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Comunicati stampa

Giovani archeologi pisani e americani di nuovo insieme per la campagna di scavi a Badia Pozzeveri nel Comune di Altopascio (LU). Grazie a un accordo tra l'Università di Pisa e la Ohio State University, l'area intorno all'antica chiesa abbaziale sarà utilizzata nel mese di luglio come scuola estiva di archeologia dagli studenti di antropologia e di archeologia provenienti da ben 17 università nordamericane, sotto l'egida del Department of Anthropology dell'Ohio State University, e dagli studenti del master in Bioarcheologia, Paleopatologia e Antropologia Forense degli atenei di Pisa, Bologna e Milano. Il progetto di studio, varato in accordo con la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, ha come obiettivo l'indagine archeologica estensiva dell'antica abbazia e in particolare lo studio e l'analisi dei resti umani sepolti nelle aree cimiteriali del monastero. Sul sito http://www.paleopatologia.it sarà possibile seguire il diario degli scavi.

Alla presentazione della Field school, che si è tenuta al rettorato dell'Università di Pisa, erano presenti Alessandra Guidi, prorettore per l'Internazionalizzazione, Gino Fornaciari, direttore della divisione di Paleopatologia dell'Ateneo pisano e co-direttore della Field School, Giuseppe Vercellotti, Instructor della Field School per il Department of Anthropology della Ohio State University, , Maido Castiglioni, vice presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, Maurizio Marchetti, sindaco del Comune di Altopascio, Nicola Fantozzi, assessore alla Cultura del Comune di Altopascio.

Il campione bioarcheologico recuperato permetterà di ricostruire malattie, stile di vita e caratteristiche fisiche della popolazione locale dal Medioevo fino al XIX secolo. Il cantiere di scavi prevede quest'anno la permanenza sul sito di 31 studenti americani, di 10 fra istruttori, supervisori e assistenti di ricerca italiani e americani e di 3 directors (Francesco Coschino, Antonio Fornaciari, Giuseppe Vercellotti), per un totale di 38 persone, per tutta la durata del mese di luglio 2013. Gli studenti saranno ospitati dal comune di Altopascio, grazie a un finanziamento della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca.

L'area di scavo di quest'anno sarà molto più estesa rispetto alla scorsa edizione. La campagna dello scorso anno aveva portato alla luce diverse fasi cimiteriali comprese tra l'XI e il XIX secolo, tra cui un'area destinata ai bambini risalente al XVIII secolo, nota in Toscana come "paradisino". Di particolare importanza è stato il ritrovamento di una fossa per la gettata delle campane risalente alla fine del XVIII secolo, in cui erano ancora ben visibili le impronte degli stampi per la fusione del bronzo.

Mercoledì 3 luglio, alle 11.30, nell'Aula Pacinotti di Ingegneria, si svolgerà "Natural Motion and Manipulation", la terza edizione del ciclo di workshop "New Frontiers of Robotics", che il Centro di ricerca "E. Piaggio" dell'Università di Pisa organizza ogni anno invitando scienziati di fama internazionale a presentare gli aspetti più avanzati della propria ricerca. Tema centrale dell'edizione 2013 è lo studio di robot in grado di compiere movimenti simili a quelli dell'essere umano e di cooperare con l'uomo nello svolgimento di diversi compiti, in modo sempre più naturale. I nuovi robot sono dotati di un "corpo" ispirato al sistema muscolo-scheletrico umano, imitandone anche il controllo, ed è questo design innovativo che li rende più efficienti e affidabili. Il programma di quest'anno prevede ospiti da Università di Stanford, Agenzia Aereospaziale Tedesca, Università di Berlino, Università di Siena e Istituto Italiano di Tecnologia di Genova.

Lo studio della relazione e connessione fisica uomo-robot ha permesso di aprire nuove strade per lo studio delle strutture che governano il movimento, con prospettive di applicazione in area medica, nella riabilitazione e nell'intrattenimento. Particolare attenzione verrà dedicata al ruolo della mano e del movimento della manipolazione umana, il cui studio richiede la comprensione profonda della complessa interazione tra mano, oggetto e ambiente.

Il workshop presenta i risultati delle ricerche condotte in ben cinque progetti europei che vedono coinvolto il Centro "E. Piaggio": THE Hand Embodied, SoftHands, WhereHap, RobLog e Saphari, ed è organizzato dal Centro "E.Piaggio" in collaborazione con la sezione Italiana della società di IEEE Robotica e Automazione (Italian Chapter of IEEE Robotics and Automation Society).

Il programma dettagliato della giornata è disponibile all'indirizzo http://www.centropiaggio.unipi.it/new-frontiers-robotics-2013.html. Il workshop potrà essere seguito in streaming dal canale YouTube del Centro "E. Piaggio" connettendosi al link http://www.youtube.com/centroepiaggio.

Mercoledì 3 luglio, alle ore 21.30, il Coro dell’Università di Pisa si esibirà alla Certosa di Calci riproponendo al pubblico i Carmina Burana di Carl Orff, nell’occasione eseguiti insieme al Coro dell’Università di Ulm. Il concerto, che inaugurerà l’edizione 2013 del “Certosa Festival”, nasce dallo scambio culturale tra il Coro dell’Ateneo pisano (maestro Stefano Barandoni) e il Coro dell’Università di Ulm (maestro Albrecht Haupt) e l’esecuzione prevede una compagine di duecento coristi. L’ingresso è di 10 euro fino a esaurimento dei 250 posti a sedere e di 7 euro per i posti in piedi, che non potranno a loro volta superare le 200 unità. La vendita inizierà alla Certosa un’ora prima dell’inizio dello spettacolo.

Stanno bene e hanno trovato casa i 21 beagle che, nell'agosto dello scorso anno, sono stati affidati al dipartimento pisano di Scienze veterinarie per seguire un percorso di recupero dopo essere stati utilizzati a fini scientifici. Il progetto, frutto di un accordo tra l'Ateneo pisano e la casa farmaceutica che aveva impiegato i cani, si basa su una norma del 2001, che prescrive la riabilitazione degli animali da sperimentazione nei casi in cui le condizioni di salute degli stessi lo consentano.

L'accordo è stato promosso e coordinato dal ministero della Salute, che ha scelto l'Università di Pisa, in tutto il territorio nazionale, perché questo tipo di procedura è già stato avviato da anni sugli animali utilizzati nella ricerca biomedica dell'Ateneo. Al dipartimento di Scienze veterinarie, inoltre, è attivo un eccellente centro di medicina comportamentale, che ha reso possibile seguire lo sviluppo del programma con competenze altamente specializzate.

Durante quest'anno i 21 splendidi esemplari di beagle, di ambo i sessi e dell'età di circa due anni, sono stati ospitati nella struttura di accoglienza del dipartimento di Scienze veterinarie che si trova all'interno del Parco di Migliarino-San Rossore-Massaciuccoli. In un contesto ricco di stimoli, i cani hanno seguito uno specifico programma di riabilitazione, sotto la cura dello staff di esperti comportamentali guidato dal professor Angelo Gazzano. Essendo cresciuti in laboratorio, infatti, gli animali non avevano avuto modo di interagire con l'ambiente esterno e con l'uomo. Alcuni di loro hanno manifestato da subito intraprendenza e apertura, altri si sono dimostrati più timorosi e diffidenti: nel complesso, comunque, tutti i beagle hanno dato nel tempo una risposta adeguata alle terapie applicate.

Parallelamente, sono state esaminate le numerose richieste di adozione pervenute dalla Toscana e da tutta Italia, tra le quali è stata effettuata un'attenta selezione. Le famiglie prescelte sono state quindi coinvolte nel programma di recupero, in modo da facilitare il progressivo inserimento degli animali.

Oltre che il dipartimento di Scienze veterinarie, diretto dalla professoressa Daniela Gianfaldoni, e il ministero della Salute, il progetto ha coinvolto nella parte organizzativa il Settore Ricerca dell'Ateneo pisano e in particolare la dottoressa Antonella Pochini.

Amelia Earhart era un'aviatrice statunitense che negli anni Trenta del Novecento stabilì numerosi record di volo, diventando un simbolo dell'emancipazione femminile. Oggi l'organizzazione Zonta International, impegnata per migliorare le condizioni della donna nel mondo, bandisce 35 borse intitolate alla Earhart da assegnare a donne iscritte a corsi di dottorato in ingegneria o scienze aerospaziali, per favorire i loro studi in ambiti più tradizionalmente praticati dagli uomini. Tra le vincitrici di quest'anno, c'è anche una "ingegnera" dell'Università di Pisa, Daniela Pedrini, allieva del primo anno del corso di dottorato in Ingegneria spaziale, inserita nella graduatoria mondiale che comprende solamente atre due studentesse cittadine italiane, ma afferenti a università straniere. Alla giovane scienziata, 27 anni, originaria di Camporgiano (LU), andranno 10 mila dollari della borsa "Amelia Earhart", che potrà usare per realizzare il proprio programma di dottorato.

Daniela Pedrini si è laureata in Ingegneria aerospaziale lo scorso ottobre, con relatori i professori Mariano Andrenucci, Fabrizio Paganucci e Riccardo Albertoni. A novembre ha vinto il dottorato in Ingegneria e attualmente svolge la sua attività di ricerca presso la Alta spa, azienda spin off dell'Università di Pisa. Il suo programma di dottorato riguarda lo studio di catodi cavi per applicazioni su propulsori elettrici spaziali. Con la vincita della borsa "Amelia Earhart" va ad aggiungersi alle oltre 400 donne nel mondo che, dal 1941 ad oggi, hanno ottenuto il prestigioso riconoscimento per meriti accademici e comprovata capacità di studio. Una cerimonia di premiazione sarà programmata dopo il mese di agosto 2013 nel distretto Zonta più vicino alla residenza.

È un approccio innovativo per la cura di patologie muscolari come la distrofia e la miopatia ed è il risultato di una ricerca internazionale in cui sono coinvolte le Università di Pisa, Padova, Stanford e l'University College di Londra. Lo studio, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nature, ha dimostrato il ruolo che il collagene VI, una proteina della matrice extracellulare, riveste nella rigenerazione muscolare e nel rinnovamento delle cellule staminali adulte muscolari. In particolare è stato messo a punto un materiale geliforme che, iniettato tramite una normale siringa commerciale, resta localizzato all'interno del muscolo naturale e permette di valutare la sua efficacia in vivo nel ripristino della funzionalità muscolare.

Lo studio è stato condotto dal gruppo di Giovanni Vozzi, docente del dipartimento di Ingegneria dell'Informazione e del Centro di ricerca "E. Piaggio", in collaborazione con Paolo Bonaldo, del dipartimento di Scienze biomediche dell'Università di Padova, Thomas Rando, del dipartimento di Neurologia e Scienze neurologiche della Stanford University, e Giulio Cossu del dipartimento di Biologia della cellula e dello sviluppo dell'University College di Londra. "Muscoli che presentano un'assenza del collagene VI mostrano significativa diminuzione di rigidità - spiega Giovanni Vozzi - Quando il collagene VI è reintegrato in vivo con l'impianto di fibroblasti capaci di produrre tale proteina, le proprietà biomeccaniche dei muscoli sono migliorate fino a giungere a un loro ripristino e le alterazioni nell'autorinnovamento delle cellule satellite vengono annullate".

Il ruolo svolto dai ricercatori dell'Università di Pisa è stato quello di caratterizzare biomeccanicamente muscoli con o senza collagene VI: "Una volta compreso il loro comportamento biomeccanico abbiamo messo a punto delle strutture geliformi a base di gelatina che mimassero la nicchia staminale sana e malata - continua Vozzi, che ha condotto lo studio con l'aiuto della dottoressa Francesca Montemurro - Su queste strutture sono poi state seminate le cellule satellite prelevate da muscolo sano e muscolo malato, in modo da vedere se erano in grado di attivare il loro differenziamento in cellule muscolari e ripristinare le loro normali attività cellulari, e una volta indirizzate verso ciò sono state impiantate nei muscoli malati".

"Nell'esperimento è stato interessante notare che numerose cellule satellite, dopo essere state coltivate sulle strutture meno rigide (cioè meccanicamente simili al muscolo malato), sono state trovate nell'interstizio dei muscoli trapiantati, suggerendo che queste cellule miogeniche sono meno capaci a localizzarsi nelle giuste posizioni rispetto a quelle coltivate su strutture con rigidità fisiologica, in quanto risentono del diverso comportamento meccanico del substrato su cui sono state coltivate. Quindi un corretto stimolo meccanico aiuta le cellule satellite ad attivare le loro normali attività cellulari e permette lo sviluppo di un tessuto muscolare sano", conclude Vozzi.

Il materiale geliforme utilizzato in questo lavoro di ricerca è in fase di ottimizzazione. Tale sistema potrebbe rappresentare un innovativo approccio per la cura di tutte le patologie muscolari connesse con le alterazioni nella produzione del collagene VI, incluse la miopatia di Bethlem e la distrofia muscolare congenita di Ullrich.

L'articolo è disponibile su: http://www.nature.com/ncomms/2013/130607/ncomms2964/full/ncomms2964.html

Quali sono i segreti dei giardini dell'antico Egitto? Perché poi un "giardino che si rispetti" dovrebbe avere una fontana? E come mai i giardini d'infanzia si chiamano proprio così? Sono questi alcuni dei temi che saranno affrontati nelle "Conversazioni sul giardino", il seminario annuale della Scuola di dottorato in Storia, Orientalistica e Storia delle Arti dell'Università di Pisa che si svolgerà giovedì 27 e venerdì 28 giugno nell'aula G1 del Polo Guidotti in via Trieste 38.

"Dieci conferenze in due giorni - ha spiegato Giovanni Salmeri direttore della Scuola di dottorato – per offrire in primo luogo ai nostri dottorandi e poi a chiunque sia interessato una visione del giardino più ampia e articolata possibile in grado di farne almeno intuire la complessa stratificazione storica e l'estrema varietà di forme e tipi".

Giovedì 27 giugno alle 10,00 inaugura i lavori Luigi Zangheri, presidente della fiorentina Accademia delle Arti del Disegno, che parlerà di acqua e giardino, quindi Marilina Betrò, egittologa dell'Università di Pisa, introdurrà i partecipanti ai segreti dei giardini del Nilo. Lucia Battaglia, già docente di letteratura italiana all'Università di Pisa, traccerà invece un intrigante parallelo tra giardini letterari (basti pensare a Dante e Boccaccio) e i giardini dipinti nel tardo Medioevo. Nel pomeriggio Osvaldo Raggio dell'Università di Genova si soffermerà sui giardini dell'aristocrazia e Laura Savelli dell'Ateneo pisano tratterà dell'origine e delle varie implicazioni del termine "giardino d'infanzia" mentre Anthony Gerbino dell'Università di Manchester parlerà del giardino formale francese e Alessandro Tosi, direttore del Museo della Grafica, presenterà le sue riflessioni sul nesso giardino e paesaggio. La giornata si chiuderà con una visita dell'Orto Botanico guidata dal suo direttore, Gianni Bedini, a cui seguirà un concerto dell'Orchestra dell'Università di Pisa condotta da Manfred Giampietro.

Venerdì 28 giugno alle 9,30 sarà la volta di Cinzia Sicca dell'Università di Pisa che discuterà del rapporto tra scultura e architettura nel giardino inglese della prima metà del Settecento quindi lo storico dell'arte romano Ettore Janulardo rivolgerà la sua attenzione alle immagini del giardino nella città italiana del primo Novecento mentre Lucia Tomasi Tongiorgi traccerà un viaggio immaginario per i giardini pisani. Alle 12 è prevista la chiusura dell'incontro con una visita guidata della mostra "Arte botanica nel terzo millennio" al Museo della Grafica.

A 100 anni dalla sua prima istituzione, potrebbe presto rinascere a Pisa la Scuola di Ingegneria. Il 12 giugno scorso il Senato accademico dell'Università di Pisa ha espresso parere positivo sulla sua istituzione che verrà decisa nel Consiglio di Amministrazione del 26 giugno, completando così la trasformazione delle strutture didattiche e di ricerca degli atenei voluta dalla cosiddetta legge Gelmini del 2010. La Scuola di Ingegneria riunirà i tre dipartimenti nati dalla ex facoltà di Ingegneria (Ingegneria civile e industriale, Ingegneria dell'energia, dei sistemi, del territorio e delle costruzioni e Ingegneria dell'informazione) e i due dipartimenti di Matematica e Fisica. Il compito della Scuola sarà di coordinare le attività didattiche per garantire la qualità della formazione nelle scienze di base e una visione interdisciplinare, caratteristiche indispensabili alla formazione di un moderno ingegnere.

"La rinascita della Scuola di Ingegneria – ha sottolineato il professore Pierangelo Terreni già preside della ex facoltà di Ingegneria dell'Ateneo pisano – coincide con la sua prima fondazione avvenuta 100 anni fa, con la legge 856 del 22 giugno 1913 che all'articolo 2 recitava: 'È istituita in Pisa, presso quella Università, a cominciare dall'anno scolastico 1913–14, una scuola di applicazione per gl'ingegneri'".

La Scuola, che fu inizialmente diretta dal matematico Ulisse Dini, rimase pressoché immutata fino al 1935, quando diede origine alla "facoltà di Ingegneria" la cui sede in Largo Lucio Lazzarino a Pisa fu inaugurata l'anno successivo alla presenza di Vittorio Emanuele III e dell'allora rettore Giovanni D'Achiardi.

"L'eccellente reputazione di cui ha sempre goduto Ingegneria a Pisa – ha concluso il professor Terreni - è legata alla capacità di unire attività di ricerca ad alto livello con la più grande attenzione alla qualità della didattica. A questa eccellente reputazione si è accompagnata una sempre maggiore richiesta di accesso da parte degli allievi, con immatricolazione che hanno continuato a crescere, anche negli ultimi anni, ed un numero di iscritti che ha ormai superato le 10.000 unità".

L'intervento completo del professore Pierangelo Terreni sulla storia della Scuola di Ingegneria a Pisa dal 1913 a oggi: http://www.unipi.it/index.php/tutte-le-news/item/2620-dopo-100-anni-potrebbe-presto-rinascere-la-scuola-di-ingegneria

Se ci limitassimo all'anatomia del loro cervello, dovremmo dire che non ci vedono. Parliamo dei bambini che nascono con lesioni dovute ad emorragie o malformazioni che colpiscono la corteccia occipitale, l'area deputata alla visione. Nonostante abbiano questi danni congeniti, cioè sin dalla nascita, i ricercatori hanno notato che questi bambini rispondono agli stimoli come se ci vedessero: evitano gli ostacoli improvvisi, si spostano alla percezione dell'oggetto, si voltano verso la parte cieca. Un vero e proprio mistero che un team tutto italiano e tutto toscano ha finalmente svelato, aprendo nuove prospettive di cura per bambini e adulti con danni alle funzioni visive.

"Abbiamo scoperto che nei bambini con lesioni alla nascita la corteccia sana compensa la parte cerebrale lesionata", spiegano il professor Giovanni Cioni e la professoressa Maria Concetta Morrone, entrambi docenti presso l'Università di Pisa (rispettivamente dei Dipartimenti di Medicina Clinica e Sperimentale e di Ricerca Traslazionale) ma anche ricercatori presso l'IRCCS Fondazione Stella Maris per la Neuropsichiatria dell'infanzia e l'adolescenza. "Lo studio che abbiamo realizzato dimostra l'estrema plasticità del cervello del bambino - proseguono i due scienziati _ e quindi la sua formidabile capacità di riorganizzarsi anche dopo una lesione molto grande e potenzialmente invalidante".

Proprio per la sua importanza la ricerca è valsa la pubblicazione sulla autorevole rivista internazionale di Neuroscienze Cortex. L'équipe che ha fatto questa importante scoperta è multidisciplinare e comprende ricercatori dell'IRCCS Fondazione Stella Maris, del CNR e dell'Università di Pisa e dell'Università di Firenze. Lo studio che porta le firme di Francesca Tinelli, Guido Marco Cicchini, Roberto Arrighi, Michela Tosetti, Giovanni Cioni e Maria Concetta Morrone, ha evidenziato i meccanismi con cui alcuni soggetti riescono a correggere l'emianopsia, ovvero la perdita di metà del campo visivo, acquisendo la possibilità di utilizzare i segnali visivi provenienti dal campo cieco senza averne una percezione cosciente.

"Abbiamo seguito alcuni bambini con questo tipo di lesioni alla nascita nel corso degli anni, sottoponendoli ad imaging funzionale, ovvero l'uso della risonanza magnetica per analizzare e studiare la relazione tra l'attività di determinate aree cerebrali e specifiche funzioni cerebrali. _ continua la professoressa Morrone _. Con l'uso di queste avanzate tecnologie abbiamo potuto comprendere il meccanismo con cui il loro cervello compensa la mancanza di questa funzione visiva. La parte buona della corteccia assume anche le funzioni di quella danneggiata, andando a colmare il danno che si trova nell'altro emisfero. E' la prova di quanto sia plastico il cervello del bambino e quindi sia capace di riorganizzarsi per far fronte alle difficoltà".

Aggiunge il professor Cioni: "Questo avviene solo nei bambini con una lesione congenita. Nel gruppo dei bambini che hanno avuto danni di questo tipo successivamente e quindi non alla nascita, non abbiamo assistito a questa riorganizzazione e nemmeno negli adulti. La ricerca evidenzia chiaramente tre elementi fondamentali: il cervello è plastico; l'ambiente insegna ed è quindi il "farmaco del cervello" e in base a quanto scoperta possiamo studiare terapie ad hoc".

Le ricadute di questo studio porteranno a nuove cure? "E' una speranza molto concreta - aggiunge il professor Cioni _ , comprendendo meglio I meccanismi possiamo intensificare gli stimoli sulla plasticità cerebrale e approntare interventi terapeutici anche per tutti quei bambini con danni non congeniti e per gli adulti. Certo siamo appena agli inizi ma abbiamo una prima e importante risposta preliminare". Che terapie pensa siano attivabili? "Mi riferisco per esempio a interventi riabilitativi con supporto di tecnologie bioingegneristiche e di Information Comunication - conclude il professore - capaci di riattivare la plasticità attraverso trattamenti più intensivi e personalizzati, fatti a casa ma con sorveglianza medica mediante la telemedicina. C'è uno studio in corso che si ricollega a questo, i cui risultati sono promettenti".

Lo scorso 14 giugno, a Venezia, un gruppo di ricercatori del Centro "E. Piaggio" dell'Università di Pisa ha ricevuto il primo premio per la categoria "Food and Green" del concorso Arscientia 2012-2013. Il progetto premiato è MultiDyn, un innovativo supporto per le tecniche alternative ai test sugli animali, che punta a ridurre il numero di cavie animali per i test usando dei modelli di tessuti e organi sviluppati in vitro unendo i vantaggi di tecnologie all'avanguardia come i bioreattori a quelli di sistemi ben conosciuti dai ricercatori come le multiwell.

"MultiDyn consente di implementare e monitorare in tempo reale modelli 3D multi-organo, in condizioni dinamiche - spiegano Tommaso Sbrana, Serena Giusti e Giorgio Mattei del Centro "E. Piaggio" - Il suo design è compatibile con molti dei protocolli sperimentali ad oggi consolidati e facilita quindi il passaggio a modelli in vitro più simili alla realtà in vivo".

Arscientia (www.arscientia.eu) punta a far convergere i territori di arte, scienza e impresa e apprezzarne le potenzialità d'innovazione attraverso momenti di dialogo e confronto su tendenze e scenari a cavallo tra arte e scienza.

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