Il cancro? Non è non una patologia della modernità
Le genti del passato si ammalavano di cancro? Il tumore è una patologia che affligge solo il mondo moderno? Sono domande che ormai da decenni si pone la comunità scientifica a causa del progressivo aumento di incidenza di diverse neoplasie tra la popolazione attuale.
Ha provato a dare una risposta l’equipe della Divisione di Paleopatologia dell’Università di Pisa diretta dalla professoressa Valentina Giuffra che, in un articolo pubblicato sulla rivista internazionale ‘Lancet Oncology’, ha fornito un nuovo e sorprendente dato che confuta ciò che finora si è sempre ipotizzato, ovvero che il cancro sia una malattia del mondo attuale, causata dall’inquinamento o dallo stile di vita moderno.
La Corte Aragonese di Napoli in un'Adorazione dei Magi con il re Ferrante inginocchiato.
Gli studiosi infatti, analizzando con moderne tecniche istologiche, immuno-istochimiche e molecolari le decine di mummie rinascimentali conservate nella sacrestia annessa alla chiesa di San Domenico Maggiore a Napoli, sono riusciti a identificare ben tre casi di neoplasia maligna in individui tra i 55 ed i 70 anni: un carcinoma basocellulare (ovvero un tumore cutaneo) che ha colpito il volto del duca Ferdinando Orsini di Gravina (circa 1490-1549), un adenocarcinoma avanzato del retto nella mummia del re Ferrante I di Aragona (1424-94) ed un adenocarcinoma del colon in fase iniziale di infiltrazione nella mummia del principe Luigi Carafa di Stigliano (1511-76).
“Sono scoperte estremamente importanti perché non solo rappresentano tre dei cinque tumori maligni dei tessuti molli mai diagnosticati in paleopatologia - afferma il professore Gino Fornaciari, da decenni impegnato sullo studio delle mummie napoletane - ma sono stati tutti diagnosticati in una stessa ristretta popolazione, quella della corte aragonese della Napoli rinascimentale a cavallo tra il ‘400 ed il ‘500”.
Si scopre così che, se nel piccolo gruppo di undici mummie (dieci uomini ed una donna) tre soggetti svilupparono un tumore maligno, otteniamo una prevalenza di malattia neoplastica del 27%, un dato assai vicino al 31% riscontrato nei paesi industrializzati moderni.
I tumori dei tessuti mummificati dei membri della corte aragonese:
A - Adenocarcinoma rettale di Ferrante I infiltrante lo stroma fibroso (ematossilina-eosina, 100X).
B - Adenocarcinoma polipoide del colon di Luigi Carafa con invasione del peduncolo, indicata dalla freccia (anti-Pan Citocheratina, Ventana®, 250X).
C - Carcinoma basocellulare di Ferdinando Orsini con pattern solido destruente l’osso lamellare e con la tipica ‘palizzata’ cellulare, indicata dalla freccia (Van Gieson, 120X).
“Possiamo ipotizzare che nel passato il cancro sia stata una malattia relativamente frequente tra gli individui oltre i 55 anni, almeno per le classi elitarie del Rinascimento che vivevano più a lungo e che potevano permettersi abitudini alimentari e stili di vita non distanti dalle nostre”, conclude il dottore Raffaele Gaeta, coautore della pubblicazione.
L’articolo di 'Lancet' dunque può essere un nuovo punto di partenza per lo studio della carcinogenesi del passato, ma solo ulteriori future indagini paleopatologiche potranno definitivamente risolvere quello che viene definito ‘il problema del cancro nell’Antichità’.
I sarcofagi nella chiesa di San Domenico Maggiore a Napoli.
Il cancro? Non è non una patologia della modernità
Le genti del passato si ammalavano di cancro? Il tumore è una patologia che affligge solo il mondo moderno? Sono domande che ormai da decenni si pone la comunità scientifica a causa del progressivo aumento di incidenza di diverse neoplasie tra la popolazione attuale.
Ha provato a dare una risposta l’equipe della Divisione di Paleopatologia dell’Università di Pisa diretta dalla professoressa Valentina Giuffra che, in un articolo pubblicato sulla rivista internazionale ‘Lancet Oncology’, ha fornito un nuovo e sorprendente dato che confuta ciò che finora si è sempre ipotizzato, ovvero che il cancro sia una malattia del mondo attuale, causata dall’inquinamento o dallo stile di vita moderno.
Gli studiosi infatti, analizzando con moderne tecniche istologiche, immunoistochimiche e molecolari le decine di mummie rinascimentali conservate nella sacrestia annessa alla chiesa di San Domenico Maggiore a Napoli, sono riusciti ad identificare ben tre casi di neoplasia maligna in individui tra i 55 ed i 70 anni: un carcinoma basocellulare (ovvero un tumore cutaneo) che ha colpito il volto del duca Ferdinando Orsini di Gravina (circa 1490-1549), un adenocarcinoma avanzato del retto nella mummia del re Ferrante I di Aragona (1424-94) ed un adenocarcinoma del colon in fase iniziale di infiltrazione nella mummia del principe Luigi Carafa di Stigliano (1511-76).
“Sono scoperte estremamente importanti perché non solo rappresentano tre dei cinque tumori maligni dei tessuti molli mai diagnosticati in paleopatologia - afferma il professore Gino Fornaciari, da decenni impegnato sullo studio delle mummie napoletane - ma sono stati tutti diagnosticati in una stessa ristretta popolazione, quella della corte aragonese della Napoli rinascimentale a cavallo tra il ‘400 ed il ‘500”.
Si scopre così che, se nel piccolo gruppo di undici mummie (dieci uomini ed una donna) tre soggetti svilupparono un tumore maligno, otteniamo una prevalenza di malattia neoplastica del 27%, un dato assai vicino al 31% riscontrato nei paesi industrializzati moderni.
“Possiamo ipotizzare che nel passato il cancro sia stata una malattia relativamente frequente tra gli individui oltre i 55 anni, almeno per le classi elitarie del Rinascimento che vivevano più a lungo e che potevano permettersi abitudini alimentari e stili di vita non distanti dalle nostre”, conclude il dottore Raffaele Gaeta, coautore della pubblicazione.
L’articolo di Lancet dunque può essere un nuovo punto di partenza per lo studio della carcinogenesi del passato, ma solo ulteriori future indagini paleopatologiche potranno definitivamente risolvere quello che viene definito ‘il problema del cancro nell’Antichità’.
Carriera Alias per studenti/studentesse in transizione di genere
L’Università di Pisa offre alle studentesse e agli studenti che stanno affrontando un percorso di transizione di genere e che sono iscritti ad un qualsiasi livello del percorso formativo presso l’Ateneo, la possibilità di richiedere l’attivazione di una carriera “alias”, che include il rilascio di una seconda 'Carta dello studente', con validità limitata all’Ateneo.
Gli/le interessati/e possono rivolgersi per un colloquio preliminare alla delegata del Rettore alle attività "Gender Studies and Equial Opportunities" dell'Università di Pisa, la Prof.ssa Renata Pepicelli (email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. ).
Invio documentazione
La persona richiedente deve inviare una comunicazione a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. allegando i seguenti documenti:
- Istanza (allegato 1 all'interno del Regolamento);
- Una foto digitale;
- Copia del documento d’identità.
La Direzione Didattica, vagliata la completezza e correttezza dei documenti inviati, inoltra la comunicazione e gli allegati all’ufficio Protocollo chiedendo di procedere a registrare nel protocollo riservato la comunicazione per competenza e, per conoscenza, al Responsabile della Protezione Dati (RPD).
Autorizzazione all’attivazione della carriera alias
L’RDP esprime il suo parere alla Delegata. Se positivo, la Delegata autorizza la stipula dell’accordo di riservatezza per l’attivazione della carriera alias.
Perfezionamento del procedimento
La Direzione Didattica informa la persona richiedente circa l’esito della sua istanza e la invita a presentare presso i suoi uffici (di persona o per posta) l’originale dell’accordo di riservatezza da lei firmato. La Direzione Didattica sottopone l’accordo alla firma del Rettore e, una volta ritornato l’accordo firmato da entrambi, provvede all’apertura della carriera alias della persona richiedente e al rilascio della nuova tessera dello studente (e del libretto di tirocinio ove necessario). In tale occasione sarà rilasciato anche un manuale operativo.
Regolamento per l'attivazione e la gestione delle carriere alias (in vigore dal 15 febbraio 2020)
Informazioni a cura di:
Antonella Mannucci
Direzione Servizi per la Didattica e gli Studenti
largo Bruno Pontecorvo n. 3 - Pisa
Lavorare nella Cooperazione: incontro con il vice ministro Mario Giro
All’interno dell'Internet Festival, venerdì 6 ottobre dalle 11.30 alle 13.30, è previsto un incontro con il vice ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale Mario Giro, dal titolo “Le opportunità professionali per i giovani nella Cooperazione". L’incontro, co-organizzato dall’Università di Pisa, dalla Scuola IMT Alti Studi Lucca, dalla Scuola Normale Superiore e dalla Scuola Superiore Sant'Anna, in collaborazione con il Ministero, si terrà al Cinema Arsenale (Vicolo Scaramucci n. 2, Pisa).
Durante l'incontro, il vice ministro descriverà le molteplici opportunità lavorative offerte oggi nel mondo della cooperazione internazionale, fornirà suggerimenti professionali ai giovani e illustrerà gli strumenti per rispondere alle domande del mondo del lavoro. Questa e altre iniziative forniranno idee, spunti e riflessioni nel percorso verso il Primo Forum Nazionale della Cooperazione che si terrà nel 2018. La cooperazione è attualmente un elemento essenziale per la politica estera del paese. La sua conoscenza, così come la sensibilizzazione del mondo accademico sul tema e la formazione dei giovani, rappresentano le solide basi per allargare i confini della pace e dello sviluppo.
L’incontro, moderato dalla giornalista Claudia Fusani, sarà aperto dai saluti del rettore dell’Università di Pisa, del direttore della Scuola IMT Alti Studi Lucca, del direttore della Scuola Normale Superiore, del rettore della Scuola Superiore Sant'Anna e del sindaco di Pisa. A seguire, il vice ministro presenterà il nuovo sistema della Cooperazione Internazionale italiana, le esperienze in atto e le concrete possibilità di trovare lavoro nell’ambito. Nel corso della mattinata saranno presentate alcune testimonianze di giovani impegnati in progetti in atto. L’incontro si concluderà con un momento di dibattito e di confronto con gli studenti.
Programma
11:30 Saluti
Prof. Paolo Maria Mancarella, Rettore Università di Pisa
Prof. Andrea Ferrara, Prorettore alla Didattica, Internazionalizzazione e
Placement della Scuola Normale Superiore
Prof. Andrea De Guttry, Vice-Rettore, Scuola Superiore Sant’Anna, con delega
per l’Alta Formazione
Prof. Mirco Tribastone, Delegato alla Ricerca IMT
11:45 Cooperazione Internazionale il nostro futuro nel mondo
Mario Giro
Viceministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale
12:15 Testimonianze di cooperazione
Dott.ssa Raffaella Battella - European Commission - European Commission DG
Migration and Home Affairs
Dott. Diego Battistessa - Docente e ricercatore presso l'Istituto di studi
internazionali ed europei "Francisco de Vitoria" all'Università Carlos III
di Madrid
Dott. Daniele Gizzi, e Dott. Khaled Sghaier Hajlaoui - Associazione DICA
ONLUS
12:30 Dibattito e confronto con gli studenti
13:00 Conclusioni de Sindaco Marco Filippeschi
Nel “Sacco di San Francesco” c’era proprio pane: lo rivelano le analisi condotte all’Università di Pisa
Risale davvero al 1200 il “Sacco di San Francesco”, una reliquia conservata presso il monastero di Folloni, vicino a Montella in Campania. E il suo contenuto, sempre secondo gli scienziati e come racconta la leggenda, sarebbe stato proprio pane. Sono questi i risultati di uno studio pubblicato “Radiocarbon”, una rivista della Cambridge University Press, e condotto dalle professoresse Ilaria Degano e Maria Perla Colombini dell’Università di Pisa insieme ai ricercatori della University of Southern Denmark, e della Leiden University nei Paesi Bassi.
Secondo la leggenda, il sacco di pane sarebbe apparso sulla soglia del monastero di Folloni nell’inverno del 1224, inviato da San Francesco grazie ad un angelo per sfamare i monaci assediati dalla neve e dai lupi. Mettendo a confronto miracolo e scienza, lo studio ha quindi previsto la datazione al radiocarbonio di un frammento del sacco e l’analisi delle tracce sopravvissute di pane da parte del gruppo di lavoro di Scienze Chimiche applicate ai Beni Culturali dell’Ateneo pisano.
“La datazione al radiocarbonio posiziona il campione con elevata probabilità tra il 1220 e il 1295, confermando quindi l’età della reliquia – spiega Ilaria Degano – le analisi che poi abbiamo effettuato tramite gascromatografia con rivelazione a spettrometria di massa hanno rivelato la presenza di ergosterolo, che è appunto un marcatore molecolare noto negli studi archeometrici come indicatore di lievitazione per la produzione di birra o pane”.
“E’ molto interessante dal punto di vista analitico che un marcatore molecolare riesca a conservarsi in campioni così antichi – conclude Degano – ma per essere sicuri dei risultati ed escludere il rischio di contaminazione abbiamo anche esaminato altri oggetti conservati insieme alla reliquia nei quali infatti non abbiamo trovato alcuna traccia di ergosterolo”.
Pisa e l'Erasmus: 30 anni di storia insieme
L’internet Festival 2017 ospiterà venerdì 6 ottobre, a partire dalle ore 9.30, un incontro sul tema “Pisa e l’Erasmus: 30 anni di storia insieme”. L’incontro, che si svolgerà al Cinema Arsenale (Vicolo Scaramucci, 2), sarà introdotto dai saluti del rettore dell’Università di Pisa, Paolo Mancarella, e moderato dalla giornalista Claudia Fusani.
All’evento parteciperà la professoressa Sofia Corradi, conosciuta in Italia e in Europa con il soprannome di “Mamma Erasmus”. Questa pedagogista di fama internazionale, professore ordinario di Educazione permanente fino al 2004, ha infatti avuto il merito di ideare, nel 1969, il programma Erasmus per l'interscambio degli studenti fra le università europee. Il suo instancabile impegno a favore di un programma “che ha completamente rivoluzionato la vita dei nostri figli contribuendo alla costruzione europea”, secondo la definizione dell’ex ministro Stefania Giannini, le è valso nel 2016 il Premio Europeo Carlo V, consegnato dal re di Spagna, Filippo IV, e dal presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, e la nomina, nello stesso anno, a commendatore da parte del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Sofia Corradi racconterà quanto impegno è stato necessario investire negli anni affinché il programma Erasmus facesse breccia nel sistema universitario italiano e descriverà il ruolo attivo svolto su questo fronte dall’Università di Pisa. Oggi, più di mille studenti “pisani” trascorrono un periodo all’estero, per seguire corsi e sostenere esami in virtù dei quasi mille accordi stipulati con le Università partner europee, oppure per effettuare un tirocinio formativo, inserito nel curriculum del corso di studio o anche successivo al conseguimento del titolo.
L’evento prevede un dibattito con gli studenti e terminerà con un sentito ringraziamento alla professoressa Ann Katherine Isaacs, docente dell’Università di Pisa fino al 2013, per il grande lavoro svolto per la promozione dell’Erasmus non solo all’interno dell’Ateneo pisano, ma anche a livello nazionale e internazionale.
Scoperta una nuova area visiva nel cervello umano
Grazie alla risonanza magnetica funzionale (fMRI), la tecnica che ha rivoluzionato le ricerche in neuroscienze dell’uomo negli ultimi 25 anni, un team italiano di neuroscienziati ha scoperto una nuova area visiva nel cervello umano. La ricerca, guidata dalla dottoressa Kyriaki Mikellidou e dalla professoressa Maria Concetta Morrone, del dipartimento di Medicina traslazionale dell’Università di Pisa, è stata pubblicata sulla rivista internazionale Current Biology e analizza le proprietà di questa area cerebrale, nota come prostriata, mostrando per la prima volta una sua specializzazione nell’analisi degli oggetti che si muovono ad alta velocità presentati della periferia del campo visivo. Del team di ricerca fanno parte anche professor David Burr del dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Firenze e il dottor Jan Kurzawski (Fondazione Stella Maris e Università di Firenze).
“L’area prostriata è localizzata in una parte primitiva della corteccia cerebrale e possiede caratteristiche peculiari che la differenziano dalle altre aree visive scoperte finora – spiega la professoressa Morrone – Tra queste una “linea diretta” di comunicazione tra aree cerebrali che controllano emozioni e reazioni motorie rapide. Comprendere il funzionamento di questa area può generare importanti ricadute in ambito clinico. Ad esempio, nel morbo di Alzheimer sono state osservate degenerazioni che anatomicamente corrispondono all’area prostriata: queste alterazioni potrebbero contribuire al disorientamento spaziale e alla mancanza di equilibrio, caratteristici di questa malattia negli stadi iniziali”.
Per questo studio, i ricercatori si sono avvalsi del supporto di Vincenzo Greco dell’Istituto di Ottica del CNR di Firenze, che ha progettato e realizzato uno speciale dispositivo dedicato a stimolare ampie regioni di campo visivo con immagini in movimento ad alta velocità. Questo speciale supporto è stato appositamente ideato con materiali amagnetici, per poter funzionare all’interno del potente campo magnetico generato dello scanner della Fondazione Monasterio di Pisa, diretto dai dottori Domenico Montanaro e Francesca Frijia.
“Utilizzando le tecniche computazionali di analisi del segnale BOLD, dette di “population receptive-field mapping” – aggiunge il professor Burr – abbiamo mostrato che quest’area, sebbene piccola, contiene una “mappa” completa e organizzata del mondo esterno. Diversamente da altre aree corticali visive che utilizzano gran parte delle proprie risorse per analizzare le informazioni provenienti dalla fovea (la zona a più alta acuità al centro del campo visivo), l’area prostriata è invece maggiormente coinvolta all’elaborazione degli stimoli presentati nella periferia del campo visivo. In particolare, quest’area risponde esclusivamente a stimoli in rapido movimento, come ad esempio stimoli transienti che richiedono un’immediata risposta di fuga”.
Lavorare nella Cooperazione: incontro con il vice ministro Mario Giro
Subito dopo, dalle 11.30 alle 13.30, è previsto un incontro con il vice ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale Mario Giro, dal titolo “Le opportunità professionali per i giovani nella Cooperazione". L’incontro, co-organizzato dall’Università di Pisa, dalla Scuola IMT Alti Studi Lucca, dalla Scuola Normale Superiore e dalla Scuola Superiore Sant'Anna, in collaborazione con il Ministero, si terrà sempre al Cinema Arsenale.
Durante l'incontro, il vice ministro descriverà le molteplici opportunità lavorative offerte oggi nel mondo della cooperazione internazionale, fornirà suggerimenti professionali ai giovani e illustrerà gli strumenti per rispondere alle domande del mondo del lavoro. Questa e altre iniziative forniranno idee, spunti e riflessioni nel percorso verso il Primo Forum Nazionale della Cooperazione che si terrà nel 2018. La cooperazione è attualmente un elemento essenziale per la politica estera del paese. La sua conoscenza, così come la sensibilizzazione del mondo accademico sul tema e la formazione dei giovani, rappresentano le solide basi per allargare i confini della pace e dello sviluppo.
L’incontro, moderato dalla giornalista Claudia Fusani, sarà aperto dai saluti del rettore dell’Università di Pisa, del direttore della Scuola IMT Alti Studi Lucca, del direttore della Scuola Normale Superiore, del rettore della Scuola Superiore Sant'Anna e del sindaco di Pisa. A seguire, il vice ministro presenterà il nuovo sistema della Cooperazione Internazionale italiana, le esperienze in atto e le concrete possibilità di trovare lavoro nell’ambito. Nel corso della mattinata saranno presentate alcune testimonianze di giovani impegnati in progetti in atto. L’incontro si concluderà con un momento di dibattito e di confronto con gli studenti.
Pisa e l'Erasmus: 30 anni di storia insieme
L’internet Festival 2017 ospiterà venerdì 6 ottobre, a partire dalle ore 9.30, un incontro sul tema “Pisa e l’Erasmus: 30 anni di storia insieme”. L’incontro, che si svolgerà al Cinema Arsenale (Vicolo Scaramucci, 2), sarà introdotto dai saluti del rettore dell’Università di Pisa, Paolo Mancarella, e moderato dalla giornalista Claudia Fusani.
All’evento parteciperà la professoressa Sofia Corradi, conosciuta in Italia e in Europa con il soprannome di “Mamma Erasmus”. Questa pedagogista di fama internazionale, professore ordinario di Educazione permanente fino al 2004, ha infatti avuto il merito di ideare, nel 1969, il programma Erasmus per l'interscambio degli studenti fra le università europee. Il suo instancabile impegno a favore di un programma “che ha completamente rivoluzionato la vita dei nostri figli contribuendo alla costruzione europea”, secondo la definizione dell’ex ministro Stefania Giannini, le è valso nel 2016 il Premio Europeo Carlo V, consegnato dal re di Spagna, Filippo IV, e dal presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, e la nomina, nello stesso anno, a commendatore da parte del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Sofia Corradi racconterà quanto impegno è stato necessario investire negli anni affinché il programma Erasmus facesse breccia nel sistema universitario italiano e descriverà il ruolo attivo svolto su questo fronte dall’Università di Pisa. Oggi, più di mille studenti “pisani” trascorrono un periodo all’estero, per seguire corsi e sostenere esami in virtù dei quasi mille accordi stipulati con le Università partner europee, oppure per effettuare un tirocinio formativo, inserito nel curriculum del corso di studio o anche successivo al conseguimento del titolo.
L’evento prevede un dibattito con gli studenti e terminerà con un sentito ringraziamento alla professoressa Ann Katherine Isaacs, docente dell’Università di Pisa fino al 2013, per il grande lavoro svolto per la promozione dell’Erasmus non solo all’interno dell’Ateneo pisano, ma anche a livello nazionale e internazionale.
Nel “Sacco di San Francesco” c’era proprio pane: lo rivelano le analisi condotte in Ateneo
Risale davvero al 1200 il “Sacco di San Francesco”, una reliquia conservata presso il monastero di Folloni, vicino a Montella in Campania. E il suo contenuto, sempre secondo gli scienziati e come racconta la leggenda, sarebbe stato proprio pane. Sono questi i risultati di uno studio pubblicato “Radiocarbon”, una rivista della Cambridge University Press, e condotto dalle professoresse Ilaria Degano e Maria Perla Colombini dell’Università di Pisa insieme ai ricercatori della University of Southern Denmark, e della Leiden University nei Paesi Bassi.
Secondo la leggenda, il sacco di pane sarebbe apparso sulla soglia del monastero di Folloni (foto) nell’inverno del 1224, inviato da San Francesco grazie ad un angelo per sfamare i monaci assediati dalla neve e dai lupi. Mettendo a confronto miracolo e scienza, lo studio ha quindi previsto la datazione al radiocarbonio di un frammento del sacco e l’analisi delle tracce sopravvissute di pane da parte del gruppo di lavoro di Scienze Chimiche applicate ai Beni Culturali dell’Ateneo pisano.
“La datazione al radiocarbonio posiziona il campione con elevata probabilità tra il 1220 e il 1295, confermando quindi l’età della reliquia – spiega Ilaria Degano – le analisi che poi abbiamo effettuato tramite gascromatografia con rivelazione a spettrometria di massa hanno rivelato la presenza di ergosterolo, che è appunto un marcatore molecolare noto negli studi archeometrici come indicatore di lievitazione per la produzione di birra o pane”.
“E’ molto interessante dal punto di vista analitico che un marcatore molecolare riesca a conservarsi in campioni così antichi – conclude Degano – ma per essere sicuri dei risultati ed escludere il rischio di contaminazione abbiamo anche esaminato altri oggetti conservati insieme alla reliquia nei quali infatti non abbiamo trovato alcuna traccia di ergosterolo”.