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Nell'Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana ora c'è un'intera area ambulatoriale dedicata alla sperimentazione clinica e alla somministrazione degli anticorpi monoclonali contro il Sars-CoV2: è stata ricavata, nel presidio ospedaliero di Cisanello, al piano terra dell'Edificio 13 che ospita le strutture di Malattie infettive e di Pneumologia, in questi mesi di pandemia trasformati interamente in degenze Covid.
E ora qui verranno accolti tutti i pazienti positivi al virus, con i parametri clinici specifici richiesti, che rientrano nelle indicazioni AIFA per il trattamento con anticorpi monoclonali o che vogliono essere arruolati nelle sperimentazioni in corso in Aoup, primo centro italiano a iniziare la sperimentazione clinica degli anticorpi monoclonali contro la malattia da Covid-19.

Il primo monoclonale sperimentato a Pisa è stato quello di Astrazeneca, ma adesso la somministrazione è partita su larga scala in tutta la Toscana, essendo arrivati anche i monoclonali prodotti dall'azienda farmaceutica Ely Lilly.

“Presto ne arriveranno altri che sono in fase di approvazione da parte di Aifa - spiega il presidente della Toscana, Eugenio Giani -. Inoltre, la nostra Regione è in prima linea nello sviluppo di un farmaco a base di anticorpi monoclonali con il team di ricerca guidato dal professore Rino Rappuoli insieme alla Fondazione Toscana Life Science. Una volta terminata la sperimentazione, il nostro obiettivo è quello di produrlo direttamente e di utilizzarlo entro l'estate. Ho una grande fiducia nella scienza e nei nostri professionisti e ricercatori, che lavorano senza sosta, per fornirci tutti gli strumenti necessari per curare la malattia”.

gruppo

“Si tratta di un importante strumento farmacologico nella lotta al Covid - aggiunge l’assessore regionale alla sanità Simone Bezzini -. Insieme al vaccino, gli anticorpi monoclonali rappresentano un’arma in più contro il virus. Come evidenziato da recenti studi, a trarne beneficio sono soprattutto i pazienti non ospedalizzati, quando la malattia è al suo esordio, ed è quindi possibile ridurre la carica virale del paziente e impedirne il peggioramento. Si tratta, infatti, di farmaci destinati a pazienti con una malattia lieve o moderata, ma ad alto rischio di sviluppare una forma grave di Covid-19, a causa di altre patologie croniche concomitanti all’infezione”.

Per Pisa l'hub di riferimento è appunto l'Edificio 13 all'ospedale di Cisanello ma in tutta la Regione sono stati individuati altri poli di somministrazione.

Pisa, come detto, è stato il primo ospedale in Italia a partire con la somministrazione su paziente il 9 marzo scorso dell'anticorpo monoclonale Astrazeneca (nell'ambito della sperimentazione mondiale che coinvolge un centinaio di ospedali nel mondo) per aver completato in tempi record tutti i passaggi procedurali previsti. Ad oggi sono stati trattati 15 pazienti, tutti intercettati in fase precoce di malattia, tenuti in osservazione e poi dimessi (vengono monitorati in remoto dal team degli infettivologi sull'evoluzione della patologia). In questo caso la sperimentazione clinica è controllata, in cosiddetto "doppio cieco" (randomizzazione causale, nel senso che i pazienti possono ricevere l'anticorpo o il placebo) e il promotore dello studio è l'Aoup con il professore Francesco Menichetti (nella foto in basso con il gruppo dei sanitari), direttore delle Malattie infettive, nella veste di PI-Principal investigator, coadiuvato dal professore Marco Falcone e da un team di medici e infermieri dell'Unità operativa di Malattie infettive.

gruppo sanitari

Nel caso invece del farmaco monoclonale prodotto da Eli-Lilly (finora a Pisa 7 somministrazioni), la selezione è verso pazienti con una malattia lieve o moderata, ma ad alto rischio di sviluppare una forma grave di Covid-19 a causa di altre patologie croniche concomitanti all'infezione. Essi vengono arruolati direttamente dalle squadre Usca (Unità speciali di continuità assistenziale) e dai medici di medicina generale, previo consenso, e indirizzati negli ambulatori dove si somministrano le fiale.

"L'utilizzo dei monoclonali nella lotta contro il Covid-19 è il primo vero banco di prova di una ricerca clinica sui pazienti – aggiunge il rettore dell'Università di Pisa Paolo Mancarella -. Finora, infatti, si sono utilizzate terapie empiriche e cocktail di farmaci che hanno compensato la carenza di cure specifiche e mirate. La ricerca di base, d'altronde, se non è associata a una solida ricerca clinica rischia di essere limitata nelle prospettive e nei risultati. Questa nuova sperimentazione, invece, ci potrà dire se siamo finalmente sulla strada giusta”.

"Il nostro ospedale – dichiara il direttore generale dell'Aoup Silvia Briani – in questi 12 mesi di convivenza con il Covid-19 ha dimostrato di essere perfettamente flessibile a tutte le esigenze imposte dalla pandemia, nel formare il personale, riorganizzare i percorsi, le attività ambulatoriali e chirurgiche e le degenze Covid, vaccinare. Questa fase della sperimentazione clinica dei monoclonali è una tappa che ancor di più ci caratterizza come polo ospedaliero ad alta complessità per ricerca e assistenza e quindi andiamo avanti con più forza e determinazione".

"È un grande onore che Pisa, grazie all’Ospedale di Cisanello, sia in prima linea in Italia nella sperimentazione degli anticorpi monoclonali su pazienti Covid-positivi – dichiara il sindaco di Pisa Michele Conti -. Un traguardo ottenuto grazie alle capacità del professor Francesco Menichetti e dello suo staff di malattie infettive. Un risultato reso possibile anche grazie all’Azienda ospedaliero-universitaria pisana, diretta dalla dottoressa Silvia Briani. In questo anno abbiamo avuto modo di collaborare e ho potuto verificare l’estrema disponibilità di tutto il personale sanitario nell’affrontare ogni problema sia emerso in questo anno di pandemia. Per questo li ringrazio a nome della comunità pisana".

All’inaugurazione sono stati invitati anche il presidente del Consiglio regionale Antonio Mazzeo e il presidente della terza commissione sanità e politiche sociali del Consiglio regionale Enrico Sostegni.

(fonte: Ufficio stampa AOUP)

Mercoledì 31 marzo il professor Dan H. Barouch, lo scienziato che ha sviluppato il vaccino anti-Covid di Johnson & Johnson, parlerà per la prima volta a un pubblico italiano delle sue recenti attività di ricerca.
Alle 15,45 sarà in diretta su YouTube per tenere una lezione dal titolo “Covid-19: developing a vaccine during a pandemic”, organizzata da Ranieri Bizzarri, ricercatore del Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell'Area Critica dell'Università di Pisa, e da Elena Levantini, ricercatrice dell'Istituto di Tecnologie Biomediche del CNR.

Il professor Dan H. Barouch è un medico, immunologo e virologo statunitense, noto per il suo lavoro sulla patogenesi e l'immunologia delle infezioni virali e lo sviluppo di strategie vaccinali per le malattie infettive globali. Dopo essersi formato tra le Università di Harvard e di Oxford, il professor Barouch insegna attualmente Medicina e Immunologia alla Harvard Medical School ed è direttore del Center for Virology and Vaccine Research at Beth Israel Deaconess Medical Center. Membro del Ragon Institute del Massachusetts General Hospital, Massachusetts Institute of Technology e Harvard, è anche componente della Bill & Melinda Gates Foundation Collaboration for AIDS Vaccine Discovery.
Il suo laboratorio è attivo nello studio dell'infezione da HIV-1 e nello sviluppo di nuovi vaccini e strategie correlate. Il suo gruppo ha anche applicato la propria competenza nello sviluppo di nuovi vaccini allo studio preclinico e clinico di malattie infettive di rilevanza globale, tra cui quelle dovute a Zika Virus e tubercolosi.
Più di recente il gruppo del professor Dan H. Barouch ha sviluppato il vaccino contro SARS-CoV-2 commercializzato a livello mondiale da Johnson & Johnson e approvato per l'utilizzo sia negli Stati Uniti che in Europa.

barouch

"Il gruppo di ricerca che coordino all’interno del Laboratorio di Biochimica dell’Università di Pisa - ha dichiarato il dottor Ranieri Bizzarri - collabora da diversi anni con la dottoressa Elena Levantini dell'Istituto di Tecnologie Biomediche del CNR, che ha anche una posizione al Beth Israel Deaconess Medical Center della Harvard Medical School a Boston. Grazie a questa collaborazione ho avuto l'opportunità di svolgere ricerche nel medesimo istituto, che è anche la sede del Laboratorio del professor Barouch. Per questo ci è sembrato interessante far conoscere al pubblico italiano la straordinaria avventura scientifica che ha portato, in un tempo così breve, allo sviluppo di uno dei vaccini anti-COVID che sarà presto disponibile in Italia".

"Grazie al mio lavoro negli Stati Uniti come ricercatrice in ambito oncologico presso il Beth Israel Deaconess Medical Center di Boston - ha aggiunto la dottoressa Elena Levantini - ho familiarità con il Center for Vaccine Research diretto dal professor Barouch. Ho condiviso col dottor Bizzarri che una ricerca così cruciale come lo sviluppo di un nuovo vaccino per far fronte alla pandemia del COVID-19 sia di grande interesse anche per il sistema italiano della ricerca, a partire da Pisa dove dirigo il Laboratorio di Oncologia Molecolare presso l’Istituto di Tecnologie Biomediche, lavorando in stretta collaborazione con l’Università di Pisa".

Prof. Scarselli carliPiù sono efficaci maggiore è il rischio di alterazioni metaboliche in termini di aumento di peso, diabete di tipo 2 e ipertensione. La notizia arriva da uno studio che ha analizzato gli effetti degli antipsicotici di seconda generazione detti atipici (AAP), una classe di farmaci comunemente prescritti per trattare la schizofrenia, i disturbi bipolari e altri disturbi psicotici. La ricerca condotta dall’Università di Pisa in collaborazione con l’Università degli Studi dell'Aquila e il Max Delbrück Center for Molecular Medicine di Berlino è stata pubblicata sulla rivista Pharmaceuticals.

“L'aumento di peso è il segno distintivo dell'uso dei AAP - spiega Marco Scarselli, professore di Farmacologia dell’Università di Pisa - che infatti interferiscono con l'omeostasi del glucosio e dei lipidi agendo principalmente su ipotalamo, fegato, cellule beta pancreatiche, tessuto adiposo e muscolo scheletrico”.

Fra tutti i principi attivi, secondo lo studio quello più a rischio è la clozapina che risulta anche il più efficace, mentre sono più tollerati sul profilo metabolico i nuovi AAP come ziprasidone, lurasidone e l agonista parziale aripiprazolo.

“Tuttavia, numerosi studi clinici hanno dimostrato come la psicoeducazione, l’esercizio fisico e la dieta sono efficaci nel prevenire o ridurre la presenza di questi effetti avversi – conclude Scarselli - Quando questi programmi sono insoddisfacenti, fortunatamente, sono disponibili anche diverse opzioni farmacologiche, come per esempio la Metformina, che però finora sono state sottoutilizzate in pazienti psichiatrici che hanno sviluppato un aumento di peso o alterazioni metaboliche”.

Nella foto, da sinistra il professor Marco Scarselli e il dottor Marco Carli, specializzando in Farmacologia e Tossicologia clinica che ha collaborato alla ricerca.

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