Numero 31 – Editoriale
Aprile 2010
L’interesse in Europa verso l’Egitto antico ebbe un grande incremento dalla spedizione napoleonica e dalla pubblicazione dei volumi dell’“Expédition”, con rilievo e copie di monumenti, che dettero la base scientifica per la decifrazione della Pietra di Rosetta e per l’Egittologia moderna. È convenzione far cominciare la scienza egittologica dall’anno 1822, con la celebre “Lettre à Mr Dacier” nella quale Jean François Champollion esponeva il suo sistema di lettura e interpretazione dei geroglifici, portando a perfezione le intuizioni precedenti di studiosi già molto avanzati nella decifrazione come il grande fisico inglese Thomas Young.Per il progresso dell’egittologia fu importante l’applicazione del sistema sopra i monumenti esistenti in Egitto e in Nubia, realizzata dalla Spedizione franco-toscana (1828-1829, diretta da J.F, Champollion e I. Rosellini), oggetto della mostra a Pisa (presentata in questo numero di Athenet), e poi dalla spedizione del berlinese Richard Lepsius (1845).La strada dell’Egitto era stata seguita nei primi decenni del secolo XIX dai “pionieri”, europei fra i quali non sono pochi gli italiani che hanno acquistato titoli “archeologici” viaggiando nell’Egitto dove, dal 1805, governava Mohammed Aly, il quale se ricercò la modernizzazione dell’Egitto, è stato però responsabile di aver concesso, dietro pagamento, la depredazione dei tesori archeologici del suo paese, venduti in Europa a formare i vari Musei. Fra i rappresentanti diplomatici che in Egitto si sono mostrati rapaci raccoglitori di antichità (i “consoli mercanti”) spiccano nomi italiani, quello del piemontese Bernardino Drovetti, console di Francia tra il 1803 e il 1815 (la sua grande collezione arrivò a Torino; erano suoiagenti A. Lebolo e J.J. Rifaud) e quello del triestino Giuseppe Nizzoli, cancelliere del governo austriacotra il 1817 e il 1828. Altri avevano varie competenze, come il medico senese Alessandro Ricci, disegnatoreeccezionale, già dal 1817 in Egitto partecipando a varie spedizioni; fino a Buhen col viaggiatore ecollezionista inglese William Bankes, a Siwa con von Minutoli, con G.B. Belzoni a Tebe al momentodella scoperta della tomba del faraone Seti I. E poi il ferrarese Giovanni Finati e il genovese GiovanbattistaCaviglia, i cui meriti archeologici sono spesso sottovalutati nella storia dell’esplorazione archeologicaottocentesca. Nel 1818 arrivava in Egitto il bellunese Gerolamo Segato, chimico, naturalista, ingegnere,cartografo, esploratore ed archeologo; nel 1820 il Segato individuò l’ingresso della piramide a gradoni diGioser, e, primo fra i moderni, penetrò nelle stanze sotterranee, disegnò gli spaccati della piramide, e ladecorazione in faience; inventore di un sistema di pietrificazione dei corpi, tuttora misterioso, il Segatomorì a Firenze nel 1836, povero e oscuro. Come ultima delle personalità pionieristiche ottocentesche,può essere menzionato un altro italiano, il bolognese Giuseppe Ferlini, rapace esploratore delle piramididella necropoli regale di Meroe, da dove riportò e vendette in Europa il tesoro di una regina del I secolodopo Cristo.La più nota figura fra i precursori dell’egittologia, è certo G.B. Belzoni, padovano (morto nel 1823 aBenin per dissenteria, sulla via verso la leggendaria Timboctù), che per primo entrò nella piramide diChefren e nel 1821 espose a Londra la riproduzione delle pitture della tomba del Faraone Seti I, conmolti reperti, primo esempio di mostra egittologica, che fece tanta sensazione che Horace Smith composeuna poesia:“Address to the Mummy at Belzoni’s Exhibition (…And thou hast walked about - how strange a story!/-/In Thebes’s streets three thousand years ago/ When the Memnonium was in all its glory…”..
Edda Bresciani
Accademia Nazionale dei Lincei