Incarico presso il Dipartimento di Economia e Management per: psicologo nell’ambito del progetto “Strumenti per l’autonomia di studenti con DSA”
Incarico presso il Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere "Studi conoscitivi e ricerche per la conservazione e la valorizzazione del complesso della certosa di Calci e dei suoi Poli Museali"
Sistema Informatico di Ateneo (s.i.a.)
Al via i “Dialoghi mazziniani”: giovedì un incontro sulla figura e sul pensiero di Carlo Rosselli
Prende il via la prima serie dei “Dialoghi mazziniani”, un ciclo di incontri promossi dalla Domus Mazziniana e dall’Università di Pisa. Si inizia giovedì 28 febbraio, alle ore 15, nella sede della Domus in via Mazzini 71, con Carlo Rosselli, il geniale ideatore del socialismo liberale, e fondatore di Giustizia e Libertà, il cui tentativo di sintesi tra i grandi filoni di pensiero della Sinistra Europea affondava le radici in un’ispirazione profondamente mazziniana, anche a livello familiare. Proprio a casa di un prozio di Carlo Rosselli, Pellegrino, in quella che sarebbe poi diventata la Domus Mazziniana, il 10 marzo 1872 moriva infatti Giuseppe Mazzini.
A discutere della figura e dell’attualità del pensiero di Carlo Rosselli sarà Gaetano Pecora, ordinario di storia delle dottrine politiche alla Luiss di Roma, tra i maggiori esperti italiani dei filoni ‘eretici’ del socialismo e della democrazia e autore di un importante saggio su Carlo Rosselli socialista e liberale, pubblicato dalla casa editrice Donzelli nel 2017.
Promossi e organizzati da Carmelo Calabrò, Tommaso Greco e Pietro Finelli, i “Dialoghi” si propongono di accendere l’attenzione su alcuni temi cruciali del dibattito politico contemporaneo a partire dalle suggestioni provenienti dalla riflessione teorica e dall’azione di alcuni grandi pensatori appartenenti a quella tradizione laica e democratica che identifica il proprio punto di riferimento ideale in Giuseppe Mazzini.
Rivoluzioni e follia in un convegno a Palazzo Boilleau
Giovedì 28 febbraio e venerdì 1 marzo, a Palazzo Boilleau, in via Santa Maria 85, si tiene il convegno “Immagini di rivoluzioni, immagini di follia nel XX secolo”, organizzato nell’ambito del progetto di ricerca d’Ateneo “La mutevole ambivalenza epistemologica delle immagini. Invenzione, espressione, comunicazione”, la cui responsabile scientifica è la professoressa Maria Antonella Galanti.
Il convegno è articolato in due parti: il 28 pomeriggio, dopo i saluti del rettore Paolo Mancarella e del direttore del dipartimento di Civiltà e forme del sapere Pierluigi Barrotta, si inizia alle ore 15 con la sessione “Un secolo di rivoluzioni” coordinata da Maria Antonella Galanti e articolata in due relazioni: la prima, a cura di Alberto Mario Banti, sul concetto di rivoluzione nel XX secolo, e una seconda, a cura di Franco Cambi, sulle rivoluzioni nell’ambito delle scienze umane e in particolare per quanto riguarda l’educazione sia in ambito scolastico sia familiare.
La seconda sessione, “Tra filosofia e psichiatria: la rivoluzione di Franco Basaglia”, coordinata da Fabrizio Meroi dell’Università di Trento, si apre alle ore 9 di venerdì 11 marzo ed è un approfondimento della trasformazione profonda delle idee intorno al rapporto tra normalità e follia che si realizza nel XX secolo e in particolare nella seconda metà. Sono invitati a parlarne uno studioso del nostro ateneo, Angelo Gemignani, e due psichiatri, Paolo Marinari e Gerardo Favaretto, che hanno vissuto sul campo tutte le contrastate vicissitudini legate alla legge Basaglia e alla sua applicazione.
In ciascuna delle due sessioni viene presentato un libro: “Rivoluzioni”, a cura di Fabrizio Meroi e Paolo Vanini, con i quali dialogano Guido Carpi e Pasquale Terracciano e “La trappola del fuorigioco” di Carlo Miccio, con il quale dialogano Maria Antonella Galanti e Alfonso Maurizio Iacono.
Inaugurata la linea PUMA al sincrotrone di Parigi: UNIPI protagonista
Si è concluso il 18 febbraio 2019, il primo ciclo di esperimenti presso la nuova linea di luce del Sincrotrone Soleil di Parigi “PUMA”; progettata e ottimizzata per lo studio dei materiali storico-artistici e archeologici, PUMA (Photons Utilisés pour les Matériaux Anciens) ha aperto le sue porte agli utenti esterni il 13 febbraio 2019. Ad inaugurare la linea di luce due ricercatrici Italiane, Alessandra Gianoncelli, responsabile della linea di luce TwinMic al Sincrotrone Elettra di Trieste, e Simona Raneri, ricercatrice presso il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa ed esperta di metodi innovativi e non distruttivi per i Beni Culturali.
A sinistra: Alessandra Gianoncelli e Simona Raneri presso la hutch della linea di luce PUMA insieme al responsabile di PUMA, Sebastian Schoeder; a destra Simona Raneri impegnata nel setting up di alcuni campioni.
La nuova linea di luce PUMA consente di effettuare mappature chimiche in fluorescenza a raggi X per la determinazione delle caratteristiche tessiturali e composizionali dei materiali e analisi in spettrometria di assorbimento XANES (X-ray Absorption Near-Edge Structure) e XRD per studi di carattere strutturale. PUMA offre una risoluzione spaziale micrometrica (3-5 micron) e un set-up che consente di analizzare frammenti dell’ordine del centinaio di micrometri; ciò costituisce un notevole vantaggio nello studio di materiali storico-artistici e archeologici sui quali il campionamento è spesso non consentito o limitato a micro-frammenti.
Le due ricercatrici hanno condotto i primi esperimenti presso PUMA analizzando due classi ceramiche arcaiche: vasi a vernice nera di tradizione Attica (dal Museo di Gela, in Sicilia) e lastre architettoniche dipinte di manifattura Etrusca (dagli scavi del Palatino del Parco Archeologico del Colosseo, Roma). Lo studio di tali materiali rientra nel progetto “Understanding the past and projecting it to the future by using synchrotron radiation sources: technology and raw materials in Archaic Age from Sicily to Rome” promosso in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Catania. Le ricerche hanno rivelato importanti elementi diagnostici utili all’analisi archeologica e storica dei frammenti analizzati, aprendo nuovi scenari di ricerca che saranno presto approfonditi durante successivi turni di misura a Elettra e Soleil.
La partecipazione di UNIPI e Elettra all’inaugurazione di una linea di luce presso il Sincrotrone di Parigi conferma la sinergia tra le due Istituzioni e crea i presupposti per nuove collaborazioni e accordi di interesse trasversale a più Dipartimenti dell’Ateneo.
Incarico presso il Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale “Pianificare la realizzazione dell'allestimento e la logistica dell’evento (focus group medici-pazienti del 15/05/2019) e produrre la documentazione necessaria
Facchinerie, storie di immigrati in età moderna
Andrea Addobati, professore associato di Storia Moderna all’Università di Pisa, è l'autore del saggio "Facchinerie. Immigrati bergamaschi, valtellinesi e svizzeri nel porto di Livorno (1602-1847)" (Edizioni Ets, 2019).
Il volume ripercorre la storia della Compagnia dei facchini della Dogana di Livorno dalla fondazione, nel 1602, fino alla soppressione, tenendo presenti le due prospettive attraverso le quali è possibile osservarla: la prospettiva marittima, quella del porto dove gli immigrati svolgono la loro attività, e la prospettiva alpina, quella delle famiglie e delle comunità di origine. Alla fine si scoprirà che una medesima storia può essere raccontata in maniere molto diverse.
Pubblichiamo di seguito un estratto dall'introduzione del volume a sua firma.
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Sappiamo bene che l’immigrazione e l’integrazione dei lavoratori stranieri sono temi ampiamente dibattuti ai giorni nostri. Se ne parla a proposito e sproposito, chiamando in causa molti luoghi comuni, generalizzazioni e stereotipi che hanno poco a che vedere con la condizione dei migranti, mentre mettono allo scoperto la nostra fragilità di fronte allo spaesamento per l’odierna realtà globalizzata, che si presenta ai più come un processo di ineluttabile sfaldamento della coesione sociale, smantellamento dei diritti, e perdita di tutti quei riferimenti culturali che conferiscono un senso collettivo alla vita degli individui.
Per porre un argine all’incipiente imbarbarimento delle relazioni, e provare ad accendere una scintilla di umana empatia verso chi deve lasciar la casa per giocarsi la vita sotto altre latitudini, è stato naturale tornare a rievocare l’epopea dei nostri antenati, dispersi per il mondo con cento lire in tasca. Gli storici di professione hanno fatto la loro parte. Negli ultimi anni sono apparsi moltissimi nuovi studi sui lavoratori italiani all’estero, sui flussi migratori dell’Ottocento verso le Americhe e su quelli più recenti con destinazione l’Alta Italia, il Nord Europa e l’Australia. Le ricerche più interessanti non si sono limitate a richiamare alla memoria l’esperienza difficile degli italiani in terra straniera, hanno cercato anche di focalizzare l’attenzione sulle relazioni politiche, sociali e culturali, incrociando i punti di vista degli emigranti e delle comunità che li accolsero. Lo stesso si tenterà di fare nello studio che segue, dedicato ad un caso abbastanza lontano nel tempo, e straniante da più punti di vista. (…)
I compiti riservati ai facchini delle dogane erano molto delicati, dovevano occuparsi dei lavori di scarico e carico, dei trasporti e dell’immagazzinamento delle merci soggette alla gabella, e quindi maneggiavano i denari del principe. Guai se lo stesso compito fosse stato affidato a dei lavoratori livornesi, sarebbe stato come rinunciare al dazio. Al contrario di quanto avviene oggi, esisteva insomma un pregiudizio sull’affidabilità della manodopera locale che faceva dire al granduca: immigrants first! Se si fosse chiesto conto della prevenzione verso i locali, il granduca, e con lui tutti i benpensanti, avrebbero risposto che la loro disonestà non aveva bisogno di dimostrazioni, era sotto gli occhi di tutti, mentre la fedeltà degli immigrati dipendeva probabilmente dal fatto che avevano tutti la famiglia lontana, al paese d’origine, e nessun legame di parentela nei luoghi dove si trovavano a lavorare. (…)
Non c’è dubbio che la manodopera locale avesse il brutto vizio di allungare le mani su ciò che non le apparteneva, e che gli immigrati fossero più integerrimi e affidabili, ma solo perché i primi erano degli avventizi, dei lavoratori precari che stentavano a sbarcare il lunario, mentre gli altri potevano contare su un reddito sicuro, che garantiva loro persino una certa agiatezza. Se non fosse stata la condizione tassativa che li poneva sotto la protezione del potere, l’onestà sarebbe stata un lusso che i facchini della dogana avrebbero potuto permettersi comunque. Di sicuro era in malafede chi sosteneva che esistesse una tara morale congenita nei lavoratori locali, i cosiddetti monelli, o insisteva su un presunto divario antropologico che li avrebbe resi irrimediabilmente meno affidabili dei facchini della dogana. Allora, come adesso, i pregiudizi sugli stranieri, positivi o negativi che fossero, tornavano utili in politica.
Andrea Addobati
PRIN 2017, i primi risultati dal Miur: Unipi capofila di 5 progetti e coordinatore locale di altri 14
L’Università di Pisa è capofila di 5 Progetti di interesse nazionale (PRIN) e partner di altri 14. È questo quanto emerge dai primi dati resi noti dal Miur relativi all’assegnazione dei PRIN 2017. Al ministero al momento hanno deliberato 7 commissioni su 25 sulle tre linee di ricerca "principale, giovani e sud".
Ecco quindi i progetti vinti dall’Ateneo come ‘principal investigator’.
Per la linea di ricerca “giovani” si è aggiudicato il finanziamento del Miur il dottor Gianluca Miniaci del Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere con il progetto “‘Pharaonic Rescission’: Objects as Crucibles of ancient Egyptian Societies”. Per la linea di ricerca “principale” i vincitori per Unipi sono dal Dipartimento di Fisica i professori Dario Pisignano con il progetto “Physical Principles of Multimaterial 3D-Printing: Insights from Physics towards Industry 4.0 (3D-Phys)” e Alessandro Tredicucci con il progetto “MONolithic STRain Engineering platform for TWO-Dimensional materials (MONSTRE 2D)”; dal dipartimento di Matematica il professore Alessandro Berarducci con il progetto “Mathematical Logic: models, sets, computability”; e infine dal Dipartimento di Biologia il professore Lorenzo Peruzzi con il progetto “PLAN.T.S. 2.0 - towards a renaissance of PLANt Taxonomy and Systematics”.
L’Ateneo è inoltre partner in altri 14 progetti con i professori Simone Maria Collavini, Alessandro Polsi e Claudio Sergio Pogliano del Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere; Paolo Lisca, Roberto Dvornicich, Rita Pardini, Giuseppe Buttazzo, Mario Salvetti, Claudio Bonanno, Giovanni Alberti, Giulio Bau' del Dipartimento di Matematica; Stefano Roddaro del Dipartimento di Fisica; Benedetta Mennucci del Dipartimento di Chimica e Chimica industriale; Elisabetta Orlandini del Dipartimento di Scienze della Terra.
Imparare a operare con i robot: studio internazionale dimostra per la prima volta l’efficacia del programma di formazione
Uno studio multispecialistico internazionale ha dimostrato per la prima volta l’efficacia del programma “Fundamentals of Robotic Surgery (FRS)”, il percorso per la formazione dei chirurghi “robotici”, adottato anche dal centro di eccellenza EndoCAS dell’Università di Pisa, uno dei 12 protagonisti della sperimentazione. Lo studio ha dimostrato che gli specializzandi e gli specialisti che si avvicinano alla chirurgia robotica addestrati fino al livello di competenza previsto dal protocollo FRS eseguono qualitativamente meglio, cioè con meno errori, compiti fondamentali dell’atto chirurgico, per esempio nodi e suture, utilizzando il sistema robotico su animale.
Lo studio, iniziato nel 2014 e finanziato dall’azienda che produce il noto sistema da Vinci e dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, ha coinvolto 12 centri (europei e americani, inclusa una base militare per l’addestramento dei chirurghi sul campo di battaglia) selezionati tra i quasi 100 accreditati dall’American College of Surgeons per la formazione di chirurghi attraverso la simulazione. Tra questi anche il centro di eccellenza EndoCAS dell’Università di Pisa, unico in Italia a fregiarsi dell’accreditamento.
I risultati sono stati pubblicati ora su Annals of Surgery, la rivista più prestigiosa di chirurgia e verranno presentati al prossimo Surgical Simulation Summit dell’American College of Surgeons, in programma a Chicago (Stati Uniti) a marzo.
In qualità di sperimentatore principale della casistica italiana, l’ingegnere Andrea Moglia del centro EndoCAS ha condotto lo studio in collaborazione col professor Mauro Ferrari, direttore di EndoCAS, il team del professor Luca Morelli, il centro Multidisciplinare di Chirurgia Robotica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, diretto dalla professressa Franca Melfi, e il professor Franco Mosca che, attraverso la Fondazione Arpa da lui presieduta, ha donato al centro EndoCAS il primo simulatore per chirurgia robotica dell’azienda Mimic installato in Italia.
«Mai prima d’ora erano stati coinvolti tanti centri di simulazione in chirurgia e mai era stato condotto uno studio randomizzato che confrontasse quattro metodi di formazione (uno tradizionale e le tre piattaforme disponibili per FRS) – ha commentato Andrea Moglia – I risultati di questo studio stabiliscono per la prima volta il livello di competenza da raggiungere e dimostrano l’efficacia del programma FRS a confronto coi metodi tradizionali. FRS può essere adottato da qualunque specialità che si affaccia alla chirurgia robotica ed è pensato per essere utilizzabile anche coi sistemi robotici disponibili in futuro. Il prossimo passo sarà rendere FRS un esame obbligatorio per abilitare alla pratica della chirurgia robotica, proprio come già avviene negli Stati Uniti per la laparoscopia (FLS) e la chirurgia endoscopica (FES), veri e proprio standard». Andrea Moglia presenterà per la prima volta in Italia i risultati dello studio al congresso CRAS, in programma a Genova il 21 e 22 marzo.
Il lavoro del centro EndoCAS, che ha fornito il maggior contributo allo studio FRS, è stato elogiato da diversi esperti internazionali sulla formazione in chirurgia per la capacità del centro di completare la sperimentazione, nonostante la complessità del protocollo, dimostrando l’eccellenza della ricerca italiana anche in questo settore, nuovo e di forte interesse.