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Un biosensore per rilevare i danni cerebrali da trauma e una piattaforma antidiscriminazione per la selezione del personale. Sono queste le due idee di imprese elaborate dagli studenti del PhD+ dell’Università di Pisa e premiate durante la cerimonia finale del corso che si è svolta lo scorso 28 febbraio al Centro congressi Le Benedettine.

Matteo Agostini, 30 anni di Latina, e Marco Cecchini, 42 anni di Piombino, si sono così aggiudicati un assegno di mille euro messo in palio dall’Ateneo pisano grazie a BRAIKER (Advanced resonator biosensor for brain-biomarkers). I due inventori hanno ideato un biosensore per rilevare i biomarcatori nel sangue, in particolare una proteina chiamata GFAP legata ai danni cerebrali da trauma. Con un semplice analisi del sangue questo dispositivo potrà quindi identificare un danno cerebrale in pochi minuti, senza utilizzare analisi costose e lunghe come la TAC o la risonanza magnetica.

 

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Matteo Agostini, uno dei due vincitori del premio del PhD+ con il progetto BRAIKER


Francesca Lucia Maria Celano, 24 anni di Canicattì (Agrigento), e Francesco Franco 25 anni di San Marzano di San Giuseppe (Taranto), hanno invece vinto i mille euro del premio “InnovAzioni Positive” messo in palio dal Comitato Unico di Garanzia dell’Università di Pisa con il progetto TAM - Talent Acquisition Management. I due studenti hanno ideato una piattaforma per il reclutamento di personale nelle grandi aziende e nelle multinazionali. Il sistema prevede un processo di selezione a fasi che mantiene l’anonimato del candidato fino al momento del colloquio permettendo così di individuare il profilo maggiormente compatibile con la specifica posizione senza incorrere in comportamenti discriminatori.

 

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I vincitori del premio “InnovAzioni Positive” con il progetto Tam, Francesca Lucia Maria Celano e Francesco Franco


“Per la prima volta abbiamo avuto l’opportunità di premiare idee innovative, su temi legati alla promozione delle pari opportunità, al contrasto alle discriminazioni e alla piena realizzazione del benessere lavorativo - ha detto Adriana Ciurli, vicepresidente del CUG - Non possiamo che esprimere soddisfazione per il risultato e come CUG rinnoveremo questo impegno anche in occasione del PhD+ 2020”.

Il PhD+ dell’Università di Pisa, svolto per la prima volta quest’anno nell’ambito del Contamination Lab, è una iniziativa organizzata in collaborazione con Sant’Anna, Normale ed IMT di Lucca, che promuove la creatività, l’innovazione e lo spirito imprenditoriale degli studenti premiando le migliori idee di impresa. In questa nona edizione erano in gara 13 progetti elaborati dopo un percorso che ha previsto, fra le varie attività, seminari sulla creazione di impresa con esercitazioni pratiche e incontri “one to one” con esperti del trasferimento tecnologico.

 

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Il professore Bertini dell’Università di Pisa con lo staff dell’Ufficio di Trasferimento Tecnologico


“I risultati ottenuti nella edizione 2019 del Ph.D+ sono molto soddisfacenti - conclude il professore Leonardo Bertini, delegato del Rettore per la promozione delle iniziative di Spin Off, Start Up e Brevetti e Chief del Contamination Lab - Le idee presentate appaiono molto interessanti e lasciano intravedere le immense possibilità che possono dispiegarsi nel momento in cui si riesca a stimolare, come in questo caso, le potenzialità creative dei nostri allievi. Inoltre, l’ambiente di “contaminazione culturale” creato ha favorito la nascita di team multidisciplinari di allievi, fattore determinante per ottenere “spin-off” di successo. Tutto questo è stato reso possibile anche grazie alla professionalità ed all’impegno dello staff dell’Ufficio di Trasferimento Tecnologico dell’Università, cui va un doveroso e sentito ringraziamento”.

 

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Writing about the social history of Ancient Egypt beyond the grandeur of the pharaohs and queens and focusing instead on the population and the lower classes: this is the challenge behind the research project of national interest (PRIN) ‘Pharaonic Rescission’ (PROCESS) of the University of Pisa which has just been awarded funding of over two hundred thousand euros  by the Ministry of Education, Universities and Research (MIUR). The project was conceived and proposed by Gianluca Miniaci from the Department of Civilisations and Forms of Knowledge, one of the two researchers under the age of forty in Italy who have managed to obtain ministerial funds for a project in the “Junior” category for sector SH6 “The Study of the Human Past: archeology and history”.

“Up to the present, we have only read about the part of history dealing with the pharaohs and the elite who left us inscriptions, records of great deeds, temples and monumental tombs, archeological treasures, all fragments of their ‘memories’. We know almost nothing about the common people who were not able to leave such evident traces in history,” recounts Gianluca Miniaci. “Now it’s time to write a new story in history, a story where the protagonist is that invisible mass of people, for the most part made up of workers, merchants and farmers, but also of rich and wealthy people who did not play an important role in the politics of the time.”

The social history of Ancient Egypt in the second millennium B.C. will, therefore, be rewritten from ‘the bottom up’. In particular, through the materiality analysis of objects, in other words, thanks to archaeometric analyses and the data provided by archeology, it will be possible to extract a large amount of information about the spatial temporal contexts in which the objects moved in antiquity, from their creation (simply the extraction of the raw materials) to their production, circulation and use. Artifacts from the Egyptian collections of the most important Italian, European and international museums will therefore be fundamental in outlining the identikit of the people who produced the material culture of Ancient Egypt.

“In order to understand the originality of our approach, we can use two objects as an example,” explains Miniaci. “One is an unguent vase from the necropolis of Badari in Egypt with the name of the pharaoh Pepi II inscribed on it (ca. 2250 B.C.) and the other, a beetle with the name of the pharaoh Sobekemsaf (ca. 1650 B.C.), today preserved in the British Museum.

In this way, by means of a series of sophisticated analyses such as the XRF spectrometry, we discover, for example, that the vase is made of calcite, a material that comes from a cave 80 km north of the site in which the object was found and this already tells us the story of one or more people who went to Badari to extract this block of stone. The beetle, instead, is made of green Diaspore, a material which was imported from outlying areas of Egypt, or outside the country, and which involved a greater number of people from distant places and countries. Thanks to analyses using the scanning electron microscope (SEM), it is possible to identify traces of the manufacturing process of both the vase and the beetle and, therefore, understand which tools were used by the people who made them and what techniques they possessed, in other words, who they were and what they did. In addition, thanks to the FTIR spectrometer, it is possible to identify organic residues inside the vase and listen to another unheard voice, the voice of the people who produced the oils later poured into the vase

 

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Beetle with the name of the pharaoh Sobekemsaf

“Generally, traditional history would only consider the vase and the beetle in relation to the sovereign’s name,” concludes Miniaci. “Instead, our objective is to uncover the different stories, which are hidden and forgotten, that objects might encapsulate.”

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Scrivere per la prima volta una storia sociale dall’Antico Egitto al di là dei fasti di faraoni e regine e mettendo piuttosto al centro il popolo e le classi meno agiate. E’ questa la sfida del progetto di ricerca di interesse nazionale (PRIN) ‘Pharaonic Rescission’ (PROCESS) dell’Università di Pisa che si è appena aggiudicato un finanziamento di oltre 200mila euro dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (Miur). A idearlo e proporlo è stato Gianluca Miniaci del dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere, uno dei due ricercatori under 40 in tutta Italia che è riuscito ad ottenere i fondi ministeriali per un progetto nella categoria “giovani” per il settore SH6 “Studio del passato umano: archeologia, storia e memoria”.


“Ad oggi conosciamo solo una storia, quella dei faraoni e dell'élite, che ci hanno lasciato iscrizioni, testimonianze di grandi gesta, templi e tombe monumentali, tesori archeologici, tutti frammenti dei loro “ricordi”. Non sappiamo quasi nulla della gente comune che non ha potuto lasciare tracce così evidenti nella storia – racconta Gianluca Miniaci - ora si tratta di scriverne una nuova, una che abbia come protagonista quella massa di popolazione invisibile fatta soprattutto di lavoratori, commercianti, agricoltori, ma anche persone benestanti e socialmente agiate, che non ricoprivano un ruolo politico rilevante”.

La storia sociale dell’Antico Egitto nel secondo millennio a.C. sarà quindi ricostruita “dal basso”, in particolare attraverso l’analisi della materialità impressa negli oggetti, ovvero grazie ad analisi archeometriche e ai dati forniti dall’archeologia, sarà possibile estrarre una massa di informazioni relativa ai contesti spazio-temporali in cui gli oggetti si sono mossi nell’antichità, dalla loro creazione (banalmente l’estrazione delle materie prime) alla loro lavorazione, circolazione ed uso. I reperti delle collezioni egittologiche dei più importanti musei italiani, europei ed internazionali saranno quindi fondamentali per delineare l’identikit delle persone che hanno prodotto la cultura materiale dell’antico Egitto.

“Per capire la novità del nostro approccio prendiamo ad esempio due oggetti – spiega Miniaci - un vaso per unguenti proveniente dalla necropoli di Badari in Egitto su cui è iscritto il nome del faraone Pepi II (ca. 2250 a.C.) e uno scarabeo con il nome del faraone Sobekemsaf (ca. 1650 a.C.), oggi conservato al British Museum”.


E così attraverso una serie di analisi avanzate come la spettrometria XRF si scopre ad esempio che il vaso è fatto di calcite, un materiale che proviene da una cava situata ad 80 km a nord del sito in cui l'oggetto è stato trovato, quindi già ci racconta la storia di una o più persone che sono andate da Badari ad estrarre questo blocco di pietra. Lo scarabeo invece è composto da una pietra di diaspro verde, un materiale importato da aree periferiche, se non esterne, dell’Egitto, e quindi ha coinvolto molte più persone, di luoghi e paesi lontani. Grazie alle analisi con microscopio elettronico a scansione (SEM) si possono poi individuare le tracce di lavorazione sia del vaso che dello scarabeo e quindi capire che strumenti maneggiavano coloro che li hanno fabbricati e che conoscenze tecniche avevano, insomma, chi erano, cosa sapevano fare. Ancora, per continuare, grazie alla spettroscopia FT-IR, si possono individuare i residui organici all’interno del vaso e andare ad ascoltare un’altra voce inascoltata, di coloro che avevano prodotto gli olii poi versati nel vaso.

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 Scarabeo con il nome del faraone Sobekemsaf (British Museum EA7876 © CC BY-NC-SA 4.0)


“In genere, la storia tradizionale tenderebbe a considerare questi il vaso e lo scarabeo in relazione al nome del sovrano e basta – conclude Miniaci – il nostro obiettivo è invece di andare a scoprire le molteplici storie nascoste, e poi dimenticate, che gli oggetti possono incapsulare”.

SMA Logo 2 ColoriIl Sistema Museale di Ateneo dell’Università di Pisa propone ai soci della Unicoop Firenze un ciclo di visite guidate ai propri musei cittadini con tariffe agevolate. L’iniziativa nasce con l’obiettivo di coinvolgere un pubblico sempre più ampio nelle attività educative e formative alla didattica universitaria e scolare, così come alla divulgazione della cultura, che lo SMA promuove sul territorio. I vari appuntamenti in programma nei mesi di marzo e aprile saranno presentati sabato 2 marzo alle ore 10.30 nella Sala sopra il punto vendita di Cisanello in via Valgimigli 1-3. È necessario ricordarsi di portare la tessera soci. Per informazioni e prenotazioni, inviare una mail a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., oppure rivolgersi alla BiblioCoop del supermercato di Porta a Mare, il martedì e il giovedì dalle ore 16 alle ore 19.

Scarica la locandina.

La prima tappa è il 13 marzo alle ore 17.00 alla Gipsoteca di Arte Antica, (Piazza San Paolo all’Orto, 20) che ospita una tra le prime raccolte di calchi in gesso istituite in Italia, sul modello dell’archeologia germanica. La collezione offre oggi una sintesi delle opere più note e significative dell’arte greca, etrusca e romana, accanto a esemplari meno noti o inediti, e piccoli manufatti plastici. La Gipsoteca ospita anche la collezione dell’Antiquarium di archeologia classica e le collezioni paletnologiche.

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Secondo appuntamento al Museo Anatomico Veterinario, sabato 16 marzo alle ore 10.00 (viale delle Piagge, 2). Il museo accoglie reperti di specie animali da produzione zootecnica e animali d’affezione, specialmente del cavallo, per la sua importanza nell’evoluzione storico‐sociale dell’uomo. Molti sono anche i preparati anatomici riguardanti i dromedari provenienti dalla tenuta di San Rossore.

Appuntamento fissato al 18 marzo alle ore 17.00 per visitare i due musei ospitati alla Cittadella Galileiana (via Bonanno Pisano, 2/B / via Nicola Pisano, 25 - area dei Vecchi Macelli). Il Museo degli Strumenti per il Calcolo espone i pezzi più significativi di una ricchissima collezione di macchine legate alla storia dell’Informatica, unica in Italia, dagli aritmometri dell’Ottocento ai grandi calcolatori degli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, fino ai prodotti più rilevanti nella storia del Personal Computer. Il Museo degli Strumenti di Fisica ospita invece strumenti scientifici di fisica e astronomia del XVIII, XIX e della prima metà del XX secolo, tra cui le invenzioni realizzate dallo scienziato pisano Antonio Pacinotti, come la celebre macchinetta, la prima dinamo-motore a corrente continua.

Sarà possibile visitare le collezioni del Museo di Anatomia Umana “F. Civinini” e del Museo di Anatomia Patologica, ospitati nella Scuola Medico Chirurgica (Via Roma, 55 e 57), rispettivamente il 25 e il 27 marzo, a partire dalle ore 17.00. Oltre ai circa 3400 reperti anatomici, il Museo di Anatomia Umana conserva preziose raccolte archeologiche, tra cui una mummia egizia con sarcofago, e poi mummie, corredi funerari e vasi precolombiani, raccolti dal medico e studioso Carlo Regnoli nella seconda metà dell’Ottocento. Il Museo di Anatomia Patologica vanta una serie di reperti umani e animali patologici di grande pregio scientifico e storico, una collezione di reperti di interesse forense e una ricca collezione di reperti paleopatologici.

Il mese di aprile si aprirà con la visita delle Collezioni Egittologiche (via San Frediano, 12) prevista per mercoledì 3 aprile. Le collezioni rappresentano oggi un punto di riferimento per gli studiosi e gli appassionati di archeologia e storia dell’antico Egitto, per l’importanza dei suoi reperti, specialmente quelli provenienti dall'area dell’antica Nubia, in larga parte frutto degli scavi effettuati sotto il patrocinio dell’Università di Pisa.

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La collezione del Museo della Grafica, ospitata nello splendido Palazzo Lanfranchi (Lungarno Galilei, 9), sarà presentata l’11 aprile. Il Museo espone e custodisce una delle più importanti raccolte pubbliche di grafica contemporanea, il cui primo nucleo è formato dal Gabinetto Disegni e Stampe fondato nel 1957 per iniziativa di Carlo Ludovico Ragghianti. Il Museo si configura oggi come un centro d’avanguardia per la conoscenza e per lo studio dell’arte contemporanea, nonché come sede di mostre temporanee di rilievo.

Il ciclo di appuntamenti si conclude il 18 aprile con la visita all’Orto e Museo Botanico (via Roma n. 56/via Luca Ghini, 13), il primo orto botanico universitario del mondo. Fondato nel 1543 dal naturalista, medico e botanico Luca Ghini (1490-1556), fu costruito originariamente sulle rive del fiume Arno, poi trasferito nell’attuale sede nel 1591 e quindi ampliato a poco a poco nel tempo fino all’attuale estensione di tre ettari. Ospita piante dei cinque continenti. Erede dell’antica Galleria, istituita dal Granduca di Toscana Ferdinando I de’ Medici, il da poco aperto Museo Botanico conserva testimonianze della sua storia, gli oggetti usati dalla fine del settecento per l’insegnamento della botanica universitaria, diventati col tempo vere e proprie opere d’arte, e gli Erbari, insostituibili strumenti di lavoro per i botanici.

qs rankings by subj 2019Secondo la classifica del QS World University Rankings by Subject edizione 2019, l’Università di Pisa è tra le prime 100 al mondo in cinque discipline, confermando la sua eccellenza nei settori di grande tradizione per il nostro Ateneo: dalle classifiche risulta in posizioni al top in “Classics and Ancient History” (26° posto), “Mathematics” “Physics and Astronomy” e “Computer Science and Information Systems” (tutte tra 51° e 100°). Quest’anno ottimo posizionamento anche nella nuova disciplina introdotta dal QS “Library and Information Management”, in cui Pisa risulta al 50° posto mondiale.

Più in generale l’Ateneo pisano è presente in 24 discipline sulle 48 censite dai QS Rankings, coprendo tutti e 5 i settori disciplinari. In quasi tutte 24 le discipline, l’Università di Pisa è tra le prime 10 in Italia. "La nostra Università continua a migliorare anno dopo anno - dichiara il rettore Paolo Mancarella - Confrontando i risultati degli ultimi tre anni, nelle 5 macro aree, l’Ateneo conferma i livelli di eccellenza già raggiunti in "Natural Sciences" e in "Engineering and Technology" e migliora di circa 50 posizioni in “Arts and Humanities”, in "Life Science" and Medicine" e in “Social Sciences and Management. Sono particolarmente soddisfatto per il risultato raggiunto in “Computer Science and Information Systems”, a cui hanno contribuito i Dipartimenti di Informatica e di Ingegneria dell’Informazione, visto che ci accingiamo a festeggiare il 50° anniversario dall'attivazione all'Università di Pisa del primo corso di laurea italiano in Informatica, avvenuta nel 1969: la lungimiranza di chi ci aveva creduto allora è stata ben ripagata!”.

Sono molte anche le singole discipline che hanno migliorato la performance rispetto all’ultimo anno: "Modern Languages” (da 251-300 a 101-150), “Statistics and Operational Research” (da 151-200 a 101-150), “Linguistics”, "Chemical Engineering” e "Mechanical, Aeronautical and Manufacturing Engineering” (tutte da 201-250 a 151-200), “Chemistry” e “English Language and Literature” (da 251-300 a 201-250).

Per l’edizione 2019 il QS World University Rankings by Subject ha valutato 1200 università dislocate in 153 paesi, valutando 48 discipline suddivise in 5 macro settori sulla base di indicatori come la qualità della ricerca e la reputazione degli atenei.

Si è concluso il 18 febbraio 2019, il primo ciclo di esperimenti presso la nuova linea di luce del Sincrotrone Soleil di Parigi “PUMA”; progettata e ottimizzata per lo studio dei materiali storico-artistici e archeologici, PUMA (Photons Utilisés pour les Matériaux Anciens) ha aperto le sue porte agli utenti esterni il 13 febbraio 2019. Ad inaugurare la linea di luce due ricercatrici Italiane, Alessandra Gianoncelli, responsabile della linea di luce TwinMic al Sincrotrone Elettra di Trieste, e Simona Raneri, ricercatrice presso il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa ed esperta di metodi innovativi e non distruttivi per i Beni Culturali.

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A sinistra: Alessandra Gianoncelli e Simona Raneri presso la hutch della linea di luce PUMA insieme al responsabile di PUMA, Sebastian Schoeder; a destra Simona Raneri impegnata nel setting up di alcuni campioni.


La nuova linea di luce PUMA consente di effettuare mappature chimiche in fluorescenza a raggi X per la determinazione delle caratteristiche tessiturali e composizionali dei materiali e analisi in spettrometria di assorbimento XANES (X-ray Absorption Near-Edge Structure) e XRD per studi di carattere strutturale. PUMA offre una risoluzione spaziale micrometrica (3-5 micron) e un set-up che consente di analizzare frammenti dell’ordine del centinaio di micrometri; ciò costituisce un notevole vantaggio nello studio di materiali storico-artistici e archeologici sui quali il campionamento è spesso non consentito o limitato a micro-frammenti. 

Le due ricercatrici hanno condotto i primi esperimenti presso PUMA analizzando due classi ceramiche arcaiche: vasi a vernice nera di tradizione Attica (dal Museo di Gela, in Sicilia) e lastre architettoniche dipinte di manifattura Etrusca (dagli scavi del Palatino del Parco Archeologico del Colosseo, Roma). Lo studio di tali materiali rientra nel progetto “Understanding the past and projecting it to the future by using synchrotron radiation sources: technology and raw materials in Archaic Age from Sicily to Rome” promosso in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Catania. Le ricerche hanno rivelato importanti elementi diagnostici utili all’analisi archeologica e storica dei frammenti analizzati, aprendo nuovi scenari di ricerca che saranno presto approfonditi durante successivi turni di misura a Elettra e Soleil.

La partecipazione di UNIPI e Elettra all’inaugurazione di una linea di luce presso il Sincrotrone di Parigi conferma la sinergia tra le due Istituzioni e crea i presupposti per nuove collaborazioni e accordi di interesse trasversale a più Dipartimenti dell’Ateneo.

 

 

facchinerie.jpgAndrea Addobati, professore associato di Storia Moderna all’Università di Pisa, è l'autore del saggio "Facchinerie. Immigrati bergamaschi, valtellinesi e svizzeri nel porto di Livorno (1602-1847)" (Edizioni Ets, 2019).

Il volume ripercorre la storia della Compagnia dei facchini della Dogana di Livorno dalla fondazione, nel 1602, fino alla soppressione, tenendo presenti le due prospettive attraverso le quali è possibile osservarla: la prospettiva marittima, quella del porto dove gli immigrati svolgono la loro attività, e la prospettiva alpina, quella delle famiglie e delle comunità di origine. Alla fine si scoprirà che una medesima storia può essere raccontata in maniere molto diverse.

Pubblichiamo di seguito un estratto dall'introduzione del volume a sua firma.

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Sappiamo bene che l’immigrazione e l’integrazione dei lavoratori stranieri sono temi ampiamente dibattuti ai giorni nostri. Se ne parla a proposito e sproposito, chiamando in causa molti luoghi comuni, generalizzazioni e stereotipi che hanno poco a che vedere con la condizione dei migranti, mentre mettono allo scoperto la nostra fragilità di fronte allo spaesamento per l’odierna realtà globalizzata, che si presenta ai più come un processo di ineluttabile sfaldamento della coesione sociale, smantellamento dei diritti, e perdita di tutti quei riferimenti culturali che conferiscono un senso collettivo alla vita degli individui.

Per porre un argine all’incipiente imbarbarimento delle relazioni, e provare ad accendere una scintilla di umana empatia verso chi deve lasciar la casa per giocarsi la vita sotto altre latitudini, è stato naturale tornare a rievocare l’epopea dei nostri antenati, dispersi per il mondo con cento lire in tasca. Gli storici di professione hanno fatto la loro parte. Negli ultimi anni sono apparsi moltissimi nuovi studi sui lavoratori italiani all’estero, sui flussi migratori dell’Ottocento verso le Americhe e su quelli più recenti con destinazione l’Alta Italia, il Nord Europa e l’Australia. Le ricerche più interessanti non si sono limitate a richiamare alla memoria l’esperienza difficile degli italiani in terra straniera, hanno cercato anche di focalizzare l’attenzione sulle relazioni politiche, sociali e culturali, incrociando i punti di vista degli emigranti e delle comunità che li accolsero. Lo stesso si tenterà di fare nello studio che segue, dedicato ad un caso abbastanza lontano nel tempo, e straniante da più punti di vista. (…)

I compiti riservati ai facchini delle dogane erano molto delicati, dovevano occuparsi dei lavori di scarico e carico, dei trasporti e dell’immagazzinamento delle merci soggette alla gabella, e quindi maneggiavano i denari del principe. Guai se lo stesso compito fosse stato affidato a dei lavoratori livornesi, sarebbe stato come rinunciare al dazio. Al contrario di quanto avviene oggi, esisteva insomma un pregiudizio sull’affidabilità della manodopera locale che faceva dire al granduca: immigrants first! Se si fosse chiesto conto della prevenzione verso i locali, il granduca, e con lui tutti i benpensanti, avrebbero risposto che la loro disonestà non aveva bisogno di dimostrazioni, era sotto gli occhi di tutti, mentre la fedeltà degli immigrati dipendeva probabilmente dal fatto che avevano tutti la famiglia lontana, al paese d’origine, e nessun legame di parentela nei luoghi dove si trovavano a lavorare. (…)

Non c’è dubbio che la manodopera locale avesse il brutto vizio di allungare le mani su ciò che non le apparteneva, e che gli immigrati fossero più integerrimi e affidabili, ma solo perché i primi erano degli avventizi, dei lavoratori precari che stentavano a sbarcare il lunario, mentre gli altri potevano contare su un reddito sicuro, che garantiva loro persino una certa agiatezza. Se non fosse stata la condizione tassativa che li poneva sotto la protezione del potere, l’onestà sarebbe stata un lusso che i facchini della dogana avrebbero potuto permettersi comunque. Di sicuro era in malafede chi sosteneva che esistesse una tara morale congenita nei lavoratori locali, i cosiddetti monelli, o insisteva su un presunto divario antropologico che li avrebbe resi irrimediabilmente meno affidabili dei facchini della dogana. Allora, come adesso, i pregiudizi sugli stranieri, positivi o negativi che fossero, tornavano utili in politica.

Andrea Addobati

laboratory 2900x600L’Università di Pisa è capofila di 5 Progetti di interesse nazionale (PRIN) e partner di altri 14. È questo quanto emerge dai primi dati resi noti dal Miur relativi all’assegnazione dei PRIN 2017. Al ministero al momento hanno deliberato 7 commissioni su 25 sulle tre linee di ricerca "principale, giovani e sud".

Ecco quindi i progetti vinti dall’Ateneo come ‘principal investigator’.

Per la linea di ricerca “giovani” si è aggiudicato il finanziamento del Miur il dottor Gianluca Miniaci del Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere con il progetto “‘Pharaonic Rescission’: Objects as Crucibles of ancient Egyptian Societies”. Per la linea di ricerca “principale” i vincitori per Unipi sono dal Dipartimento di Fisica i professori Dario Pisignano con il progetto “Physical Principles of Multimaterial 3D-Printing: Insights from Physics towards Industry 4.0 (3D-Phys)” e Alessandro Tredicucci con il progetto “MONolithic STRain Engineering platform for TWO-Dimensional materials (MONSTRE 2D)”; dal dipartimento di Matematica il professore Alessandro Berarducci con il progetto “Mathematical Logic: models, sets, computability”; e infine dal Dipartimento di Biologia il professore Lorenzo Peruzzi con il progetto “PLAN.T.S. 2.0 - towards a renaissance of PLANt Taxonomy and Systematics”.

L’Ateneo è inoltre partner in altri 14 progetti con i professori Simone Maria Collavini, Alessandro Polsi e Claudio Sergio Pogliano del Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere; Paolo Lisca, Roberto Dvornicich, Rita Pardini, Giuseppe Buttazzo, Mario Salvetti, Claudio Bonanno, Giovanni Alberti, Giulio Bau' del Dipartimento di Matematica; Stefano Roddaro del Dipartimento di Fisica; Benedetta Mennucci del Dipartimento di Chimica e Chimica industriale; Elisabetta Orlandini del Dipartimento di Scienze della Terra.

 

Uno studio multispecialistico internazionale ha dimostrato per la prima volta l’efficacia del programma “Fundamentals of Robotic Surgery (FRS)”, il percorso per la formazione dei chirurghi “robotici”, adottato anche dal centro di eccellenza EndoCAS dell’Università di Pisa, uno dei 12 protagonisti della sperimentazione. Lo studio ha dimostrato che gli specializzandi e gli specialisti che si avvicinano alla chirurgia robotica addestrati fino al livello di competenza previsto dal protocollo FRS eseguono qualitativamente meglio, cioè con meno errori, compiti fondamentali dell’atto chirurgico, per esempio nodi e suture, utilizzando il sistema robotico su animale.

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Il kick off meeting dei centri di ricerca coinvolti nello studio.

Lo studio, iniziato nel 2014 e finanziato dall’azienda che produce il noto sistema da Vinci e dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, ha coinvolto 12 centri (europei e americani, inclusa una base militare per l’addestramento dei chirurghi sul campo di battaglia) selezionati tra i quasi 100 accreditati dall’American College of Surgeons per la formazione di chirurghi attraverso la simulazione. Tra questi anche il centro di eccellenza EndoCAS dell’Università di Pisa, unico in Italia a fregiarsi dell’accreditamento. I risultati sono stati pubblicati ora su Annals of Surgery, la rivista più prestigiosa di chirurgia e verranno presentati al prossimo Surgical Simulation Summit dell’American College of Surgeons, in programma a Chicago (Stati Uniti) a marzo.

Andrea Moglia M 2019In qualità di sperimentatore principale della casistica italiana, l’ingegnere Andrea Moglia del centro EndoCAS (a destra nella foto) ha condotto lo studio in collaborazione col professor Mauro Ferrari, direttore di EndoCAS, il team del professor Luca Morelli, il centro Multidisciplinare di Chirurgia Robotica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, diretto dalla professressa Franca Melfi, e il professor Franco Mosca che, attraverso la Fondazione Arpa da lui presieduta, ha donato al centro EndoCAS il primo simulatore per chirurgia robotica dell’azienda Mimic installato in Italia.

«Mai prima d’ora erano stati coinvolti tanti centri di simulazione in chirurgia e mai era stato condotto uno studio randomizzato che confrontasse quattro metodi di formazione (uno tradizionale e le tre piattaforme disponibili per FRS) – ha commentato Andrea Moglia – I risultati di questo studio stabiliscono per la prima volta il livello di competenza da raggiungere e dimostrano l’efficacia del programma FRS a confronto coi metodi tradizionali. FRS può essere adottato da qualunque specialità che si affaccia alla chirurgia robotica ed è pensato per essere utilizzabile anche coi sistemi robotici disponibili in futuro. Il prossimo passo sarà rendere FRS un esame obbligatorio per abilitare alla pratica della chirurgia robotica, proprio come già avviene negli Stati Uniti per la laparoscopia (FLS) e la chirurgia endoscopica (FES), veri e proprio standard». Andrea Moglia presenterà per la prima volta in Italia i risultati dello studio al congresso CRAS, in programma a Genova il 21 e 22 marzo.

Il lavoro del centro EndoCAS, che ha fornito il maggior contributo allo studio FRS, è stato elogiato da diversi esperti internazionali sulla formazione in chirurgia per la capacità del centro di completare la sperimentazione, nonostante la complessità del protocollo, dimostrando l’eccellenza della ricerca italiana anche in questo settore, nuovo e di forte interesse.

nicola pinecubeC’è anche uno studente dell’Università di Pisa nel team PINECUBE vincitore del concorso UrbanFarm 2019, promosso dall'Università di Bologna e dall'Università di Firenze con lo scopo di premiare progetti innovativi sul tema della agricoltura urbana. Nicola Colucci, studente del corso di laurea magistrale in Produzioni agroalimentari e gestione degli agroecosistemi dell’Ateneo pisano, ha partecipato al concorso assieme ad altri quattro ragazzi - Elisabetta Tonet dell’Università Ca' Foscari, Isabella Dagostin del Politecnico Milano, Niccolò Tagliaferri dell’Università di Bologna, Nicola Dall'Agnol dell’Università di Padova e Pamela De Biasi dell’Università di Trento. I progetti dovevano riguardare il recupero di palazzi o capannoni oramai non utilizzati da anni in tre aree urbane: l’azienda Fantoni a Bologna, una struttura nell’area Zanussi a Conegliano Veneto (Treviso) e una scuola elementare a Orzes a Belluno.

Il team PINECUBE si è classificato al primo posto con il progetto di vertical farm per il sito di Orzes a Belluno dal titolo "Hydro-Officinal Library". L’idea progettuale prevede che la ex-scuola, ormai da anni abbandonata, possa essere trasformata in un sito produttivo di piante officinali allevate utilizzando le tecniche di coltura idroponica su più livelli per l’estrazione di oli essenziali: nel progetto è stata prevista anche la realizzazione di alcuni laboratori per svolgere attività di ricerca. Il team è stato anche premiato dall’International Society for Horticultural Science (ISHS) con il premio “Young Minds Award”, ritirato dallo studente Nicola Colucci, designato quale rappresentante del team PINECUBE.

I team iscritti al concorso UrbanFarm 2019 sono stati 35, per un totale di più di 130 studenti provenienti da quasi tutte le regioni d’Italia a cui si sono aggiunti studenti di vari paesi del mondo come Turchia, Egitto, Brasile, Canada, Cina, Francia, Inghilterra, Polonia, Kosovo, Belgio, India e Indonesia. Le squadre erano invitate a progettare sistemi innovativi di agricoltura urbana capaci di integrare le migliori innovazioni architettoniche e tecnologiche per la produzione alimentare negli ambienti urbani. La cerimonia di premiazione si è svolta nell’ambito della fiera internazionale Novel Farm svoltasi a Pordenone il 13 e 14 febbraio 2019.
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Nicola Colucci, 24 anni, originario di Alberobello (BA), ha ottenuto la laurea di primo livello in Scienze agrarie presso l’università di Bologna e da appassionato della tecnica di coltura fuori suolo, ha deciso di iscriversi alla laurea magistrale all’Università di Pisa. Sotto il tutoraggio del professor Luca Incrocci, lo studente ha già iniziato a lavorare alla propria tesi di laurea che ha come argomento la comparazione quali-quantitativa della produzione di specie spontanee da utilizzarsi come insalate, coltivate in coltura fuori suolo e su terreno. Il prossimo 14 marzo partirà per la città di Almeria nel sud della Spagna, dove svolgerà, presso l’università locale, un periodo Erasmus di due mesi.

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