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Studiano molto. Non si accontentano della laurea, ma mirano a proseguire la formazione con percorsi post universitari. Partecipano a programmi di mobilità internazionale. Fanno piccoli lavori part time per mantenersi e per non pesare sulle famiglie. È il ritratto degli universitari italiani che emerge dall’Ottava Indagine Eurostudent per il periodo 2016-2018, presentata a Pisa nel corso di una tavola rotonda organizzata dall’Ateneo insieme a Cimea, il Centro di informazione sulla mobilità e le equivalenze accademiche. La ricerca, finanziata dal Miur e condotta dal Cimea in collaborazione con le università di Pisa e Camerino, disegna il profilo dello studente universitario italiano così come si è venuto a delineare negli ultimi tre anni e consente di confrontarlo, sulla base di indicatori condivisi, con quello dei suoi colleghi degli altri 27 Paesi europei che hanno partecipato all’indagine.
La conferenza pisana è stata aperta dai saluti di Francesco Marcelloni, prorettore alla cooperazione e relazioni internazionali dell’Ateneo pisano, Antonella Martini, presidente di Cimea, e Giulia Gambini, consigliera comunale del Comune di Pisa. I risultati sono stati illustrati da Giovanni Finocchietti, direttore dell’indagine Eurostudent. Nella seconda parte della mattinata si è poi tenuta una tavola rotonda moderata dalla giornalista e scrittrice Chiara Cini su “Condizione studentesca, politiche e interventi per gli studenti nel territorio e nelle università della Regione Toscana” a cui hanno partecipato Cristiana Alfonsi, responsabile della segreteria dell’assessorato alla cultura, università e ricerca della Regione Toscana, Ann Katherine Isaacs, vice-chair del Bologna Follow-up Group, Antonella Del Corso, prorettrice per gli studenti e il diritto allo studio, Vittoria Perrone Compagni, prorettore vicario con delega all'innovazione della didattica dell'Università degli Studi di Firenze, Alessandro Donati, delegato agli studenti e cittadinanza studentesca dell'Università di Siena, Marco Moretti, presidente dell’Azienda regionale per il diritto allo studio universitario della Regione Toscana, Ismail El Gharras, rappresentante degli studenti nel Consiglio di Amministrazione dell’Università di Pisa, Serena Mormina, presidente dell’Erasmus Student Network (ESN).
La crisi economica ha modificato significativamente le abitudini degli studenti universitari e le scelte delle loro famiglie. I risultati parlano chiaro e mostrano l’identikit di uno studente dinamico e in grado di competere, e in alcuni casi superare, la media degli studenti europei. Dall’analisi dei dati raccolti appare evidente che gli studenti italiani impegnano nello studio quasi 44 ore settimanali, il 30% in più della media calcolata in Europa. Oltre la metà intende proseguire gli studi dopo la laurea e, non appena possibile, si dà da fare per contribuire a mantenersi con piccoli lavori part time, in modo da non pesare eccessivamente sulle famiglie.
Circa il 20% degli iscritti alla laurea magistrale ha già partecipato a progetti di mobilità internazionale: una percentuale non lontana dalla media complessiva europea. Un dato che dimostra la validità delle politiche per la mobilità studentesca sulle quali così tanto sta puntando il Miur per incentivare la competitività degli studenti italiani nel mercato del lavoro dell’Eurozona. Questo perché, secondo i dati della Commissione europea, il tasso di disoccupazione a lungo termine degli ex allievi Erasmus si ferma al 2% (equivalente alla metà esatta di quello registrato fra gli studenti che non hanno partecipato al programma, il 4%).
Otto studenti su dieci (il 79%) si dichiarano soddisfatti per la preparazione teorica data dall’università e per la sostenibilità del carico di lavoro (il 63%). Quasi la metà degli studenti (il 45%) chiede di poter avere una maggiore preparazione pratica, soprattutto nei corsi delle lauree giuridiche (il 27,6%). Mentre, all’opposto, la valutazione è decisamente positiva per i corsi che formano paramedici e insegnanti: risulta essere soddisfatto oltre il 70% degli studenti.
L’Ottava Indagine Eurostudent allarga poi il campo di osservazione al quadro economico e sociale di provenienza degli universitari. Gli studi dopo il diploma rappresentano ancora, per le famiglie italiane, le fondamenta su cui costruire il futuro dei propri figli, anche se non sono più riconosciuti quale “ascensore sociale” come accadeva fino ad alcuni anni fa. Le condizioni socio-economiche generali, e in particolare quelle della famiglia di provenienza, rappresentano elementi determinanti per la scelta dell’università e spesso anche del modo in cui affrontarla. L’analisi dei dati evidenzia come i giovani che provengono dalle famiglie meno agiate, pur di raggiungere l’obiettivo del titolo di studio, facciano scelte compatibili con le proprie risorse, come ad esempio Atenei o corsi di studio disponibili nel proprio territorio di residenza, mantenendo così la percentuale del pendolarismo al 50%.
Un altro aspetto viene messo in luce in maniera chiara: a rendere attraente un Ateneo non è tanto la sua fama scientifica o lustro accademico, quanto la capacità di sostenere gli studenti nel loro percorso offrendo servizi. I giovani, infatti, tendono sempre più a scegliere l’università in base all’offerta di borse di studio e di servizi per la didattica, meglio ancora se l’Ateneo dovesse risultare inserito in un contesto urbano e sociale e tale da favorire la possibilità di trovare un lavoro che aiuti a mantenersi. Questo sottolinea, dopo 10 anni di crisi economica, un allargamento crescente della forbice Nord/Sud e la trasformazione delle abitudini di vita degli studenti per fare i conti con la crisi.

eurostudent homeStudiano molto. Non si accontentano della laurea, ma mirano a proseguire la formazione con percorsi post universitari. Partecipano a programmi di mobilità internazionale. Fanno piccoli lavori part time per mantenersi e per non pesare sulle famiglie. È il ritratto degli universitari italiani che emerge dall’Ottava Indagine Eurostudent per il periodo 2016-2018, presentata a Pisa nel corso di una tavola rotonda organizzata dall’Ateneo insieme a Cimea, il Centro di informazione sulla mobilità e le equivalenze accademiche. La ricerca, finanziata dal Miur e condotta dal Cimea in collaborazione con le università di Pisa e Camerino, disegna il profilo dello studente universitario italiano così come si è venuto a delineare negli ultimi tre anni e consente di confrontarlo, sulla base di indicatori condivisi, con quello dei suoi colleghi degli altri 27 Paesi europei che hanno partecipato all’indagine.

La conferenza pisana è stata aperta dai saluti di Francesco Marcelloni, prorettore alla cooperazione e relazioni internazionali dell’Ateneo pisano, Antonella Martini, presidente di Cimea, e Giulia Gambini, consigliera comunale del Comune di Pisa. I risultati sono stati illustrati da Giovanni Finocchietti, direttore dell’indagine Eurostudent. Nella seconda parte della mattinata si è poi tenuta una tavola rotonda moderata dalla giornalista e scrittrice Chiara Cini su “Condizione studentesca, politiche e interventi per gli studenti nel territorio e nelle università della Regione Toscana” a cui hanno partecipato Cristiana Alfonsi, responsabile della segreteria dell’assessorato alla cultura, università e ricerca della Regione Toscana, Ann Katherine Isaacs, vice-chair del Bologna Follow-up Group, Antonella Del Corso, prorettrice per gli studenti e il diritto allo studio, Vittoria Perrone Compagni, prorettore vicario con delega all'innovazione della didattica dell'Università degli Studi di Firenze, Alessandro Donati, delegato agli studenti e cittadinanza studentesca dell'Università di Siena, Marco Moretti, presidente dell’Azienda regionale per il diritto allo studio universitario della Regione Toscana, Ismail El Gharras, rappresentante degli studenti nel Consiglio di Amministrazione dell’Università di Pisa, Serena Mormina, presidente dell’Erasmus Student Network (ESN).

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La crisi economica ha modificato significativamente le abitudini degli studenti universitari e le scelte delle loro famiglie. I risultati parlano chiaro e mostrano l’identikit di uno studente dinamico e in grado di competere, e in alcuni casi superare, la media degli studenti europei. Dall’analisi dei dati raccolti appare evidente che gli studenti italiani impegnano nello studio quasi 44 ore settimanali, il 30% in più della media calcolata in Europa. Oltre la metà intende proseguire gli studi dopo la laurea e, non appena possibile, si dà da fare per contribuire a mantenersi con piccoli lavori part time, in modo da non pesare eccessivamente sulle famiglie.

Circa il 20% degli iscritti alla laurea magistrale ha già partecipato a progetti di mobilità internazionale: una percentuale non lontana dalla media complessiva europea. Un dato che dimostra la validità delle politiche per la mobilità studentesca sulle quali così tanto sta puntando il Miur per incentivare la competitività degli studenti italiani nel mercato del lavoro dell’Eurozona. Questo perché, secondo i dati della Commissione europea, il tasso di disoccupazione a lungo termine degli ex allievi Erasmus si ferma al 2% (equivalente alla metà esatta di quello registrato fra gli studenti che non hanno partecipato al programma, il 4%).

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Otto studenti su dieci (il 79%) si dichiarano soddisfatti per la preparazione teorica data dall’università e per la sostenibilità del carico di lavoro (il 63%). Quasi la metà degli studenti (il 45%) chiede di poter avere una maggiore preparazione pratica, soprattutto nei corsi delle lauree giuridiche (il 27,6%). Mentre, all’opposto, la valutazione è decisamente positiva per i corsi che formano paramedici e insegnanti: risulta essere soddisfatto oltre il 70% degli studenti.

L’Ottava Indagine Eurostudent allarga poi il campo di osservazione al quadro economico e sociale di provenienza degli universitari. Gli studi dopo il diploma rappresentano ancora, per le famiglie italiane, le fondamenta su cui costruire il futuro dei propri figli, anche se non sono più riconosciuti quale “ascensore sociale” come accadeva fino ad alcuni anni fa. Le condizioni socio-economiche generali, e in particolare quelle della famiglia di provenienza, rappresentano elementi determinanti per la scelta dell’università e spesso anche del modo in cui affrontarla. L’analisi dei dati evidenzia come i giovani che provengono dalle famiglie meno agiate, pur di raggiungere l’obiettivo del titolo di studio, facciano scelte compatibili con le proprie risorse, come ad esempio Atenei o corsi di studio disponibili nel proprio territorio di residenza, mantenendo così la percentuale del pendolarismo al 50%.

Un altro aspetto viene messo in luce in maniera chiara: a rendere attraente un Ateneo non è tanto la sua fama scientifica o lustro accademico, quanto la capacità di sostenere gli studenti nel loro percorso offrendo servizi. I giovani, infatti, tendono sempre più a scegliere l’università in base all’offerta di borse di studio e di servizi per la didattica, meglio ancora se l’Ateneo dovesse risultare inserito in un contesto urbano e sociale e tale da favorire la possibilità di trovare un lavoro che aiuti a mantenersi. Questo sottolinea, dopo 10 anni di crisi economica, un allargamento crescente della forbice Nord/Sud e la trasformazione delle abitudini di vita degli studenti per fare i conti con la crisi.

Con un incontro dedicato alla tavola periodica degli elementi nei 150 anni dalla sua prima pubblicazione, prendono via il 9 maggio i “Giovedì della Cittadella Galileiana”, gli appuntamenti dedicati alla scienza organizzati dal Museo degli Strumenti di Fisica (Sistema Museale di Ateneo) in collaborazione con la Ludoteca Scientifica (Dipartimento di Fisica).
Alle ore 21, Guido Pampaloni, docente del dipartimento di Chimica e chimica industriale dell’Università di Pisa, terrà una conferenza dal titolo "La tabella periodica, ovvero l’alfabeto dei chimici". Nel seminario saranno presentate le idee fondamentali che hanno portato alla moderna tabella degli elementi, insieme ad alcune considerazioni sull'utilizzo e sulla reperibilità di alcuni elementi chimici di importanza strategica.
Gli altri incontri, a ingresso gratuito, si terranno nelle serate di giovedì fino al 13 giugno. L’inizio delle conferenze è sempre alle ore 21. Gli organizzatori sono Fabrizio Broglia, Sergio Giudici, Massimiliano Razzano.

Si è concluso lo scorso 30 aprile il mandato del professore Francesco Forti dell'Università di Pisa a capo dell'LHC Committee del CERN, il comitato di controllo e indirizzo del programma scientifico del più grande acceleratore al mondo. In particolare, nei quattro anni del suo incarico, il professor Forti ha lavorato in vista di una nuova fase operativa ad alta luminosità dell’esperimento che inizierà intorno al 2025. L’aggiornamento dei programmi per gli esperimenti ATLAS e CMS ha infatti comportato un investimento di quasi 450 milioni di euro da parte della comunità internazionale ed ha richiesto una attenta indagine e verifica.

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Francesco Forti tra la Direttrice del CERN, Fabiola Gianotti, ed il Direttore della divisione ricerca e computing, Eckhard Elsen (crediti CERN)

“La sfida più difficile è stato garantire un esame imparziale e profondo di questi progetti di grande complessità e dimensione in tempi molto ristretti - spiega Forti - Per questo, oltre al comitato LHCC, formato da una quindicina di scienziati, sono stati consultati centinaia di esperti in tutto il mondo, con uno sforzo organizzativo senza precedenti”.

Fabiola Gianotti, direttrice del CERN, ha quindi voluto salutare così la fine del mandato del professore dell’Ateneo pisano: “Caro Francesco, vorrei esprimerti la mia gratitudine e ammirazione, anche a nome del CERN, per il tuo ruolo cruciale come Chair del Comitato LHCC e in particolare per il tuo contributo fondamentale all’upgrade degli esperimenti LHC. Il programma sperimentale di LHC ha beneficiato enormemente della tua competenza, visione e pragmatismo”.

 

Si è concluso lo scorso 30 aprile il mandato di Francesco Forti, docente dell'Università di Pisa, a capo dell'LHC Committee del CERN, il comitato di controllo e indirizzo del programma scientifico del più grande acceleratore al mondo. In particolare, nei quattro anni del suo incarico, il professor Forti ha lavorato in vista di una nuova fase operativa ad alta luminosità dell’esperimento che inizierà intorno al 2025. L’aggiornamento dei programmi per gli esperimenti ATLAS e CMS ha infatti comportato un investimento di quasi 450 milioni di euro da parte della comunità internazionale ed ha richiesto una attenta indagine e verifica. “La sfida più difficile è stato garantire un esame imparziale e profondo di questi progetti di grande complessità e dimensione in tempi molto ristretti - spiega Forti - Per questo, oltre al comitato LHCC, formato da una quindicina di scienziati, sono stati consultati centinaia di esperti in tutto il mondo, con uno sforzo organizzativo senza precedenti”.
Fabiola Gianotti, direttrice del CERN, ha quindi voluto salutare così la fine del mandato del professore dell’Ateneo pisano: “Caro Francesco, vorrei esprimerti la mia gratitudine e ammirazione, anche a nome del CERN, per il tuo ruolo cruciale come Chair del Comitato LHCC e in particolare per il tuo contributo fondamentale all’upgrade degli esperimenti LHC. Il programma sperimentale di LHC ha beneficiato enormemente della tua competenza, visione e pragmatismo”.

Didascalia foto
Foto 1: Francesco Forti, sulla destra, illustra le attività di LHCC allo Scientific Policy Committee (SPC) del CERN nel settembre 2018. Al centro, da sinistra a destra: Eckhard Elsen, Direttore della divisione ricerca e computing del CERN; Fabiola Gianotti, Direttrice generale del CERN; Keith Ellis, Presidente del comitato SPC del CERN; Frederic , Direttore della divisione acceleratori del CERN.

Foto 2: Francesco Forti tra la Direttrice del CERN, Fabiola Gianotti, ed il Direttore della divisione ricerca e computing, Eckhard Elsen

Sarà presentata martedì 7 maggio, alle ore 11,30 nella Sala dei Mappamondi del Rettorato, la conferenza internazionale dal titolo "Marx 201. Ripensare l’alternativa", che si terrà all'Università di Pisa dall'8 al 10 maggio con la partecipazione, tra gli altri, di Luciana Castellina, Maurizio Landini e Álvaro García Linera (vicepresidente della Bolivia).
Alla presentazione interverranno i curatori scientifici del convegno, i professori Alfonso Maurizio Iacono, dell'Ateneo pisano, e Marcello Musto, della York University di Toronto, e la professoressa Elvira Concheiro, dell'Universidad Nacional Autónoma de México, che si soffermerà sul tema dell’emancipazione di genere.

I COLLEGHI GIORNALISTI SONO INVITATI A SEGUIRE IL CONVEGNO.
ALLE 10.45, PRIMA DELL’INIZIO DELLA TAVOLA ROTONDA, I RELATORI DELLA CONFERENZA SARANNO A DISPOSIZIONE PER DOMANDE E APPROFONDIMENTI.

Lunedì 6 maggio, alle ore 9.00, nell’Auditorium del Centro Congressi le Benedettine, si terrà una conferenza per presentare i risultati dell'ottava Indagine Eurostudent sul tema "Le condizioni di vita e di studio degli studenti universitari". L'evento è organizzato dall'Università di Pisa insieme a Cimea, il Centro di informazione sulla mobilità e le equivalenze accademiche. La giornata sarà aperta dai saluti di Francesco Marcelloni, prorettore alla cooperazione e relazioni internazionali dell’Università di Pisa, Antonella Martini, presidente di Cimea, e Giulia Gambini, consigliera comunale del Comune di Pisa. I risultati dell’indagine saranno illustrati da Giovanni Finocchietti, direttore dell’indagine Eurostudent.
Nella seconda parte della mattinata, a partire dalle 10.45, si terrà una tavola rotonda moderata dalla giornalista e scrittrice Chiara Cini su “Condizione studentesca, politiche e interventi per gli studenti nel territorio e nelle università della Regione Toscana” a cui parteciperanno Cristiana Alfonsi, responsabile della segreteria dell’assessorato alla cultura, università e ricerca della Regione Toscana, Anne Katherine Isaacs, vice-chair del Bologna Follow-up Group, Antonella Del Corso, prorettrice per gli studenti e il diritto allo studio, Vittoria Perrone Compagni, prorettore vicario con delega all'innovazione della didattica dell'Università degli Studi di Firenze, Alessandro Donati, delegato agli studenti e cittadinanza studentesca dell'Università di Siena, Marco Moretti, presidente dell’Azienda regionale per il diritto allo studio universitario della Regione Toscana, Ismail El Gharras, rappresentante degli studenti nel CdA dell’Università di Pisa, Serena Mormina, presidente dell’Erasmus Student Network (ESN).
L'indagine sulle condizioni di vita e di studio degli studenti universitari è stata realizzata in Italia nell’ambito del progetto di indagine comparata europea “Social and economic conditions of student life in Europe”, condotta in circa trenta paesi che hanno aderito al Processo di Bologna e fanno parte dello Spazio europeo della formazione superiore. A livello nazionale, tale indagine, che è promossa e cofinanziata dal Miur, è stata realizzata da un gruppo di lavoro che opera nell’ambito dell’Associazione CIMEA, che si è valso della collaborazione tecnica delle università di Pisa e Camerino.

 

Lunedì 6 maggio, alle ore 17.30, presso il salone de Il Tirreno in viale Alfieri 9 a Livorno, avrà luogo la presentazione del volume "Diario di un’infamia. Le leggi, le vite violate, il ricordo" curato da Bruno Manfellotto, ex direttore dell’Espresso e del Tirreno, e Fabio Demi, giornalista del Tirreno. Parteciperanno all’incontro Luigi Vicinanza, direttore de Il Tirreno, Giuseppe Sardu, presidente di Acque Spa, Vittorio Mosseri, presidente Comunità Ebraica di Livorno, e i due curatori del volume. Coordina Davide Guadagni, portavoce del rettore dell’Università di Pisa.
Il libro, edito da Pisa University Press con il contributo di Acque Spa, fa parte delle pubblicazioni che l’ateneo pisano ha dedicato nel 2018 agli ottant’anni dalla firma delle prime leggi antiebraiche in Italia. Già il titolo “Diario di un’infamia. Le leggi, le vite violate, il ricordo”, dice molto sulle enormi sofferenze provocate dalla scelta di Mussolini di discriminare e perseguitare gli ebrei. Il volume raccoglie, con molte fonti documentarie (alcune inedite) e immagini d’epoca, l’excursus delle leggi razziali italiane, la prima delle quali fu firmata il 5 settembre 1938 da re Vittorio Emanuele III nella tenuta di San Rossore.
Dopo la descrizione del contesto storico e della genesi della legislazione razzista italiana, se ne raccontano le conseguenze attraverso le storie di vite violate. Quella di Guido Cava che, bambino, fu escluso da scuola in quanto ebreo. Quella di Maria Furst Castro, ebrea polacca, che visse l’orrore di Auschwitz. Quella di Giuseppe Pardo Roques che fu ucciso nella sua abitazione a Pisa assieme ad altre undici persone. Quelle di tutti gli studenti e docenti che furono espulsi dalle università per la loro condizione di ebrei. Il testo contiene schede che raccontano altre personalità: Carlo Cammeo, maestro socialista ucciso a Pisa nel 1921 dall’insorgente squadrismo fascista; Elio Toaff, livornese, destinato a diventare un eccezionale rabbino capo delle comunità ebraiche italiane; Silvano Arieti, che attribuisce al suo incontro con Pardo Roques il motivo dei suoi studi che lo portarono a divenire uno dei massimi psichiatri del mondo. A tutto questo si aggiunge un capitolo che racconta il bagitto, la lingua segreta degli ebrei italiani.
Il volume si conclude con la cronaca delle iniziative, San Rossore 1938, che l’Università di Pisa ha voluto dedicare all’anniversario delle leggi razziali, e alle quali anche Fondazione Livorno ha dato il suo contributo, culminate con “La cerimonia del ricordo e delle scuse” che, il 20 settembre scorso, nel Palazzo della Sapienza a Pisa, ha visto riuniti tutti i rettori delle università italiane per offrire un riconoscimento morale ai rappresentanti di tutte le comunità ebraiche lì presenti. Un fatto storico di grande significato.

Lo scheletro fossile di un’enorme balena scoperto nel 2006 nel Comune di Matera, sulle rive del lago artificiale di San Giuliano, torna ora al centro dell’attenzione grazie a uno studio appena pubblicato sulla rivista internazionale Biology Letters, edita dalla prestigiosa Royal Society di Londra.
La ricerca ha coinvolto i paleontologi Giovanni Bianucci, Alberto Collareta, Walter Landini, Caterina Morigi e Angelo Varola del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa, Agata Di Stefano del Dipartimento di Scienze Biologiche Geologiche e Ambientali dell’Università di Catania e Felix Marx del Directorate Earth and History of Life, Royal Belgium Institute of Natural Sciences di Bruxelles.
“I caratteri morfologici del cranio e della bulla timpanica, che è una parte dell'orecchio interno che serve ad amplificare i suoni – afferma Giovanni Bianucci che ha preso parte allo scavo e ha coordinato lo studio del reperto - rivelano le forti affinità tra la balena di Matera e l’attuale balenottera azzurra (Balaenoptera musculus), confermate anche dalla stima della lunghezza massima dell’animale che superava i 26 metri. Si tratta del più grande fossile di balena mai descritto e, forse, della più grande balena che abbia mai solcato le acque del Mar Mediterraneo. Questo dato è importante non solo perché ci permette di inserire questo fossile nei Guinness dei primati, ma anche, e soprattutto, perché l’aumento estremo delle dimensioni è uno degli aspetti più interessanti dell’evoluzione”
Il gigantismo è, infatti, un fenomeno che è comparso e si è affermato, in maniera indipendente e in tempi diversi, in molte linee evolutive di vertebrati. Al di là di un generico vantaggio che le grandi dimensioni potrebbero aver dato ad una specie nella competizione con quelle di taglia più piccola, molti aspetti del fenomeno restano oscuri. In particolare, negli ultimi anni l’attenzione dei ricercatori si è focalizzata sul gigantismo estremo evoluto dai misticeti, quei cetacei che nel corso della loro evoluzione hanno sostituito i denti con i fanoni per filtrare dalla massa d’acqua i piccoli organismi di cui si nutrono.
Questi mammiferi marini, comunemente noti come balene, hanno il proprio rappresentante più spettacolare proprio nella balenottera azzurra, che può superare i 30 metri di lunghezza e le 180 tonnellate di peso, attestandosi dunque come il più grande animale, in termini di massa, mai comparso sulla Terra. Tra le possibili cause del gigantismo dei misticeti ipotizzate da studi recenti va ricordata la pressione selettiva esercitata dai grandi predatori marini del passato, come Livyatan melvillei (un parente del capodoglio trovato fossile in Perù) e lo squalo gigante Carcharocles megalodon, che avrebbe avvantaggiato le balene più grandi e quindi meno vulnerabili agli attacchi. Anche il progressivo raffreddamento del pianeta potrebbe aver favorito l’enorme aumento della taglia delle balene. In particolare, la messa in posto delle calotte glaciali contribuì alla ridistribuzione di cibo nei mari concentrandolo soprattutto in quelli polari. Molte balene si spostarono a loro volta in queste aree fredde per nutrirsi, dovendo tuttavia compiere lunghi viaggi stagionali per tornare a riprodursi nelle acque calde tropicali. In questo caso la pressione selettiva avrebbe favorito le balene più grandi perché in grado di immagazzinare una quantità maggiore di risorse energetiche per affrontare le lunghe migrazioni.
“Poiché tutte le balene fossili sono molto più piccole delle enormi balenottere attuali – spiega Alberto Collareta - fino ad oggi i modelli macroevolutivi hanno sostenuto che il gigantismo dei misticeti fosse un fenomeno molto recente, originatosi durante il periodo Quaternario, coincidente con gli ultimi due milioni e mezzo di anni. Questa idea ha trovato supporto in studi recenti che, attraverso modelli macroevolutivi, sostengono che l’estremo gigantismo dei misticeti sia un fenomeno limitato agli ultimi 2-3 milioni di anni. Un punto debole di queste ricerche consiste però nel fatto che i resti fossili di misticeti risalenti agli ultimi milioni di anni sono molto scarsi e pertanto l’ipotesi della recente accelerazione nell’aumento della taglia si basa prevalentemente sulle dimensioni gigantesche delle balene attuali”.
Lo studio della balena di Matera porta un contributo fondamentale per chiarire gli aspetti ancora oscuri di questi importanti processi evolutivi. Le analisi dei microfossili associati alla balena, condotte da Agata di Stefano e Caterina Morigi, hanno infatti fornito una datazione compresa tra 1,49 e 1,25 milioni di anni fa, all'interno di un intervallo temporale (il Pleistocene inferiore) relativamente vicino al presente, in cui il record fossile dei cetacei è quasi inesistente o quanto meno non accessibile poiché le rocce che ne potrebbero contenere i resti fossili si trovano in gran parte ancora nei fondali marini.
“Inserendo i dati ottenuti dallo studio preliminare della balena di Matera e di altri reperti recentemente rinvenuti in Perù nei modelli macroevolutivi più largamente accettati – afferma Felix Marx - si è scoperto che l’estremo gigantismo dei misticeti è un fenomeno più antico di quanto si pensasse e che l’aumento delle dimensioni è stato probabilmente più graduale di quanto prima teorizzato”.
“Considerato il profondo impatto che i misticeti hanno avuto sull’evoluzione degli ecosistemi marini a scala globale, nonché la loro fondamentale influenza nel foggiare la struttura ecologica degli oceani moderni – conclude Giovanni Bianucci - conoscere in dettaglio questi processi evolutivi è di fondamentale importanza per decifrare le dinamiche evolutive dell'ambiente marino e i delicati equilibri delle comunità biologiche dell'oceano globale e quindi anche per capire quali potrebbero essere gli effetti dovuti alla scomparsa di questi giganti del mare. Non dobbiamo, infatti, dimenticare che la balenottera azzurra, dopo essere riuscita a sopravvivere con successo per oltre un milione di anni, è stata portata sull’orlo dell’estinzione da soli cento anni di caccia spietata da parte dei balenieri e ancora non sappiamo come la sua definitiva scomparsa potrebbe cambiare il delicato equilibrio naturale di cui fa parte”.

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