Contenuto principale della pagina Menu di navigazione Modulo di ricerca su uniPi Modulo di ricerca su uniPi

“La sismicità indotta è un tema particolare importante in questa fase di transizione energetica perché potrebbe essere uno degli ostacoli principali nello sviluppo delle attività di cattura e stoccaggio della CO2 nel sottosuolo”. E’ questo il commento di Francesco Grigoli, ricercatore del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa, autore di un articolo appena pubblicato su Nature Reviews sui terremoti indotti, un fenomeno provocato direttamente o indirettamente dalle attività industriali legate allo sfruttamento del sottosuolo. Il lavoro, svolto in collaborazione con Free University Berlin, Stanford University, ETH di Zurigo e Southern University of Science and Technology cinese, fa il punto sulle più recenti ricerche in materia.

mappa_mondiale_eventi_sismici_indotti.jpg

“Sebbene nella maggior parte dei casi la sismicità indotta non rappresenti un pericolo per le infrastrutture e le comunità locali, in alcuni casi si sono verificati eventi distruttivi. Uno dei casi più emblematici – spiega Grigoli - è stato il terremoto di magnitudo 5.5 avvenuto il 15 Novembre 2017 a Pohang, in Corea del Sud. Il sisma è stato causato da attività di stimolazione idraulica, una pratica vietata in Italia, per lo sfruttamento di energia geotermica”.

Come riportato su Nature Review, sebbene non ancora del tutto chiari, esistono diversi meccanismi fisici in grado di spiegare la sismicità indotta. In alcuni casi, ad esempio, la sismicità indotta è generata dall’iniezione di fluidi nel sottosuolo che, provocando un sostanziale aumento della pressione dei fluidi all’interno delle formazioni rocciose, può attivare faglie prossimali al sito industriale. In altri il fenomeno è associato alla rimozione di masse rocciose durante le attività minerarie, allo stoccaggio o all’estrazione di fluidi dal sottosuolo e al carico e scarico di bacini idraulici.

Per quanto riguarda invece la prevenzione, un aiuto arriva dal monitoraggio microsismico in tempo reale che ha un ruolo fondamentale non solo per una migliore comprensione del fenomeno, ma anche per identificare sul nascere possibili terremoti anomali di origine antropica. Un altro elemento di fondamentale importanza è poi l’implementazione di sistemi che permettano di “pronosticare” l’evoluzione della sismicità utilizzando modelli fisici, statistici o più recentemente l’intelligenza artificiale.

“La sismicità indotta è un problema complesso e intrinsecamente multidisciplinare, basato sulla combinazione di dati sismologici, geomeccanici, idrogeologici e industriali – conclude Grigoli - pertanto, non ci sono soluzioni semplici a questo problema che costituisce uno degli argomenti di ricerca principali della comunità sismologica mondiale”.



Il 29 novembre al Polo Piagge il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell'Università di Pisa ha presentato a imprese, istituzioni e cittadini le ricerche per l’industria del futuro.

I ricercatori hanno descritto e mostrato le tecnologie elaborate all’interno del FoReLab (Future Oriented Research Laboratory), il laboratorio del dipartimento dedicato all’industria 5.0, e che raccoglie progetti e dispositivi di frontiera, destinati a modellare e modificare nel profondo società e processi produttivi

L’atrio del Polo ha ospitato una squadra di robot, sottomarini, veicoli terrestri e aerei, per il monitoraggio e la tutela ambientale; la ricerca per la produzione energetica: nanostrutture in silicio in grado di convertire l’energia dispersa in energia elettrica; le reti mobili del futuro, basate sull’Intelligenza Artificiale affidabile, che fanno della trasparenza e della tutela della privacy i propri punti cardine; innovazioni in agritech: una serra sensorizzata per ottimizzare acqua e nutrienti nella coltivazione, dotata di un braccio robotico con una mano “soft”, in grado di cogliere i pomodori con la stessa delicatezza della mano umana;
inoltre, la ricerca per il futuro della medicina, che sarà sempre più personalizzata e non invasiva: dispositivi per la stampa 3D in ambito biomedicale, che consentiranno in futuro di rigenerare tessuti e organi danneggiati del nostro corpo, sensori biodegradabili all'interno del corpo, in grado di rilevare il grado di assorbimento di farmaci, in particolare di farmaci tumorali, valutando passo-passo l'efficacia della terapia, dispositivi in grado di rilevare il grado di stress partendo dalla rilevazione della temperatura cutanea.

Infine, gli intervenuti hanno potuto chiacchierare da remoto con Abel, il robot umanoide dalle sembianze di un adolescente, che è stato dotato dai ricercatori di una intelligenza artificiale che gli consente di comprendere le situazioni e parlare in modo empatico con i suoi intelocutori umani.

“Le ricerche del FoReLab - spiega Giovanni Stea, docente di ingegneria informatica e coordinatore esecutivo del laboratorio - puntano a rendere possibile un nuovo paradigma di gestione e produzione industriale, incentrato sul rispetto di persone e ambiente, e in generale un nuovo approccio al rapporto tra persone e tecnologie. Questo richiede un deciso cambio di paradigma culturale, ma anche, da parte del mondo della ricerca, di lavorare su tecnologie abilitanti visionarie e con un orizzonte di applicazione a lungo termine.
Dopo quasi un anno dall’inizio del progetto FoReLab però siamo in grado di mostrare progetti e dispositivi, alcuni dei quali possono già essere a disposizione delle imprese.”

“Consideriamo il supporto ad imprese e processi produttivi una parte fondamentale del nostro lavoro di ricercatori e accademici. - commenta Andrea Caiti, direttore del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa - dal 2018 sono attivi i CrossLab, cinque laboratori dedicati nello specifico alla transizione digitale delle imprese tramite soluzioni immediatamente applicabili, e che rendono la ricerca avanzata concretamente e quotidianamente fruibile dalle imprese. I laboratori FoReLab e CrossLab si integrano per coprire tutto lo spettro delle esigenze, dalle tecnologie immediatamente disponibili e quelle invece di una ricerca di frontiera, per costruire un nuovo paradigma di società e produzione”.

La giornata si è chiusa con una tavola rotonda che ha messo a confronto mondo della ricerca, istituzioni, imprese e giuristi.

"Non dobbiamo pensare a Industria 5.0 solamente in termini di innovazioni tecnologiche futuristiche - prosegue Caiti - L'innovazione va affiancata, e forse preceduta, da uno sforzo di tutta la società, di tipo etico, sociale e normativo, perché il cambio di paradigma del 5.0, che vuole i processi di produzione plasmati sulle esigenze di persone e ambiente, non resti sulla carta. Anche questo sforzo che viene richiesto in primis al mondo delle imprese, questo cambio di paradigma, non è fine a se stesso, ma è, in fin dei conti, ciò che può consentire di mantenere competitivo e moderno il nostro sistema produttivo e il nostro territorio.

Didascalie foto

Abel: "Abel con Lorenzo Cominelli e Andrea Galatolo, ricercatori DII"

Da sinistra, Andrea Caiti, direttore del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa e Giovanni Stea, docente di ingegneria informatica e coordinatore esecutivo del laboratorio

Il 29 novembre al Polo Piagge il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell'Università di Pisa ha presentato a imprese, istituzioni e cittadini le ricerche per l’industria del futuro. I ricercatori hanno descritto e mostrato le tecnologie elaborate all’interno del FoReLab (Future Oriented Research Laboratory), il laboratorio del dipartimento dedicato all’industria 5.0, e che raccoglie progetti e dispositivi di frontiera, destinati a modellare e modificare nel profondo società e processi produttivi.

L’atrio del Polo ha ospitato una squadra di robot, sottomarini, veicoli terrestri e aerei, per il monitoraggio e la tutela ambientale; la ricerca per la produzione energetica: nanostrutture in silicio in grado di convertire l’energia dispersa in energia elettrica; le reti mobili del futuro, basate sull’Intelligenza Artificiale affidabile, che fanno della trasparenza e della tutela della privacy i propri punti cardine; innovazioni in agritech: una serra sensorizzata per ottimizzare acqua e nutrienti nella coltivazione, dotata di un braccio robotico con una mano “soft”, in grado di cogliere i pomodori con la stessa delicatezza della mano umana; inoltre, la ricerca per il futuro della medicina, che sarà sempre più personalizzata e non invasiva: dispositivi per la stampa 3D in ambito biomedicale, che consentiranno in futuro di rigenerare tessuti e organi danneggiati del nostro corpo, sensori biodegradabili all'interno del corpo, in grado di rilevare il grado di assorbimento di farmaci, in particolare di farmaci tumorali, valutando passo-passo l'efficacia della terapia, dispositivi in grado di rilevare il grado di stress partendo dalla rilevazione della temperatura cutanea.

Infine, gli intervenuti hanno potuto chiacchierare da remoto con Abel, il robot umanoide dalle sembianze di un adolescente, che è stato dotato dai ricercatori di una intelligenza artificiale che gli consente di comprendere le situazioni e parlare in modo empatico con i suoi intelocutori umani.

abel.jpeg

Abel con Lorenzo Cominelli e Andrea Galatolo, ricercatori DII


“Le ricerche del FoReLab - spiega Giovanni Stea, docente di ingegneria informatica e coordinatore esecutivo del laboratorio - puntano a rendere possibile un nuovo paradigma di gestione e produzione industriale, incentrato sul rispetto di persone e ambiente, e in generale un nuovo approccio al rapporto tra persone e tecnologie. Questo richiede un deciso cambio di paradigma culturale, ma anche, da parte del mondo della ricerca, di lavorare su tecnologie abilitanti visionarie e con un orizzonte di applicazione a lungo termine. Dopo quasi un anno dall’inizio del progetto FoReLab però siamo in grado di mostrare progetti e dispositivi, alcuni dei quali possono già essere a disposizione delle imprese.”

 

 caiti_stea.jpeg

Da sinistra, Andrea Caiti, direttore del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa e Giovanni Stea, docente di ingegneria informatica e coordinatore esecutivo del laboratorio

“Consideriamo il supporto ad imprese e processi produttivi una parte fondamentale del nostro lavoro di ricercatori e accademici. - commenta Andrea Caiti, direttore del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa - dal 2018 sono attivi i CrossLab, cinque laboratori dedicati nello specifico alla transizione digitale delle imprese tramite soluzioni immediatamente applicabili, e che rendono la ricerca avanzata concretamente e quotidianamente fruibile dalle imprese. I laboratori FoReLab e CrossLab si integrano per coprire tutto lo spettro delle esigenze, dalle tecnologie immediatamente disponibili e quelle invece di una ricerca di frontiera, per costruire un nuovo paradigma di società e produzione”.

La giornata si è chiusa con una tavola rotonda che ha messo a confronto mondo della ricerca, istituzioni, imprese e giuristi.

"Non dobbiamo pensare a Industria 5.0 solamente in termini di innovazioni tecnologiche futuristiche - prosegue Caiti - L'innovazione va affiancata, e forse preceduta, da uno sforzo di tutta la società, di tipo etico, sociale e normativo, perché il cambio di paradigma del 5.0, che vuole i processi di produzione plasmati sulle esigenze di persone e ambiente, non resti sulla carta. Anche questo sforzo che viene richiesto in primis al mondo delle imprese, questo cambio di paradigma, non è fine a se stesso, ma è, in fin dei conti, ciò che può consentire di mantenere competitivo e moderno il nostro sistema produttivo e il nostro territorio.

 

Si svolge a Pisa il primo convegno italiano di Archeologia dell'età Contemporanea. Il 30 novembre e il 1° dicembre un centinaio di studiosi e studiose si ritrovano al Centro Congressi "Le Benedettine" (Piazza S. Paolo a Ripa D'Arno, 16) per questa iniziativa coordinata dal MAPPA Lab del Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Ateneo pisano e dal Dipartimento di Ricerca e formazione umanistica dell'Università di Bari.

“A livello internazionale l’archeologia contemporanea è una disciplina che esiste da circa venti anni, in Italia siamo ancora agli inizi – spiega Francesca Anichini, una delle responsabili scientifiche dell’iniziativa – studiamo le tracce materiali contemporanee degli ultimi due secoli, fino al presente”.


Gli ambiti che sono illustrati nel convegno sono moltissimi: dalla ricostruzione dei paesaggi delle due Guerre mondiali, all’archeologia della Resistenza, sino a scenari futuribili, come l’archeologia delle missioni spaziali, nello specifico la missione Rosetta dell’Agenzia Spaziale Europea (2004-2016), o i graffiti sui muri di Venezia, quasi pagine di un libro che raccontano le storie di chi ha vissuto la città nelle sue varie fasi storiche.

“Ogni azione che facciamo lascia delle tracce; siamo tutti circondari e immersi negli oggetti, senza rendercene conto, stringiamo con loro tantissimi vincoli e relazioni– spiega Anichini – Partendo da queste tracce che ci lasciamo dietro, l’archeologia dell’età contemporanea cerca di comprendere le dinamiche che hanno caratterizzato e caratterizzano gli eventi della nostra società”.

Nella due giorni del convegno parleranno circa trenta relatori da varie università italiane e straniere e sarà possibile seguire i lavori anche online. Il programma dettagliato e il link per lo streaming sono sul sito del convegno https://sites.google.com/view/ciac23/home

Si svolge a Pisa il primo convegno italiano di Archeologia dell'età Contemporanea. Il 30 novembre e il 1° dicembre un centinaio di studiosi e studiose si ritrovano al Centro Congressi "Le Benedettine" (Piazza S. Paolo a Ripa D'Arno, 16) per questa iniziativa coordinata dal MAPPA Lab del Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Ateneo pisano e dal Dipartimento di Ricerca e formazione umanistica dell'Università di Bari.

“A livello internazionale l’archeologia contemporanea è una disciplina che esiste da circa venti anni, in Italia siamo ancora agli inizi – spiega Francesca Anichini, una delle responsabili scientifiche dell’iniziativa – studiamo le tracce materiali contemporanee degli ultimi due secoli, fino al presente”.

archeologia_eta_copntemporanea.jpg

Ricognizione archeologica a Lampedusa, sulle tracce delle migrazioni non documentate, 2021

Gli ambiti che sono illustrati nel convegno sono moltissimi: dalla ricostruzione dei paesaggi delle due Guerre mondiali, all’archeologia della Resistenza, sino a scenari futuribili, come l’archeologia delle missioni spaziali, nello specifico la missione Rosetta dell’Agenzia Spaziale Europea (2004-2016), o i graffiti sui muri di Venezia, quasi pagine di un libro che raccontano le storie di chi ha vissuto la città nelle sue varie fasi storiche.

“Ogni azione che facciamo lascia delle tracce; siamo tutti circondari e immersi negli oggetti, senza rendercene conto, stringiamo con loro tantissimi vincoli e relazioni– spiega Anichini – Partendo da queste tracce che ci lasciamo dietro, l’archeologia dell’età contemporanea cerca di comprendere le dinamiche che hanno caratterizzato e caratterizzano gli eventi della nostra società”.

Nella due giorni del convegno parleranno circa trenta relatori da varie università italiane e straniere e sarà possibile seguire i lavori anche online. Il programma dettagliato e il link per lo streaming sono sul sito del convegno https://sites.google.com/view/ciac23/home

Introdurre l’educazione alla sessualità e all’affettività nelle scuole in Italia. E’ questo l’obiettivo di EduforIST, un progetto coordinato dall’Università di Pisa e finanziato dal Ministero della Salute di cui è stato appena pubblicato il rapporto conclusivo della prima fase. È infatti oggi disponibile online il “Rapporto tecnico EduForIST”che, a partire dall’evidenza internazionale disponibile, descrive l’implementazione di un’esperienza pilota di educazione alla sessualità estensiva (traduzione di CSE, Comprehensive Sexuality Education) condotta nelle scuole secondarie di I grado in 4 regioni italiane (Lombardia, Toscana, Lazio e Puglia).

eduforist.png

Con l’avvicinarsi della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza sulle donne, il progetto contribuisce, con questi primi risultati, a produrre evidenza scientifica in vista di una futura e auspicata introduzione dell’educazione alla sessualità nel contesto scolastico italiano, elemento imprescindibile per la prevenzione della violenza di genere. Al rapporto tecnico si aggiungerà a breve la monografia, dal titolo: “Educare alla sessualità nelle scuole italiane: l’esperienza di un progetto tra analisi dell’evidenza, implementazione e valutazione”, che sarà disponibile online dal 1°dicembre 2023, sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità (rapporto ISTISAN). Il rapporto mappa la situazione degli interventi di educazione alla sessualità nel nostro paese, individua e analizza le good pratices internazionali e descrive i risultati delle sperimentazioni del progetto EduForIST nelle scuole secondarie di I e II grado. Il progetto EduForIST, negli anni scolastici 2021/2022 e 2022/2023, ha coinvolto un totale di 24 scuole (11 secondarie di I grado e 13 secondarie di II grado), 1223 studenti e studentesse in quattro regioni italiane (Lombardia, Toscana, Lazio e Puglia). E non si fermerà qui.

In Italia, al contrario di quanto accade in gran parte d’Europa, l'educazione alla sessualità e all’affettività non è una materia obbligatoria nei curriculum scolastici – spiega Lara Tavoschi professoressa di salute pubblica dell’Ateneo pisano – I dati dimostrano che l'educazione alla sessualità svolta a scuola non viene erogata in modo sistematico ed equo in tutta Italia, in alcuni casi gli interventi adottano un approccio estensivo, mentre nella maggior parte dei casi si concentrano sulla prevenzione delle infezioni sessualmente trasmesse. È necessario quindi intervenire su più ampia scala, per fornire ai giovani un'educazione alla salute e al benessere relazionale, sessuale e riproduttivo che sia adeguata all'età e alle caratteristiche di ragazze e ragazzi”.

Iniziato nel 2019, il progetto EduforIST è entrato ora nella terza fase, allargando la parte sperimentale a sei regioni: Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Toscana, Lazio, Campania e Puglia. Le attività nelle scuole medie e superiori prevedono il coinvolgimento di operatori e operatrici di associazioni dislocate sul territorio e di alcuni servizi sanitari territoriali. In pratica, il progetto prevede cinque incontri con studenti e studentesse, e due con docenti e famiglie. Le ragazze e i ragazzi sono coinvolti in attività e role playing su temi fra i quali il consenso, la costruzione di buone relazioni interpersonali e la consapevolezza nei confronti degli stereotipi di genere. Aspetti fondamentali quali la gestione delle emozioni e le relazioni affettive, il rapporto con il proprio corpo, il piacere, l'uguaglianza di genere e il rispetto sono trattati, senza però tralasciare la prevenzione delle conseguenze negative legate all’attività sessuale, come le infezioni sessualmente trasmesse o le gravidanze non desiderate, e i servizi locali a cui rivolgersi in caso di necessità.

“Il gruppo di lavoro in campo è interdisciplinare e composto da esperti di salute pubblica, ma anche pedagogisti, antropologi, sessuologi, pediatri e psicologi – continua Tavoschi – seguiamo un approccio basato sulle linee guida internazionali della Comprehensive Sexuality Education (CSE), in italiano educazione comprensiva o estensiva alla sessualità, che si caratterizza per essere di ampio respiro, multidisciplinare e multisettoriale, inclusivo non solamente dell'aspetto medico, ma anche della crescita emotiva”.

“L’approccio CSE, sostenuto dalle maggiori agenzie internazionali che si occupano di promozione della salute (OMS, UNESCO), ha permesso un coinvolgimento attivo non solo di studenti e studentesse, ma anche di docenti e famiglie, di quelli che sono quindi i contesti di vita principali del nostro target, con un riscontro molto positivo tra coloro che hanno partecipato” aggiunge Alice Chinelli, assegnista di ricerca che coordina il progetto insieme alla dott.ssa Tavoschi.
“Nei prossimi due anni scolastici che ci aspettano, il progetto si amplierà ancora, non solo allargando l’area geografica, ma anche coinvolgendo altri enti, come i servizi sanitari territoriali, la rete scuole che promuovono salute e le associazioni professionali che si dimostreranno interessate a prendere parte al nostro gruppo di lavoro”, conclude Chinelli.

L’elenco dei partner di EduForIST (Sviluppo di strumenti tecnici e pratici per lo svolgimento di attività educative e formative in ambito di sessualità, relazioni affettive e prevenzione delle IST nel contesto scolastico) comprende: Istituto Superiore di Sanità, Università di Pisa, Sapienza Università di Roma, Università̀ degli Studi di Foggia, Università̀ degli Studi di Verona, Circolo di Cultura Omosessuale “Mario Mieli”, Caritas Italiana, Anlaids (Associazione Nazionale per la Lotta contro l’AIDS), CICA (Coordinamento Italiano Case alloggio HIV/AIDS), CNCA (Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza), CRI (Croce Rossa Italiana), LILA (Lega Italiana per la Lotta contro l’AIDS) e numerose altre associazioni territoriali. In questa nuova fase, EduForIST 3 (Educazione e formazione nell’ambito delle relazioni affettive, della sessualità e della prevenzione delle IST nel contesto scolastico: dall’evidenza alla pratica nelle regioni italiane) si sono inoltre aggiunti nuovi partner quali: Agenzia Regionale Sanità Toscana; Regione Lombardia DG Welfare UO Prevenzione; Azienda Sanitaria Locale Napoli 2 Nord.

The city of Florence is destined to imitate the virtual projection Airbnb makes of it, eventually creating an almost hybrid space of the so-called “onlife” society, neither “on” nor “off” line. This picture emerges from research published in the journal “Rivista Geografica Italiana” and is a case study into Florence’s new town planning regulations for short-term rentals in 2023. The authors, Antonello Romano of the University of Pisa and Cristina Capineri and Tiziano Bonini of the University of Siena, analysed 12,126 georeferenced advertisements and 651,515 reviews left by Airbnb users from 2010 to 2019 on Florence.

"Digital platforms, such as Airbnb, can be considered as ‘network orchestrators’ that manage the flows of data and information produced by users,” explains Romano. “In this context, reviews act as an echo chamber and shape the city, creating an increasingly marked division between areas that are well connected to global flows where all the value is concentrated, and other disconnected areas which results in an increasing polarisation and fragmentation between the centre and the suburbs.

The result is that the 5 square kilometre wide area of Florence’s historic centre, a “Unesco World Heritage site” since 1982, concentrates 62% of the offer of flats available for short-term rentals, and 70.3% of the reviews on Airbnb in 2019. This web platform placed a value on this city area, largely based on its algorithm favouring the visibility of some advertisements over others, thus according to a logic that is not entirely transparent to users.

 

firenze.jpg

The platform’s algorithm,” Romano concludes, “creates a cumulative and centralising process that reiterates itself and further increases the inequalities in the urban area by confirming the value of some areas and at the same time the disvalue of others. This tension is also amplified by Airbnb’s promise to make people ‘live like locals’. While the reality is that the local urban areas have been effectively emptied of residents and the historic centres have become increasingly inhabited by ‘non-resident people’.

Antonello Romano, researcher of Economic-Political Geography at the Department of Civilisations and Forms of Knowledge of the University of Pisa, has been studying platforms and their relationship with space for ten years and is currently involved in FAIR (Future Artificial Intelligence Research), the partnership financed by PNRR funds that brings together 25 institutional and private partners led by the CNR. Besides Florence, his research focuses on different Italian cities, among them Rome, Venice, Naples, and Bologna. The research published in the journal “Rivista Geografica Italiana” is part of the 2017 Research Project of National Interest ‘Short term city: Digital platforms and Spatial justice’.

 

Una Firenze reale destinata ad imitare la sua proiezione virtuale su Airbnb, con il risultato alla fine di trasformare la città in uno spazio ibrido tipico della nuova società 'onlife', cioè né on né off line. Il quadro emerge da una ricerca pubblicata sulla Rivista Geografica Italiana e citata anche come caso studio nel regolamento urbanistico per gli affitti brevi del Comune di Firenze del 2023. Gli autori Antonello Romano dell’Università di Pisa e Cristina Capineri e Tiziano Bonini dell’Università di Siena, hanno analizzato 12.126 annunci georeferenziati e 651.515 recensioni lasciate dagli utenti di Airbnb dal 2010 al 2019 a Firenze.

“Le piattaforme digitali, come Airbnb, possono essere considerate come ‘orchestratori di reti’ che gestiscono i flussi di dati e di informazioni prodotti dagli utenti - spiega Romano - In questo contesto, le recensioni agiscono come una camera d’eco che plasmano la città creando una divisione sempre più marcata tra alcune parti connesse ai flussi globali dove si concentra tutto il valore e altre disconnesse con il risultato di una sempre maggiore polarizzazione e frammentazione fra centro e periferie”.

Il risultato per Firenze è che la sola area del centro storico dichiarata patrimonio dell’Unesco nel 1982, che corrisponde a circa 5 km2, è arrivata a concentrare il 62% dell’offerta, cioè degli appartamenti disponibili per gli affitti brevi, e il 70,3% delle recensioni su Airbnb nel 2019. La piattaforma ha dunque dato un valore allo spazio cittadino e lo ha fatto in gran parte in base al proprio algoritmo che favorisce la visibilità di alcuni annunci su altri, quindi secondo una logica non del tutto trasparente per gli utenti.

“L’algoritmo della piattaforma – conclude Romano – crea un processo cumulativo e accentrante che reitera se stesso e aumenta ancora di più le diseguaglianze nello spazio urbano confermando il valore di alcune zone e il disvalore di altre, un tensione ampliata anche dalla promessa di Airbnb di far "vivere come una persona del posto", il che di fatto svuota i luoghi di vita e rende i centri storici aree sempre più abitate da “popolazione non residente”.

Antonello Romano, ricercatore di Geografia Economico-politica al Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Ateneo pisano, studia da dieci anni le piattaforme e il loro rapporto con lo spazio e attualmente è coinvolto in FAIR (Future Artificial Intelligence Research), il Partenariato esteso finanziato dai fondi PNRR che mette insieme 25 partner istituzionali e privati guidati dal CNR. Oltre a Firenze le sue ricerche sono concentrate su differenti città italiane, da Roma a Venezia, Napoli, Bologna. La ricerca pubblicata sulla Rivista Geografica Italiana si inserisce nell’ambito del Progetto di ricerca di interesse nazionale 2017 'Short term city: Digital platforms and Spatial justice'.

Una Firenze reale destinata ad imitare la sua proiezione virtuale su Airbnb, con il risultato alla fine di trasformare la città in uno spazio ibrido tipico della nuova società 'onlife', cioè né on né off line. Il quadro emerge da una ricerca pubblicata sulla Rivista Geografica Italiana e citata anche come caso studio nel regolamento urbanistico per gli affitti brevi del Comune di Firenze del 2023. Gli autori Antonello Romano dell’Università di Pisa e Cristina Capineri e Tiziano Bonini dell’Università di Siena, hanno analizzato 12.126 annunci georeferenziati e 651.515 recensioni lasciate dagli utenti di Airbnb dal 2010 al 2019 a Firenze.

“Le piattaforme digitali, come Airbnb, possono essere considerate come ‘orchestratori di reti’ che gestiscono i flussi di dati e di informazioni prodotti dagli utenti - spiega Romano - In questo contesto, le recensioni agiscono come una camera d’eco che plasmano la città creando una divisione sempre più marcata tra alcune parti connesse ai flussi globali dove si concentra tutto il valore e altre disconnesse con il risultato di una sempre maggiore polarizzazione e frammentazione fra centro e periferie”.

Il risultato per Firenze è che la sola area del centro storico dichiarata patrimonio dell’Unesco nel 1982, che corrisponde a circa 5 km2, è arrivata a concentrare il 62% dell’offerta, cioè degli appartamenti disponibili per gli affitti brevi, e il 70,3% delle recensioni su Airbnb nel 2019. La piattaforma ha dunque dato un valore allo spazio cittadino e lo ha fatto in gran parte in base al proprio algoritmo che favorisce la visibilità di alcuni annunci su altri, quindi secondo una logica non del tutto trasparente per gli utenti.

 

firenze.jpg

 

“L’algoritmo della piattaforma – conclude Romano – crea un processo cumulativo e accentrante che reitera se stesso e aumenta ancora di più le diseguaglianze nello spazio urbano confermando il valore di alcune zone e il disvalore di altre, un tensione ampliata anche dalla promessa di Airbnb di far "vivere come una persona del posto", il che di fatto svuota i luoghi di vita e rende i centri storici aree sempre più abitate da “popolazione non residente”.

Antonello Romano, ricercatore di Geografia Economico-politica al Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Ateneo pisano, studia da dieci anni le piattaforme e il loro rapporto con lo spazio e attualmente è coinvolto in FAIR (Future Artificial Intelligence Research), il Partenariato esteso finanziato dai fondi PNRR che mette insieme 25 partner istituzionali e privati guidati dal CNR. Oltre a Firenze le sue ricerche sono concentrate su differenti città italiane, da Roma a Venezia, Napoli, Bologna. La ricerca pubblicata sulla Rivista Geografica Italiana si inserisce nell’ambito del Progetto di ricerca di interesse nazionale 2017 'Short term city: Digital platforms and Spatial justice'.

L’Italia come una specie di grande Gattopardo delle rivoluzioni mancate, dall’epoca della Riforma protestante fino al ’68 e oltre. È questo il tema del nuovo volume del professore Stefano Brugnolo (foto) dell’Università di Pisa Rivoluzioni e popolo nell’immaginario letterario italiano ed europeo (Quodlibet, 2023).

Il libro verrà presentato a Pisa lunedì 13 novembre, alle 17.30 a Palazzo Boilleau, con i professori dell’ateneo pisano Roberto Bizzocchi e Sergio Zatti per il ciclo dei Seminari di Interpretazione testuale.

Brugnolo parte da una constatazione: “Per noi occidentali oggi è più facile rappresentare la fine del mondo piuttosto che un rivoluzione che modifichi l’attuale sistema vigente” Come si spiega questo? “Perché tutti noi almeno in Occidente siamo coinvolti in questo grande sistema che è il capitalismo, siamo cioè poco o tanto cointeressati al mantenimento di questo sistema, mentre la rivoluzione secondo Marx la fa chi non ha proprio niente da perdere”.
Se questa ipotesi è attendibile ecco che allora il caso italiano, al centro dello studio di Brugnolo, così segnato dalle rivoluzioni mancate, racconterebbe la rivoluzione mancata a livello più generale; esemplificherebbe cioè le attese, le speranze e le paure che quella prospettiva di cambiamento radicale ha suscitato durante tutta la Modernità.

La tesi di Brugnolo si sviluppa lungo trenta capitoli per oltre 400 pagine, un viaggio che attraversa i secoli cominciando da Machiavelli, passando attraverso Milton, Büchner, Hugo, Manzoni, Zola, Nievo, Verga, fino ad arrivare a Malaparte, Pasolini, Calvino e tanti altri, anche saggisti: da Galileo a Gramsci. Al centro ci sono soprattutto gli autori italiani che hanno raccontato le non-rivoluzioni nostrane in dialogo con alcuni grandi scrittori e pensatori europei.


Si tratta di un percorso in cui emergono degli spartiacque decisivi, come la Riforma protestante ma soprattutto la Rivoluzione francese, un evento che ha avuto grande risonanza in Italia, come dimostra il caso di Alessandro Manzoni che nei Promessi sposi sia pur parlando di un caso seicentesco in realtà si sta interrogando su come operare un cambiamento reale senza passare attraverso uno sconvolgimento simile.

Sempre secondo Brugnolo ci sarebbero “Rivoluzioni mancate in terra e rivoluzioni mancate in cielo”, e a quest’ultima specie appartiene quella tentata da Galileo. “Galileo tentò vanamente di rassicurare i vertici della Chiesa che le sue scoperte erano di tipo astratto e non potevano e dovevano coinvolgere il popolo, a cui il linguaggio matematico caratterizzante l’astronomia copernicana sarebbe comunque risultato incomprensibile”. A sentire quello scienziato si sarebbe insomma trattato di questioni che avrebbero interessato pochi e non avrebbero comportato più ampi sconvolgimenti culturali. “La Chiesa non si fidò delle rassicurazioni di Galileo – prosegue Brugnolo -, ma esse testimoniano una delle caratteristiche peculiari delle mancate rivoluzioni italiane: il distacco fra élite politiche e intellettuali e popolo”.

Una cesura che arriva sino al ’68 dove la mancata (o presunta) rivoluzione, promossa dal movimento studentesco, secondo Pasolini, avrebbe preso la forma di una trasformazione interna al sistema non certo di una sua messa in causa. Si sarebbe cioè passati da un capitalismo fondato su idee di disciplina e sacrificio ad un capitalismo consumistico ed edonistico. Anche in questo caso, insomma, si sarebbe trattato della riproposizione del paradigma cosiddetto gattopardesco, secondo cui bisogna cambiare tutto ma per far sì che poi tutto resti uguale.

L’ultimo libro esaminato da Brugnolo è “Il formaggio e i vermi” di Carlo Ginzburg del 1976. “Qui si narra del grande cambiamento che sogna un mugnaio del Cinquecento che sul formaggio e i vermi aveva costruito una cosmogonia di matrice popolare. È una vicenda – conclude Brugnolo - che richiama il principio della storia da me esaminata, quel sogno di cambiare il mondo che fu promosso dalla Riforma protestante e che il nostro paese rigettò allora e anche dopo”.

Questo sito utilizza solo cookie tecnici, propri e di terze parti, per il corretto funzionamento delle pagine web e per il miglioramento dei servizi. Se vuoi saperne di più, consulta l'informativa