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Comunicati stampa

Il 20 giugno alle 9.00 nel Palazzo della Sapienza (via Curtatone e Montanara, 15) si inaugurano i Career Days dell’Università di Pisa dedicati al settore dell’Information & Communication Technology, con l'apertura degli stand aziendali e l'accoglienza degli iscritti. I Career Days proseguono il 22 giugno per una seconda giornata di incontri, presentazioni e colloqui con le aziende e si concludono alle 18.00 con il consueto appuntamento dell’“Aperitivo con gli Alumni”.

L'iniziativa, organizzata dal Career Service d’Ateneo, si rivolge a studenti e a laureati dell’Università di Pisa, iscritti a qualsiasi corso di studio.

career days

Saranno presenti in totale 24 aziende di dimensioni e caratteristiche diverse: si va da imprese locali come Apparound e Stmicroelectronics e realtà internazionali come Garmin e Huawei. Ognuna delle aziende presenti avrà un proprio stand presso il quale chiedere informazioni e fare colloqui conoscitivi per candidarsi a oltre 130 offerte di lavoro per diversi profili.

Per partecipare ai colloqui e consultare le singole offerte pubblicate dalle aziende occorre registrarsi sul portale Job Teaser, accedendo con la mail istituzionale @studenti.unipi.it. L’iscrizione è obbligatoria anche se non si è interessati a candidarsi per i colloqui.

Il programma delle due giornate prevede al mattino delle brevi presentazioni aziendali di circa venti minuti ciascuna, che hanno l’obiettivo di illustrare ai presenti valori, strategie aziendali e opportunità professionali.
Nel pomeriggio, dopo la pausa pranzo, si svolgono i colloqui.

Nel corso della prima giornata sarà presente uno stand del Career Service che offrirà un servizio di CV check e consulenza veloce per i colloqui, mentre durante la seconda giornata ci sarà uno stand di A.R.T.I., l’Agenzia Regionale Toscana per l'impiego.

darya majidi

Il 22 giugno alle 18 nel cortile della Sapienza l'appuntamento è con gli “Aperitivi con gli Alumni”, momenti di incontro e condivisione fra laureati dell’Ateneo che hanno intrapreso carriere particolarmente brillanti e originali e la comunità accademica.

La protagonista di questa edizione è Darya Majidi, laureata in Informatica all’Università di Pisa e pioniera e visionaria dell’Information Technology in Italia. CEO di Daxo Group e Presidente di Donne 4.0, è imprenditrice digitale italo-iraniana, esperta in intelligenza artificiale, attivista per i diritti umani e digitali e keynote speaker. Darya partecipa attivamente alla trasformazione digitale del nostro Paese da oltre 30 anni, con esperienze maturate in ambito pubblico, privato, accademico ed internazionale, ed è per questo che nel 2020 D. Repubblica l’ha inserita tra le 100 donne che cambiano il mondo.

L'Aperitivo è coordinato in collaborazione con il Polo Comunicazione del CIDIC, il Centro per l’Innovazione e la Diffusione della Cultura dell’Ateneo.

Il programma completo è disponibile su: www.unipi.it/careerservice.

Minicervelli riprodotti nei laboratori dell’Università di Pisa grazie a cellule staminali riprogrammate. E’ questo il set sperimentale del tutto innovativo che ha reso possibile lo studio di un particolare gene, WDR62, le cui mutazioni rappresentano la seconda causa più comune della microcefalia, una grave patologia che emerge durante la vita prenatale e che comporta un mancato sviluppo del cervello umano. La ricerca pubblicata sulla rivista eLife è stata condotta dal professore Marco Onorati e dalla dottoressa Claudia Dell’Amico del dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa in collaborazione con la professoressa Angeliki Louvi della Yale School of Medicine.

La scoperta dei ricercatori è che la mutazione del gene WDR62 sarebbe responsabile del precoce differenziamento e della minore capacità delle cellule staminali di dividersi, spiegando il sintomo peculiare della microcefalia, ovvero il ridotto sviluppo del sistema nervoso.

“Abbiamo utilizzato un sistema innovativo di cellule staminali pluripotenti riprogrammate a partire dalle cellule della pelle - spiega il professore Marco Onorati, direttore del NeuroStemCell Lab dell’Ateneo pisano - Queste cellule riprogrammate possono essere differenziate verso tutti i tipi cellulari del nostro corpo, compresi i neuroni del nostro cervello e quindi essere usate per generare organoidi cerebrali umani. In questo modo, abbiamo realizzato un modello di studio che ci permette di ricapitolare in vitro eventi precoci dello sviluppo del nostro cervello, e delle sue disfunzioni, che altrimenti non sarebbero facilmente osservabili”.

“Mediante la tecnica CRISPR/Cas9, che permette di riparare in modo preciso la sequenza di un gene, mediante ‘forbici molecolari’, abbiamo corretto la mutazione in vitro”, aggiunge Claudia Dell’Amico, prima autrice dello studio - Questo ha permesso di applicare la terapia genica e “curare” gli organoidi aprendo la strada a sviluppi futuri della terapia genica”.

Allo studio hanno preso parte il gruppo di ricerca guidato dalla professoressa Elena Cattaneo dell’Università Statale di Milano, e la dottoressa Maria Teresa Dell’Anno della Fondazione Pisana per la Scienza.



Minicervelli riprodotti nei laboratori dell’Università di Pisa grazie a cellule staminali riprogrammate. E’ questo il set sperimentale del tutto innovativo che ha reso possibile lo studio di un particolare gene, WDR62, le cui mutazioni rappresentano la seconda causa più comune della microcefalia, una grave patologia che emerge durante la vita prenatale e che comporta un mancato sviluppo del cervello umano. La ricerca pubblicata sulla rivista eLife è stata condotta dal professore Marco Onorati e dalla dottoressa Claudia Dell’Amico del dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa in collaborazione con la professoressa Angeliki Louvi della Yale School of Medicine.

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Il team di ricerca UNIPI, da sinistra: dott.ssa Claudia Dell’Amico, prof. Marco Onorati, dott.ssa Marilyn Marlene Angulo Salavarria


La scoperta dei ricercatori è che la mutazione del gene WDR62 sarebbe responsabile del precoce differenziamento e della minore capacità delle cellule staminali di dividersi, spiegando il sintomo peculiare della microcefalia, ovvero il ridotto sviluppo del sistema nervoso.

“Abbiamo utilizzato un sistema innovativo di cellule staminali pluripotenti riprogrammate a partire dalle cellule della pelle - spiega il professore Marco Onorati, direttore del NeuroStemCell Lab dell’Ateneo pisano - Queste cellule riprogrammate possono essere differenziate verso tutti i tipi cellulari del nostro corpo, compresi i neuroni del nostro cervello e quindi essere usate per generare organoidi cerebrali umani. In questo modo, abbiamo realizzato un modello di studio che ci permette di ricapitolare in vitro eventi precoci dello sviluppo del nostro cervello, e delle sue disfunzioni, che altrimenti non sarebbero facilmente osservabili”.

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Organoide cerebrale (minicervello) generato a partire da cellule staminali riprogrammate (Foto del dott. Alessio Zanelli)


“Mediante la tecnica CRISPR/Cas9, che permette di riparare in modo preciso la sequenza di un gene, mediante ‘forbici molecolari’, abbiamo corretto la mutazione in vitro”, aggiunge Claudia Dell’Amico, prima autrice dello studio - Questo ha permesso di applicare la terapia genica e “curare” gli organoidi aprendo la strada a sviluppi futuri della terapia genica”.

Allo studio hanno preso parte il gruppo di ricerca guidato dalla professoressa Elena Cattaneo dell’Università Statale di Milano, e la dottoressa Maria Teresa Dell’Anno della Fondazione Pisana per la Scienza.



Giovedì 15 giugno, alle ore 21.30, nella Chiesa di Santa Caterina d’Alessandria, in Piazza Santa Caterina, il Coro dell’Università di Pisa terrà il suo XXIV concerto annuale nel Giugno Pisano. Sarà eseguita la “Grande Messa in do minore KV 427” di W.A. Mozart. Insieme al Coro si esibiranno il soprano Sonia Ciani, il mezzosoprano Sara Bacchelli, il tenore Marco Mustaro e il basso Marco Innamorati, insieme alla Tuscan Chamber Orchestra, sotto la direzione di Stefano Barandoni. L’ingresso è libero.

Il Polo Musicale dell’Università di Pisa è lieto di offrire al pubblico un’opera che, nonostante l'incompiutezza, è la più intrigante e sperimentale composizione sacra del maestro di Salisburgo. Mozart iniziò a comporre fra il 1782 e il 1783 la “Messa in do minore K. 427” (detta “Grande Messa”) di sua iniziativa, per una volta senza una committenza specifica. Per lui si trattava di una sorta di voto, forse per essere riuscito a sposare Konstanze Weber (nonostante l’opposizione del proprio padre), forse per ottenere il consenso di quest’ultimo, forse per la guarigione della moglie da una malattia: non si sa con certezza. Quel che è certo è che in quell’epoca per un musicista era difficile dedicare il proprio tempo a una composizione priva d'una precisa destinazione e quindi la “Grande Messa” non fu mai finita e rimase in un cassetto a favore di lavori più urgenti.

In compenso, proprio la mancanza di un committente permise a Mozart di concepire l’opera su una scala particolarmente ampia e complessa, mettendo in partitura solo quanto gli interessava e creando una composizione estremamente ardita negli esperimenti combinatori. La prima esecuzione della “Grande Messa” ebbe luogo il 26 ottobre 1783 a Salisburgo, anche se l’opera non era finita: erano completi il Kyrie, il Gloria, il Sanctus e il Benedictus; il Credo si interrompeva all'lncarnatus ed era in parte lacunoso nell'orchestrazione, l’Agnus Dei non era neppure iniziato.

Mozart sarebbe morto otto anni più tardi, nel 1791, e in quel lasso di tempo, in cui vide la luce una serie di capolavori strepitosi – dalla trilogia operistica Le nozze di Figaro, Don Giovanni, Così fan tutte, alla Clemenza di Tito e al Flauto Magico, fino al Requiem – non ci fu più spazio per il completamento della Grande Messa, che rimase nello stato della prima e unica esecuzione salisburghese.

Missione in Lussemburgo per un gruppo di studenti e studentesse del Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Pisa che ha visitato la Corte dei Conti europea, la Banca europea per gli investimenti e la Corte di Giustizia. Il viaggio si è svolto dal 5 al 9 giugno nell’ambito di un progetto speciale per la didattica finanziato dall’Ateneo. Ragazzi e ragazze sono stati accompagnati dalle professoresse Vanessa Manzetti, Giovanna Colombini, Rita Biancheri, dalla dottoressa Francesca Carpita e da collaboratori della cattedra.

 

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Si è trattato di un modo per avvicinare studenti e studentesse al mondo delle istituzioni europee in un momento così delicato come è quello che vede le politiche pubbliche nazionali fortemente condizionate dall’attuazione del PNRR, oltreché offrire agli studenti un’idea degli sbocchi professionali che il percorso formativo intrapreso può offrire. Il viaggio si è svolto all’interno del Modulo Jean Monnet “NGEU and safeguarding the EU’s financial interest: the challenging roles for the European and the Italian Court of Auditors at the dawn of new paradigms in auditing and protecting the European budget” (NexGen PFI), coordinato Vanessa Manzetti.

Lagnoni BerteiRisolvere il problema della dipendenza da materiali critici come cobalto e nickel che oggi affligge la mobilità elettrica è possibile e la soluzione si chiama "Batteria Litio-Aria". A confermarlo è lo studio pubblicato in questi giorni su Nature Chemistry e realizzato da un gruppo di ricerca internazionale di cui fanno parte Marco Lagnoni e Antonio Bertei, rispettivamente ricercatore e professore associato in Ingegneria Chimica al Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale all’Università di Pisa.

"Le batterie litio-aria garantiscono un'alta densità di energia e in futuro potrebbero essere utilizzate nei veicoli elettrici rendendoli ancor più sostenibili dal punto di vista ambientale - spiegano Marco Lagnoni e Antonio Bertei - Oggi, però, non hanno ancora raggiunto prestazioni adeguate ad un loro utilizzo pratico, in particolare per quanto riguarda la fase di carica. Un ostacolo, questo, che adesso, grazie ai risultati ottenuti assieme ai colleghi delle Università di Oxford e Nottingham, potrà essere presto superato".

Il gruppo di ricerca di cui fanno parte Lagnoni e Bertei ha infatti scoperto perché gli attuali catalizzatori, chiamati mediatori redox e utilizzati per la ricarica delle batterie litio-aria, non riescono a garantire una velocità di carica elevata. In particolare, spiegano gli studiosi, la velocità massima di carica dipende dal potenziale elettrico del mediatore redox, ciò ne limita le prestazioni. D'altro canto, si è dimostrato che una forma di ossigeno molto reattiva, che si sviluppa durante la carica, non è responsabile del deterioramento dei materiali come si riteneva in precedenza.

Fondamentale il contribuito dato dall'Università di Pisa a questa scoperta. Marco Lagnoni e Antonio Bertei, infatti, hanno sviluppato dei modelli numerici avanzati e unici nel loro genere, che hanno permesso di prevedere le prestazioni energetiche degli elettrodi simulando il processo di carica con mediatori redox. Ciò ha evidenziato che esistono altri fenomeni, oltre alla cinetica di reazione, che possono rallentare ulteriormente la carica, i quali devono essere anch’essi affrontati per superare le attuali limitazioni ed ottimizzare la tecnologia.

“Ci abbiamo messo quasi tre anni per finalizzare il lavoro, per non parlare di tutte le attività di ricerca pregresse che ci hanno permesso di essere pronti per studiare questo tipo di batterie. La buona ricerca di base richiede risorse, ma soprattutto tempo, impegno e ottime basi teoriche - commenta il professor Antonio Bertei - Questo risultato dimostra come l’approccio dell’ingegneria chimica sia multidisciplinare, attuale e capace di contribuire alla soluzione delle sfide odierne, come quelle dell’accumulo di energia elettrica.”

“Il progresso della ricerca scientifica oggi si basa su una combinazione di sforzi sperimentali e strumenti di modellazione avanzati - spiega il dott. Marco Lagnoni - Nell'ambito delle scoperte scientifiche, la modellazione è, infatti, uno strumento indispensabile per accelerare il progresso e supportare l'interpretazione dei dati sperimentali. Lo sviluppo di modelli di alta qualità richiede, però, una rigorosa e qualificata base sperimentale oltre che teorica. Per questo, la coesione tra i gruppi di ricerca e il trasferimento di conoscenze sono elementi essenziali. Lavorando insieme, condividendo i rispettivi saperi, uniti da un forte spirito di determinazione, i ricercatori possono raggiungere risultati significativi e superare le sfide scientifiche più complesse".

Adesso, i risultati ottenuti da questo studio, pubblicato su Nature Chemistry con il titolo “Why charging Li–air batteries with current low-voltage mediators is slow and singlet oxygen does not explain degradation”, permetteranno di indirizzare la ricerca verso la creazione di nuove classi di mediatori redox e l'impiego di materiali diversi da quelli utilizzati finora. Una sfida difficile, certo, ma anche un'opportunità per esplorare nuove direzioni di ricerca verso una mobilità elettrica sempre più sostenibile.

Giovedì 15 giugno, alle ore 21.30, nella Chiesa di Santa Caterina d’Alessandria, in Piazza Santa Caterina, il Coro dell’Università di Pisa terrà il suo XXIV concerto annuale nel Giugno Pisano. Sarà eseguita la “Grande Messa in do minore KV 427” di W.A. Mozart. Insieme al Coro si esibiranno il soprano Sonia Ciani, il mezzosoprano Sara Bacchelli, il tenore Marco Mustaro e il basso Marco Innamorati, insieme alla Tuscan Chamber Orchestra, sotto la direzione di Stefano Barandoni. L’ingresso è libero.

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Il Polo Musicale dell’Università di Pisa è lieto di offrire al pubblico un’opera che, nonostante l'incompiutezza, è la più intrigante e sperimentale composizione sacra del maestro di Salisburgo. Mozart iniziò a comporre fra il 1782 e il 1783 la “Messa in do minore K. 427” (detta “Grande Messa”) di sua iniziativa, per una volta senza una committenza specifica. Per lui si trattava di una sorta di voto, forse per essere riuscito a sposare Konstanze Weber (nonostante l’opposizione del proprio padre), forse per ottenere il consenso di quest’ultimo, forse per la guarigione della moglie da una malattia: non si sa con certezza. Quel che è certo è che in quell’epoca per un musicista era difficile dedicare il proprio tempo a una composizione priva d'una precisa destinazione e quindi la “Grande Messa” non fu mai finita e rimase in un cassetto a favore di lavori più urgenti.

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In compenso, proprio la mancanza di un committente permise a Mozart di concepire l’opera su una scala particolarmente ampia e complessa, mettendo in partitura solo quanto gli interessava e creando una composizione estremamente ardita negli esperimenti combinatori. La prima esecuzione della “Grande Messa” ebbe luogo il 26 ottobre 1783 a Salisburgo, anche se l’opera non era finita: erano completi il Kyrie, il Gloria, il Sanctus e il Benedictus; il Credo si interrompeva all'lncarnatus ed era in parte lacunoso nell'orchestrazione, l’Agnus Dei non era neppure iniziato.

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Mozart sarebbe morto otto anni più tardi, nel 1791, e in quel lasso di tempo, in cui vide la luce una serie di capolavori strepitosi – dalla trilogia operistica Le nozze di Figaro, Don Giovanni, Così fan tutte, alla Clemenza di Tito e al Flauto Magico, fino al Requiem – non ci fu più spazio per il completamento della Grande Messa, che rimase nello stato della prima e unica esecuzione salisburghese.

L'Ateneo ha bandito un concorso per la selezione di almeno 125 collaborazioni part-time per lo svolgimento di attività di tutorato d’accoglienza e alla pari. 

Le attività dei candidati selezionati consisteranno nel supporto e tutorato sia agli immatricolati sia agli iscritti ad anni successivi.

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Elaborare progetti per rendere più efficienti i processi di erogazione dei servizi in ambito sanitario e per migliorare l’ambiente di lavoro. Questo l’obiettivo della metodologia Lean che l’Azienda ospedaliera universitaria pisana sta portando avanti.

Martedì 13 giugno, alle 17,30, le Officine Garibaldi (via Gioberti 39, Pisa) ospiteranno la presentazione del volume No waste. Lean healthcare management: esperienza nell’Azienda ospedaliero-universitaria pisana, pubblicato da Pisa University Press.

Molto spesso chi si cimenta, in genere per convinzione e con passione, nella diffusione e nell’implementazione della cultura e della metodologia LEAN, si trova a dover rispondere alla domanda posta da coloro che, senza pregiudizi o preconcetti, sentono parlare per la prima volta di pensiero snello: cosa è il LEAN Thinking in pratica? Il volume cerca di rispondere a questa frequente domanda.

Composto da dieci capitoli che includono sedici progetti corredati da tavole A3, introduce, approfondisce e fornisce esempi pratici sull'applicazione della filosofia Lean in sanità, facendo riferimento all'esperienza del gruppo Lean dell'Azienda ospedaliero-universitaria pisana

Oltre ai curatori – Angelo Baggiani, direttore dell’unità operativa Igiene ed epidemiologia, David Rocchi, del Centro di simulazione medica, e Jacopo Guercini, direttore dell’unità operativa Controllo di gestione – interverranno alla presentazione gli autori delle prefazioni al volume: Riccardo Zucchi, rettore dell'Università di Pisa, e Silvia Briani, direttrice generale dell'Azienda ospedaliero-universitaria pisana.

Marco Geddes da Filicaia terrà la lectio magistralis.

Saranno presenti anche gli autori: Matteo Filippi, Barbara Grandi, Massimo Marletta, Antonella Rosellini, Cristiana Susino, Sooky Strambi e Renata Tomei.

L’ingresso è libero e al termine della presentazione sarà offerto un rinfresco.

Fare un salto di qualità nel campo del trasferimento tecnologico per aiutare e promuovere lo sviluppo economico del Paese attraverso la nascita e la crescita di nuove realtà imprenditoriali. È questo uno degli obiettivi strategici dell’Università di Pisa, dove oggi si è tenuta l’anteprima di Converging Skills, l’evento che dal 26 al 29 giugno porterà nella città toscana oltre 80 tra imprenditori, investitori, manager e titolari di start-up per iniziare a definire il modello di un vero e proprio ecosistema dell'innovazione.

“Le nostre aspettative per questo evento sono altissime – ha detto il Rettore dell’Ateneo pisano, Riccardo Zucchi, nel suo saluto di apertura - Attraverso il trasferimento tecnologico le nostre università possono veramente diventare il fulcro dello sviluppo di tutto un territorio. Qui a Pisa abbiamo grandi potenzialità che vogliamo sfruttare fino in fondo. Per farlo, però, è necessario far convergere abilità diverse, non solo interne, aprendoci al contributo di enti ed attori esterni. Converging Skills nasce proprio in risposta a questa necessità e rappresenterà un crogiolo di idee da cui poter trarre l’impulso necessario per operare un salto di qualità in questa direzione. Sarà una pietra miliare del nostro futuro”.

Rettore

“Quello che vogliamo disegnare con Converging Skills è un nuovo ruolo per l’Università nello sviluppo economico e tecnologico del Paese. Il nostro Ateneo ha le capacità, le risorse, le energie e anche il ruolo, nella regione, per svolgere bene questo compito - ha aggiunto Giuseppe Iannaccone, Prorettore vicario dell’Università di Pisa – Secondo il National Entrepreneurship Context Index (NECI) sono 13 i fattori di contesto che favoriscono l’imprenditorialità. Tra i paesi ad alto reddito l’Italia è quello con le performance peggiori, perché raggiunge la sufficienza solo in due parametri e questo può compromettere il suo futuro sviluppo economico. Pisa potrebbe aiutare il sistema paese a migliorare in almeno altri cinque parametri NECI. Nello specifico quelli che riguardano il contesto socioculturale; l'accesso agevolato ai finanziamenti per l'imprenditoria; la formazione imprenditoriale sia universitaria che post-universitaria; la ricerca e il trasferimento tecnologico”.

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Tra i primi interventi della mattinata, quello di Daria Mochly-Rosen della Stanford University che, presentando il programma SPARK - da lei fondato nel 2006 per colmare il divario tra le scoperte nel campo della ricerca biomedica accademica e lo sviluppo di nuovi e promettenti trattamenti per i pazienti -, ha dato le otto regole fondamentali per imparare dagli insuccessi quando si vuole innovare a partire dalla ricerca, come l’importanza di chiedere consigli, di “lasciare il proprio ego alla porta”, di non aver paura di fallire e continuare a fare ricerca di base.

Riccardo Pietrabissa, rettore della IUSS di Pavia e delegato CRUI per il trasferimento tecnologico, ha ricordato come l’impatto sulla società della cosiddetta “terza missione” passa non solo dalla convergenza delle abilità, ma anche delle risorse e delle conoscenze. A partire da quelle sviluppate dalla cosiddetta blue skies research, ossia la "ricerca della conoscenza per amore della conoscenza”, tipicamente universitaria, che si muove in ambiti le cui applicazioni nel mondo reale non sono immediatamente apparenti, ma che storicamente ha portato ad innovazioni fondamentali.

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Con Agostino Santoni, Vicepresidente di Cisco Sud Europa e Vicepresidente per il digitale di Confindustria, si è parlato, invece, della necessità di sempre maggiori competenze digitali e di come lo sviluppo di un ecosistema dell’innovazione, come quello che vorrebbe contribuire a creare l’Università di Pisa, sia oggi in Italia un fattore critico per la competitività del nostro tessuto produttivo.

Tra i temi più caldi, per quanto riguarda le collaborazioni tra Università e impresa, quello del quantum computing su cui si è soffermato Andrea Corbelli, direttore tecnico di IBM Infrastructure per l’Europa, Medio Oriente e Africa, e IBM Quantum Ambassador. Un settore da cui proviene una forte domanda di talenti e competenze e che apre a grandi possibilità di collaborazioni tra studenti, start up, università e centri di ricerca.

Nella seconda parte della mattinata, a scorrere sotto la lente dell’anteprime di Converging Skills è stato, infine, il punto di vista degli investitori, con gli interventi di Roberto Bonanzinga, co-fondatore e partner di InReach Ventures, e di Gabriele Paglialonga, managing director di Industrio Ventures. Adesso l’appuntamento è per il 26 giugno, giorno ufficiale di apertura di Converging Skills.

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