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Dal 26 al 30 settembre, i delegati del consorzio IBMS-JO (Establishment of Intercalated Program in Basic Medical Sciences in Jordan) si incontrano nel nostro Ateneo per svolgere le attività di formazione e gestione previste dal progetto. La settimana, fitta di incontri, tavoli di lavoro e riunioni, costituisce un momento fondamentale per il progetto, che è coordinato dalla Jordan University of Science and Technology, e vede la partecipazione di sei università giordane oltre che dell’Università di Pisa, dell’Università di Porto (Portogallo), dell’Università di Patrasso (Grecia), e dell’Università di Umeo (Svezia).
La delegazione, è formata da rappresentanti degli organi più prettamente gestionali, che discuteranno dei progressi e dello stato dell’arte del progetto, ma anche da professori e studenti provenienti dalle facoltà di medicina delle università giordane. Questi ultimi affronteranno una settimana di formazione intensiva in ambito medico. Interverranno professori e docenti della scuola medica dell’Università di Pisa per presentare le principali aree di ricerca e sviluppo in ambito medico con un’enfasi per gli aspetti multidisciplinari e l’intersezione tra scienze della vita e tecnologia.
Per l’Università di Pisa i referenti del progetto sono il Prof. Aldo Paolicchi e la dott.ssa Lara Tavoschi. Il progetto IBMS-JO, iniziato nel gennaio 2020, terminerà nel gennaio del 2023.

 

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I delegati del Consorzio IBMS-JO in Piazza del Duomo

In parallelo, nella mattina del 26 settembre il professore Thafer Y. Assaraira, Presidente dell’ Higher Education Accreditation and Quality Assurance Commission, organizzazione omologa dell’italiana ANVUR (Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca), è stato ricevuto nella Sala dei Mappamondi del Rettorato dal Rettore  Paolo Mancarella e dai professori Francesco Marcelloni, Prorettore alla Cooperazione e Relazioni Internazionali, Marco Abate, Prorettore per la Didattica, e Ugo Faraguna, Coordinatore per l’Internazionalizzazione per i Dipartimenti di Area Medica.
Durante l’incontro è stata rinnovata la disponibilità dell’Ateneo pisano a consolidare le collaborazioni con le istituzioni universitarie giordane e a svolgere, nelle aree di comune interesse, un ruolo di affiancamento nella maturazione di iniziative di promozione della formazione di eccellenza che potrebbe portare ad un mutuo beneficio per le istituzioni coinvolte.

 

Da sinistra a destra Ugo Faraguna, Francesco Marcelloni, Thafer Y. Assaraira, Paolo Mancarella, Marco Abate

Leggi i dettagli su: https://www.unipi.it/index.php/news/item/24232-in-visita-a-pisa-il-rettore-e-una-delegazione-dell-universita-di-oslo

Leggi i dettagli su: https://www.unipi.it/index.php/news/item/24338-dall-alleanza-circle-u-a-pisa-il-professor-nemanja-dzuverovic-ospite-a-bright-night

nemanja webOn Friday 30 September the BRIGHT Night, the European Researchers’ Night project,will take place once again in Pisa with a number of organized events in the five Squares of Research, each dealing with a specific topic. Adults and children will have the opportunity to attend scientific experiments and demonstrations, participate in interactive workshops and attend talks on topics related to current events. Among the researchers from the University of Pisa animating the Squares, at 5.30 pm a special guest from the University of Belgrade, Nemanja Džuverović, will give a talk titled “The social impact of locally produced knowledge: The case of Balkan Peace Index” in Piazza dei Cavalieri, the square dedicated to the theme Public art, cultural memory and social change.

The University of Belgrade is one of the nine universities of the Circle U. network, the European University Alliance including the University of Pisa. The nine prestigious European universities share the mission of strengthening the links between teaching, research, innovation and society to face the great global current and future challenges, focusing on issues such as democracy, climate change and global health.

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The social impact of locally produced knowledge: The case of Balkan Peace Index
Abstract

We are living in a world where everything and everyone is constantly assessed and reassessed. This never ending competition is primarily done by creating various indexes that impose hierarchies, including also among states and societies. There are many problems with comparing countries in this way but the biggest one is that it is done by people (so called experts) who have never actually visited the countries they are ranking or have any in-depth knowledge about a particular country and its history. Starting from this, the Balkan Peace Index tries to produce a locally owned index about the region that is, in the European context, described exclusively in negative terms. By doing this, researchers from the Balkans aim to show how local knowledge can be used by EU decision makers in forming policies aimed towards this region, and to prove to the European public that the Balkans is more than a “powder keg”, as it is most often described. In the moment when the Cold War mentality is re-emerging in Europe, and countries are divided on “our” and “their” friends, this kind of nuanced understanding of different European regions seems even more important.

Uni.BelgradeNemanja Džuverović is a professor in Peace Studies at the University of Belgrade. His research areas include critical peacebuilding, political economy of liberal peacebuilding, international statebuilding in the Balkans, and sociology of International Relations. In 2020 he was Visiting Fulbright Scholar at Northwestern University. He has been visiting researcher at the University of Manchester, the University of Uppsala, the University of Bradford and the University of Granada. Nemanja has also been a visiting professor at several universities, including University of Bologna, University of Granada, Masaryk University, University of Zagreb, and University of Warsaw. He is co-editor of the Journal of Regional Security and program director of MA Peace, Security and Development. He is also Academic Chair (Knowledge Hub on Democracy) in the Circle U.

 

Un falcetto per tagliare il grano proveniente da La Marmotta, un sito sommerso nel lago Bracciano, testimonia il probabile uso di piante con effetti stupefacenti già in epoca preistorica. La notizia arriva da uno studio pubblicato su Scientific Reports e grazie ad un progetto diretto da ricercatori dell’Università di Pisa, del Museo delle Civiltà di Roma e della Escuela Española de Historia y Arqueología en Roma.

L’analisi ha riguardato tre falcetti eccezionalmente conservati e completi di denti in selce e di mastice utilizzato per fissare le lame. Dall’esame è risultato che i manici erano fatti in legno di quercia e di una pianta della famiglia Maloideae (probabilmente un albero da frutto), mentre per il mastice è stata usata resina di pino mescolata con polvere di carbone. Lo studio delle usure presenti sui denti in selce ha poi confermato che gli strumenti furono principalmente usati per tagliare grano domestico, probabilmente raso suolo, per poter raccogliere l’interezza della paglia.

Ma la sorpresa è stata che inglobato nel mastice di uno dei falcetti è stato trovato il polline di una pianta del genere Oenanthe. “Si tratta di specie acquatiche che hanno la particolarità di contenere sostanze neurotossiche, simili alla cicutossina della Cicuta virosa. Queste piante, a lungo utilizzate a scopo medicinale in Asia, se consumate fresche ed in piccole quantità, possono produrre uno stato mentale simile all'ubriachezza, ma anche provocare nausea, vomito e convulsioni” afferma Daniele Arobba, palinologo del Museo Archeologico del Finale che ha collaborato nel progetto.

“Sebbene sia possibile che il polline possa essersi infiltrato successivamente all’abbandono dei manufatti nelle acque del lago è possibile pensare che i falcetti, o almeno uno dei essi, oltre a tagliare i cereali, fosse utilizzato per raccogliere occasionalmente altre piante per uso medico-terapeutico o stupefacente”, spiega Niccolò Mazzucco ricercatore Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa, rientrato in Italia dopo oltre dieci anni all’estero grazie al programma ‘Rita Levi Montalcini’ del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca.


“Non dimentichiamo del resto – continua Mazzucco - che in questo stesso sito sono state trovate le capsule d’oppio domestico più antiche d’Europa”.
Il villaggio sommerso La Marmotta continua così ad arricchire con nuovi particolari il racconto dell’arrivo delle prime popolazioni di agricoltori e pastori in Italia ed in Europa, circa 7500 anni fa. Grazie all’eccezionale conservazione dei manufatti e, soprattutto, dei reperti organici, il sito contiene infatti reperti molto rari, tra cui cinque piroghe in legno, resti di cibo, frammenti di cesti, intrecci in fibre vegetali e strumenti lignei di natura diversa. Tra questi, ben 52 falcetti in legno, tra i più antichi ed i meglio conservati d’Europa. Si tratta dei primi strumenti utilizzati per la raccolta dei cereali in Italia e di cui grazie a questo studio si conoscono adesso più in dettaglio fattura ed uso.

 

 

Un falcetto per tagliare il grano proveniente da La Marmotta, un sito sommerso nel lago Bracciano, testimonia il probabile uso di piante con effetti stupefacenti già in epoca preistorica. La notizia arriva da uno studio pubblicato su Scientific Reports e grazie ad un progetto diretto da ricercatori dell’Università di Pisa, del Museo delle Civiltà di Roma e della Escuela Española de Historia y Arqueología en Roma.

L’analisi ha riguardato tre falcetti eccezionalmente conservati e completi di denti in selce e di mastice utilizzato per fissare le lame. Dall’esame è risultato che i manici erano fatti in legno di quercia e di una pianta della famiglia Maloideae (probabilmente un albero da frutto), mentre per il mastice è stata usata resina di pino mescolata con polvere di carbone. Lo studio delle usure presenti sui denti in selce ha poi confermato che gli strumenti furono principalmente usati per tagliare grano domestico, probabilmente raso suolo, per poter raccogliere l’interezza della paglia.

 

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I tre falcetti studiati

 

Ma la sorpresa è stata che inglobato nel mastice di uno dei falcetti è stato trovato il polline di una pianta del genere Oenanthe. “Si tratta di specie acquatiche che hanno la particolarità di contenere sostanze neurotossiche, simili alla cicutossina della Cicuta virosa. Queste piante, a lungo utilizzate a scopo medicinale in Asia, se consumate fresche ed in piccole quantità, possono produrre uno stato mentale simile all'ubriachezza, ma anche provocare nausea, vomito e convulsioni” afferma Daniele Arobba, palinologo del Museo Archeologico del Finale che ha collaborato nel progetto.

Ricostruzione sperimentale di uno dei falcetti in studio, usato per tagliare grano ‘antico’.png

Ricostruzione sperimentale di uno dei falcetti in studio, usato per tagliare grano ‘antico’

“Sebbene sia possibile che il polline possa essersi infiltrato successivamente all’abbandono dei manufatti nelle acque del lago è possibile pensare che i falcetti, o almeno uno dei essi, oltre a tagliare i cereali, fosse utilizzato per raccogliere occasionalmente altre piante per uso medico-terapeutico o stupefacente”, spiega Niccolò Mazzucco ricercatore Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa, rientrato in Italia dopo oltre dieci anni all’estero grazie al programma ‘Rita Levi Montalcini’ del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca.

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Gli scavi nel sito

“Non dimentichiamo del resto – continua Mazzucco - che in questo stesso sito sono state trovate le capsule d’oppio domestico più antiche d’Europa”.
Il villaggio sommerso La Marmotta continua così ad arricchire con nuovi particolari il racconto dell’arrivo delle prime popolazioni di agricoltori e pastori in Italia ed in Europa, circa 7500 anni fa. Grazie all’eccezionale conservazione dei manufatti e, soprattutto, dei reperti organici, il sito contiene infatti reperti molto rari, tra cui cinque piroghe in legno, resti di cibo, frammenti di cesti, intrecci in fibre vegetali e strumenti lignei di natura diversa. Tra questi, ben 52 falcetti in legno, tra i più antichi ed i meglio conservati d’Europa. Si tratta dei primi strumenti utilizzati per la raccolta dei cereali in Italia e di cui grazie a questo studio si conoscono adesso più in dettaglio fattura ed uso.

 

 

Si avvia alla conclusione la prima edizione del corso Master a distanza in “Sviluppo sostenibile e cambiamento climatico” dell’Università di Pisa. Oltre 110 i docenti impegnati, la maggior parte proveniente da dodici Dipartimenti dell'Università di Pisa, ma non sono mancate qualificate testimonianze aziendali e istituzionali, anche di respiro internazionale, così come lezioni tenute da accademici provenienti da altri atenei. Tra i vari soggetti che hanno patrocinato l'iniziativa, il Ministero della transizione ecologica, diversi ordini professionali e vari partner del mondo del lavoro e delle istituzioni che hanno offerto ospitalità per stage, docenza e borse di studio.

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Gli allievi impegnati nell’hackathon sull’economia circolare applicata ai rifiuti urbani

L’intero corso si è svolto a distanza con la formula “weekend”, nelle giornate di venerdì e sabato mattina. Gli iscritti sono stati oltre 40, in possesso di lauree di II livello in discipline tecnico-scientifiche e umanistiche, a conferma della trasversalità dei temi trattati, che sono stati affrontati secondo chiavi di lettura ambientali, economiche e sociali.

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Un gruppo di allievi in visita all’impianto REVET di Pontedera per il recupero dei rifiuti

Su richiesta dei partecipanti, l'esperienza si è conclusa con un momento formativo in presenza il 23 settembre, in cui si è approfondito un percorso iniziato mesi prima, a distanza, finalizzato a esplorare il mondo dei rifiuti solidi urbani, analizzato nell’ottica dell’economia circolare. I partecipanti si sono organizzati in quattro gruppi di lavoro, dedicati rispettivamente alla comunicazione, alle proposte per la riduzione dei rifiuti, alla loro valorizzazione come “materia prima seconda” e all’ecodesign della città del futuro.

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Si conclude con il taglio della torta l’evento conclusivo del Master del 23 settembre 

Dopo una visita tecnica all’impianto REVET di Pontedera, specializzato nella selezione e nel riciclo delle plastiche, il pomeriggio è stato dedicato all’hackathon, una mini-maratona tecnico-scientifica centrata sulla presentazione dei risultati dei gruppi di lavoro e l’impostazione di un position paper, poi illustrato alla cittadinanza e discusso nel corso di una conferenza aperta e trasmessa in streaming. Ha concluso la giornata una informale apericena nel parco del Dipartimento di Scienze Agrarie, alla quale hanno partecipato le autorità accademiche. Il giorno successivo è stato dedicato a una visita guidata alla Tenuta di San Rossore. I partecipanti di questa edizione avranno il ruolo di testimonial per gli incontri di orientamento per la seconda edizione del Master.

Il 29 e 30 settembre nella nuova cornice dell’Ippodromo di San Rossore torna a Pisa il salone dello studente Campus Orienta. Per due giorni dalle 9 alle 13,30 una tensostruttura di circa 10mila metri quadrati accoglierà migliaia di ragazze e ragazze delle ultime classi delle scuole superiori provenienti da tutta la Toscana per aiutarli a decidere il percorso da intraprendere dopo il diploma.

L’Università di Pisa, che ha dato anche il patrocinio all’evento, è protagonista con tutti i dipartimenti e le aree formative, lo sportello di orientamento e sostegno e la direzione didattica e servizi. Fra le attività previste ci sono presentazioni non-stop sulle modalità di accesso ai corsi di laurea, simulazione dei test di ammissione, seminari di orientamento su temi quali la gestione dell’ansia e la motivazione nello studio, e la presentazione dei servizi offerti dall’Ateneo.

L’ateneo, insieme alla Scuola Normale Superiore, alla Scuola Superiore Sant’Anna, all’Azienda Regionale per il Diritto allo Studio e al Comune di Pisa darà vita ad uno spazio dedicato a Vivere e Studiare a Pisa dove studentesse e studenti delle scuole superiori potranno entrare in contatto con l’intero Sistema Universitario Pisano e con i servizi offerti dalla città e dal Diritto allo Studio per accogliere le future matricole da tutta Italia.
Sarà possibile seguire il Salone anche in streaming, per partecipare sia in presenza che on line è necessaria l’iscrizione al sito https://www.salonedellostudente.it/

Il 29 e 30 settembre nella nuova cornice dell’Ippodromo di San Rossore torna a Pisa il salone dello studente Campus Orienta. Per due giorni dalle 9 alle 13,30 una tensostruttura di circa 10mila metri quadrati accoglierà migliaia di ragazze e ragazze delle ultime classi delle scuole superiori provenienti da tutta la Toscana per aiutarli a decidere il percorso da intraprendere dopo il diploma.

L’Università di Pisa, che ha dato anche il patrocinio all’evento, è protagonista con tutti i dipartimenti e le aree formative, lo sportello di orientamento e sostegno e la direzione didattica e servizi. Fra le attività previste ci sono presentazioni non-stop sulle modalità di accesso ai corsi di laurea, simulazione dei test di ammissione, seminari di orientamento su temi quali la gestione dell’ansia e la motivazione nello studio, e la presentazione dei servizi offerti dall’Ateneo.

 

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La tensostruttura a San Rossore

L’ateneo, insieme alla Scuola Normale Superiore, alla Scuola Superiore Sant’Anna, all’Azienda Regionale per il Diritto allo Studio e al Comune di Pisa darà vita ad uno spazio dedicato a Vivere e Studiare a Pisa dove studentesse e studenti delle scuole superiori potranno entrare in contatto con l’intero Sistema Universitario Pisano e con i servizi offerti dalla città e dal Diritto allo Studio per accogliere le future matricole da tutta Italia.
Sarà possibile seguire il Salone anche in streaming, per partecipare sia in presenza che on line è necessaria l’iscrizione al sito https://www.salonedellostudente.it/

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