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Creating microprocessors capable of replicating biological learning systems, to make artificial intelligence more flexible, efficient, and environmentally sustainable is the challenge launched by an international group of researchers coordinated by the Neuromorphic AI Lab (NUAI Lab) at the UTSA (University of Texas at San Antonio) - which includes Vincenzo Lomonaco, one of Italy’s leading experts in Continual Learning, a researcher at the Department of Computer Science at the University of Pisa and one of the authors of the article “Design principles for lifelong learning AI accelerators”, recently published in the prestigious scientific journal Nature Electronics.

“The fallibility of Artificial Intelligence is still too high, and this is because AI, as we know it today, is based on non-adaptable machine learning systems, which make it incapable of dealing with new conditions not previously encountered during the training process, explains Vincenzo Lomonaco. “In fact, we make it learn a large amount of information all at once, but if something new emerges on a certain topic, we have to update the system from scratch. In addition to being inefficient, AI has a costly economic and environmental impact, considering the high energy consumption and consequent CO2 emissions of this process”.

Vincenzo Lomonaco UniPi copy

Vincenzo Lomonaco

Upgrading an AI system can cost up to several million euros. Furthermore, according to a recent study carried out by the University of Massachusetts, training several large AI models can emit five times the amount of carbon dioxide emitted by an average American car during its life cycle, including the manufacturing process.

One solution, according to Lomonaco and the other researchers of the Neuromorphic AI Lab - coordinated by Professor Dhireesha Kudithipudi -, is represented by Continuous Automatic Learning (also known as Continual Learning or Lifelong Learning), which would allow AI to assimilate a large amount of knowledge in sequence, without forgetting what has been learned previously.

“To realise such a learning system, it is necessary to change the current computational paradigms, eliminating the current infrastructural constraints,” continues Lomonaco, “that is why, with some colleagues at the NUAI Lab in San Antonio, we laid the groundwork for a new incremental learning system, based on hardware-software co-design. Designing hardware and software components simultaneously, to create a robust and autonomous lifelong learning system for AI. All based on next-generation algorithms that, working like human intelligence, allow AI to increase its knowledge continuously, faster, and more efficiently, with energy consumption close to that of a light bulb”.

Il ciclo Sguardi nel Futuro inaugura il 2024 con la scienziata Maria Chiara Carrozza (foto). Lunedì 22 gennaio alle 16 al Polo Carmignani dell’Università di Pisa (Piazza dei Cavalieri), la Presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche incontrerà studentesse e studenti dell’Ateneo e delle ultime classi delle scuole superiori. Carrozza parlerà di "Eco-Robotica: un nuovo percorso verso un futuro digitale e sostenibile". L’Eco-robotica è una nuova disciplina della robotica collaborativa orientata alla sostenibilità che mette al centro l’ambiente declinato in tre grandi scenari, aria, acqua e terra. Da questo punto di vista l’Eco-robotica può contribuire concretamente a tutelare la biodiversità e, al contempo, pone domande sulla sostenibilità della robotica stessa, anche nell’ottica di un’economia circolare, prefigurando un percorso estremamente innovativo verso un futuro digitale e sostenibile.

L’evento sarà trasmesso in streaming, la partecipazione in presenza di studentesse e studenti Unipi è previa registrazione.

Dopo aver ospitato personalità come Nicola Armaroli del CNR-ISOF, la senatrice a vita Elena Cattaneo, Roberto Battiston, già Presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana, Fosca Giannotti, professoressa di Informatica alla Scuola Normale Superiore, e Gianfausto Ferrari, presidente Digital Universitas, fondatore di Talent Garden e Superpartes Innovation Campus, l’incontro con Maria Chiara Carrozza prosegue quindi il ciclo "Sguardi nel futuro" mettendo al centro il futuro della robotica. Ad oggi sono circa 800 le studentesse e gli studenti che hanno partecipato ai vari eventi del ciclo.

I prossimi appuntamenti a febbraio sono il 6 con Gherardo Colombo, giurista, già Consigliere della Corte di Cassazione che parlerà su “Dove va la democrazia? Dove la facciamo andare?” e il 23 con Umberto Agrimi, dell’Istituto Superiore di Sanità, con un intervento su “One Health: l’occasione per ripensare il rapporto dell’uomo con il Pianeta”.

“Sguardi nel futuro” è a cura del professore Dario Pisignano, del Centro per l’Innovazione e la Diffusione della Cultura (CIDIC) dell’Università di Pisa, e del divulgatore e giornalista Piero Bianucci.

Il ciclo Sguardi nel Futuro inaugura il 2024 con la scienziata Maria Chiara Carrozza (foto). Lunedì 22 gennaio alle 16 al Polo Carmignani dell’Università di Pisa (Piazza dei Cavalieri), la Presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche incontrerà studentesse e studenti dell’Ateneo e delle ultime classi delle scuole superiori. Carrozza parlerà di "Eco-Robotica: un nuovo percorso verso un futuro digitale e sostenibile". L’Eco-robotica è una nuova disciplina della robotica collaborativa orientata alla sostenibilità che mette al centro l’ambiente declinato in tre grandi scenari, aria, acqua e terra. Da questo punto di vista l’Eco-robotica può contribuire concretamente a tutelare la biodiversità e, al contempo, pone domande sulla sostenibilità della robotica stessa, anche nell’ottica di un’economia circolare, prefigurando un percorso estremamente innovativo verso un futuro digitale e sostenibile.

L’evento sarà trasmesso in streaming, la partecipazione in presenza di studentesse e studenti Unipi è previa registrazione.

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Dopo aver ospitato personalità come Nicola Armaroli del CNR-ISOF, la senatrice a vita Elena Cattaneo, Roberto Battiston, già Presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana, Fosca Giannotti, professoressa di Informatica alla Scuola Normale Superiore, e Gianfausto Ferrari, presidente Digital Universitas, fondatore di Talent Garden e Superpartes Innovation Campus, l’incontro con Maria Chiara Carrozza prosegue quindi il ciclo "Sguardi nel futuro" mettendo al centro il futuro della robotica. Ad oggi sono circa 800 le studentesse e gli studenti che hanno partecipato ai vari eventi del ciclo.

I prossimi appuntamenti a febbraio sono il 6 con Gherardo Colombo, giurista, già Consigliere della Corte di Cassazione che parlerà su “Dove va la democrazia? Dove la facciamo andare?” e il 23 con Umberto Agrimi, dell’Istituto Superiore di Sanità, con un intervento su “One Health: l’occasione per ripensare il rapporto dell’uomo con il Pianeta”.

“Sguardi nel futuro” è a cura del professore Dario Pisignano, del Centro per l’Innovazione e la Diffusione della Cultura (CIDIC) dell’Università di Pisa, e del divulgatore e giornalista Piero Bianucci.

Giovedì, 18 Gennaio 2024 12:55

"Iskra" - Pubblicazione di "Sinistra per..."

L'associazione "Sinistra per... l'integrazione e le culture" presenta la pubblicazione "ISKRA", il giornalino cartaceo dell’area Umanistica.

Perché un giornalino nell’era dei social? L'associazione ritiene che la scrittura sia una delle più nobili arti dell’uomo, un’arte che, da sempre, consente di produrre un avanzamento nell’analisi e nell’interpretazione del mondo. 

La distribuzione della rivista, stampata come numero unico a dicembre 2023, avverrà a partire dal 25 gennaio 2024.

Scarica il pdf della rivista

L'attività è stata realizzata con il contributo dei fond di Ateneo per le attività studentesche.

Giovedì, 18 Gennaio 2024 12:47

"Iskra" - Pubblicazione di "Sinistra per..."

L'associazione "Sinistra per... l'integrazione e le culture" presenta la pubblicazione "ISKRA", il giornalino cartaceo dell’area Umanistica.

Perché un giornalino nell’era dei social? L'associazione ritiene che la scrittura sia una delle più nobili arti dell’uomo, un’arte che, da sempre, consente di produrre un avanzamento nell’analisi e nell’interpretazione del mondo. 

La distribuzione della rivista, stampata come numero unico a dicembre 2023, avverrà a partire dal 25 gennaio 2024.

L'attività è stata realizzata con il contributo dei fond di Ateneo per le attività studentesche.

Correggere in tempo reale le cattive posture che si assumono a lavoro, via smartwatch, il tutto nel pieno rispetto di privacy e riservatezza. È questo l’obiettivo di un innovativo sistema basato sull’intelligenza artificiale ideato e sperimentato dall’Università di Pisa. I risultati della ricerca, coordinata da Francesco Pistolesi, ricercatore presso il Dipartimento di Ingegneria dell'Informazione, sono stati pubblicati sulla rivista Computers in Industry.

“L'affaticamento e la ripetitività di svariate mansioni lavorative portano spesso gli operatori ad assumere posture incongrue perché magari sono momentaneamente percepite come comode — spiega Pistolesi — questo però, a medio e lungo termine, provoca uno stress dell’apparato muscolo-scheletrico; le statistiche ci dicono che, in tutto il mondo, oltre un lavoratore su quattro soffre di mal di schiena, con conseguenti sofferenze e perdita di oltre 264 milioni di giorni lavorativi ogni anno”.

Il dispositivo dell’Ateneo pisano (si veda Figura 1) è stato testato coinvolgendo operatori durante l'esecuzione di varie mansioni standardizzate (avvitatura, saldatura e assemblaggio). Il sistema è costituito da un'unità basata su intelligenza artificiale che riceve continuativamente dati da uno smartwatch e un sensore LiDAR — una tecnologia avanzata che usa impulsi laser per misurare distanze e creare mappe dell'ambiente. Durante i test, il sistema ha monitorato le posizioni di braccio, spalla, tronco e gambe, acquisendo dati che non sono in grado di rivelare informazioni sensibili del lavoratore.

L’intelligenza artificiale ha identificato le posture con una precisione media superiore al 98%, rilevando inoltre gli scostamenti dalle posizioni degli arti raccomandate dallo standard UNI ISO 11226 (Ergonomics — Evaluation of static working postures). Questo standard fornisce raccomandazioni per la valutazione del rischio per la salute della popolazione adulta attiva, derivate da studi sperimentali sul carico muscoloscheletrico, sul disagio/dolore e sulla resistenza/fatica associati alle posture di lavoro.

“Il nuovo paradigma dell’Industria 5.0 usa l'intelligenza artificiale (AI) mettendo al centro l’essere umano — sottolinea Pistolesi — la tecnologia non ci sostituisce, ma ci aiuta. Si tratta in altre parole di pensare a dispositivi, come quello che abbiamo ideato, che mettano in primo piano il benessere e diritti di lavoratrici e lavoratori, in particolare la privacy, che le tecnologie basate sull'analisi video possono mettere a rischio. Si pensi per esempio ad attacchi informatici che si impadroniscono di immagini di parti del corpo sensibili dei lavoratori, usate per rilevare la postura. I dati registrati dal nostro sistema, invece, anche se trafugati, non possono ricondurre ad alcuna informazione che violi la riservatezza dei dipendenti di un'azienda. Ciò fa sì che i lavoratori si sentano più tutelati e considerati, aumentando sia il benessere che la produttività. Ecco perché negli anni a venire sarà sempre più importante progettare sistemi ispirati all'intelligenza artificiale orientata all'essere umano, la cosiddetta human-centered AI”.

Assieme a Francesco Pistolesi, hanno collaborato alla ricerca Michele Baldassini, assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Ingegneria dell'Informazione, e Beatrice Lazzerini, professoressa ordinaria presso lo stesso dipartimento per oltre vent'anni, e attualmente titolare di un contratto di ricerca a titolo gratuito.


Correggere in tempo reale le cattive posture che si assumono a lavoro, via smartwatch, il tutto nel pieno rispetto di privacy e riservatezza. È questo l’obiettivo di un innovativo sistema basato sull’intelligenza artificiale ideato e sperimentato dall’Università di Pisa. I risultati della ricerca, coordinata da Francesco Pistolesi, ricercatore presso il Dipartimento di Ingegneria dell'Informazione, sono stati pubblicati sulla rivista Computers in Industry.

“L'affaticamento e la ripetitività di svariate mansioni lavorative portano spesso gli operatori ad assumere posture incongrue perché magari sono momentaneamente percepite come comode — spiega Pistolesi — questo però, a medio e lungo termine, provoca uno stress dell’apparato muscolo-scheletrico; le statistiche ci dicono che, in tutto il mondo, oltre un lavoratore su quattro soffre di mal di schiena, con conseguenti sofferenze e perdita di oltre 264 milioni di giorni lavorativi ogni anno”.

 

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Il team di ricerca da sinistra Michele Baldassini, Francesco Pistolesi e Beatrice Lazzerini

Il dispositivo dell’Ateneo pisano (si veda Figura 1) è stato testato coinvolgendo operatori durante l'esecuzione di varie mansioni standardizzate (avvitatura, saldatura e assemblaggio). Il sistema è costituito da un'unità basata su intelligenza artificiale che riceve continuativamente dati da uno smartwatch e un sensore LiDAR — una tecnologia avanzata che usa impulsi laser per misurare distanze e creare mappe dell'ambiente. Durante i test, il sistema ha monitorato le posizioni di braccio, spalla, tronco e gambe, acquisendo dati che non sono in grado di rivelare informazioni sensibili del lavoratore.

L’intelligenza artificiale ha identificato le posture con una precisione media superiore al 98%, rilevando inoltre gli scostamenti dalle posizioni degli arti raccomandate dallo standard UNI ISO 11226 (Ergonomics — Evaluation of static working postures). Questo standard fornisce raccomandazioni per la valutazione del rischio per la salute della popolazione adulta attiva, derivate da studi sperimentali sul carico muscoloscheletrico, sul disagio/dolore e sulla resistenza/fatica associati alle posture di lavoro.

“Il nuovo paradigma dell’Industria 5.0 usa l'intelligenza artificiale (AI) mettendo al centro l’essere umano — sottolinea Pistolesi — la tecnologia non ci sostituisce, ma ci aiuta. Si tratta in altre parole di pensare a dispositivi, come quello che abbiamo ideato, che mettano in primo piano il benessere e diritti di lavoratrici e lavoratori, in particolare la privacy, che le tecnologie basate sull'analisi video possono mettere a rischio. Si pensi per esempio ad attacchi informatici che si impadroniscono di immagini di parti del corpo sensibili dei lavoratori, usate per rilevare la postura. I dati registrati dal nostro sistema, invece, anche se trafugati, non possono ricondurre ad alcuna informazione che violi la riservatezza dei dipendenti di un'azienda. Ciò fa sì che i lavoratori si sentano più tutelati e considerati, aumentando sia il benessere che la produttività. Ecco perché negli anni a venire sarà sempre più importante progettare sistemi ispirati all'intelligenza artificiale orientata all'essere umano, la cosiddetta human-centered AI”.

Assieme a Francesco Pistolesi, hanno collaborato alla ricerca Michele Baldassini, assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Ingegneria dell'Informazione, e Beatrice Lazzerini, professoressa ordinaria presso lo stesso dipartimento per oltre vent'anni, e attualmente titolare di un contratto di ricerca a titolo gratuito.


La celebre scienziata Maria Skłodowska Curie, due volte premio Nobel (nel 1903 per la fisica e nel 1911 per la chimica) e pioniera della ricerca sulla radioattività e del suo utilizzo a scopo medico, il 30 luglio 1918 giunse a Pisa su invito di Raffaello Nasini, professore di Chimica dell’Università di Pisa. Per tre settimane, insieme a Camillo Porlezza, all’epoca giovane assistente di Nasini, Madame Curie fece dei sopralluoghi in Italia per studiare la radioattività delle principali sorgenti termali e di alcune miniere, cominciando proprio dalla Toscana, dove visitò San Giuliano, Montecatini e Larderello.

L’avventura italiana (e pisana) di Maria Skłodowska Curie è ora raccontata nel documentario "Maria Skłodowska-Curie in Italia. Alla Ricerca del Radio", disponibile sul canale YouTube dell’Ateneo pisano, che sarà presentato il 18 gennaio alle 15, nell'Aula Magna del Dipartimento di Chimica e Chimica industriale (via G. Moruzzi, 13).

Il cortometraggio polacco-italiano di circa 25 minuti è stato realizzato grazie ad un’iniziativa congiunta tra Accademia Polacca delle Scienze di Roma, Istituto di Chimica Organica di Varsavia dell’Accademia Polacca delle Scienze, Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell’Università di Pisa e Museo biografico di Maria Skłodowska-Curie a Varsavia. Al Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale si sono svolte in parte le riprese e sono stati intervistati la professoressa Valentina Domenici e il professore Lorenzo Di Bari.

‘Il viaggio di Maria Skłodowska Curie in Italia non era molto conosciuto, se non agli storici e agli studiosi della famosa scienziata – racconta Valentina Domenici – sebbene le tracce del suo viaggio in giro per l’Italia sono ricordate da targhe marmoree, come a Montecatini, e da documenti preziosi, come quelli conservati presso il Museo della geotermia di Larderello. Ma ora, grazie al minuzioso lavoro di Marcin Górecki, ricercatore presso l’Accademia Polacca delle Scienze che collabora anche con il nostro Dipartimento, è stato possibile realizzare questo documentario e far conoscere ad un pubblico più ampio la storia di Madame Curie in Italia".

 

Creare dei microprocessori in grado di replicare i sistemi di apprendimento biologico, così da rendere l’Intelligenza Artificiale più flessibile, efficiente e sostenibile anche dal punto di vista ambientale. È questa la sfida lanciata da un gruppo internazionale di ricercatori - coordinato dal Neuromorphic AI Lab (NUAI Lab) della UTSA (University of Texas at San Antonio) - di cui fa parte anche Vincenzo Lomonaco, tra i massimi esperti italiani di Continual Learning, ricercatore presso il Dipartimento di Informatica dell’Università di Pisa e tra gli autori dell’articolo “Design principles for lifelong learning AI accelerators”, da poco uscito sulla prestigiosa rivista scientifica Nature Electronics.

“La fallibilità dell’Intelligenza Artificiale è ancora troppo alta e questo perché l’AI, così come la conosciamo oggi, si basa su sistemi di apprendimento automatico troppo rigidi, che la rendono incapace di affrontare condizioni nuove, non precedentemente incontrate durante il processo di addestramento – spiega Vincenzo Lomonaco – Di fatto, le facciamo apprendere una grande quantità di informazioni tutte insieme, ma ogni volta che emerge una novità su un determinato tema dobbiamo aggiornare il sistema da zero. Tutto ciò, oltre ad essere poco efficiente, ha anche dei costi altissimi, sia in termini economici che ambientali, visto l’elevato consumo di energia e le conseguenti emissioni di CO2 di questi processi”.

Aggiornare un sistema di AI, d’altronde, può arrivare a costare fino a diversi milioni euro. Mentre per avere un’idea dell’impronta ambientale dell’AI basti pensare che, secondo un recente studio dell’Università del Massachusetts, l’addestramento di diversi modelli di intelligenza artificiale di grandi dimensioni può emettere una quantità di anidride carbonica equivalente a cinque volte quella emessa da un’auto americana media durante il suo ciclo di vita, compreso il processo di produzione. 

Una soluzione a tutto ciò, secondo Lomonaco e gli altri ricercatori del Neuromorphic AI Lab - coordinato dalla professoressa Dhireesha Kudithipudi -, è rappresentata dall’Apprendimento Automatico Continuo (noto anche come Continual Learning o Lifelong Learning), che permetterebbe all’AI di assimilare un gran numero di conoscenze in sequenza, senza dimenticare quelle acquisite in precedenza.

“Per realizzare un sistema di apprendimento di questo genere è necessario modificare gli attuali paradigmi computazionali ed eliminare i vincoli infrastrutturali esistenti – prosegue Lomonaco – Per questo, con i colleghi del NUAI Lab di San Antonio, abbiamo gettato le basi di un nuovo sistema di apprendimento incrementale, basato sul co-design hardware-software. Ossia sulla progettazione simultanea di componenti hardware e software, così da dar vita ad un sistema di lifelong learning per l’AI che sia robusto e autonomo. Il tutto basato su algoritmi di nuova generazione che, lavorando in modo più simile all’intelligenza umana, permettono all’Intelligenza Artificiale di accrescere le proprie conoscenze in modo progressivo, più rapido ed efficiente, con consumi che si avvicinano a quelli di una lampadina”.

Creare dei microprocessori in grado di replicare i sistemi di apprendimento biologico, così da rendere l’Intelligenza Artificiale più flessibile, efficiente e sostenibile anche dal punto di vista ambientale. È questa la sfida lanciata da un gruppo internazionale di ricercatori - coordinato dal Neuromorphic AI Lab (NUAI Lab) della UTSA (University of Texas at San Antonio) - di cui fa parte anche Vincenzo Lomonaco, tra i massimi esperti italiani di Continual Learning, ricercatore presso il Dipartimento di Informatica dell’Università di Pisa e tra gli autori dell’articolo “Design principles for lifelong learning AI accelerators”, da poco uscito sulla prestigiosa rivista scientifica Nature Electronics.

“La fallibilità dell’Intelligenza Artificiale è ancora troppo alta e questo perché l’AI, così come la conosciamo oggi, si basa su sistemi di apprendimento automatico troppo rigidi, che la rendono incapace di affrontare condizioni nuove, non precedentemente incontrate durante il processo di addestramento – spiega Vincenzo Lomonaco – Di fatto, le facciamo apprendere una grande quantità di informazioni tutte insieme, ma ogni volta che emerge una novità su un determinato tema dobbiamo aggiornare il sistema da zero. Tutto ciò, oltre ad essere poco efficiente, ha anche dei costi altissimi, sia in termini economici che ambientali, visto l’elevato consumo di energia e le conseguenti emissioni di CO2 di questi processi”.

 

Vincenzo Lomonaco UniPi

Vincenzo Lomonaco del Dipartimento di Informatica dell'Università di Pisa

 

Aggiornare un sistema di AI, d’altronde, può arrivare a costare fino a diversi milioni euro. Mentre per avere un’idea dell’impronta ambientale dell’AI basti pensare che, secondo un recente studio dell’Università del Massachusetts, l’addestramento di diversi modelli di intelligenza artificiale di grandi dimensioni può emettere una quantità di anidride carbonica equivalente a cinque volte quella emessa da un’auto americana media durante il suo ciclo di vita, compreso il processo di produzione. 

Una soluzione a tutto ciò, secondo Lomonaco e gli altri ricercatori del Neuromorphic AI Lab - coordinato dalla professoressa Dhireesha Kudithipudi -, è rappresentata dall’Apprendimento Automatico Continuo (noto anche come Continual Learning o Lifelong Learning), che permetterebbe all’AI di assimilare un gran numero di conoscenze in sequenza, senza dimenticare quelle acquisite in precedenza.

 

Vincenzo Lomonaco Antonio Carta Andrea Cossu

Vincenzo Lomonaco assieme ai colleghi del Dipartimento di Informatica, Antonio Carta e Andrea Cossu, con cui collabora attivamente sui temi dell'articolo pubblicato Nature Electronics

 

“Per realizzare un sistema di apprendimento di questo genere è necessario modificare gli attuali paradigmi computazionali ed eliminare i vincoli infrastrutturali esistenti – prosegue Lomonaco – Per questo, con i colleghi del NUAI Lab di San Antonio, abbiamo gettato le basi di un nuovo sistema di apprendimento incrementale, basato sul co-design hardware-software. Ossia sulla progettazione simultanea di componenti hardware e software, così da dar vita ad un sistema di lifelong learning per l’AI che sia robusto e autonomo. Il tutto basato su algoritmi di nuova generazione che, lavorando in modo più simile all’intelligenza umana, permettono all’Intelligenza Artificiale di accrescere le proprie conoscenze in modo progressivo, più rapido ed efficiente, con consumi che si avvicinano a quelli di una lampadina”.

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