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Per il Museo di Storia Naturale dell’Università di Pisa arrivano importanti finanziamenti dalla Fondazione Pisa e dalla Regione Toscana. Il primo progetto, di durata triennale, riguarda la riqualificazione degli spazi verdi della Certosa Monumentale di Pisa ed è stato finanziato dalla Fondazione Pisa con 140.000 euro. Soggetto capofila del progetto è il Museo di Storia Naturale, in collaborazione con diversi partner: dipartimento di Ingegneria dell’energia, dei sistemi, del territorio e delle costruzioni; dipartimento di Ingegneria civile e industriale; dipartimento di Civiltà e forme del sapere; dipartimento di Scienze della terra; dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e agro-ambientali; Centro di ricerche agro-ambientali “E. Avanzi”.

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Il progetto prevede di realizzare la riqualificazione degli spazi verdi e il ripristino dei servizi ecosistemici della Certosa, andando a creare nuovi spazi espositivi, educativi e produttivi. Uno studio di indagine sulle vie dell’acqua che alimentavano la Certosa permetterà di realizzare un sistema irriguo a uso agricolo nelle parti esterne coinvolte nel progetto. Il ripristino del sistema idraulico permetterebbe inoltre di rimettere in funzione le peschiere utilizzate dai monaci (i quali seguivano una dieta vegetariana) per l’allevamento dei pesci d’acqua dolce.

Saranno coinvolti numerosi spazi, molti dei quali diventeranno fruibili al pubblico proprio grazie al progetto. Il primo, già accessibile al pubblico, è il Giardino del Monte Pisano, situato a pianoterra a fianco della Galleria storica, in una posizione ideale per essere inserito nel circuito di visita del Museo e per essere accessibile anche ai portatori di handicap. Nello spazio sarà realizzato un giardino con circa 30 specie arboree/arbustive e oltre 40 specie erbacee spontanee del Monte Pisano con un percorso multisensoriale corredato di cartellini e pannelli descrittivi.

L’altro settore che verrà valorizzato è l’arboreto già esistente che conta circa 500 ulivi e un centinaio di alberi da frutto. Gli interventi saranno mirati alla ricostituzione della funzionalità estetica e fisiologica delle piante già esistenti e all’aggiunta di circa 50 nuove specie arboree.

Verranno inoltre recuperati e messi a coltivazione circa 4.000 m2 nei cosiddetti “orti”, dove verrà creato un orto multisensoriale di erbe aromatiche allo scopo di valorizzare la diversità floristica che storicamente caratterizzava gli spazi verdi della Certosa, nonché le peculiarità della flora aromatica tipica del Monte Pisano. L’orto sarà visibile ai visitatori dall’alto e i suoi prodotti saranno raccolti, trasformati e commercializzati all’interno dei circuiti di vendita dell’Università di Pisa.
Infine, in continuità con l’arboreto, verrà allestito un piccolo hortus sanitatis con alcune specie officinali tradizionalmente coltivate dai monaci e trasformate nella “farmacia” interna alla Certosa. Il settore sarà corredato di cartellini e pannelli descrittivi al fine di creare un percorso educativo multisensoriale con valore storico, culturale e scientifico.

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Il secondo progetto, dedicato a ricerche sul pubblico del Museo, si intitola “APPGRADE”: APPlicazione per la valutazione del GRadimento dell’Audience con Dispositivi Elettronici. Tale progetto, dell’importo complessivo di 55.000 euro, è stato finanziato dalla Regione Toscana - Settore Patrimonio culturale, Siti UNESCO, Arte contemporanea, Memoria, nell’ambito del bando Musei in azione 2018. Il bando era mirato al miglioramento e al potenziamento della fruizione dei contenuti culturali attraverso attività di audience development, tramite l’individuazione di strategie innovative, metodi di engagement e azioni di monitoraggio e profilazione dei visitatori, anche attraverso l’uso di strumentazioni e tecnologie digitali.

L’attuale politica culturale del Museo ha un forte orientamento verso l’inclusione del pubblico e dal 2017, grazie all’attivazione del progetto di alta formazione PARTECIPIAM (Piano di Analisi e Ricerca sulle TECniche Innovative Per Incrementare l’Audience nei Musei), con due borse di studio dedicate, il Museo ha iniziato un’attività di analisi approfondita sulla tipologia dei visitatori e sulla loro percezione dell’esperienza museale.
Il progetto APPGRADE si integra nelle ricerche già avviate e prevede la raccolta di informazioni importanti sulle esperienze di visita dei pubblici tramite l’utilizzo di un metodo innovativo per la valutazione del gradimento dei visitatori, che integra tecniche tradizionali con l’utilizzo di nuove tecnologie.

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Le due borsiste del progetto PARTECIPIAM.

Verrà infatti sviluppata un’applicazione che permetta al visitatore di effettuare una visita partecipativa e dinamica. Il visitatore che parteciperà alla ricerca visiterà il Museo in autonomia, con la possibilità di fotografare gli elementi espositivi più e meno graditi, sfruttando le funzionalità dell’applicazione installata sul tablet fornito dal Museo. Al termine della visita, il partecipante verrà accolto da un operatore presso una postazione debitamente allestita e sarà invitato a selezionare le fotografie per lui più significative, in positivo e in negativo. Sulla base di queste foto l’operatore effettuerà una intervista durante la quale verranno raccolte le motivazioni degli scatti. Al termine dell’intervista, il visitatore sarà ricompensato per la sua disponibilità con la stampa delle foto da lui prescelte che saranno personalizzate graficamente, grazie ad un’ulteriore funzione della APP. Il partecipante avrà anche la possibilità di condividere la propria “storia all’interno del Museo” attraverso i canali social.

I dati così ottenuti permetteranno di delineare il profilo dei visitatori, valutare la customer satisfaction, analizzare i percorsi di visita all’interno del Museo, individuare punti di forza e criticità delle esposizioni. Questi dati potranno fornire un importante supporto alle scelte future che il Museo vorrà attuare per quanto riguarda la realizzazione dei nuovi allestimenti, il miglioramento dei servizi offerti e l’investimento in attività culturali, tenendo conto del profilo e dei bisogni del pubblico reale del Museo. Tale ricerca costituisce inoltre il punto di partenza per sviluppare nuove strategie tese a fidelizzare il pubblico occasionale, coinvolgere il non pubblico e consolidare il ruolo del Museo come polo culturale di diffusione della conoscenza volto alla valorizzazione del patrimonio conservato e allo sviluppo sociale, culturale ed economico del territorio.

«I finanziamenti ottenuti arrivano a conferma del forte impulso di crescita avviato negli ultimi anni con la ristrutturazione e l’apertura di nuovi settori espositivi e un’attenzione sempre più crescente al pubblico – commenta il direttore Roberto Barbuti - La capacità e la volontà progettuale del Museo vengono nuovamente premiate con il finanziamento di questi due importanti progetti da parte della Fondazione Pisa e della Regione Toscana».

Si è appena inaugurata la quarta edizione dell’International Programme in Humanities (IPH), che quest'anno conta 17 giovani studenti di diverse nazionalità, provenienti da Giappone, Cina, Vietnam, Russia, Kazakistan, Turchia, Bulgaria, Macedonia, Serbia, Spagna e Irlanda. L'International Programme in Humanities (IPH), coordinato dal professor Arturo Marzano del dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere, è il primo anno di una laurea triennale nelle discipline umanistiche, interamente in inglese e rivolto a studenti stranieri.

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I nuovi studenti dell'IPH con al centro il professor Arturo Marzano.

Gli studenti sperimenteranno una full immersion nella lingua italiana grazie ai corsi del Centro Linguistico Interdipartimentale, che li preparerà a proseguire il secondo e terzo anno dei rispettivi corsi di laurea in italiano. I corsi di laurea dell'International Programme in Humanities sono attualmente tre: Scienze dei Beni Culturali (SBC), Discipline dello Spettacolo della comunicazione (DISCO) e Storia (STO). Alla fine del primo anno, gli studenti conseguiranno 60 CFU, 48 dei quali provenienti dai corsi in lingua inglese attivati presso il dipartimento di CFS, e 12 dai corsi di lingua italiana presso il CLI.

I partecipanti di quest’anno sono: Kioko Yoshida, Pablo Moreno, Catherine Yemets, Ipek Zeynep Aytekin, Marko Naumowski, Anastasiia Grishchenko, Kerem Karaduman, Kieu Anh Le Do, Reneta Borisova Ognyanova, Abed Alrahman Alkabra, Meruyert Nurtazyna, Katya Libyahovska, Jia Chenhao, Stefan Jedzic, Maria Khabibullina, Walter Chidakwa, Do Thi Hien.

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C’è anche una giovane laureata dell’Università di Pisa tra i sei vincitori di “Italy made Me", il premio promosso dall'associazione degli scienziati italiani nel Regno Unito (Ais-UK) destinato ai ragazzi che si sono formati in Italia e hanno poi continuato il loro percorso di studi in UK. Serena Lucotti, 30 anni e originaria di Vinci, ha conseguito la laurea triennale e magistrale a Pisa e nel 2012 si è trasferita all’Università di Oxford per svolgere un dottorato di ricerca al Dipartimento di Oncologia.

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Serena Lucotti (la seconda da sinistra) subito dopo la premiazione all'ambasciata di Londra.

Lo studio che le è valso il premio mira a comprendere i meccanismi alla base dell’effetto anti-metastatico dell’aspirina. Durante questo progetto Serena Lucotti ha studiato il ruolo delle piastrine, delle cellule endoteliali e delle cellule mieloidi durante lo sviluppo delle metastasi polmonari nei modelli preclinici. A consegnare i riconoscimenti ai giovani ricercatori è stato l’ambasciatore italiano a Londra Raffaele Trombetta.

Serena Lucotti ha conseguito la laurea triennale in Scienze biologiche molecolari nel 2009, discutendo la tesi dal titolo “Effetto biologico e molecolare dell’RNAa sull’attivazione trascrizionale e traduzionale di p21 in 5 diverse linee tumorali” con il professor Giuseppe Rainaldi dell’Istituto di Fisiogia Clinica del CNR di Pisa. Ha poi proseguito gli studi, conseguendo nel 2011 la laurea magistrale in Biologia molecolare e cellulare con una tesi sui pattern di espressione dei miRNA intracellulari ed extracellulari in linee tumorali di prostata esposte a farmaci citotossici, discussa col professor Giuseppe Rainaldi e la dottoressa Milena Rizzo, sempre del CNR di Pisa. Dopo il dottorato di ricerca a Oxford, Serena inizierà un postdoc all’università Weill Cornell Medicine a New York e il suo grande sogno sarebbe aprire un suo laboratorio di ricerca dedito a scoprire terapie per la prevenzione e la cura delle metastasi tumorali.

La giovane ricercatrice è molto legata affettivamente all’Università di Pisa, a cui è molto grata per l’ottima preparazione scientifica ricevuta: “Gli anni trascorsi a Pisa sono stati i più felici della mia vita, non soltanto per aver vissuto in una città stupenda, ma soprattutto per aver conosciuto persone meravigliose che posso oggi chiamare amici e mentori. Il percorso di crescita scientifica e personale che ho effettuato all’Università di Pisa ha gettato delle basi solide per la mia carriera accademica e mi ha permesso di essere dove sono adesso. Ai giovani studenti e futuri ricercatori, soprattutti quelli lontano da casa, vorrei dire: date sempre del vostro meglio e non arrendetevi mai, specialmente davanti a un risultato negativo, perché la perseveranza e il duro lavoro, nel lungo termine, fanno sì che le vostre aspirazioni si realizzino.”

Stiamo scoprendo che i nostri crani ospitano cervelli che danno ancora risposte ancestrali, non adattative all'era in cui viviamo. In pratica abbiamo alcuni comportamenti, residui di risposte arcaiche, che ci porteranno a distruggere il pianeta e, di conseguenza, noi stessi, realizzando così una versione del tutto inedita dell'evoluzione: l'autoestinzione di una specie. E’ questa, in estrema sintesi, la provocatoria teoria avanzata da Paolo Rognini del dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Pisa, che nel merito ha appena pubblicato un articolo sulla rivista scientifica “Biological Theory”. Il nuovo modello - denominato Vestigial Drifting Drives (VDD), letteralmente “pulsioni arcaiche alla deriva” - fa riferimento all’idea che i comportamenti, al pari degli altri caratteri di una specie, subiscono trasformazioni che talvolta sfuggono alla logica della sopravvivenza del più adatto, possono cioè “andare alla deriva” non appena vengono rimosse le “funi” che li tenevano fissati al “molo” delle necessità.

“Già Konrad Lorenz negli anni ’70 del secolo scorso – spiega Paolo Rognini - ipotizzò che alcuni comportamenti umani, apparentemente non funzionali, fossero residui di moduli che erano stati adattativi in un passato più o meno remoto, fra cui, ad esempio, le paure irrazionali dell'infanzia o la fobia dei serpenti e dei ragni”.

E così, in modo analogo, secondo Rognini, sarebbero esempi di comportamenti residuali e non adattivi per la specie umana l’eccessiva rapacità nei confronti delle risorse e l’impulso all’espansione. Queste tendenze che nel Paleolitico ci hanno garantito la sopravvivenza oggi invece, complice il progresso tecnico, porterebbero al sovrasfruttamento delle risorse e alla sovrappopolazione, minacciando così di portare il pianeta Terra verso il definitivo collasso.

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Nello specifico, la tesi di Paolo Rognini di declina secondo queste argomentazioni.

Rapacità. La storia mostra che talvolta i gruppi umani - a causa del sovrasfruttamento delle risorse - possono implodere, autoestinguendosi: ciò è accaduto, per esempio, agli Anasazi del Nord America, agli abitanti dell'Isola di Pasqua, ai norvegesi della Groenlandia. Oggi, ciò potrebbe accadere su larga scala viste le dimensioni globali che la crisi ecologica ha assunto. Ma perché gli esseri umani prelevano più del necessario fino ad esaurire una determinata risorsa? Tra i 2 milioni ed i 50.000 anni fa abbiamo fatto parte integrante dell'ecosistema e, anche se super-predatori, siamo rimasti soggetti al controllo dell'ambiente come tutti gli altri animali. Poi, le regole del gioco sono cambiate: da trasformato, Homo è divenuto trasformatore dell'ambiente e della materia divenendo un super-estrattore. La qualità e la quantità di questa super-estrazione, ha quindi portato ad uno sfrenato sfruttamento delle risorse, da cui il "consumare e fuggire" tipico delle "società tecnologicamente avanzate" e responsabile della cosiddetta "vampirizzazione del pianeta".

Aumento demografico. Oggi stiamo assistendo ad un scontro tra la tendenza all'espansione comune ad ogni forma di vita, specie umana compresa, come atteggiamento residuo e una situazione demografica globale totalmente cambiata che potrebbe portare a un definitivo collasso ecologico entro pochi decenni. Negli ultimi 10.000 anni, l’umanità è infatti passata da pochi milioni di individui a oltre sette miliardi e mezzo. Dal punto di vista del nostro rapporto con l’ambiente questo si traduce in una serie di criticità quali la scomparsa di migliaia di specie viventi ogni anno, la deforestazione, il riscaldamento globale, la perdita di biodiversità, la desertificazione e l'inquinamento.

“Gli esseri umani sono depositari di alcuni elementi organici e comportamentali che non sembrano essere cambiati dall'era del Pleistocene – aggiunge Rognini – in questo senso le Vestigial Drifting Drives potrebbero essere una sorta di "software bioculturale" inadatto all'ambiente attuale”.

“Se non aggiorneremo il software delle nostre false convinzioni come "l'inesauribilità delle risorse", “l'espansione illimitata della specie" o il "vorace accaparramento di risorse" - conclude Rognini - la specie umana potrebbe rischiare l'auto-estinzione: un fenomeno che si rivelerebbe unico nella storia delle specie viventi, riducendoci a un semplice esperimento evolutivo”.

Si avvicina e si arricchisce di convegni e settori la seconda edizione del Festival Internazionale della Robotica in programma a Pisa dal 27 settembre al 3 ottobre 2018. La “sette giorni” della Torre Pendente il 28 settembre fa tappa, con due appuntamenti, nel Parco Regionale di Migliarino San Rossore Massaciuccoli. 


“I Robot Agricoli per l’agricoltura sostenibile del domani” è il titolo del work-shop che si svolgerà nella Sala Gronchi sotto la guida di Manuela Giovannetti, Professore Ordinario di  Microbiologia Agraria dell’Università di Pisa e Direttore del Centro Interdipartimentale di Ricerca Nutrafood Nutraceutica e Alimentazione per la Salute e del comitato scientifico composto da Enrico Giunta, Giacomo Lorenzini, Giovanni Maffei Cardellini, Federico Martinelli, Giovanni Benelli e Alberto Pardossi.

I robot agricoli stanno aumentando i raccolti di produzione per gli agricoltori in vari modi. Dai droni ai trattori autonomi passando per i robot colturali, la tecnologia viene impiegata in applicazioni creative e innovative. I robot agricoli non
sostituiscono l’impiego della manodopera ma automatizzano compiti lenti, ripetitivi e noiosi per gli agricoltori, consentendo loro di concentrarsi maggiormente sul miglioramento dei rendimenti di produzione. Progressi della robotica, della infotronica e delle tecnologie di telerilevamento per la diagnosi rapida e precoce delle malattie nelle colture ma anche moderni approcci di integrazione tra genomica funzionale e conoscenze pratiche della tradizione agricola africana sono alcuni dei temi che saranno trattati da docenti, ricercatori ed esperti internazionali la mattina del 28 settembre.

Infine, dal 28 al 30 settembre dalle 10 alle 19, sarà possibile toccare con mano l’affascinante campo della robotica agricola a servizio dell’uomo e dell’ambiente alla Stazione Leopolda grazie a mostre, video rappresentativi e prototipi esposti. Una parte dello stand sarà dedicata all’impiego dei robot in campo entomologico, con particolare riferimento allo studio di predazione, parassitismo, corteggiamento e asimmetrie comportamentali.

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Manuela Giovannetti, Professore Ordinario di  Microbiologia Agraria dell’Università di Pisa e Direttore del Centro Interdipartimentale di Ricerca Nutrafood Nutraceutica e Alimentazione per la Salute

Sempre il 28 settembre, dalle 16 alle 19.30, nella Sala Gronchi (e nello spazio all’aperto antisante) del Parco Regionale Migliarino San Rossore Massaciuccoli, veterinari, ingegneri, ricercatori e medici parleranno, sotto la guida del responsabile scientifico, già professore ordinario di Medicina Veterinaria, Mario Arispici, di interventi assisti con gli animali.

“Dall’incontro dei diversi saperi, nati e cresciuti nelle Università di Pisa, si sviluppano nuove tecniche e soluzioni innovative a problemi sanitari e sociali che, solo pochi anni fa, non erano neppure immaginabili – interviene il professor Mario Arispici -. Largo spazio a coloro che non hanno paura di pensare e di confrontarsi in sfide che ormai hanno gli stessi confini del mondo”. 
Il workshop verterà sulla complessità mostrata dalla relazione fra essere umano e cane o
cavallo ed esplorerà le possibilità offerte dalla bioingegneria per monitorare e misurare il comportamento e le attività durante lo scambio emotivo, attraverso le risposte del Sistema Nervoso Autonomo. 

Fiore all’occhiello del convegno sarà la presentazione di FEELS, il progetto sviluppato e coordinato dal Professore Enzo Pasquale Scilingo e dall’ingegner Antonio Lanatà del dipartimento di Ingegneria dell’Informazione del Centro Piaggio dell’Università di Pisa con la collaborazione del medico veterinario e ricercatore, Paolo Baragli, dell’Ingegner Alberto Greco dell’azienda spin-off dell'Università di Pisa Feel-ING, del professor Biagio D’Aniello dell’Università di Napoli e del professor Angelo Gemignani dell’Università di Pisa.

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Mario Arispici, responsabile scientifico di interventi assisti con gli animali, già professore ordinario di Medicina Veterinaria all'Università di Pisa

“L’interazione emotiva fra essere umano e cavallo/cane può essere misurata attraverso bio-tecnologie non invasive, supportate da complesse analisi dei segnali biomedici – spiega il comitato scientifico - attraverso la misura delle variazioni dei parametri cardio polmonari del cavallo possiamo produrre bio-feedback (attraverso stimoli acustici, vibratili o luminosi) che forniscono alla persona, che sta interagendo con l’animale, informazioni sullo stato emotivo di quest’ultimo”. "Troppe volte la mancata integrazione tra discipline diverse ha impedito di raggiungere obiettivi scientifici ambiziosi con rilevanti ricadute nella società – spiegano Antonio Lanatà ed Enzo Pasquale Scilingo del Centro Piaggio - In questo workshop vogliamo mostrare come metodi matematici e ingegneristici sviluppati prevalentemente in ambito umano vengono messi a disposizione della scienza medica e veterinaria per creare una base comune in grado di affrontare problematiche complesse e non sempre facilmente misurabili come quella dell'interazione psico-fisica uomo-animale e del contagio emotivo tra specie diverse".

“Migliorare le conoscenze psico-fisiologiche dell’interazione e verificare la presenza di forme di contagio emotivo su base empatica, tra l’essere umano da una parte, il cavallo e il cane dall’altra, è la nostra proposta di workshop – conclude Paolo Baragli, medico veterinario, ricercatore del dipartimento di Scienze Veterinarie, Università di Pisa -. Ponendo, infatti, la nostra attenzione sul lavoro svolto da cane e cavallo nell’interazione con l’essere umano, si percepisce come la relazione che si crea coinvolga in profondità aspetti psichici ed emotivi. Oggi questo obiettivo è possibile grazie a un approccio scientifico multidisciplinare in cui entrano in gioco specifiche competenze tecniche che consentiranno d’integrare l’analisi del comportamento di soggetti animali e umani, con i segnali provenienti dal sistema nervoso autonomo e quelli delle variabili legate al coinvolgimento emotivo”.

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Paolo Baragli, medico veterinario, ricercatore del dipartimento di Scienze Veterinarie, Università di Pisa.

Per seguire il Festival: www.festivalinternazionaledellarobotica.it, Facebook Instagram.

Dal 5 al 7 settembre si è svolta al Museo di Storia naturale dell'Università di Pisa la quarta edizione della scuola estiva per insegnanti intitolata “Le Scienze, il Museo e la Scuola”. L’iniziativa, rivolta a insegnanti dell’infanzia, della primaria e della secondaria di primo grado, ha l’obiettivo di fornire strumenti per la costruzione dei percorsi di Scienze coerenti con le indicazioni nazionali e di fare conoscere il Museo come risorsa per la didattica. In tutto sono stati 42 gli insegnanti che hanno preso parte all’edizione 2018 della Scuola, 8 dell’infanzia, 14 della primaria, 20 della scuola media.

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Il comitato scientifico della Scuola estiva, con al centro il direttore Roberto Barbuti. 

Gli allievi-insegnanti sono stati accolti dal professor Roberto Barbuti, direttore del Museo, che ha salutato i partecipanti alla scuola estiva nel giorno inaugurale delle lezioni. Il direttore ha ricordato le innovazioni del Museo avvenute negli ultimi anni, tra cui le inaugurazioni di diversi settori nuovi come la Galleria dei mammiferi, oggetto e argomento della seconda giornata della scuola. «Il Museo sta attraversando una fase di crescita molto intensa – ha sottolineato Barbuti – che vedrà a breve la riapertura della Galleria dei primati completamente rinnovata e la progressiva esposizione al pubblico della grande collezione Barbero di cui solo una parte (200 esemplari su 500) è attualmente esposta nella Galleria dei mammiferi».

La scuola estiva e gli incontri di formazione in autunno rispondono a un’esigenza espressa dagli insegnanti che frequentano con le loro classi il Museo di Storia Naturale. La visita e i laboratori proposti dal Museo diventano infatti molto più efficaci se sono inseriti all’interno di un percorso didattico in cui gli insegnanti sono pienamente protagonisti, perché hanno in precedenza sperimentato direttamente le attività, osservato i reperti, studiato le varie possibilità didattiche del Museo.

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Gli argomenti trattati durante la quarta edizione della scuola estiva sono stati: “Le piante del Monte Pisano”, “Mammiferi: prede e predatori”, “Fossili e tempo geologico”. Temi e argomenti della formazione sono decisi da un comitato tecnico scientifico in cui sono presenti insegnanti, operatori museali e docenti universitari, che collaborano con le proprie specifiche competenze.

La metodologia scelta è quella della ricerca-azione e della laboratorialità; ciascun tema viene studiato e sperimentato direttamente dagli insegnanti, che discutono insieme in gruppo le possibili potenzialità didattiche delle diverse attività della giornata. L’obiettivo è quello di sviluppare un percorso verticale di scienze, che parta dai primi approcci senso-percettivi dei bambini della scuola dell’infanzia, introduca elementi di osservazione e concettualizzazione scientifica alla scuola primaria, accompagni i ragazzi ai necessari processi di astrazione nella scuola secondaria di 1° grado.

In questi quattro anni, i temi affrontati sono stati: il prato, i pesci, i minerali (2015); insetti e piante, vulcani (2016); semi, rocce, scheletro umano (2017); piante, mammiferi, fossili e tempo geologico (2018).

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Si è appena concluso l’International meeting on antimicrobial peptides (IMAP 2018), tenutosi a Edimburgo dal 2 al 4 settembre 2018, che ha visto la partecipazione di Lucia Grassi, dottoranda del corso di dottorato in Scienze cliniche e traslazionali dell’Università di Pisa. Lucia Grassi ha presentato i risultati di uno studio collaborativo tra l’Università di Pisa, con il coordinamento della professoressa Giovanna Batoni del dipartimento di Ricerca traslazionale e delle nuove tecnologie in medicina e chirurgia, e l’Università di Ghent in Belgio, con il professor Tom Conye e Aurelie Crabbé del “Laboratory of Pharmaceutical Microbiology, Department of Pharmaceutical analysis”.

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Lo studio, presentato come poster, ha vinto il primo premio per la rilevanza e l’originalità dei risultati ottenuti ed è stato sponsorizzato dal “Protein & Peptide Science Group of the Royal Society of Chemistry”. Le ricerche hanno suscitato grande interesse tra i partecipanti al congresso in quanto aprono la possibilità di testare nuove molecole peptidiche con attività antibiotica in sistemi di tessuti tridimensionali in vitro permettendo di riprodurre fedelmente le condizioni trovate in vivo nei tessuti dei pazienti.

Ad oggi il trattamento di infezioni croniche, quali quelle che affliggono il polmone dei pazienti con fibrosi cistica o le ferite dei pazienti con diabete, è altamente problematico in quanto i ceppi batterici coinvolti risultano spesso multi-resistenti agli antibiotici attualmente disponibili. Lo studio di Lucia Grassi apre la possibilità di facilitare l’identificazione di nuovi composti ad attività antibiotica da indirizzare verso studi preclinici o trials clinici riducendo al contempo l’uso di animali da esperimento.

Scarica il pdf della rassegna stampa, video e web di "San Rossore 1938", in allegato a questa pagina.

Sono parte le iscrizioni alla Soccer data challenge, una competizione aperta a tutti gli appassionati di dati e calcio, che si svolgerà a Pisa il 12 e 13 ottobre 2018, all'interno dell'Internet Festival, realizzata grazie al contributo del Master in Big Data dell'Università di Pisa, WyScout e ISTI-CNR.
Per 30 ore consecutive, le squadre lavoreranno allo sviluppo di una soluzione per l’analisi di partite di calcio. A loro disposizione avranno i dati di una intera stagione di serie A: oltre 500mila record, un dataset che contiene tutti gli eventi di gioco di ogni partita, definiti in ogni possibile aspetto. I partecipanti si sfideranno fino all'ultima riga di codice, per aggiudicarsi il premio di 5.000 euro, che sarà assegnato da una giuria composta da esperti provenienti dal mondo della ricerca pisana e da calciatori, allenatori e giornalisti sportivi, tra i quali lo scrittore Marco Malvaldi e l'ex commissario tecnico della nazionale Cesare Prandelli. La gara è aperta a tutti, possono partecipare studenti, programmatori, designer, data scientist, ricercatori, o semplici appassionati di calcio. Sono richieste capacità di programmazione, curiosità, entusiasmo e resistenza. Per essere ammessi alla challenge, i team dovranno superare una fase di qualificazione.

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Il primo passo per partecipare alla data challenge è registrare il team a questo link. La registrazione è gratuita e sarà aperta fino al 14 settembre 2018. Un team può essere formato da un minimo di 3 a un massimo di 5 persone. Una volta registrato il team, i partecipanti riceveranno una mail con le istruzioni per la qualificazione, che si svolgerà online dalle ore 9.00 del 15 settembre 2018 alle ore 15.00 del 16 settembre 2018. La qualificazione consiste nella risoluzione via coding di tre problemi legati all’analisi dei dati sul calcio, che dovranno essere inviati entro le ore 15:00 del 16 settembre 2018.
La fase finale della data challenge si terrà il 12 e il 13 ottobre 2018 presso l’auditorium della Sala Polivalente (ex Borsa Merci) della Camera di Commercio di Pisa. All’inizio della data challenge verrà illustrato il problema da risolvere, i dati che saranno messi a disposizione dei team e le modalità di invio delle soluzioni. I team partecipanti avranno a disposizione 30 ore per l’invio della soluzione del problema nella forma di un programma Python, un breve articolo che racconta in uno stile divulgativo la soluzione realizzata e una presentazione power point. Ai team verranno affiancati dei tutori, esperti nel campo della data science, che li aiuteranno nello sviluppo e implementazione delle soluzione.
Al termine del tempo a disposizione per la data challenge, l’auditorium verrà aperto alla giuria per uno showreel, durante il quale ogni team potrà esporre la propria soluzione attraverso la presentazione power point. Maggiori informazioni, regolamento, giuria, contatti e form di iscrizione sul sito ufficiale della challenge https://sobigdata-soccerchallenge.it/.

Un villaggio specializzato nella produzione del sale risalente all’età del Ferro (IX-VIII sec. a.C.) è emerso nel corso di una campagna di scavi condotta questa estate dall’Università di Pisa a Vada, nel comune di Rosignano Marittimo (Livorno).
In particolare, i giovani archeologi allievi dei corsi di laurea in Beni culturali e Archeologia hanno trovato, estremamente frammentati, numerosi grandi contenitori e sostegni per focolari che servivano per bollire l’acqua salmastra e quindi produrre il sale.

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Gli archeologi al lavoro

“La scoperta rivela che le dune costiere su cui poi vennero costruiti gli edifici romani erano in precedenza occupate da un insediamento dove si produceva sale, a conferma della lunga storia della vocazione produttiva del territorio – racconta la professoressa Simonetta Menchelli dell’Ateneo pisano – quando infatti Rutilio Namaziano nel 417 d.C. visitò Vada documentò proprio la presenza di saline in piena funzione, e la produzione continuò anche in l’età medievale, menzionata in numerosi documenti d’archivio, e il sale ha accompagnato la storia del distretto volterrano sino ai nostri giorni, come dimostrano gli stabilimenti di Saline di Volterra”.
La campagna di scavo durata tre settimane ha inoltre portato alla luce anche i resti di alcuni edifici di epoca romana fra cui delle botteghe, in una delle quali è stato individuato un forno da pane, e una schola, cioè la sede di rappresentanza di una delle corporazioni che gestiva le attività economiche di Vada Volaterrana, costituita da più ambienti pavimentati in marmo fra cui una grande esedra semicircolare.

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Alcuni dei frammenti dei contenitori: presentano sotto l’orlo il caratteristico cordone applicato con impressioni digitali

Alle attività sul campo, coordinate da Paolo Sangriso, Francesca Bulzomi, Alberto Cafaro, Stefano Genovesi e Silvia Marini, R. Marcheschi, hanno partecipato anche gli allievi della Vada Volaterrana Summer dell’Università di Pisa, in gran parte provenienti da paesi extra-europei, e alcuni studenti del Liceo Fermi di Cecina attraverso i piani di alternanza scuola-lavoro.
Gli scavi rientrano in un progetto pluriennale su Vada Volaterrana, il sistema portuale di Volterra in età etrusca e romana, localizzato nel territorio dell’attuale Vada, portato avanti nell’ambito dell’insegnamento di Topografia antica della professoressa Simonetta Menchelli. Il progetto è realizzato con il contributo delle società Ineos e Inovyn e in collaborazione con il Comune di Rosignano Marittimo e il Museo Archeologico Comunale di Palazzo Bombardieri, la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Pisa-Livorno.

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Il Laboratorio “Vivere come un romano”, una delle attività dell’Open day a Vada Volaterrana del 14 luglio scorso, al quale hanno partecipato più di 250 persone e che ha ricevuto il patrocinio del MIBACT-Anno Europeo del Patrimonio Culturale

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