Studente dell’Università di Pisa vince il Diana Award 2020
Omid Gholamzadeh Nasrabadi, studente italo-iraniano iscritto al primo anno del corso di laurea in inglese "Bachelor of Science in Management for Business and Economics" presso il Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Pisa, è risultato tra i vincitori del premio Diana Award 2020, istituito in onore della Principessa Diana del Galles. Omid, 20 anni e residente ad Empoli, potrà ora entrare in un programma di sviluppo di un anno, sotto la supervisione del team del Diana Award, per prepararsi a un altro step della competizione, il premio Diana Legacy. Il Diana Award, istituito nel 1999, premia ogni anno ragazzi tra i 9 e i 25 anni che si sono particolarmente distinti in campo sociale e umanitario. Alla cerimonia 2020, che si è svolta interamente in modalità virtuale, ha partecipato con un video messaggio anche il Principe Harry.
Il prestigioso premio è stato conferito a Omid riconoscendo l'impatto sociale che l'organizzazione “Aid You”, di cui egli è co-fondatore e CEO dal 2017, sta creando nelle comunità meno servite nell'Africa Orientale, riducendo i decessi causati da malattie cardiache. “Aid You” ha creato una comunità globale di soccorritori della BLS (Basic Life Support) che opera con approcci e soluzioni innovative nel campo della prevenzione delle malattie cardiovascolari.
Uno dei suoi ultimi successi è stato “NewHopEU”, un festival dell'innovazione sociale attraverso il quale ha messo in contatto global changemakers per creare una comunità digitale internazionale di giovani con l'obiettivo di proporre soluzioni innovative a problematiche sociali locali causate dal COVID-19.
Inoltre ha avuto altri numerosi riconoscimenti internazionali: è stato semifinalista al Diamond Challenge 2019, una competizione globale per l'imprenditorialità; è stato invitato a partecipare al World Government Summit negli Emirati Arabi; ha lavorato anche come Ambasciatore del programma di innovazione Young Sustainable Impact (YSI), operando sul territorio italiano.
Studente dell’Università di Pisa vince il Diana Award 2020
Omid Gholamzadeh Nasrabadi, studente italo-iraniano iscritto al primo anno del corso di laurea in inglese "Bachelor of Science in Management for Business and Economics" presso il Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Pisa, è risultato tra i vincitori del premio Diana Award 2020, istituito in onore della Principessa Diana del Galles. Omid, 20 anni e residente ad Empoli, potrà ora entrare in un programma di sviluppo di un anno, sotto la supervisione del team del Diana Award, per prepararsi a un altro step della competizione, il premio Diana Legacy.
Il Diana Award, istituito nel 1999, premia ogni anno ragazzi tra i 9 e i 25 anni che si sono particolarmente distinti in campo sociale e umanitario. Alla cerimonia 2020, che si è svolta interamente in modalità virtuale, ha partecipato con un video messaggio anche il Principe Harry.
Il prestigioso premio è stato conferito a Omid riconoscendo l'impatto sociale che l'organizzazione “Aid You”, di cui egli è co-fondatore e CEO dal 2017, sta creando nelle comunità meno servite nell'Africa Orientale, riducendo i decessi causati da malattie cardiache. “Aid You” ha creato una comunità globale di soccorritori della BLS (Basic Life Support) che opera con approcci e soluzioni innovative nel campo della prevenzione delle malattie cardiovascolari.
Uno dei suoi ultimi successi è stato “NewHopEU”, un festival dell'innovazione sociale attraverso il quale ha messo in contatto global changemakers per creare una comunità digitale internazionale di giovani con l'obiettivo di proporre soluzioni innovative a problematiche sociali locali causate dal COVID-19.
Inoltre ha avuto altri numerosi riconoscimenti internazionali: è stato semifinalista al Diamond Challenge 2019, una competizione globale per l'imprenditorialità; è stato invitato a partecipare al World Government Summit negli Emirati Arabi; ha lavorato anche come Ambasciatore del programma di innovazione Young Sustainable Impact (YSI), operando sul territorio italiano.
Guarda il video della cerimonia. Omid è presente dal minuto 31:41.
Borsa di approfondimento trimestrale – “Sviluppo del sistema di acquisizione dell’esperimento MU2E a Fermilab”
Avviso di fabbisogno interno per “un incarico per il supporto alla didattica dell’insegnamento di Economia aziendale del Cdl ELS, a.a. 2019/2020"
borsa di ricerca di durata pari a 11 mesi dal titolo “Modellizzazione e studio comparativo dell’impatto acustico di attività portuale (attività T3 e T4)”.
Conseguenze di genere ai tempi del Covid: al via una campagna di sensibilizzazione in tutta Europa
È partita in tutta Europa la campagna “Women’s Europe. Voices in Times of Covid”, un’iniziativa di sensibilizzazione sulle conseguenze di genere della crisi generata dall’emergenza Coronavirus. La campagna è sostenuta dal progetto “European Law and Gender” coordinato da Elettra Stradella, docente di diritto pubblico comparato del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Pisa. Si tratta quattro brevi video disponibili sul sito del progetto ELaN in cui si compie una analisi di genere della crisi, denunciando il rischio di escludere la parità di genere dalle politiche di interventi in epoca post-Covid e, più in generale, portando all’attenzione l’importanza di sviluppare un programma di ripresa in grado di cambiare lo stato delle cose, anche attraverso un nuovo contratto sociale.
“È molto importante contribuire a diffondere il più possibile questi video, realizzati in un momento storico in cui la giustizia di genere come sappiamo è spesso sotto attacco – commenta la professoressa Elettra Stradella – Ideatori di questa iniziativa sono un gruppo di 20 accademici/he, politici/he, policy makers e attivisti/e di tutta Europa, coordinato dall'on. Lina Galvez (MEP), da Agnes Hubert (College d'Europe) e da Ruth Rubio Marin (Università di Siviglia e EUI), componente del nostro progetto”.
La campagna “Women’s Europe. Voices in Times of Covid” è stata lanciata nella giornata del 19 giugno in occasione del primo workshop internazionale del progetto ELaN intitolato “Gender Based Approaches to the Law and Juris Dictio in Europe”. Il workshop ha coinvolto, a partire da una call for abstracts pubblicata all’inizio dell’anno, 18 giovani studiosi e studiose provenienti da 9 diversi Paesi europei e da prestigiose università e centri di ricerca, che hanno presentato i loro lavori.
Corpi, sessualità e diritto che si intersecano nelle tematiche della gestazione per altri, della prostituzione; violenza di genere; diritto europeo, Corti europee e tutela giurisdizionale dell’eguaglianza di genere, gender mainstreaming nei processi legislativi: questi alcuni dei temi affrontati in una prospettiva transdisciplinare nei panel coordinati da Angioletta Sperti, Valentina Bonini, Francesca Martines e Valentina Calderai, il gruppo di docenti del Dipartimento di Giurisprudenza che, con Elettra Stradella, stanno realizzando il progetto finanziato dalla Commissione europea fino al 2022.
Conseguenze di genere ai tempi del Covid: al via una campagna di sensibilizzazione in tutta Europa
È partita in tutta Europa la campagna “Women’s Europe. Voices in Times of Covid”, un’iniziativa di sensibilizzazione sulle conseguenze di genere della crisi generata dall’emergenza Coronavirus. La campagna è sostenuta dal progetto “European Law and Gender” coordinato da Elettra Stradella, docente di diritto pubblico comparato del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Pisa. Si tratta quattro brevi video disponibili sul sito del progetto ELaN in cui si compie una analisi di genere della crisi, denunciando il rischio di escludere la parità di genere dalle politiche di interventi in epoca post-Covid e, più in generale, portando all’attenzione l’importanza di sviluppare un programma di ripresa in grado di cambiare lo stato delle cose, anche attraverso un nuovo contratto sociale.
“È molto importante contribuire a diffondere il più possibile questi video, realizzati in un momento storico in cui la giustizia di genere come sappiamo è spesso sotto attacco – commenta la professoressa Elettra Stradella – Ideatori di questa iniziativa sono un gruppo di 20 accademici/he, politici/he, policy makers e attivisti/e di tutta Europa, coordinato dall'on. Lina Galvez (MEP), da Agnes Hubert (College d'Europe) e da Ruth Rubio Marin (Università di Siviglia e EUI), componente del nostro progetto”.
La campagna “Women’s Europe. Voices in Times of Covid” è stata lanciata nella giornata del 19 giugno in occasione del primo workshop internazionale del progetto ELaN intitolato “Gender Based Approaches to the Law and Juris Dictio in Europe”. Il workshop ha coinvolto, a partire da una call for abstracts pubblicata all’inizio dell’anno, 18 giovani studiosi e studiose provenienti da 9 diversi Paesi europei e da prestigiose università e centri di ricerca, che hanno presentato i loro lavori.
Corpi, sessualità e diritto che si intersecano nelle tematiche della gestazione per altri, della prostituzione; violenza di genere; diritto europeo, Corti europee e tutela giurisdizionale dell’eguaglianza di genere, gender mainstreaming nei processi legislativi: questi alcuni dei temi affrontati in una prospettiva transdisciplinare nei panel coordinati da Angioletta Sperti, Valentina Bonini, Francesca Martines e Valentina Calderai, il gruppo di docenti del Dipartimento di Giurisprudenza che, con Elettra Stradella, stanno realizzando il progetto finanziato dalla Commissione europea fino al 2022.
L’evoluzione del mito di Barbablù tra arte e letteratura dal Sette al Novecento
Il mito di Barbablù nella cultura europea e le sue molteplici riscritture letterarie e artistiche tra Sette e Novecento sono il tema della Galleria dell’ultimo numero della rivista “Arabeschi” intitolata Barbablù. Il mito al crocevia delle arti e delle letterature. La pubblicazione, curata da Alessandro Cecchi e Serena Grazzini, docenti dell’Università di Pisa, presenta i primi risultati di una ricerca sviluppata in seno al Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica dell’Ateneo pisano in collaborazione con studiose e studiosi di università nazionali e internazionali che nell’ottobre del 2019 si sono riuniti a Pisa per un convegno sul tema.
A partire dal racconto La Barbe bleue di Charles Perrault, del 1697, l’elaborazione del mito è ricostruita in 20 brevi contributi corredati da immagini capaci di restituirne visivamente la fortuna europea. La galleria spazia a livello geografico, dal Portogallo alla Russia con uno sguardo anche all’America non solo anglofona, e tra i generi, tra cui romanzi, racconti, poesia, trasposizioni artistiche, sceniche, musicali e cinematografiche sino alla televisione.
“Nel rielaborare la vicenda dell’uxoricida Barbablù la cultura europea dal Settecento fino al primo Novecento confina il potenziale perturbante del personaggio entro i limiti rassicuranti del fiabesco, della curiosità e dell’esotico – spiegano Alessandro Cecchi e Serena Grazzini - Altrettanto vero è però che, nel corso del XX secolo fino a oggi, la riappropriazione letteraria e artistica del mito ha aperto a nuovi orizzonti di significazione, dando origine a riscritture che non eludono il confronto con la storia e i suoi molti conflitti”.
Barbablù, la trasformazione dal Sette al Novecento: dal fiabesco e comico al dramma violento ed efferato
Al di là delle specificità nazionali, tendenzialmente le trasposizioni e le riscritture del Settecento sono all’insegna del fiabesco, del meraviglioso, e il registro è prevalentemente comico – in linea, peraltro, con il lieto fine del racconto di Perrault e con la sua doppia morale. Ancora nella seconda metà dell’Ottocento la grande fortuna dell’opera di Offenbach conferma questa tendenza. Nel Novecento la situazione cambia: già all’inizio del secolo vengono sottolineati aspetti psicopatologici che infrangono il registro comico; contestualmente Barbablù prende forma nell’oscura ed enigmatica opera di Bartók, dove la vicenda del personaggio e della sua ultima moglie diventa un’azione tutta interna a un castello-psiche dal quale non c’è via d’uscita. Negli anni della Prima guerra mondiale, il caso Landru, uxoricida seriale assurto alle cronache, riporta in auge risvolti inquietanti e tratti efferati e di questo passaggio si colgono i riflessi nella letteratura come nel teatro e nel cinema.
La Seconda guerra mondiale rappresenta uno spartiacque decisivo e un punto di svolta anche nella storia delle riscritture del mito di Barbablù; questo si carica della violenza della storia, delle atrocità inflitte e subite da molti milioni di persone, e il registro tragico emerge con forza. Non a caso l’opera di Bartók circola soprattutto dopo il 1945 divenendo un punto di riferimento della musica europea e non solo. La registrazione su nastro magnetico di un’edizione discografica di quest’opera in versione tedesca, continuamente interrotta e riavvolta dal protagonista in scena tramite un registratore portatile, è alla base della straordinaria quanto inquietante e durissima performance di Pina Bausch del 1977, che ha fatto epoca. Nel numero della rivista è inclusa un’intervista al primo interprete di Blaubart, il danzatore Jan Minarik, uno dei collaboratori più preziosi della regista e coreografa, nonché a una delle primissime interpreti di Judith, la protagonista femminile, Beatrice Libonati.
Barbablù in Italia
Come si legge nel contributo dell’italianista Marina Riccucci dell’Università di Pisa, l’Italia non sembra essere il paese delle riscritture e delle trasposizioni. Rispetto alle altre letterature europee, infatti, quella italiana è quella in cui Barbablù circola di meno, se si esclude la notevolissima traduzione di Carlo Collodi e alcune riscritture destinate all’infanzia. Nella galleria si segnala però almeno un romanzo italiano la cui torbida vicenda si ispira esplicitamente al personaggio del racconto di Perrault: I tre delitti di Barbablù (1920) di Virgilio Bondois, un autore poco noto che trae direttamente ispirazione dalla cronaca giudiziaria del processo Landru, coevo alla scrittura del romanzo.
L’evoluzione del mito di Barbablù tra arte e letteratura dal Sette al Novecento
Il mito di Barbablù nella cultura europea e le sue molteplici riscritture letterarie e artistiche tra Sette e Novecento sono il tema della Galleria dell’ultimo numero della rivista “Arabeschi” intitolata Barbablù. Il mito al crocevia delle arti e delle letterature. La pubblicazione, curata da Alessandro Cecchi e Serena Grazzini, docenti dell’Università di Pisa, presenta i primi risultati di una ricerca sviluppata in seno al Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica dell’Ateneo pisano in collaborazione con studiose e studiosi di università nazionali e internazionali che nell’ottobre del 2019 si sono riuniti a Pisa per un convegno sul tema.
A partire dal racconto La Barbe bleue di Charles Perrault, del 1697, l’elaborazione del mito è ricostruita in 20 brevi contributi corredati da immagini capaci di restituirne visivamente la fortuna europea. La galleria spazia a livello geografico, dal Portogallo alla Russia con uno sguardo anche all’America non solo anglofona, e tra i generi, tra cui romanzi, racconti, poesia, trasposizioni artistiche, sceniche, musicali e cinematografiche sino alla televisione.
“Nel rielaborare la vicenda dell’uxoricida Barbablù la cultura europea dal Settecento fino al primo Novecento confina il potenziale perturbante del personaggio entro i limiti rassicuranti del fiabesco, della curiosità e dell’esotico – spiegano Alessandro Cecchi e Serena Grazzini - Altrettanto vero è però che, nel corso del XX secolo fino a oggi, la riappropriazione letteraria e artistica del mito ha aperto a nuovi orizzonti di significazione, dando origine a riscritture che non eludono il confronto con la storia e i suoi molti conflitti”.
Barbablù, la trasformazione dal Sette al Novecento: dal fiabesco e comico al dramma violento ed efferato
Al di là delle specificità nazionali, tendenzialmente le trasposizioni e le riscritture del Settecento sono all’insegna del fiabesco, del meraviglioso, e il registro è prevalentemente comico – in linea, peraltro, con il lieto fine del racconto di Perrault e con la sua doppia morale. Ancora nella seconda metà dell’Ottocento la grande fortuna dell’opera di Offenbach conferma questa tendenza. Nel Novecento la situazione cambia: già all’inizio del secolo vengono sottolineati aspetti psicopatologici che infrangono il registro comico; contestualmente Barbablù prende forma nell’oscura ed enigmatica opera di Bartók, dove la vicenda del personaggio e della sua ultima moglie diventa un’azione tutta interna a un castello-psiche dal quale non c’è via d’uscita. Negli anni della Prima guerra mondiale, il caso Landru, uxoricida seriale assurto alle cronache, riporta in auge risvolti inquietanti e tratti efferati e di questo passaggio si colgono i riflessi nella letteratura come nel teatro e nel cinema.
La Seconda guerra mondiale rappresenta uno spartiacque decisivo e un punto di svolta anche nella storia delle riscritture del mito di Barbablù; questo si carica della violenza della storia, delle atrocità inflitte e subite da molti milioni di persone, e il registro tragico emerge con forza. Non a caso l’opera di Bartók circola soprattutto dopo il 1945 divenendo un punto di riferimento della musica europea e non solo. La registrazione su nastro magnetico di un’edizione discografica di quest’opera in versione tedesca, continuamente interrotta e riavvolta dal protagonista in scena tramite un registratore portatile, è alla base della straordinaria quanto inquietante e durissima performance di Pina Bausch del 1977, che ha fatto epoca. Nel numero della rivista è inclusa un’intervista al primo interprete di Blaubart, il danzatore Jan Minarik, uno dei collaboratori più preziosi della regista e coreografa, nonché a una delle primissime interpreti di Judith, la protagonista femminile, Beatrice Libonati.
Barbablù in Italia
Come si legge nel contributo dell’italianista Marina Riccucci dell’Università di Pisa, l’Italia non sembra essere il paese delle riscritture e delle trasposizioni. Rispetto alle altre letterature europee, infatti, quella italiana è quella in cui Barbablù circola di meno, se si esclude la notevolissima traduzione di Carlo Collodi e alcune riscritture destinate all’infanzia. Nella galleria si segnala però almeno un romanzo italiano la cui torbida vicenda si ispira esplicitamente al personaggio del racconto di Perrault: I tre delitti di Barbablù (1920) di Virgilio Bondois, un autore poco noto che trae direttamente ispirazione dalla cronaca giudiziaria del processo Landru, coevo alla scrittura del romanzo.