L’Università di Pisa celebra Gillo Pontecorvo a 100 anni dalla sua nascita
Nel centesimo anniversario della nascita di Gillo Pontecorvo – nato a Pisa il 19 novembre 1919 – l’Università di Pisa gli rende omaggio con due iniziative per approfondire la sua opera di regista e presentare al pubblico uno dei suoi film più intensi, importanti e belli, “La battaglia d’Algeri”, Leone d’Oro alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1966, qui in copia restaurata dalla Cineteca di Bologna. Alle iniziative partecipano Simone e Picci Pontecorvo, figlio e moglie del regista scomparso nel 2006.
Martedì 19 novembre, alle ore 17, nell’Aula Magna Storica della Sapienza, dopo i saluti del rettore Paolo Mancarella, si terrà una tavola rotonda con presentazione di materiali audiovisivi provenienti dall’Istituto Luce. Coordina Chiara Tognolotti dell’Università di Pisa, intervengono Simone e Picci Pontecorvo, Ivelise Perniola, dell’Università di Roma Tre, Augusto Sainati, dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, Fabrizio Franceschini, direttore del CISE, il Centro interdipartimentale di Studi ebraici dell’Università di Pisa, e Francesco Strazzari, della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
Alle ore 20.30, al Cinema Arsenale, appuntamento con la proiezione de “La battaglia d’Algeri” (1966), alla presenza di Simone e Picci Pontecorvo. Introduzione a cura di Maurizio Ambrosini dell’Università di Pisa e Francesco Strazzari, della Scuola Superiore Sant’Anna). L’ingresso libero. La giornata, curata da Sandra Lischi e Chiara Tognolotti, è organizzata dall'Università di Pisa in collaborazione con CISE-Centro interdipartimentale di Studi ebraici.
L’esistenza di Pontecorvo si snoda su un filo rosso saldo e tenace: la tensione verso l’impegno collettivo e politico. Fin dalla necessaria fuga in Francia insieme al fratello Bruno dalle leggi razziali del ‘38, l’impatto di Gillo con la storia fece maturare in lui un impegno collettivo, insieme agli altri esuli politici, non solo per opporsi all’ondata nazifascista, ma per immaginare un sistema sociale ed economico diverso, più giusto e accogliente.
Per Gillo, quel filo si è intessuto sullo schermo del cinema, dove esordisce nel 1956, anno centrale e critico del Novecento, non a caso con due corti di taglio documentario sul movimento operaio, tra zolfare e fabbriche di tessuti. Quell’afflato verso le urgenze di un mondo che cambiava non sarebbe mai scomparso. Così i suoi film di finzione – non molti, essenziali anche nei titoli: “La lunga strada azzurra”, “Kapò”, “La battaglia di Algeri”, “Queimada”, “Ogro” – si sono mossi lungo le fila della storia, della riflessione politica e della tensione ideologica, dai campi di sterminio al colonialismo all’indipendentismo basco, lontani dalle uscite cadenzate imposte dall’industria del cinema e vòlti piuttosto a fare presa sulle cose e sulle idee. Ma Pontecorvo non muove soltanto nei territori lontani della storia passata: la tensione stringente dei racconti e delle immagini rilancia quelle riflessioni sul nostro presente, a illuminarne i giorni aggrovigliati e oscuri e a chiamare verso un agire consapevole nel mondo.
Così gli incarichi nelle istituzioni culturali (la direzione della mostra del cinema di Venezia e poi la presidenza di Cinecittà Holding, nel decennio Novanta) hanno portato il regista a muoversi con agio anche dentro quelle istituzioni in un agire politico che trascorre coerente dalla regia all’impegno nel reale, sempre lungo il filo della necessità del dire e del mostrare.
A chiudere questo percorso affilato e appassionato, il desiderio di documentare, ancora una volta: non sono più operai e operaie, ma quei fenomeni giovanili che parevano annunciare un nuovo corso pacifico del XXI secolo: “Un altro mondo è possibile” (2001) sul drammatico G8 di Genova e “Firenze, il nostro domani” (2002) sul Social Forum in quella città; eventi sbirciati con occhi curiosi, come a cercare le tracce e il rilancio di una passione politica e civile mai dimenticata.
Workshop "Deviced. Sei sicuro di conoscere la storia del tuo smartphone?"
Il 21 novembre alle 18:3, nell'aula F2 del Polo F, via Diotisalvi 5, si svolgerà il workshop "Deviced. Sei sicuro di conoscere la storia del tuo smartphone?"
Il workhop ripercorre il lavoro di costruzione di "Deviced", una graphic novel che racconta dell’impatto sociale e ambientale che la rivoluzione digitale sta avendo sul mondo.
Tramite i contributi e le esperienze dei creatori di Deviced, sarano illustrate le fasi di documentazione e di realizzazione di un fumetto di inchiesta, dalla ricerca giornalistica fino al crowdfunding e alla realizzazione dell'opera.
L'evento, a ingresso libero e gratuito, è organizzato dall'associazione studentesca "Ritmi Meridiani", con i contributi per le attività studentesche dell'Università di Pisa (rif. 1980).
"Deviced" è un'opera di graphic journalism realizzata da Riccardo Lichene, Giulio Garlaschi, Davide Gatti, Marika Michelazzi e Stefano Stranges, in corso di produzione attraverso crowdfunding.
"Ognuno di noi ha in tasca uno smartphone ma pochi conoscono la sua storia. È composto da minerali insanguinati provenienti dall'Africa, assemblato da una forza lavoro quasi schiavizzata in Cina e sarà bruciato in una discarica di rifiuti elettronici in Africa per recuperare i materiali più preziosi. Tutto questo con gravissimi danni all'ambiente e alle persone.
Deviced è una graphic novel composta da tre storie di non-fiction (basate sui fatti) che si svolgono in tre luoghi simbolici delle diverse situazioni nel mondo: Rubaya in Congo (dove avviene la maggior parte dell'estrazione mineraria illegale di Coltan), Shenzhen in Cina (dove le condizioni di lavoro sono così terribili alcune aziende hanno dovuto installare reti anti-suicidio intorno ai loro edifici) e infine ad Agbogbloshie in Ghana (dove c'è una delle più grandi discariche di rifiuti elettronici esistenti)".
[dalla presentazione di Deviced su Eppela]
Info:
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https://www.facebook.com/RitmiMeridiani/
Workshop "Deviced. Sei sicuro di conoscere la storia del tuo smartphone?"
Il 21 novembre alle 18:3, nell'aula F2 del Polo F, via Diotisalvi 5, si svolgerà il workshop "Deviced. Sei sicuro di conoscere la storia del tuo smartphone?"
Il workhop ripercorre il lavoro di costruzione di "Deviced", una graphic novel che racconta dell’impatto sociale e ambientale che la rivoluzione digitale sta avendo sul mondo.
Tramite i contributi e le esperienze dei creatori di Deviced, sarano illustrate le fasi di documentazione e di realizzazione di un fumetto di inchiesta, dalla ricerca giornalistica fino al crowdfunding e alla realizzazione dell'opera.
L'evento, a ingresso libero e gratuito, è organizzato dall'associazione studentesca "Ritmi Meridiani", con i contributi per le attività studentesche dell'Università di Pisa (rif. 1980).
"Deviced" è un'opera di graphic journalism realizzata da Riccardo Lichene, Giulio Garlaschi, Davide Gatti, Marika Michelazzi e Stefano Stranges, in corso di produzione attraverso crowdfunding.
"Ognuno di noi ha in tasca uno smartphone ma pochi conoscono la sua storia. È composto da minerali insanguinati provenienti dall'Africa, assemblato da una forza lavoro quasi schiavizzata in Cina e sarà bruciato in una discarica di rifiuti elettronici in Africa per recuperare i materiali più preziosi. Tutto questo con gravissimi danni all'ambiente e alle persone.
Deviced è una graphic novel composta da tre storie di non-fiction (basate sui fatti) che si svolgono in tre luoghi simbolici delle diverse situazioni nel mondo: Rubaya in Congo (dove avviene la maggior parte dell'estrazione mineraria illegale di Coltan), Shenzhen in Cina (dove le condizioni di lavoro sono così terribili alcune aziende hanno dovuto installare reti anti-suicidio intorno ai loro edifici) e infine ad Agbogbloshie in Ghana (dove c'è una delle più grandi discariche di rifiuti elettronici esistenti)".
[dalla presentazione di Deviced su Eppela]
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INVITO STAMPA: Presentazione del concerto del Coro dell'Università in occasione del ventennale dalla fondazione
In occasione del ventennale dalla fondazione, il Coro dell'Università di Pisa terrà un concerto gratuito e aperto alla cittadinanza al Teatro Verdi venerdì 22 novembre dal titolo "Con la forza della musica", insieme con la Tuscan Chamber Orchestra, il tenore Marco Mustaro e il pianista Fabrizio Ferrari.
Il concerto e le altre iniziative per le celebrazioni dei 20 anni di attività del Coro saranno illustrate venerdì 15 novembre, alle ore 12 a Palazzo alla Giornata, dal rettore Paolo Mancarella, dalla responsabile del Centro per la diffusione della cultura e della pratica musicale dell'Ateneo, Maria Antonella Galanti, e dal direttore del Coro dell'Università, Stefano Barandoni.
I pionieri dell’ingegneria biomedica in Italia si raccontano
Venerdì 15 novembre alle 15 alla Scuola di Ingegneria dell’Università di Pisa (Largo Lucio Lazzarino, 1) Luigi Landini e Danilo De Rossi terranno la loro lezione magistrale prima del pensionamento
Tra i pionieri degli studi di ingegneria biomedica in Italia, i due professori ripercorreranno la propria formazione scientifica e didattica, che ha consentito la progettazione e l’avvio dei corsi di studio in Ingegneria Biomedica a Pisa, presso il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione, e poi getteranno uno sguardo al futuro della disciplina, tracciandone gli orizzonti e le linee di sviluppo.
Nato a Santo Stefano di Magra (SP) il 31 ottobre 1949, il Professor Landini si è laureato in Fisica nel 1974 a Pisa. Dal 1999 è Ordinario di Bioingegneria presso il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Ateneo pisano.
A partire dagli anni ’70, l'evoluzione che segna il passaggio dalle immagini analogiche convenzionali alle moderne immagini digitali computerizzate rende possibile lo sviluppo di una serie di nuove applicazioni basate sull’elaborazione dei segnali e delle immagini. Landini ha sviluppato prevalentemente in tali ambiti le proprie ricerche, raggiungendo risultati scientifici importanti con diverse ricadute sull’industria biomedica nazionale e internazionale. Di rilievo è anche la collaborazione che nasce da queste ricerche prima con il CNR e successivamente con la Fondazione Toscana Gabriele Monasterio di Pisa dalle quali nasce un’importante opportunità per il trasferimento dei risultati delle ricerche al contesto clinico.
Tra i precursori di un nuovo approccio alle “macchine pensanti” fondato sullo studio delle funzioni del corpo, e non solo del cervello, Danilo De Rossi si concentrerà nella sua lezione magistrale sulle linee di ricerca aperte durante gli anni di lavoro al Centro Piaggio dalla nuova robotica “soft” e dallo studio della base corporea delle emozioni per determinare l’intelligenza.
“Non c'è intelligenza senza interazione con il mondo. e non c'è interazione con il mondo senza un apparato sensoriale e motorio. Per avere intelligenza, quindi, è necessario avere un corpo”. Danilo De Rossi è stato trai primi in Italia ad applicare alla robotica e all’artificiale una nuova visione della natura e dell'uomo.
Nato l’11 giugno 1949 a Genova, ha conseguito il titolo di Dottore in Ingegneria Chimica presso l'Università di Genova nel 1976. Dal 1976 al 1981 è stato ricercatore presso l'Istituto di Fisiologia Clinica di C.N.R. Dal 1982 lavora presso la Facoltà di Ingegneria dell'Università di Pisa, dove è attualmente Professore ordinario di Bioingegneria. Le sue attività scientifiche sono legate alla progettazione di sensori e attuatori per la bioingegneria e la robotica e allo studio e sviluppo di sistemi indossabili per telemonitoraggio e teleriabilitazione. Ha ricevuto il premio Young Investigator Forum dalla Biomedical Engineering Society (Regno Unito) nel 1980 e dall'American Society for Artificial Internal Organans nel 1985. Nel 2012 gli è stato assegnato l'Ordine del Cherubino dall'Università di Pisa per i valori istituzionali e scientifici.
Direttore del Centro di Ricerca “Enrico Piaggio” dell’Università di Pisa dal 1998 al 2003 e dal 2012 al 2015, ha affiancato al campo di ricerca in robotica e automazione, già presente al Centro dalla sua fondazione, anche quello in boingegneria, rendendolo uno dei poli di eccellenza italiani del settore.
Festeggiamenti per 20 anni del Coro dell'Università di Pisa
Incarico presso il Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale: “Raccolta di dati clinici di pazienti con carcinoma midollare della tiroide inclusi nella ricerca del DNA circolante”
Grazie alla scienza rivive Nesos il vino marino degli antichi greci
Stappare una bottiglia di vino e tornare indietro nel tempo, è possibile grazie ad un esperimento scientifico unico al mondo condotto all'isola d'Elba. Nesos, il vino marino, è stato presentato mercoledì 13 novembre a Firenze in un convegno organizzato in collaborazione con Regione Toscana, Toscana Promozione Turistica, Vetrina Toscana, Fondazione Sistema Toscana.
L'esperimento enologico è stato realizzato dall'Azienda Agricola Arrighi dell'isola d'Elba in collaborazione con il Professor Attilio Scienza, Ordinario di Viticoltura dell’Università degli Studi di Milano e delle professoresse Angela Zinnai e Francesca Venturi del corso di Viticoltura ed Enologia dell'Università di Pisa.
Le 40 bottiglie di vino presentate in anteprima assoluta a Firenze sono state prodotte secondo una tecnica utilizzata nell’isola di Chio ai tempi dell’antica Grecia e che prevede di immergere i grappoli integri in mare aperto. Dopo circa 2500 anni questo metodo è stato riproposto all’Elba utilizzando l’ansonica, un'uva bianca coltivata sull’isola, con caratteristiche simili a quelle di due antiche uve dell’Egeo, il Rhoditis ed il Sideritis, e caratterizzata da una polpa croccante e una buccia resistente che ne ha permesso la permanenza in mare.
L'affinamento in mare delle uve nelle speciali nasse
Le uve sono state immerse in mare per 5 giorni a circa 10 metri di profondità, all’interno di nasse di vimini. Questo processo ha consentito di eliminare parte della pruina superficiale, cioè il velo ceroso che riveste gli acini, mentre il sale marino per “osmosi” è parzialmente penetrato all’interno. Nella vinificazione delle uve sono state impiegate anfore di terracotta ottenendo, dopo un anno di affinamento in bottiglia, un vino estremamente naturale, molto simile a quello prodotto 2500 anni fa.
“Il contributo alla ricerca dell’Università di Pisa è stato importante – dice la professoressa Angela Zinnai – a partire da quello di una mia studentessa, Naomi Deaddis, che ha dedicato la sua tesi di laurea all’esperimento e che ha reperito le particolari nasse che sono servite per immergere l’uva sino alla definizione del protocollo sperimentale e delle verifiche sia chimiche che sensoriali del vino che ho realizzato con la collega Francesca Venturi”.
Dalle analisi svolte è emerso che il contenuto in fenoli totali del vino marino è il doppio rispetto a quello prodotto tradizionalmente, e questo grazie alla maggiore estrazione legata alla parziale riduzione della resistenza della buccia. Dal punto di vista sensoriale il vino mostra infine abbondanti “riflessi dorati” con sentori di frutta matura a polpa bianca e gialla con un’evidente punta di salinità e una minore acidità titolabile legata all’incremento delle ceneri del vino.
Durante il convegno a Firenze è stato proiettato in anteprima italiana il documentario Vinum Insulae diretto e prodotto da Stefano Muti (Cosmomedia), che racconta l'esperimento enologico di Nesos e che ha vinto primo premio come Miglior Cortometraggio al 26° Festival International Œnovidéo di Marsiglia. Il documentario è attualmente in concorso anche alla IX edizione del Most Festival 2019, Festival internazionale del cinema del vino e della cava, che si sta svolgendo in Spagna a Vilafranca del Penedès, durante la celebrazione della Giornata europea del turismo del vino.
Grazie alla scienza rivive Nesos il vino marino degli antichi greci
Stappare una bottiglia di vino e tornare indietro nel tempo, è possibile grazie ad un esperimento scientifico unico al mondo condotto all'isola d'Elba. Nesos, il vino marino, è stato presentato mercoledì 13 novembre a Firenze in un convegno organizzato in collaborazione con Regione Toscana, Toscana Promozione Turistica, Vetrina Toscana, Fondazione Sistema Toscana.
L'esperimento enologico è stato realizzato dall'Azienda Agricola Arrighi dell'isola d'Elba in collaborazione con il Professor Attilio Scienza, Ordinario di Viticoltura dell’Università degli Studi di Milano e Angela Zinnai e Francesca Venturi del corso di Viticoltura ed Enologia dell'Università di Pisa.
Le 40 bottiglie di vino presentate in anteprima assoluta a Firenze sono state prodotte secondo una tecnica utilizzata nell’isola di Chio ai tempi dell’antica Grecia e che prevede di immergere i grappoli integri in mare aperto. Dopo circa 2500 anni questo metodo è stato riproposto all’Elba utilizzando l’ansonica, un'uva bianca coltivata sull’isola, con caratteristiche simili a quelle di due antiche uve dell’Egeo, il Rhoditis ed il Sideritis, e caratterizzata da una polpa croccante e una buccia resistente che ne ha permesso la permanenza in mare.
Le uve sono state immerse in mare per 5 giorni a circa 10 metri di profondità, all’interno di nasse di vimini. Questo processo ha consentito di eliminare parte della pruina superficiale, cioè il velo ceroso che riveste gli acini, mentre il sale marino per “osmosi” è parzialmente penetrato all’interno. Nella vinificazione delle uve sono state impiegate anfore di terracotta ottenendo, dopo un anno di affinamento in bottiglia, un vino estremamente naturale, molto simile a quello prodotto 2500 anni fa.
“Il contributo alla ricerca dell’Università di Pisa è stato importante – dice la professoressa Angela Zinnai – a partire da quello di una mia studentessa, Naomi Deaddis, che ha dedicato la sua tesi di laurea all’esperimento e che ha reperito le particolari nasse che sono servite per immergere l’uva sino alla definizione del protocollo sperimentale e delle verifiche sia chimiche che sensoriali del vino che ho realizzato con la collega Francesca Venturi”.
Dalle analisi svolte è emerso che il contenuto in fenoli totali del vino marino è il doppio rispetto a quello prodotto tradizionalmente, e questo grazie alla maggiore estrazione legata alla parziale riduzione della resistenza della buccia. Dal punto di vista sensoriale il vino mostra infine abbondanti “riflessi dorati” con sentori di frutta matura a polpa bianca e gialla con un’evidente punta di salinità e una minore acidità titolabile legata all’incremento delle ceneri del vino.
Durante il convegno a Firenze è stato proiettato in anteprima italiana il documentario Vinum Insulae diretto e prodotto da Stefano Muti (Cosmomedia), che racconta l'esperimento enologico di Nesos e che ha vinto primo premio come Miglior Cortometraggio al 26° Festival International Œnovidéo di Marsiglia. Il documentario è attualmente in concorso anche alla IX edizione del Most Festival 2019, Festival internazionale del cinema del vino e della cava, che si sta svolgendo in Spagna a Vilafranca del Penedès, durante la celebrazione della Giornata europea del turismo del vino.
Architettura Bottom–Up. Conferenza e Laboratorio di Rigenerazione Urbana
Il Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Edile Architettura propone un laboratorio e un ciclo di conferenze di Architettura Bottom-up, il metodo di progettazione che prevede la partecipazione dei cittadini stessi al processo di riqualificazione urbana.
In particolare, sarà proposto di individuare all’interno della città di Pisa “luoghi dimenticati” su cui mettere in pratica questo tipo di approccio alla progettazione.
Il progetto, finanziato dall’Università di Pisa - Fondi Speciali per la Didattica - è principalmente rivolto agli studenti di Ingegneria Edile Architettura dell’Università di Pisa, ma è aperto anche a studenti dell’Ateneo e di altri atenei italiani interessati.
La scadenza per le iscrizioni è il 29 novembre 2019.
I dettagli sono disponibili alla pagina: http://www.iea.ing.unipi.it/it/bacheca/iniziative/348-architettura-bottom-up-conferenza-e-laboratorio-di-rigenerazione-urbana