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Comunicati stampa

È morto negli scorsi giorni, all'età di 94 anni, il professor Pietro Sarteschi, primo cattedratico italiano di Psichiatria e padre della Scuola pisana di Psichiatria. "Con la scomparsa del professor Sarteschi - ha detto il rettore Massimo Augello - l'Ateneo perde uno dei suoi docenti più illustri, fondatore della Scuola pisana di Psichiatria, che oggi è un'eccellenza riconosciuta a livello nazionale e internazionale. Nel corso della carriera, il professor Sarteschi è stato direttore dell'Istituto di Clinica delle malattie nervose e mentali, successivamente Psichiatria, e direttore della Scuola di specializzazione in Psichiatria. Nel 1974 è stato insignito dell'Ordine del Cherubino. Alla famiglia del professor Sarteschi desidero esprimere le più sentite condoglianze a nome dell'Università di Pisa".
Anche la professoressa Liliana dell'Osso, ordinario di Psichiatria al dipartimento di Medicina clinica e sperimentale e direttore dell'Unità Operativa Psichiatria 1, ha voluto ricordare l'eccezionale personalità del docente scomparso. "Con il professor Sarteschi - ha detto - ho un grande debito di riconoscenza: è stato lui a volermi come ricercatrice. Per me è stato un padre e un maestro, un modello".

Biografia del professor Pietro Sarteschi
Sarteschi PietroIl professor Pietro Sarteschi è nato a Pisa nel dicembre del 1920. La sua carriera di medico è iniziata durante la seconda guerra mondiale, subito dopo la laurea, come aiuto nell'Ospedale Psichiatrico di Volterra ed è proseguita come aiuto della clinica delle Malattie Nervose e mentali dell'Università di Pisa, in cui fu chiamato dal professor Giuseppe Pintus. Erano anni quelli segnati da grandi cambiamenti: con lo sviluppo delle teorie psicodinamiche e della psicopatologia nella clinica delle malattie nervose e mentali si faceva sempre più urgente la spinta ad affiancare alla mera considerazione per il cervello l'attenzione per il comportamento e il vissuto del paziente. Gli alienisti, fino ad allora all'ombra dei neurologi, aspiravano a un'autonomia disciplinare che, a Pisa, grazie al professor Sarteschi, ha potuto realizzarsi con anni di anticipo rispetto al resto del mondo accademico italiano.
Un ulteriore impulso al cambiamento fu dato dalla scoperta degli psicofarmaci che a partire dagli anni '60 hanno realizzato la cosiddetta terza rivoluzione psichiatrica. Anche in questo campo il ruolo del professor Sarteschi è stato un innovatore. La possibilità di intervenire farmacologicamente sui disturbi mentali, infatti, non segnò una tappa solo per il trattamento ma dette nuovo fiato all'intuizione che anche l'esperienza soggettiva abbia dimora nella biologia, per cui la vita psichica non è qualcosa che si sviluppa indipendentemente e al di là dei processi fisiologici, ne è piuttosto una forma specifica, propria di un alto grado di complessità in cui è organizzata la materia biologica. L'impulso dato alla cultura psicofarmacologica a Pisa consentì a Pietro Sarteschi di essere tra i principali promotori della Società italiana di Neuropsicofarmacologia, di cui è stato a lungo presidente.
La sua scuola, rapidamente salita ai vertici della psichiatria italiana, si è caratterizzata per l'eccellenza nel campo delle terapie farmacologiche e ha fatto nascere eccellenze psichiatriche in varie parti del territorio nazionale. È suo merito anche aver promosso l'interesse per la psicopatologia, per la psicologia psicodinamica, per lo studio degli stati di coscienza di veglia e di sonno. Al suo insegnamento si deve infine la nascita e il radicamento di una cultura psicologica non incline a nessun tipo di riduzionismo che a Pisa ha come suo momento qualificante la nascita di un corso di laurea in Psicologia clinica e della salute che, primo in Italia, è potuto sorgere nella facoltà di Medicina e chirurgia.
Insignito dell'Ordine del Cherubino nel 1974, il professor Pietro Sarteschi era in pensione dalla fine del 1996.

Polvere d'osso per curare l'epilessia e altri disturbi della mente: è questa la soluzione al mistero del cranio con 16 fori presente tra le reliquie dei martiri di Otranto, gli 813 abitanti della cittadina pugliese massacrati il 14 agosto 1480 dalle milizie turche, guidate da Gedik Ahmet Pascià, perché rifiutarono di convertirsi all'Islam. Il team dell'Università di Pisa, guidato dal professor Gino Fornaciari, ha svelato le ragioni della misteriosa trapanazione multipla incrociando le analisi sui resti scheletrici con i testi di storia della medicina.

"È stato difficile risalire alle ragioni di questa pratica – spiega la dottoressa Valentina Giuffra, autrice dello studio, pubblicato sull'importante Journal of Ethnopharmacology e ripreso anche da Discovery News – Inizialmente abbiamo preso in considerazione diverse ipotesi, tutte però poco convincenti. Ad esempio una procedura per ricavare reliquie in forma di polvere d'osso non era plausibile, considerando le migliaia di ossa, di piccole e grandi dimensioni, appartenenti ai martiri che potevano essere facilmente prelevate e distribuite come reliquia".

La chiave di volta per chiarire il mistero l'ha fornita l'analisi dei testi di storia della medicina di epoca moderna: "I testi riferiscono l'uso di polvere di cranio umano come ingrediente per la cura dell'epilessia e di altri disturbi per i quali non esisteva una spiegazione razionale – continua Valentina Giuffra – La testa era considerata la parte più importante del corpo umano, un capolavoro della creazione, depositaria di forze spirituali invisibili che si conserverebbero anche dopo la morte. A tal proposito alcuni autori del XVIII secolo suggeriscono proprio l'utilizzo dell'osso polverizzato di individui deceduti di morte violenta e non sepolti, come è appunto il caso dei martiri di Otranto. Pertanto il cranio di Otranto rappresenta un'evidenza unica di trapanazione multipla effettuata per ottenere polvere d'osso da usare come ingrediente in preparazioni terapeutiche".

Le reliquie degli abitanti della cittadina pugliese sono conservate nella Cappella dei Martiri della cattedrale di Otranto, dove furono trasferiti un anno dopo l'eccidio. Tra i resti scheletrici, disposti dietro cinque grandi vetrate, era stata notata la presenza di una calotta cranica con ben 16 perforazioni perfettamente rotondeggianti e di varie dimensioni. Di queste, 8 attraversano tutto lo spessore del tavolato cranico, mentre 8 sono perforazioni incomplete che non raggiungono il tavolato interno. L'assenza di reazione ossea intorno alle lesioni indica un intervento praticato al momento della morte o dopo la morte dell'individuo. "Le lesioni sono il risultato di una trapanazione multipla effettuata con uno strumento dotato di una grande punta arrotondata – conclude Giuffra – questo tipo di strumento non poteva produrre rondelle ossee, ma solo polvere d'osso". I martiri di Otranto sono stati beatificati nel 1771 e canonizzati il 12 maggio 2013 da Papa Francesco.

In molte specie animali, l'esperienza nel combattimento influenza le caratteristiche e gli esiti dei conflitti successivi. Secondo la teoria corrente, i vincitori hanno maggiori probabilità di vincere di nuovo (winner effect), mentre i vinti hanno sempre più probabilità di perdere ancora una volta (loser effect). Tuttavia, questo sembra non valere per tutti gli animali.

Uno studio coordinato da Giovanni Benelli e Angelo Canale, del dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e agro-ambientali dell'Università di Pisa, ha utilizzato la mosca delle olive, Bactrocera oleae, come modello per studiare il winner e il loser effect durante le interazioni aggressive tra maschi, funzionali al mantenimento di singoli territori nei quali intraprendere il corteggiamento delle femmine.

La ricerca, pubblicata sulla rivista Nature Scientific Reports, ha dimostrato come vincitori e perdenti di almeno due incontri consecutivi aumentino funzionalmente la loro aggressività negli incontri successivi, ottenendo maggiore successo nei combattimenti: "L'esperienza di combattimento fisico non è necessaria per indurre iper-aggressività in questi animali – ha spiegato Giovanni Benelli – Infatti, la sola esposizione a un possibile avversario è sufficiente per indurre elevati livelli di aggressività nei maschi di B. oleae".

Nel complesso, lo studio in questione evidenzia che questi insetti sono in grado di utilizzare informazioni acquisite da vittorie e sconfitte precedenti per migliorare le loro performance di combattimento e ottenere così maggiore successo negli scontri contro maschi inesperti. "Poter rendere più competitivi i maschi di questa specie – ha aggiunto Angelo Canale – può essere utile per il miglioramento della tecnica dell'insetto sterile, poiché maschi sterili iper-aggressivi avranno maggiore successo in campo nel corteggiamento delle femmine".

Lo studio ha visto la partecipazione della University of Hawaii, USA (Prof. Russell H. Messing) e del French National Institute for Agricultural Research (INRA) di Sophia-Antipolis (Dr. Nicolas Desneux).

martiri otrantoPolvere d'osso per curare l'epilessia e altri disturbi della mente: è questa la soluzione al mistero del cranio con 16 fori presente tra le reliquie dei martiri di Otranto, gli 813 abitanti della cittadina pugliese massacrati il 14 agosto 1480 dalle milizie turche, guidate da Gedik Ahmet Pascià, perché rifiutarono di convertirsi all'Islam. Il team dell'Università di Pisa, guidato dal professor Gino Fornaciari, ha svelato le ragioni della misteriosa trapanazione multipla incrociando le analisi sui resti scheletrici con i testi di storia della medicina.

"È stato difficile risalire alle ragioni di questa pratica – spiega la dottoressa Valentina Giuffra, autrice dello studio, pubblicato sull'importante Journal of Ethnopharmacology e ripreso anche da Discovery News – Inizialmente abbiamo preso in considerazione diverse ipotesi, tutte però poco convincenti. Ad esempio una procedura per ricavare reliquie in forma di polvere d'osso non era plausibile, considerando le migliaia di ossa, di piccole e grandi dimensioni, appartenenti ai martiri che potevano essere facilmente prelevate e distribuite come reliquia".

cranio otrantoLa chiave di volta per chiarire il mistero l'ha fornita l'analisi dei testi di storia della medicina di epoca moderna: "I testi riferiscono l'uso di polvere di cranio umano come ingrediente per la cura dell'epilessia e di altri disturbi per i quali non esisteva una spiegazione razionale – continua Valentina Giuffra – La testa era considerata la parte più importante del corpo umano, un capolavoro della creazione, depositaria di forze spirituali invisibili che si conserverebbero anche dopo la morte. A tal proposito alcuni autori del XVIII secolo suggeriscono proprio l'utilizzo dell'osso polverizzato di individui deceduti di morte violenta e non sepolti, come è appunto il caso dei martiri di Otranto. Pertanto il cranio di Otranto rappresenta un'evidenza unica di trapanazione multipla effettuata per ottenere polvere d'osso da usare come ingrediente in preparazioni terapeutiche".

crani otrantoLe reliquie degli abitanti della cittadina pugliese sono conservate nella Cappella dei Martiri della cattedrale di Otranto, dove furono trasferiti un anno dopo l'eccidio. Tra i resti scheletrici, disposti dietro cinque grandi vetrate, era stata notata la presenza di una calotta cranica con ben 16 perforazioni perfettamente rotondeggianti e di varie dimensioni. Di queste, 8 attraversano tutto lo spessore del tavolato cranico, mentre 8 sono perforazioni incomplete che non raggiungono il tavolato interno. L'assenza di reazione ossea intorno alle lesioni indica un intervento praticato al momento della morte o dopo la morte dell'individuo. "Le lesioni sono il risultato di una trapanazione multipla effettuata con uno strumento dotato di una grande punta arrotondata – conclude Giuffra – questo tipo di strumento non poteva produrre rondelle ossee, ma solo polvere d'osso". I martiri di Otranto sono stati beatificati nel 1771 e canonizzati il 12 maggio 2013 da Papa Francesco.

Ne hanno parlato: 
Corriere del Mezzogiorno
Gazzetta del Mezzogiorno
InToscana.it
PisaInformaFlash.it
TirrenoPisa.it
Controcampus.it 
Ansa
Tirreno

Discovery News 
The Telegraph
Ancient Origins

Martedì, 31 Marzo 2015 08:16

VIPER hit the goal on Kickstarter

TOI VIPERThe startup TOI - ThingsOnInternet conducted a successful crowdfunding campaign on Kickstarter with the project VIPER, a smart object development suite that brings cloud and IoT connectivity to design projects with just a click of the mouse. The 22.579 dollars obtained will allow finalizing the development and releasing process, in view of the official market launch in the end of this summer.

As its name implies, VIPER — or "Viper Is Python Embedded in Real-time" — makes it possible for Makers and embedded designers to create their next connected project in Python for Arduino, UDOO and Spark, all in in real-time. And, unlike other solutions that already exist today, this collection of products is platform-agnostic and compatible with all sensors and kits.

The idea was first conceived after conducting some detailed market analysis, where the company discovered that designers, Makers and programmers all faced a similar set of challenges. In hopes of simplifying how "things" are brought onto the Internet, VIPER converged a series of components to better streamline the process. This included an IDE to manage and program the boards, a Virtual Machine to serve as its operating system, a plug-and-play TOI Shield, an extensive library of ready-to-use functions, and a mobile app to act as the interface for smart objects. On top of that, it's also cloud-ready. With just a little coding, users can develop a wide-range of IoT applications, ranging from interactive storefronts, to home and industrial automation systems, to art and museum installations, to smart farming.

Since millions of developers already know Python, VIPER makes the programming language readily accessible for commercial interactive products as well, therefore amplifying the potential for smart objects to be as pervasive as mobile devices in their ease of design interactivity. To do this, VIPER provides a browser-based, minimal-installation development environment where users can write code with extensive library support and have it executed on any Arduino-like board. What's great for designers is that, with VIPER, it leaves them able to focus on the features and functionality, not the tediousness, along with a mobile app to control their creation for free.
The Kickstarter campaign has been an important market test for VIPER. More than 320 backers from 25 different countries pledged the project, mainly from US, UK and Italy. Besides single backers like professional product designers, makers, developers and researchers, many companies put their attention on VIPER, including players from software development, embedded electronics and consumer electronics sectors. The leading embedded system manufacturer, Atmel, highlighted the potential of this solution with two different posts on the official blog.

The campaign also allowed starting the first industrial collaborations for the development of a dedicated microcontroller board and the development of a set of 12 synchronized rotating platforms for luxury goods exposition installed in a Paris jewelry.

Check the official website for the next updates and news about the official market launch of the VIPER suite.

mosca olive  In molte specie animali, l'esperienza nel combattimento influenza le caratteristiche e gli esiti dei conflitti successivi. Secondo la teoria corrente, i vincitori hanno maggiori probabilità di vincere di nuovo (winner effect), mentre i vinti hanno sempre più probabilità di perdere ancora una volta (loser effect). Tuttavia, questo sembra non valere per tutti gli animali.

Uno studio coordinato da Giovanni Benelli e Angelo Canale, del dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e agro-ambientali dell'Università di Pisa, ha utilizzato la mosca delle olive, Bactrocera oleae, come modello per studiare il winner e il loser effect durante le interazioni aggressive tra maschi, funzionali al mantenimento di singoli territori nei quali intraprendere il corteggiamento delle femmine.

La ricerca, pubblicata sulla rivista Nature Scientific Reports, ha dimostrato come vincitori e perdenti di almeno due incontri consecutivi aumentino funzionalmente la loro aggressività negli incontri successivi, ottenendo maggiore successo nei combattimenti: "L'esperienza di combattimento fisico non è necessaria per indurre iper-aggressività in questi animali – ha spiegato Giovanni Benelli – Infatti, la sola esposizione a un possibile avversario è sufficiente per indurre elevati livelli di aggressività nei maschi di B. oleae".

Nel complesso, lo studio in questione evidenzia che questi insetti sono in grado di utilizzare informazioni acquisite da vittorie e sconfitte precedenti per migliorare le loro performance di combattimento e ottenere così maggiore successo negli scontri contro maschi inesperti. "Poter rendere più competitivi i maschi di questa specie – ha aggiunto Angelo Canale – può essere utile per il miglioramento della tecnica dell'insetto sterile, poiché maschi sterili iper-aggressivi avranno maggiore successo in campo nel corteggiamento delle femmine".

Lo studio ha visto la partecipazione della University of Hawaii, USA (Prof. Russell H. Messing) e del French National Institute for Agricultural Research (INRA) di Sophia-Antipolis (Dr. Nicolas Desneux).

Mercoledì 25 marzo una delegazione della Università Autonoma dello Stato del Messico (UAEM) è stata in visita all'Università di Pisa per firmare un importante accordo quadro di cooperazione e mobilità internazionale. La UAEM, che ha sede a Toluca, a circa un'ora dalla capitale, è la più importante università pubblica del Messico insieme alla UNAM, conta circa 70.000 studenti, 10 campus e 21 facoltà in tutte le aree disciplinari, da quelle umanistiche che comprendono il teatro, il cinema, la musica e l'arte a quelle tecnico scientifiche, mediche e delle scienze sociali. La delegazione, guidata da Alfredo Barrera Baca, prorettore per la didattica, è stata accolta in rettorato da Marco Guidi, prorettore per la comunicazione e la promozione dell'internazionalizzazione dell'Università di Pisa, e dallo staff dell'Ufficio Internazionale dell'Ateneo.

L'accordo quadro prevede una cooperazione per la mobilità di studenti, dottorandi e docenti e per l'avvio di progetti di ricerca congiunti. Durante l'incontro sono state esplorate diverse ipotesi di scambio che comprendono anche la possibilità reciproca di inviare e ricevere studenti supportati dai relativi atenei per quello che concerne il viaggio e l'alloggio, a fronte dell'acquisizione certificata di crediti formativi. Oltre ad Alfredo Barrera Baca, la delegazione era composta da Rosario Pérez Bernal, prorettore per la Ricerca e gli studi avanzati, Yolanda Ballesteros Sentíes, responsabile per la Cooperazione internazionale e Alda Martinez Tavera, segretaria del rettore.

Marco Guidi e e Alfredo Barrera BacaMercoledì 25 marzo una delegazione della Università Autonoma dello Stato del Messico (UAEM) è stata in visita all'Università di Pisa per firmare un importante accordo quadro di cooperazione e mobilità internazionale. La UAEM, che ha sede a Toluca, a circa un'ora dalla capitale, è la più importante università pubblica del Messico insieme alla UNAM, conta circa 70.000 studenti, 10 campus e 21 facoltà in tutte le aree disciplinari, da quelle umanistiche che comprendono il teatro, il cinema, la musica e l'arte a quelle tecnico scientifiche, mediche e delle scienze sociali.

La delegazione, guidata da Alfredo Barrera Baca, prorettore per la Didattica, è stata accolta in rettorato da Marco Guidi, prorettore per la Comunicazione e la Promozione dell'internazionalizzazione dell'Università di Pisa, e dallo staff dell'Ufficio Internazionale dell'Ateneo. 

L'accordo quadro prevede una cooperazione per la mobilità di studenti, dottorandi e docenti e per l'avvio di progetti di ricerca congiunti. Durante l'incontro sono state esplorate diverse ipotesi di scambio che comprendono anche la possibilità reciproca di inviare e ricevere studenti supportati dai relativi atenei per quello che concerne il viaggio e l'alloggio, a fronte dell'acquisizione certificata di crediti formativi.

Oltre ad Alfredo Barrera Baca, la delegazione era composta da Rosario Pérez Bernal, prorettore per la Ricerca e gli studi avanzati, Yolanda Ballesteros Sentíes, prorettore per la Cooperazione internazionale e Alda Martinez Tavera, segretaria del rettore.

delegazione messico

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

olieepecorinoUnire le filiere dell'olio di oliva e del latte ovino in Toscana per ottenere benefici sia per la salute sia per l'economia. E' questo l'obiettivo del progetto biennale "Nutriforoil" finanziato dalla Regione Toscana e coordinato scientificamente dal dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-Ambientali dell'Università di Pisa con la collaborazione del Centro Interdipartimentale di ricerca per la valorizzazione degli alimenti dell'Università di Firenze, del dipartimento di Biotecnologie, Chimica e Farmacia dell'Università di Siena e di 10 realtà produttive del territorio fra cui alcuni consorzi e società cooperative che raggruppano al loro interno un molte aziende del settore primario e della trasformazione.
L'intuizione alla base di "Nutriforoil" è di utilizzare il sottoprodotto di una filiera, le sanse di oliva, come alimento per le pecore da latte in modo da migliorare la qualità nutrizionale dei prodotti derivati e trasformare uno scarto agricolo in una risorsa. La possibilità di modulare, attraverso specifiche marcello meletecniche di coltivazione, il contenuto di polifenoli nelle olive e, di conseguenza, quello delle sanse, insieme all'applicazione di opportuni metodi di estrazione e di conservazione in grado di preservare tale contenuto, sono la premessa per ottenere oli di elevata qualità e sanse utili come materie prime per mangimi, disponibili a costi ragionevoli e con elevate qualità nutrizionali. Le proprietà nutraceutiche di alcuni polifenoli dell'oliva sono, infatti, ampiamente riconosciute dalla comunità scientifica e possono essere di grande aiuto sia nel migliorare il benessere degli animali, sia per migliorare la qualità nutrizionale del latte e dei prodotti che da questo derivano.
"Di per sé si tratta di un'idea è molto antica, ma fino ad oggi si è sempre scontrata con numerosi problemi di tipo tecnico ed organizzativo che ne hanno sempre impedito il concreto sviluppo - spiega il professor Marcello Mele (foto) dell'Ateneo pisano – ora per la prima volta, grazie al progetto "Nutriforoil" che sta entrando nel vivo proprio in questi mesi vogliamo integrare competenze molto diversificate (agronomiche, zootecniche, tecnologiche, analitiche, microbiologiche) per raggiungere l'obiettivo".

Ne hanno parlato:
Focus.it (AdnKronos)/1
Focus.it (AdnKronos)/2
StampToscana.it
GoNews.it
PaginaQ.it
GreenReport.it
EcoNewsWeb.it
GreenBiz.it
ControCampus.it

Unire le filiere dell'olio di oliva e del latte ovino in Toscana per ottenere benefici sia per la salute sia per l'economia. E' questo l'obiettivo del progetto biennale "Nutriforoil" finanziato dalla Regione Toscana e coordinato scientificamente dal dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-Ambientali dell'Università di Pisa con la collaborazione del Centro Interdipartimentale di ricerca per la valorizzazione degli alimenti dell'Università di Firenze, del dipartimento di Biotecnologie, Chimica e Farmacia dell'Università di Siena e di 10 realtà produttive del territorio fra cui alcuni consorzi e società cooperative che raggruppano al loro interno un molte aziende del settore primario e della trasformazione.
L'intuizione alla base di "Nutriforoil" è di utilizzare il sottoprodotto di una filiera, le sanse di oliva, come alimento per le pecore da latte in modo da migliorare la qualità nutrizionale dei prodotti derivati e trasformare uno scarto agricolo in una risorsa. La possibilità di modulare, attraverso specifiche tecniche di coltivazione, il contenuto di polifenoli nelle olive e, di conseguenza, quello delle sanse, insieme all'applicazione di opportuni metodi di estrazione e di conservazione in grado di preservare tale contenuto, sono la premessa per ottenere oli di elevata qualità e sanse utili come materie prime per mangimi, disponibili a costi ragionevoli e con elevate qualità nutrizionali. Le proprietà nutraceutiche di alcuni polifenoli dell'oliva sono, infatti, ampiamente riconosciute dalla comunità scientifica e possono essere di grande aiuto sia nel migliorare il benessere degli animali, sia per migliorare la qualità nutrizionale del latte e dei prodotti che da questo derivano.
"Di per sé si tratta di un'idea è molto antica, ma fino ad oggi si è sempre scontrata con numerosi problemi di tipo tecnico ed organizzativo che ne hanno sempre impedito il concreto sviluppo - spiega il professor Marcello Mele dell'Ateneo pisano – ora per la prima volta, grazie al progetto "Nutriforoil" che sta entrando nel vivo proprio in questi mesi vogliamo integrare competenze molto diversificate (agronomiche, zootecniche, tecnologiche, analitiche, microbiologiche) per raggiungere l'obiettivo".

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