel nostro Ateneo ho constatato con grande soddisfazione che il 91% dei docenti ha chiesto di essere valutato dalle Commissioni interne per l’attività di ricerca svolta. Ciò significa che la quasi totalità dei nostri docenti ha una produzione scientifica continua e assai spesso di elevata qualità.

Numerosi sono i docenti dell’Ateneo che hanno presentato progetti di ricerca nell’ambito del 7° Programma Quadro della Comunità Europea e secondo i dati ad oggi disponibili la percentuale di quelli che hanno avuto successo è significativamene alta. Merita una riflessione l’assegnazione recente, da parte del Consiglio Europeo della Ricerca, dei fondi riservati a giovani che hanno conseguito il Dottorato da non più di 9 anni. L’analisi dei risultati dà un’idea dello stato della ricerca universitaria in Italia. Ebbene, su 300 progetti finanziati 40 sono di ricercatori tedeschi, 35 di italiani, 32 di francesi e 30 di inglesi. I giovani ricercatori italiani sono dunque al secondo posto per numero di progetti finanziati; e addirittura al primo posto se si considerano i progetti che hanno meritato il punteggio massimo.

Valutando questo risultato, possiamo pensare che l’Italia ha offerto a questi studiosi, la cui età media è 35 anni, formazione e ambiente di ricerca adeguati. Ma è un’ immagine positiva che svanisce se vogliamo estenderla al futuro di questi giovani: dei 35 vincitori italiani solo 22 hanno manifestato l’intenzione di rimanere in Italia mentre gli altri 13 hanno scelto Paesi con strutture di ricerca più soddisfacenti.

La conclusione è ovvia quanto desolante: gran parte dei nostri giovani migliori non ha fiducia nel proprio Paese, l’Italia non attrae come ambiente di ricerca. Per non dire degli stranieri, che non sogliono indicare l’Italia tra le proprie opzioni. Abbiamo formato ottimi studiosi, ma non offriamo loro condizioni di lavoro atte a trattenerli. L’immagine del paese si offusca; ancor peggio, si prepara un futuro senza sviluppo che ci allontanerà sempre di più dall’Europa e dai Paesi che meglio contribuiscono all’innovazione.

E’ impellente una scelta politica che, riconoscendo l’Università come il luogo primario della ricerca per il Paese, programmi finanziamenti adeguati e possibilità costanti di reclutamento di ricercatori con remunerazione non meno adeguata.

Ai molti giovani brillanti che incontriamo quasi quotidianamente nello svolgimento della nostra attività di docenti e che costituiscono una straordinaria potenzialità per un futuro migliore del nostro Paese, la politica ha il dovere di garantire gli strumenti concreti per mettere a frutto le loro capacità, garantendo così all’Italia quella competitività nel generare innovazione che scaturisce da nuova conoscenza. Ed è esaltazione e premio per chi questa nuova conoscenza ha prodotto nel nostro Ateneo l’Ordine del Cherubino, che ho l’orgoglio e l’onore di conferire oggi.


Ultimo aggionamento documento: 18-Feb-2008