Incarico presso il Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale: "Supporto alla didattica per l’attività di supervisione/supporto anche propedeutico alla didattica; preparazione del materiale per le lezioni nel Master in Disturbi dell’umore
Classifica atenei: l’Università di Pisa tra i primi 100 al mondo in cinque discipline
Secondo la classifica del QS World University Rankings by Subject edizione 2019, l’Università di Pisa è tra le prime 100 al mondo in cinque discipline, confermando la sua eccellenza nei settori di grande tradizione per il nostro Ateneo: dalle classifiche risulta in posizioni al top in “Classics and Ancient History” (26° posto), “Mathematics” “Physics and Astronomy” e “Computer Science and Information Systems” (tutte tra 51° e 100°). Quest’anno ottimo posizionamento anche nella nuova disciplina introdotta dal QS “Library and Information Management”, in cui Pisa risulta al 50° posto mondiale.
Più in generale l’Ateneo pisano è presente in 24 discipline sulle 48 censite dai QS Rankings, coprendo tutti e 5 i settori disciplinari. In quasi tutte 24 le discipline, l’Università di Pisa è tra le prime 10 in Italia. "La nostra Università continua a migliorare anno dopo anno - dichiara il rettore Paolo Mancarella - Confrontando i risultati degli ultimi tre anni, nelle 5 macro aree, l’Ateneo conferma i livelli di eccellenza già raggiunti in "Natural Sciences" e in "Engineering and Technology" e migliora di circa 50 posizioni in “Arts and Humanities”, in "Life Science" and Medicine" e in “Social Sciences and Management. Sono particolarmente soddisfatto per il risultato raggiunto in “Computer Science and Information Systems”, a cui hanno contribuito i Dipartimenti di Informatica e di Ingegneria dell’Informazione, visto che ci accingiamo a festeggiare il 50° anniversario dall'attivazione all'Università di Pisa del primo corso di laurea italiano in Informatica, avvenuta nel 1969: la lungimiranza di chi ci aveva creduto allora è stata ben ripagata!”.
Sono molte anche le singole discipline che hanno migliorato la performance rispetto all’ultimo anno: "Modern Languages” (da 251-300 a 101-150), “Statistics and Operational Research” (da 151-200 a 101-150), “Linguistics”, "Chemical Engineering” e "Mechanical, Aeronautical and Manufacturing Engineering” (tutte da 201-250 a 151-200), “Chemistry” e “English Language and Literature” (da 251-300 a 201-250).
Per l’edizione 2019 il QS World University Rankings by Subject ha valutato 1200 università dislocate in 153 paesi, valutando 48 discipline suddivise in 5 macro settori sulla base di indicatori come la qualità della ricerca e la reputazione degli atenei.
Incarico presso il Dipartimento di Economia e Management per: psicologo nell’ambito del progetto “Strumenti per l’autonomia di studenti con DSA”
Incarico presso il Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere "Studi conoscitivi e ricerche per la conservazione e la valorizzazione del complesso della certosa di Calci e dei suoi Poli Museali"
Sistema Informatico di Ateneo (s.i.a.)
Al via i “Dialoghi mazziniani”: giovedì un incontro sulla figura e sul pensiero di Carlo Rosselli
Prende il via la prima serie dei “Dialoghi mazziniani”, un ciclo di incontri promossi dalla Domus Mazziniana e dall’Università di Pisa. Si inizia giovedì 28 febbraio, alle ore 15, nella sede della Domus in via Mazzini 71, con Carlo Rosselli, il geniale ideatore del socialismo liberale, e fondatore di Giustizia e Libertà, il cui tentativo di sintesi tra i grandi filoni di pensiero della Sinistra Europea affondava le radici in un’ispirazione profondamente mazziniana, anche a livello familiare. Proprio a casa di un prozio di Carlo Rosselli, Pellegrino, in quella che sarebbe poi diventata la Domus Mazziniana, il 10 marzo 1872 moriva infatti Giuseppe Mazzini.
A discutere della figura e dell’attualità del pensiero di Carlo Rosselli sarà Gaetano Pecora, ordinario di storia delle dottrine politiche alla Luiss di Roma, tra i maggiori esperti italiani dei filoni ‘eretici’ del socialismo e della democrazia e autore di un importante saggio su Carlo Rosselli socialista e liberale, pubblicato dalla casa editrice Donzelli nel 2017.
Promossi e organizzati da Carmelo Calabrò, Tommaso Greco e Pietro Finelli, i “Dialoghi” si propongono di accendere l’attenzione su alcuni temi cruciali del dibattito politico contemporaneo a partire dalle suggestioni provenienti dalla riflessione teorica e dall’azione di alcuni grandi pensatori appartenenti a quella tradizione laica e democratica che identifica il proprio punto di riferimento ideale in Giuseppe Mazzini.
Rivoluzioni e follia in un convegno a Palazzo Boilleau
Giovedì 28 febbraio e venerdì 1 marzo, a Palazzo Boilleau, in via Santa Maria 85, si tiene il convegno “Immagini di rivoluzioni, immagini di follia nel XX secolo”, organizzato nell’ambito del progetto di ricerca d’Ateneo “La mutevole ambivalenza epistemologica delle immagini. Invenzione, espressione, comunicazione”, la cui responsabile scientifica è la professoressa Maria Antonella Galanti.
Il convegno è articolato in due parti: il 28 pomeriggio, dopo i saluti del rettore Paolo Mancarella e del direttore del dipartimento di Civiltà e forme del sapere Pierluigi Barrotta, si inizia alle ore 15 con la sessione “Un secolo di rivoluzioni” coordinata da Maria Antonella Galanti e articolata in due relazioni: la prima, a cura di Alberto Mario Banti, sul concetto di rivoluzione nel XX secolo, e una seconda, a cura di Franco Cambi, sulle rivoluzioni nell’ambito delle scienze umane e in particolare per quanto riguarda l’educazione sia in ambito scolastico sia familiare.
La seconda sessione, “Tra filosofia e psichiatria: la rivoluzione di Franco Basaglia”, coordinata da Fabrizio Meroi dell’Università di Trento, si apre alle ore 9 di venerdì 11 marzo ed è un approfondimento della trasformazione profonda delle idee intorno al rapporto tra normalità e follia che si realizza nel XX secolo e in particolare nella seconda metà. Sono invitati a parlarne uno studioso del nostro ateneo, Angelo Gemignani, e due psichiatri, Paolo Marinari e Gerardo Favaretto, che hanno vissuto sul campo tutte le contrastate vicissitudini legate alla legge Basaglia e alla sua applicazione.
In ciascuna delle due sessioni viene presentato un libro: “Rivoluzioni”, a cura di Fabrizio Meroi e Paolo Vanini, con i quali dialogano Guido Carpi e Pasquale Terracciano e “La trappola del fuorigioco” di Carlo Miccio, con il quale dialogano Maria Antonella Galanti e Alfonso Maurizio Iacono.
Inaugurata la linea PUMA al sincrotrone di Parigi: UNIPI protagonista
Si è concluso il 18 febbraio 2019, il primo ciclo di esperimenti presso la nuova linea di luce del Sincrotrone Soleil di Parigi “PUMA”; progettata e ottimizzata per lo studio dei materiali storico-artistici e archeologici, PUMA (Photons Utilisés pour les Matériaux Anciens) ha aperto le sue porte agli utenti esterni il 13 febbraio 2019. Ad inaugurare la linea di luce due ricercatrici Italiane, Alessandra Gianoncelli, responsabile della linea di luce TwinMic al Sincrotrone Elettra di Trieste, e Simona Raneri, ricercatrice presso il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa ed esperta di metodi innovativi e non distruttivi per i Beni Culturali.
A sinistra: Alessandra Gianoncelli e Simona Raneri presso la hutch della linea di luce PUMA insieme al responsabile di PUMA, Sebastian Schoeder; a destra Simona Raneri impegnata nel setting up di alcuni campioni.
La nuova linea di luce PUMA consente di effettuare mappature chimiche in fluorescenza a raggi X per la determinazione delle caratteristiche tessiturali e composizionali dei materiali e analisi in spettrometria di assorbimento XANES (X-ray Absorption Near-Edge Structure) e XRD per studi di carattere strutturale. PUMA offre una risoluzione spaziale micrometrica (3-5 micron) e un set-up che consente di analizzare frammenti dell’ordine del centinaio di micrometri; ciò costituisce un notevole vantaggio nello studio di materiali storico-artistici e archeologici sui quali il campionamento è spesso non consentito o limitato a micro-frammenti.
Le due ricercatrici hanno condotto i primi esperimenti presso PUMA analizzando due classi ceramiche arcaiche: vasi a vernice nera di tradizione Attica (dal Museo di Gela, in Sicilia) e lastre architettoniche dipinte di manifattura Etrusca (dagli scavi del Palatino del Parco Archeologico del Colosseo, Roma). Lo studio di tali materiali rientra nel progetto “Understanding the past and projecting it to the future by using synchrotron radiation sources: technology and raw materials in Archaic Age from Sicily to Rome” promosso in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Catania. Le ricerche hanno rivelato importanti elementi diagnostici utili all’analisi archeologica e storica dei frammenti analizzati, aprendo nuovi scenari di ricerca che saranno presto approfonditi durante successivi turni di misura a Elettra e Soleil.
La partecipazione di UNIPI e Elettra all’inaugurazione di una linea di luce presso il Sincrotrone di Parigi conferma la sinergia tra le due Istituzioni e crea i presupposti per nuove collaborazioni e accordi di interesse trasversale a più Dipartimenti dell’Ateneo.
Incarico presso il Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale “Pianificare la realizzazione dell'allestimento e la logistica dell’evento (focus group medici-pazienti del 15/05/2019) e produrre la documentazione necessaria
Facchinerie, storie di immigrati in età moderna
Andrea Addobati, professore associato di Storia Moderna all’Università di Pisa, è l'autore del saggio "Facchinerie. Immigrati bergamaschi, valtellinesi e svizzeri nel porto di Livorno (1602-1847)" (Edizioni Ets, 2019).
Il volume ripercorre la storia della Compagnia dei facchini della Dogana di Livorno dalla fondazione, nel 1602, fino alla soppressione, tenendo presenti le due prospettive attraverso le quali è possibile osservarla: la prospettiva marittima, quella del porto dove gli immigrati svolgono la loro attività, e la prospettiva alpina, quella delle famiglie e delle comunità di origine. Alla fine si scoprirà che una medesima storia può essere raccontata in maniere molto diverse.
Pubblichiamo di seguito un estratto dall'introduzione del volume a sua firma.
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Sappiamo bene che l’immigrazione e l’integrazione dei lavoratori stranieri sono temi ampiamente dibattuti ai giorni nostri. Se ne parla a proposito e sproposito, chiamando in causa molti luoghi comuni, generalizzazioni e stereotipi che hanno poco a che vedere con la condizione dei migranti, mentre mettono allo scoperto la nostra fragilità di fronte allo spaesamento per l’odierna realtà globalizzata, che si presenta ai più come un processo di ineluttabile sfaldamento della coesione sociale, smantellamento dei diritti, e perdita di tutti quei riferimenti culturali che conferiscono un senso collettivo alla vita degli individui.
Per porre un argine all’incipiente imbarbarimento delle relazioni, e provare ad accendere una scintilla di umana empatia verso chi deve lasciar la casa per giocarsi la vita sotto altre latitudini, è stato naturale tornare a rievocare l’epopea dei nostri antenati, dispersi per il mondo con cento lire in tasca. Gli storici di professione hanno fatto la loro parte. Negli ultimi anni sono apparsi moltissimi nuovi studi sui lavoratori italiani all’estero, sui flussi migratori dell’Ottocento verso le Americhe e su quelli più recenti con destinazione l’Alta Italia, il Nord Europa e l’Australia. Le ricerche più interessanti non si sono limitate a richiamare alla memoria l’esperienza difficile degli italiani in terra straniera, hanno cercato anche di focalizzare l’attenzione sulle relazioni politiche, sociali e culturali, incrociando i punti di vista degli emigranti e delle comunità che li accolsero. Lo stesso si tenterà di fare nello studio che segue, dedicato ad un caso abbastanza lontano nel tempo, e straniante da più punti di vista. (…)
I compiti riservati ai facchini delle dogane erano molto delicati, dovevano occuparsi dei lavori di scarico e carico, dei trasporti e dell’immagazzinamento delle merci soggette alla gabella, e quindi maneggiavano i denari del principe. Guai se lo stesso compito fosse stato affidato a dei lavoratori livornesi, sarebbe stato come rinunciare al dazio. Al contrario di quanto avviene oggi, esisteva insomma un pregiudizio sull’affidabilità della manodopera locale che faceva dire al granduca: immigrants first! Se si fosse chiesto conto della prevenzione verso i locali, il granduca, e con lui tutti i benpensanti, avrebbero risposto che la loro disonestà non aveva bisogno di dimostrazioni, era sotto gli occhi di tutti, mentre la fedeltà degli immigrati dipendeva probabilmente dal fatto che avevano tutti la famiglia lontana, al paese d’origine, e nessun legame di parentela nei luoghi dove si trovavano a lavorare. (…)
Non c’è dubbio che la manodopera locale avesse il brutto vizio di allungare le mani su ciò che non le apparteneva, e che gli immigrati fossero più integerrimi e affidabili, ma solo perché i primi erano degli avventizi, dei lavoratori precari che stentavano a sbarcare il lunario, mentre gli altri potevano contare su un reddito sicuro, che garantiva loro persino una certa agiatezza. Se non fosse stata la condizione tassativa che li poneva sotto la protezione del potere, l’onestà sarebbe stata un lusso che i facchini della dogana avrebbero potuto permettersi comunque. Di sicuro era in malafede chi sosteneva che esistesse una tara morale congenita nei lavoratori locali, i cosiddetti monelli, o insisteva su un presunto divario antropologico che li avrebbe resi irrimediabilmente meno affidabili dei facchini della dogana. Allora, come adesso, i pregiudizi sugli stranieri, positivi o negativi che fossero, tornavano utili in politica.
Andrea Addobati