Uniti nella lotta alle malattie infettive
Il successo di un progetto di cooperazione arabo-israeliana
L’emergenza aviaria, accanto a molte altre malattie infettive che colpiscono animali e persone, spinge i paesi in via di sviluppo, in particolare quelli dell’area medio-orientale da sempre divisi da forti tensioni politiche, ad azioni concrete di cooperazione nel campo veterinario.
Francesco Tolari, ordinario di Malattie infettive degli animali domestici al dipartimento di Patologia animale, profilassi e igiene degli alimenti, analizza il nuovo scenario internazionale delle malattie infettive nell’uomo e negli animali.
Uno scenario che richiede strategie di lotta incisive a livello locale, per combattere e contrastare le malattie laddove si manifestano, ma con una capacità di azione anche a livello regionale, come è accaduto con gli accordi di cooperazione arabo-israeliani, e globale.
La globalizzazione ha creato un flusso di merci animali e persone che si muove rapidamente attraverso i confini e fornisce agli agenti infettanti nuove possibilità di diffondersi. Lo scenario delle malattie infettive nell’uomo e negli animali a livello internazionale si sta dimostrando sempre più dinamico e le strategie di lotta e di controllo devono adattarsi a questi cambiamenti superando gli approcci localistici e prevedendo misure sanitarie a livello regionale e talvolta globale.
La sorveglianza delle malattie trasmesse dagli animali all’uomo (zoonosi) in particolare, si presenta ormai come una azione ad ampio raggio che riguarda non solo gli animali domestici, ma anche quelli selvatici che sovente fungono da serbatoi di agenti infettanti trasmissibili e, talvolta, presentano abitudini migratorie e possono trasportare tali agenti a migliaia di chilometri di distanza.
Alcune malattie infettive del bestiame, in particolare nei Paesi in via di sviluppo, sono un freno allo sviluppo economico e un fattore che mette in pericolo la sopravvivenza delle comunità rurali più povere. Le conseguenze di tali malattie, sia dirette (mortalità, diminuzione delle produzioni, spese per farmaci e vaccini) che indirette (limitazioni commerciali e abbattimenti obbligatori per fermare la diffusione dell’infezione) implicano perdite gravi che non investono soltanto la sfera alimentare. Gli animali significano anche lavoro, mezzi di locomozione, concimi per l’agricoltura, combustibile per scaldarsi, materie prime (pelli, lane) da lavorare e mezzi di sopravvivenza nei momenti economicamente difficili. Ne consegue che la lotta contro le malattie infettive degli animali in questi Paesi è un modo efficace per combattere la povertà dalle sue radici. La collaborazione internazionale nella lotta contro le malattie infettive, guidata dalla World Organisation for Animal Health (OIE) e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) ha già dato i suoi frutti nella lotta contro molte malattie epidemiche del bestiame (afta epizootica, pesti suine, peste bovina, influenza aviaria) e dell’uomo (vaiolo, aids, tubercolosi, malaria, sars, influenza). Si sta inoltre sempre più affermando il principio che in un mondo “globalizzato”, le malattie a carattere epidemico e notevole impatto economico e sociale devono essere combattute là dove si manifestano. In tal modo si contribuisce a ridurre il rischio di dispersione degli agenti infettanti diffusivi anche nei Paesi indenni, i quali risultano sempre più “fortezze assediate” a costante rischio di essere espugnate da una varietà di agenti infettanti contro i quali erano stati già portati a termine costosi e lunghi processi di eradicazione.
Un esempio di come la collaborazione nella lotta contro le malattie infettive si trovi a volte a dover superare le divisioni politiche internazionali, viene fornito dalla collaborazione arabo-israeliana nella lotta contro l’Influenza aviaria. Giordania, Autorità Palestinese e Israele sono geograficamente molto vicini fra loro e fra la popolazione Palestinese, che vive nei tre Paesi, ci sono frequenti contatti di tipo familiare e commerciale. Ai fini della epidemiologia di diverse malattie infettive il territorio di tali Paesi è soggetto pertanto a fattori di rischio comuni. Geograficamente il Medio Oriente è un corridoio fra il Mediterraneo e il deserto arabo e rappresenta un punto di passaggio importante per una notevole quantità di uccelli migratori durante i periodi primaverile e autunnale. Solo sul territorio israeliano si stima che annualmente passino circa 500 milioni di uccelli, molti dei quali possono essere escretori di una varietà di agenti infettanti e in particolare di virus influenzali. Inoltre la carne di pollo ha un posto importante nell’alimentazione nei paesi arabi e l’allevamento industriale del pollo rappresenta una importante attività economica nel Medio Oriente, che può essere praticata a livello industriale anche in zone desertiche e marginali.
I primi accordi di cooperazione arabo- israeliana nel campo delle malattie infettive, risalgono agli anni successivi alla firma del trattato di pace giordanoisraeliano nell’ottobre 1994 e prevedevano scambi di dati epidemiologici su focolai infettivi e campagne vaccinali. Attraverso attività come il Regional Veterinary Information System Project, finanziato dall’Unione Europea, Egitto, Israele, Giordania e Autorità Palestinese, hanno sviluppato attività di cooperazione in campo veterinario con l’intento di migliorare il controllo delle malattie infettive degli animali e la sicurezza dei prodotti di origine animale. La cooperazione subì un rallentamento nel 2000 con la nuova Intifadah, e con l’inasprimento del conflitto, ma non cessò mai completamente e nel 2003 fu costituito il Middle East Consortium on Infectious Disease Surveillance, attraverso il quale i ministeri della Salute di Israele, Autorità Palestinese, Giordania e successivamente anche di Egitto, iniziarono a scambiarsi dati sui focolai infettivi e a organizzare corsi in epidemiologia applicata e metodiche di laboratorio. In quel periodo gli stessi ministeri iniziarono a preparare un piano regionale sull’Influenza e tale piano fu perfezionato quando il pericolo dell’influenza aviaria si fece più vicino, dopo i primi focolai da H5N1 nel pollame in Turchia nell’ottobre 2005. In dicembre fu organizzata una conferenza a Istanbul, durante la quale ciascun Paese presentò il proprio piano nazionale di emergenza contro l’Influenza e furono stabilite le modalità per lo scambio di informazioni. A gennaio 2006 fu segnalato in Iraq il primo caso di infezione da H5N1 nell’uomo e a febbraio il primo focolaio nel pollame. Nel frattempo la situazione epidemiologica in Turchia era peggiorata con i primi due casi umani e i focolai nel pollame che avevano già interessato 11 province su 81. Nel febbraio del 2006 si tenne un incontro arabo- israeliano di aggiornamento al King Hussein Bridge, sul fiume Giordano e l’infezione veniva segnalata anche in Egitto e Iran.
A marzo fu diagnosticato il primo focolaio da H5N1 in Israele in un allevamento di tacchini in vicinanza del confine con la Striscia di Gaza. Nel periodo fra il 16 e il 31 marzo Israele segnalò un totale di nove focolai in allevamenti industriali e un totale di 1.200.000 uccelli, presenti nelle zone di protezione di 3 km di raggio intorno ai focolai, furono sacrificati e distrutti. Subito dopo, l’infezione fu segnalata dai servizi veterinari palestinesi e nello stesso giorno funzionari veterinari israeliani e palestinesi si incontrarono a Gaza Crossing per concordare protocolli di intervento comuni nei focolai infettivi, relativamente alle modalità di abbattimento del pollame infetto e all’utilizzo di dispositivi di protezione per il personale a contatto con gli animali infetti. Nelle due settimane successive, l’infezione da virus H5N1 fu diagnosticata in 4 focolai nella Striscia di Gaza e coinvolse 600.000 capi di pollame. Per alcuni focolai la zona di protezione comprendeva territori Israeliani e Palestinesi e le operazioni di abbattimento avvennero in stretta collaborazione fra i servizi veterinari dei due Paesi. Il 24 marzo la Giordania segnalò i primi focolai da virus H5N1 in un villaggio nella sponda orientale della Valle del Giordano. L’infezione fu eradicata con l’abbattimento di 20.000 capi di pollame.
Dalla fine di marzo a oggi non sono stati più segnalati altri focolai di influenza aviaria nei territori di Israele, Giordania e Autorità Palestinese, mentre l’infezioneè ancora presente in Egitto dove i casi di infezione umana sono saliti a 34 con 14 decessi, il numero più elevato di casi nell’uomo verificatosi al di fuori dell’Asia. Tutti i focolai sono stati causati dallo stesso stipite ad alta patogenicità H5N1 e l’infezione è stata trasmessa da un focolaio all’altro mediante movimenti di persone, animali e mezzi di trasporto. Anche se le produzioni avicole e il commercio hanno svolto il ruolo più importante nella diffusione dell’infezione, gli uccelli selvatici hanno contribuito alla diffusione del virus H5N1 in nuove aree geografiche. Le misure di profilassi adottate per le persone a contatto con gli uccelli infetti, concordate negli incontri regionali, sono state efficaci e nessuna persona è stata contagiata durante i focolai in Giordania, Israele e Palestina. La collaborazione internazionale si è dimostrata necessaria per una precoce identificazione dei focolai infettivi e per mettere in atto sistemi di allerta rapidi atti a prevenire la trasmissione dell’infezione al pollame domestico ed eventualmente anche all’uomo. Per quanto riguarda in particolare la cooperazione arabo-israeliana merita inoltre sottolineare l’importanza che può avere qualsiasi forma di collaborazione che affronti emergenze per le popolazioni, non solo in campo sanitario, ma anche socio-economico e nella gestione delle risorse idriche, altro problema di scottante attualità per l’area medio-orientale.
Francesco Tolari
docente di Malattie infettive degli animali domestici
tolari@vet.unipi.it