Contenuto principale della pagina Menu di navigazione Modulo di ricerca su uniPi Modulo di ricerca su uniPi

Nell’ambito di un progetto di formazione delle autorità e delle comunità locali della Contea di Isiolo (NE Kenya), finanziato dalla Regione Toscana e Capofila Aquifera Onlus (Firenze), il Prof. Nicola Perilli del Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale ha incontrato nel mese di agosto Leunuta Asande Sunta, Direttore del KEWI (KEnia Water Institute), e Leonard Makokha, Direttore del Department of Management and Information Tecnology del KEWI. L’incontro del 28 si è tenuto al Ministry of Water and Sanitation ed è stato presieduto dal Chief Administrative Secretary (facente funzioni di Viceministro), Dr. Winnie Guchu.

Foto-Perilli-Nairobi.jpeg 

In entrambi gli incontri si è discusso degli ambiti di collaborazione, sia scientifica che di formazione tra queste istituzioni e l’Università di Pisa sul monitoraggio e gestione delle risorse idriche, trattamento e uso delle le acque non convenzionali, ICT, cartografia tematica ed elaborazione di immagini da satellite, corsi brevi di formazione, produzione di testi ed e-learning, e scambi di docenti e studenti.

L’incontro al Ministry of Water and Sanitation si è concluso con la definizione di una road map a breve termine, che tra l’altro prevede l’invito del Prof. Perilli alla Water Week che si svolgerà a Nairobi la terza settimana di novembre 2018 e la stesura di un Memorandum of Understanding tra le istituzioni citate, la cui ratifica verrà calendarizzata nell’ambito della Water Week.

micropolliniGrazie ad uno studio sui pollini allergenici Franco Ruggiero, dottorando del dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa, è stato premiato per il miglior articolo di ricerca del 2018 dall’International Association for Aerobiology (IAA). Il riconoscimento gli sarà consegnato con una cerimonia formale nel corso dell’11° Congresso Internazionale in Aerobiologia che si svolgerà a Parma dal 3 al 7 settembre. La ricerca di Franco Ruggiero, realizzata in collaborazione con il professore Gianni Bedini dell’Ateneo pisano, ha rivelato alcuni meccanismi che sono alla base dell’insorgenza, anche stagionalmente precoce, delle allergie ai pollini. L’indagine si è concentrata sui cipressi, che insieme ai ginepri e tassi, sono fra i principali responsabili di riniti ed attacchi di asma allergica in tutto il mondo.

Il dottorando dell’Ateneo pisano è riuscito a osservare per la prima volta direttamente nell’atmosfera gli ‘orbiculi’, cioè minuscoli vettori di sostanze allergeniche, con dimensioni tra 0.494 e 0.777 micron, e altre particelle sub-microniche ancora più piccole che i cipressi disperdono in concentrazioni otto volte maggiori rispetto ai “normali” e più grandi granuli pollinici. “In passato i ricercatori avevano ipotizzato la presenza degli ‘orbiculi’ nell’aria e il loro potenziale ruolo nella insorgenza di allergopatie respiratorie – ha spiegato Gianni Bedini - ma non era mai stata fatta un’osservazione diretta di queste particelle come invece ha fatto Franco Ruggiero”.

 franco_ruggiero.jpg
Franco Ruggiero e nella foto in alto a destra tre granuli pollinici di cipresso (Cupressus sempervirens L.) circondati da numerosi orbiculi, in un vetrino di monitoraggio aerobiologico osservato al microscopio confocale.

Il procedimento è stato possibile grazie a un protocollo di campionamento che consiste nel raccogliere l’aria aspirata attraverso un campionatore (una sorta di aspirapolvere) su un vetrino analizzato poi con un microscopio “confocale” ancora più potente di quello ottico. “La scoperta di queste particelle sub-microniche e nanometriche rilasciate in atmosfera, potrebbe quindi finalmente spiegare l’insorgenza delle pollinosi ancor prima del rilevamento degli stessi granuli pollinici mediante gli strumenti di campionamento ad oggi in uso, ma soprattutto, anche gli attacchi d’asma allergica – aggiunge Franco Ruggiero - infatti, le loro dimensioni permettono di permanere in atmosfera molto più a lungo rispetto ai granuli pollinici e una volta inalate, di raggiungere facilmente le vie aree respiratorie più profonde innescando immediate ed intense reazioni allergiche”.

campionatore_volumetrico.jpg
Campionatore volumetrico Lanzoni VPPS 2000 installato sul tetto della sede di via Derna del Dipartimento di Biologia. L'apparecchio è stato acquisito nell'ambito del progetto LIFE "AIS LIFE - Aerobiological Information Systems and allergic respiratory disease management".

“Poiché il rilascio di queste minuscole particelle in atmosfera può contribuire alla esacerbazione delle allergie nei soggetti che soffrono di questo disturbo – conclude Gianni Bedini - è auspicabile che il controllo della loro concentrazione sia integrato nell’attuale monitoraggio, per migliorarne la funzione di prevenzione, basti pensare che nella sola Pisa ad esempio, nel periodo pre-primaverile cipressi, ginepri e tassi rilasciano in atmosfera grandi quantità di granuli pollinici, arrivando a coprire circa il 41% dell’intero spettro pollinico allergizzante”.

L’articolo premiato, intitolato ‘Free orbicules of Cupressaceae detected in daily aerobiological samples by optical and confocal microscopy’, è stato pubblicato sul numero di luglio 2017 della rivista “Aerobiologia”; la ricerca è stata condotta nell’ambito del progetto internazionale europeo “AIS LIFE - Aerobiological Information Systems and allergic respiratory disease management”.


Pellegrini Bruno

È scomparso nella serata di mercoledì 29 agosto il professor Bruno Pellegrini, Professore Emerito dell'Università di Pisa, che per diversi decenni è stato riferimento fondamentale per l'ingegneria elettronica pisana.

Ex allievo della Scuola Pacinotti (oggi Scuola Sant'Anna), il professor Pellegrini si era laureato in Ingegneria elettronica all'Università di Pisa nel 1961, diventando ricercatore al Centro di studi per metodi e dispositivi per radiotrasmissione (CSMDR) del CNR dal 1963 al 1976. In seguito e fino al 2008, è stato professore ordinario di Elettronica al dipartimento di Ingegneria dell’informazione, quindi è stato nominato Professore Emerito dell’Ateneo. Il professor Pellegrini è stato presidente dal 1990 al 2000 del corso di laurea in Ingegneria elettronica e dal 1992 al 1996 del Gruppo Nazionale Elettronica.
La sua attività scientifica ha spaziato dalla fisica dei dispositivi elettronici, allo studio del rumore a bassa frequenza e dei fenomeni di trasporto e conduzione, fino alla teoria delle reti lineari e alla strumentazione ad alta sensibilità. Tra i contributi scientifici più significativi del professor Pellegrini si ricorda la formulazione rigorosa della teoria della reazione nota come Teorema di Scomposizione e un nuovo Teorema di Elettrocinematica.

Il rettore Paolo Mancarella ha ricordato che "il professor Bruno Pellegrini, Professore Emerito dell’Università di Pisa, nel dicembre del 1961 è stato il primo laureato dell’Ateneo in Ingegneria elettronica, disciplina di cui successivamente è diventato prima docente e poi presidente del corso di laurea. Con la morte del professor Pellegrini - ha concluso il rettore - scompare il padre dell'elettronica pisana e si chiude un'era luminosa che lui stesso aveva aperto con la laurea del 1961".

Il professor Pietro Croce, associato di Tecnica delle Costruzioni e Teoria di progetto dei ponti dell'Università di Pisa, è stato nominato dal presidente della Regione Liguria e Commissario delegato per l'emergenza legata al crollo del ponte Morandi, Giovanni Toti, quale membro della “Commissione esperta di supporto alle decisioni”. Il professor Croce è stato chiamato su proposta del presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici, Massimo Sessa. La Commissione, composta da cinque esperti, ha compiti tecnico-consultivi relativi alla riperimetrazione della zona rossa, al fine di garantire la tutela dell'incolumità pubblica e privata, e soprattutto alla valutazione delle proposte presentate in merito alle attività di verifica, consolidamento, messa in sicurezza o demolizione dei tronconi del ponte non collassati e instabili.

“Ringrazio il presidente Toti per la scelta fatta – ha detto il rettore Paolo Mancarella – che conferma il prestigio della scuola pisana di ingegneria delle costruzioni, un settore riconosciuto e apprezzato sia a livello accademico che nel mondo istituzionale italiano. Mi congratulo con il professor Croce per il prestigioso incarico ricevuto, certo che saprà svolgere il suo compito con la massima professionalità, mettendo la sua competenza ed esperienza al servizio del paese su un'emergenza così drammatica. Il mio pensiero, la mia vicinanza e la mia solidarietà – ha concluso il rettore – vanno ai familiari delle vittime e ai cittadini di Genova così duramente colpiti da questa immane tragedia”.

 Croce Pietro

Il professor Pietro Croce, nato a Foggia nel 1957, è membro di numerose commissioni e gruppi di esperti nazionali e internazionali ed è presidente (Convenor) dell’HGB (Horizontal Group Bridges) del CEN/TC250 che coordina tutti gli Eurocodici strutturali relativi ai ponti. È stato ed è responsabile di programmi di ricerca finanziati dalla Comunità Europea, da importanti industrie e associazioni. Attualmente dirige la convenzione di ricerca tra il dipartimento di Ingegneria civile e industriale dell'Ateneo pisano e il Comune di Firenze relativa alla “Verifica di vulnerabilità sismica e delle condizioni di sicurezza strutturale del patrimonio immobiliare scolastico e di complessi sportivi”, che interessa circa 80 edifici scolastici, oltre al Pala Mandela e alla Piscina Costoli.

L'attività scientifica del professor Pietro Croce riguarda, tra gli altri, i temi dell'affidabilità strutturale e sicurezza delle strutture; delle analisi di vulnerabilità sismica, adeguamento sismico e consolidamento di strutture esistenti; delle tecniche costruttive innovative; delle tecniche di isolamento delle vibrazioni, della resistenza al fuoco e degli effetti del cambiamento climatico sulle costruzioni. In particolare, le sue ricerche si concentrano sull'analisi della fatica e carichi da traffico nei ponti e nei ponti strallati e sospesi; sulla valutazione della fatica e fatica oligociclica nelle strutture metalliche e nelle strutture in cemento armato e relative tecniche di riparazione; nel monitoraggio delle strutture, con particolare riferimento agli edifici e ai ponti monumentali; nell'analisi non lineare e rigidezza equivalente dei cavi e degli stralli, con speciale riferimento ai ponti strallati e sospesi.

Partirà all'inizio di settembre il progetto di digitalizzazione dell'erbario dell'Orto e Museo Botanico dell'Università di Pisa, finanziato con un contributo di 60 mila euro dalla Fondazione Pisa nell'ambito del bando dedicato ai Beni culturali. Il progetto avrà una durata triennale con un costo totale di 150 mila euro.

 erbario2

La tecnica dell’erbario è stata inventata nell’Ateneo pisano nella metà del Cinquecento, con finalità legate all’insegnamento della botanica, e si è successivamente diffusa in tutto il mondo allargando le sue funzioni ad altri campi, oltre a quello iniziale puramente didattico. Attualmente l’erbario dell’Università di Pisa ("Herbarium Horti Botanici Pisani") è costituito da circa 300 mila campioni raccolti dalla fine del Settecento ed è uno dei più importanti in Italia per consistenza e qualità delle collezioni. È suddiviso in due principali settori: un erbario generale e una sezione di erbari storici e collezioni separate. Un notevole sviluppo alla loro funzionalità e valorizzazione è dato dalla possibilità di catalogazione informatizzata delle collezioni, che permette di documentare in maniera precisa tutte le notizie riguardanti ogni esemplare.
Su questo fronte nell’ultimo anno sono stati fatti notevoli progressi e il contributo concesso dalla Fondazione Pisa per la realizzazione del nuovo progetto permetterà di migliorare e ampliare significativamente le modalità di fruizione dell’erbario pisano verso il grande pubblico.

“In particolare - ha commentato il professor Lorenzo Peruzzi, direttore dell'Orto e Museo Botanico - il progetto prevede la digitalizzazione di una delle collezioni più preziose conservate nella nostra struttura: l’erbario di Michele Guadagno, acquisito nel 1939 sotto la direzione di Alberto Chiarugi. Si tratta di circa 35 mila campioni, raccolti prevalentemente in Italia centro-meridionale. La loro completa digitalizzazione permetterà di avere a disposizione una grossa mole di informazioni circa la biodiversità della nostra penisola e renderà fruibile circa il 10% delle nostre collezioni totali anche al grande pubblico, che potrà visitare virtualmente il nostro erbario”.

 erbario1

Già in passato l’Orto e Museo Botanico dell’Università di Pisa hanno ricevuto finanziamenti dalla Fondazione Pisa per sviluppare progetti di consolidamento e conservazione della sua struttura e delle sue collezioni. Il finanziamento concesso quest’anno premia dunque gli sforzi degli ultimi due anni di attività del centro universitario, durante i quali sono state potenziate l’accessibilità e la visibilità della struttura attraverso iniziative rivolte al pubblico. Tra queste anche le “Domeniche al verde”, realizzate su stimolo del Comune, che hanno portato all’apertura gratuita per tutta la cittadinanza ogni prima domenica del mese, incrementando il numero di visitatori di oltre il 70%. Recentemente è stata inoltre ristrutturata la nuova parte espositiva del Museo Botanico, a cui possono accedere i visitatori con un unico biglietto di ingresso.

Ha una vita propria e indipendente rispetto alle piante che nutre. La sorprendete scoperta di un team tutto pisano e tutto al femminile riguarda la “wood wide web”, la rete fungina così soprannominata dalla rivista “Nature” che vive nel suolo in simbiosi con le radici trasferendo acqua e nutrienti alle piante.

Autrici dello studio appena pubblicato sulla rivista “Scientific Reports” del gruppo editoriale "Nature", sono tre microbiologhe, la professoressa Manuela Giovannetti come coordinatrice e Alessandra Pepe, entrambe dell’Università di Pisa, e Cristiana Sbrana del CNR.


wood_wide_web_inside.jpg

Il Wood Wide Web


“Queste nuove conoscenze, oltre a fornire dati preziosi sulla capacità di sopravvivenza a lungo termine della rete assorbente fungina, ci indicano la strada da seguire per il mantenimento della fertilità biologica del suolo - spiega la professoressa Giovannetti - una strada che deve tener conto dei rapporti di cooperazione tra piante e microrganismi benefici, nell’ottica della loro utilizzazione nella produzione sostenibile di cibo di alta qualità”.

La ricerca è durata due anni e si è svolta nei laboratori di Microbiologia del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Ateneo pisano, dove è stato messo a punto un sistema sperimentale in vivo per visualizzare e monitorare la crescita e la vitalità della rete fungina.


wood_wide_web_inside2.jpg

Il Wood Wide Web


“Le piante si nutrono principalmente utilizzando le capacità del fungo benefico simbionte di esplorare il terreno, assorbire i nutrienti e trasferirli alle radici attraverso una rete di cellule allungate tubulari interconnesse - racconta la dottoressa Cristiana Sbrana, ricercatrice del CNR - Il nostro studio ha affrontato una domanda cruciale: la vita di tale rete è dipendente dalla vita della pianta ospite? Oppure, alla morte della pianta (come avviene dopo la raccolta per molte colture), la rete mantiene la sua vitalità e funzionalità?”.

“Gli esperimenti effettuati durante le nostre ricerche hanno dimostrato che la vita della “wood wide web” è disaccoppiata dalla vita della pianta - ha concluso Alessandra Pepe, che ha svolto parte del suo dottorato proprio su questo argomento - Anche 5 mesi dopo la rimozione della parte aerea della pianta, la rete è capace di mantenere la sua vitalità e funzionalità, e di stabilire nuove simbiosi con altre piante”.

L’antico porto di Pisa, il famoso Portus Pisanus, dalla controversa ubicazione e da molti confuso con lo scalo fluviale di San Rossore che ha restituito le straordinarie navi romane, è stato ritrovato e connesso all’evoluzione della laguna di Santo Stefano ai Lupi, una località del livornese a sud di Coltano. La scoperta, frutto di un approccio multidisciplinare che ha coinvolto dati geologici e storico-archeologici, è stata rivelata in uno studio appena pubblicato su "Scientific Reports". La ricerca geoarcheologica, coordinata da David Kaniewski dell’Università di Tolosa, ha visto la partecipazione degli studiosi dell’Università di Pisa, Monica Bini, Marinella Pasquinucci e Giovanni Sarti, assieme a quella di Veronica Rossi dell’Università di Bologna.

 portus home

Nell'antichità e nel medioevo Pisa e il suo territorio si avvalsero di un sistema di porti e approdi marittimi e fluviali la cui ubicazione e vitalità variò nel tempo in relazione alle continue, progressive trasformazioni geomorfologiche della fascia litoranea, tra cui l'avanzamento della fascia costiera e l'evoluzione dei corsi fluviali. Fra questi scali, le fonti antiche citano in particolare quello ubicato in un'area naturalmente protetta, ormai da tempo interrata, corrispondente alla periferia nord nord est di Livorno. Le stesse fonti lo denominarono Portus Pisanus, indicandone con precisione la distanza dal porto di Vada, a sud, e dalla foce dell'Arno del tempo, a nord.
Il nome di Portus Pisanus è attestato dal V-VII secolo d.C., ma potrebbe essere più antico. Le fonti antiche lo descrivono come un porto sicuro, ampio e ricco di traffici. Già alla metà del 1700 Targioni Tozzetti, grande naturalista studioso delle fonti antiche, aveva osservato alla periferia nord est di Livorno, in località Santo Stefano ai Lupi, le imponenti rovine di un abitato antico e molti reperti archeologici che attribuì al Portus Pisanus di età romana. Scavi condotti alcuni anni fa dalla Soprintendenza per il Beni Archeologici della Toscana (dottoressa Silvia Ducci) e dalla Università di Pisa (professoressa Marinella Pasquinucci) hanno confermato questa ubicazione e messo in luce alcuni edifici romani pertinenti all'abitato del Portus Pisanus, la relativa necropoli, una piccola banchina in pietre e pali di legno, e alcuni settori di un fondale frequentato da imbarcazioni dal VI secolo a.C. al VI d.C., cosparsi di frammenti ceramici, anfore, pietre da zavorra gettate in acqua durante le operazioni di imbarco/sbarco merci.

portus3

Nonostante questa ricchezza di dati storici e archeologici, sino a oggi non era mai stata documentata nel sottosuolo la presenza di una laguna compatibile con l’insediamento portuale. Lo studio dettagliato di un carotaggio realizzato in un punto chiave della pianura alluvionale ha permesso infatti di ricostruire in 9 metri di successione stratigrafica 8.000 anni di storia, che raccontano le principali tappe evolutive dell’area che ospitò il porto antico di Pisa. 
In particolare, i dati di sottosuolo suggeriscono che il porto fu fondato intorno al 200 a.C. in una laguna protetta naturalmente e collegata al Mar Ligure. Nel periodo compreso tra il 1000 e il 1250 a.C., tuttavia, la costa circostante cambiò significativamente, spostandosi verso ovest e limitando l'accesso al porto che cominciò a interrarsi. Nel XVI secolo la laguna era oramai quasi scomparsa e aveva lasciato il posto a un lago costiero, decretando la fine del Portus Pisanus e la costruzione e poi lo sviluppo del nuovo porto marittimo di Livorno ubicato più verso sud ovest.

portus1

"La chiave per la soluzione del problema - hanno commentato gli studiosi che hanno condotto la ricerca - è stata l’approccio multidisciplinare che si è basato su una combinazione di dati geologici e biologici per ricostruire i livelli relativi del mare per un periodo di 10.500 anni e quindi per decifrare gli effetti dell’andamento del livello del mare nel formare il bacino del porto. Questi dati sono stati integrati con quelli storici e archeologici e con lo studio di 8000 anni di sedimenti per ricostruire nel dettaglio le dinamiche evolutive del bacino fino alla sua scomparsa. Sebbene la struttura portuale divenne uno dei siti più importanti per il mondo mediterraneo e rimase tale per molti secoli, i dati mostrano che lo stesso processo geografico che ha portato alla sua formazione ha poi decretato anche la sua fine. Il Portus Pisanus era destinato a scomparire a causa delle dinamiche costiere e fluviali a lungo termine. Lo studio di tali dinamiche è un elemento fondamentale per capire l’evoluzione futura di questo tratto di costa e proprio in questa direzione il gruppo di ricerca continuerà i suoi studi".

Sono stati pubblicati sulle pagine web dell'Archivio fotografico dell'Università di Pisa (https://www.sba.unipi.it/it/risorse/archivio-fotografico/persone-in-archivio/schiff-giorgini-michela) i carteggi e i documenti relativi alle campagne di scavo condotte tra il 1957 e il 1976 da Michela Schiff Giorgini, con il patrocinio dell'Ateneo pisano, a Soleb e Sedeinga in Sudan. Si tratta di circa 150 lettere scritte o ricevute dall'archeologa, corredate da una ventina di foto, da numerosi ritagli di giornale e dalla riproduzione di una decina di saggi pubblicati all’epoca sulle riviste specialistiche. I materiali sono stati rinvenuti negli "Atti generali" dell'Ateneo, digitalizzati e messi in rete da Daniele Ronco, curatore dell'Archivio fotografico e tecnico del Sistema Bibliotecario di Ateneo. Inoltre, nello stesso Archivio sono consultabili una breve biografia e una bibliografia su Michela Schiff Giorgini e la documentazione legata alla laurea honoris causa in Lettere e filosofia che l'Università le conferì nel 1971.

Schiff laureaHC

Michela Schiff Giorgini, nata a Padova nel 1923 e morta ad Alicante in Spagna nel 1978, è stata personalità originale e multiforme, passata dall'iniziale carriera di attrice al matrimonio con il banchiere Giorgio Schiff Giorgini, figlio di un professore di Chimica dell’Università di Pisa, fino alla grande passione per l'archeologia. Nel 1957 ha promosso, sovvenzionato e diretto la prima missione archeologica nella Nubia sudanese, a Soleb, con il patrocinio dell’Università di Pisa e il sostegno di studiosi di grande prestigio, quali Jozef Janssen, Jean Leclant e Clement Robichon. Gli scavi sono durati due decenni e hanno portato a importanti scoperte per le scienze egittologiche, oltre a una serie di brillanti e dotte pubblicazioni in riviste specializzate. Michela Schiff Giorgini ha inoltre donato all'Ateneo la ricca collezione di reperti che il governo sudanese concesse alla spedizione e che sono oggi conservati nelle collezioni egittologiche in una raccolta intitolata alla stessa archeologa.

 Schiff3

Attraverso i documenti in rete si può ora ripercorrere l'avventura degli scavi in Sudan condotti da Michela Schiff Giorgini, a partire dalla lettera scritta nell'agosto del 1957 al rettore dell'Ateneo, Enrico Avanzi, per comunicare l'avvio della missione nell'ottobre successivo e per richiedere l'alto patrocinio dell'Università di Pisa, "il cui nome si impone nel mondo intero e a cui personalmente sono attaccata da un profondo legame sentimentale". La copiosa corrispondenza e i rapporti periodici sui lavori di scavo descrivono in dettaglio l'attività svolta negli anni, fino ad arrivare alla lettera del novembre 1976 al rettore Ranieri Favilli in cui si annuncia "con profonda tristezza" la fine della missione per il marzo dell'anno dopo e l'intenzione dell'autrice di abbandonare gli scavi per dedicarsi interamente alla scrittura dei volumi su Soleb.

Al rientro dalle vacanze estive, i musei dell'Università di Pisa propongono i campi settembrini organizzati nell’ambito del progetto “S-passo al Museo” promosso dalla Regione Toscana. Nelle settimane dal 27 al 31 agosto, dal 3 al 7 settembre e dal 10 al 14 settembre i giovani partecipanti si trasformeranno in aspiranti botanici, artisti o scienziati per scoprire i segreti dei musei.

L’ultima settimana di agosto (dal 27 al 31, con scadenza delle iscrizioni fissata per giovedì 23), i piccoli botanici e le piccole botaniche si ritroveranno all’ombra delle grandi e antiche piante dell’Orto e Museo Botanico per conoscerne la storia e alla fine creare un libro mitologico. Nella prima settimana di settembre (dal 3 al 7), al Museo della Grafica i partecipanti sperimenteranno diverse tecniche artistiche e saranno guidati alla scoperta del museo e delle mostre in corso alle quali ispirarsi per creare la loro opera personale. Sempre a settembre, al Museo degli Strumenti per il Calcolo i partecipanti si immergeranno in due settimane di scienza (dal 3 al 7 e dal 10 al 14) nell’area verde dei Vecchi Macelli.

musei

Programma settimanale

27-31 agosto
Orto e Museo Botanico dell’Università di Pisa
“Che mito le piante!”
Per aspiranti botaniche e botanici dai 6 agli 11 anni 

3-7 settembre
Museo della Grafica – Palazzo Lanfranchi
“Tutti in scena, inizia lo spettacolo!”
Per aspiranti artiste e artisti dai 6 agli 11 anni 

3-7 e 10-14 settembre
Museo degli Strumenti per il Calcolo
Science Camp
Per aspiranti scienziate e scienziati dai 6 ai 12 anni

 musei home

Informazioni, modalità di prenotazione e iscrizioni online

La scadenza per l’iscrizione ad ogni modulo settimanale è fissata al giovedì precedente l’inizio del modulo. È possibile iscriversi fino a esaurimento dei posti disponibili; ulteriori richieste saranno inserite in lista di attesa.
Per chi si iscrive entro il lunedì che precede l’inizio del modulo scelto sono previste le seguenti riduzioni del 10% (non cumulabili) nel caso di:

· fratelli/sorelle (solo sulla seconda iscrizione)
· chi si iscrive a più settimane, ai campi di Orto e Museo Botanico e/o Museo della Grafica, dalla seconda settimana in poi
· chi si iscrive a due settimane consecutive ai campi del Museo degli Strumenti per il Calcolo, solo sulla seconda settimana
· figli/e dei dipendenti dell’Università di Pisa, della Scuola Normale Superiore, della Scuola Superiore Sant’Anna
· figli/e dei dipendenti del Comune di Pisa, solo per chi si iscrive ai campi del Museo della Grafica
· figli/e dei soci UniCOOP Firenze

Si segnala che:

· I moduli settimanali dell’Orto e Museo Botanico vengono attivati con un numero minimo di 5 e un numero massimo di 15 partecipanti.
· I moduli settimanali del Museo della Grafica vengono attivati con un numero minimo di 6 e un numero massimo di 18 partecipanti.
· I moduli settimanali del Museo degli Strumenti per il Calcolo vengono attivati con un numero minimo di 6 e un numero massimo di 30 partecipanti.

Per informazioni, costi e iscrizioni online: https://www.sma.unipi.it/campi-estate-2018/

L’Università di Pisa, il rettore Paolo Mancarella e il professor Stefano Taddei, direttore della Scuola di specializzazione in Medicina interna, piangono la scomparsa di Alberto Fanfani, medico specializzando a Pisa, che è tra le vittime del crollo del ponte Morandi di Genova, e partecipano con affetto e solidarietà all’immenso dolore che ha colpito la sua famiglia.

Alberto Fanfani, fiorentino di 33 anni, si era laureato in Medicina e chirurgia all’Università di Firenze e trasferito a Pisa dopo aver ottenuto il posto alla Scuola di specializzazione in Medicina Interna. Aveva appena cominciato a frequentare il quinto e ultimo anno della Scuola di specializzazione.

Alberto Fanfani percorreva il ponte Morandi probabilmente per andare in vacanza con la fidanzata, Marta Danisi, anche lei tra le vittime del crollo, un’infermiera conosciuta proprio a Pisa lavorando nello stesso ambiente. Originaria della Sicilia, Marta Danisi è stata residente a Pisa fino a primavera, quando si è trasferita in Piemonte.

“Siamo tutti sconvolti per la tragica scomparsa di Alberto Fanfani e non sappiamo darcene una ragione – hanno scritto il professor Stefano Taddei e i colleghi che quotidianamente lo frequentavano - Alberto era un collega con il quale condividevamo le nostre giornate fatte di lavoro, di impegno, di studio, ma anche di momenti sereni e gioiosi come è normale in un gruppo di lavoro dove la maggior parte delle persone sono giovani medici in formazione che trasmettono le loro aspettative professionali e soprattutto umane per un futuro che si stanno costruendo ed è dietro la porta. Alberto era uno di loro e si caratterizzava per doti umane non comuni, rappresentate da una correttezza, educazione e affidabilità fuori dal comune. Nonostante le capacità professionali fossero decisamente elevate, l’aspetto umano è quello che senz’altro colpiva di più in questo giovane medico ed è per questo che la sua perdita è una tragedia ancor più grande. Di fronte a questa terribile fatalità, il nostro impegno è che il ricordo di Alberto e la sua presenza rimangano sempre con noi, a dimostrazione che l’affetto e il legame umano profondo possono aiutare a superare anche gli eventi più tragici”.

Questo sito utilizza solo cookie tecnici, propri e di terze parti, per il corretto funzionamento delle pagine web e per il miglioramento dei servizi. Se vuoi saperne di più, consulta l'informativa