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Comunicati stampa

Il ghiaccio marino o banchisa di ghiaccio è un elemento fondamentale del sistema climatico e il suo ciclo stagionale influenza la dinamica globale del clima a causa della sua interazione con l’albedo planetario, la circolazione atmosferica e oceanica oltre a essere un essenziale componente dell’ecosistema marino polare. I meccanismi che guidano la variabilità del ghiaccio marino a causa delle forzanti ambientali naturali e antropiche sono ancora poco compresi. La ricerca pubblicata sulla rivista “Nature Communications” (DOI 10.1038/s41467-017-01455-x), dal titolo “Holocene sea ice variability driven by wind and polynya efficiency in the Ross Sea”, ha spiegato per la prima volta i processi ambientali che hanno guidato la variabilità del ghiaccio marino e la presenza dei pinguini e degli elefanti marini durante gli ultimi 10 mila anni nel Mare di Ross in Antartide.

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Fotografia dall’elicottero della Baia Terra Nova (Mare di Ross, Antartide) durante un evento di vento catabatico con la neo-formazione di ghiaccio marino (Foto di Massimo Frezzotti ENEA-PNRA). 

Lo studio è stato condotto da ricercatori italiani del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide in collaborazione con colleghi francesi, nell’ambito dei progetti internazionali HOLOCLIP e TALDICE e di un dottorato di ricerca svolto in collaborazione tra le università di Trieste e Siena dalla dottoressa Karin Mezgec.

“Il nostro studio – spiega Massimo Frezzotti ricercatore dell’ENEA – ha messo in evidenza come i venti che spirano in Antartide abbiano un ruolo fondamentale, analogo (se non addirittura superiore) a quello delle temperature e delle precipitazioni, nel guidare il clima e nel condizionare gli ecosistemi polari. I modelli climatici devono essere in grado di riprodurre la forza e la persistenza dei venti negli ultimi millenni per simulare i cambiamenti climatici in Antartide indotti dall’utilizzo dei combustibili fossili”.

“Le variazioni di estensione del ghiaccio marino nel passato si possono ricostruire per mezzo di indicatori climatici, denominati proxy, presenti negli archivi naturali polari – spiega Barbara Stenni, paleoclimatologa e docente dell’Università Ca’ Foscari di Venezia – Questi sono rappresentati sia dalle carote di ghiaccio sia da quelle di sedimento marino raccolte nelle vicinanze del Mare di Ross”.

“La variabilità dell’estensione e della persistenza del ghiaccio marino ha condizionato nel tempo l’evoluzione delle aree costiere e l’accessibilità alle spiagge, offrendo agli elefanti marini e ai pinguini di Adelia diverse opportunità di colonizzare le coste del Mare di Ross, condizionandone anche la dieta, come testimoniato dal ritrovamento di numerose colonie abbandonate che conservano la stratigrafia delle diverse fasi di occupazione”, aggiungono Carlo Baroni e Maria Cristina Salvatore, docenti del dipartimento Scienze della Terra dell’Università di Pisa e collaboratori del CNR-IGG di Pisa.

“Per la prima volta è stato creato un legame di conoscenza fra i dati atmosferici, le carote di ghiaccio e le carote dei sedimenti marini. Grazie alle diatomee, alghe silicee che dominano nei freddi mari antartici, si è potuto capire che l’ambiente marino, dalla colonna d’acqua ai sottostanti sedimenti, ha risposto alle variazioni dell’estensione dei ghiacci ed in ultima analisi alle variazioni climatiche negli ultimi 10 mila anni. La presenza di alcune specie caratteristiche ha evidenziato la grande variabilità climatica di questa finestra temporale così vicina al nostro mondo attuale”, concludono Ester Colizza, sedimentologa, e Romana Melis, micropaleontologa del dipartimento di Matematica e Geoscienze dell’Università di Trieste.

pontecorvo 3La fisica e i fisici pisani, a partire dai Premi Nobel Enrico Fermi e Carlo Rubbia e dal "quasi" Nobel Bruno Pontecorvo (a destra nella foto), hanno avuto un ruolo molto importante nel progresso scientifico del '900, ponendo le basi sperimentali e teoriche che recentemente hanno portato alla scoperta del Bosone di Higgs e all’osservazione delle onde gravitazionali. Per ricordare questi contributi, a Palazzo Matteucci, già sede dell'Istituto di Fisica, da martedì 7 a giovedì 9 novembre, si terrà il convegno "Fisica e fisici a Pisa nel Novecento", promosso dal Centro dipartimentale Bruno Pontecorvo dell'Università.

L'iniziativa vuole ricordare le principali attività di ricerca in fisica a Pisa e i protagonisti che le hanno realizzate, svolte nelle sue varie sedi istituzionali: dall’Istituto al dipartimento di Fisica dell'Ateneo, dall’INFN al CNR e alla Scuola Normale Superiore. Insieme agli studiosi di questi enti, interverranno alcuni tra i più importanti fisici attualmente presenti in ambito nazionale e internazionale, quali i professori Massimo Inguscio, presidente del CNR, Luigi Di Lella, del CERN di Ginevra, e Henry J. Frisch, dell'Istituto Fermi di Chicago. Organizzatori del convegno sono studiosi del dipartimento di Fisica e dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, tra cui i professori Paolo Rossi, che da diversi anni si occupa di storia della scienza e in particolare della fisica pisana e italiana, e Vincenzo Cavasinni, coordinatore del Centro Pontecorvo.

Il convegno muove dalla constatazione che, specialmente a partire dai primi anni '50 del secolo scorso, lo straordinario incremento quantitativo delle attività di ricerca a Pisa nel campo della fisica non sia stato accompagnato da un’opera di sistematica stesura di relazioni e saggi di natura storico-documentaria volti a inquadrare tali attività in un contesto articolato ma coerente. Abbiamo così a disposizione una grande mole di articoli di ricerca pubblicati soprattutto in riviste internazionali, ma nessun lavoro di ricognizione e di classificazione di tale materiale, mentre le stesse biografie scientifiche dei protagonisti di quella stagione sono affidate quasi soltanto a trascrizioni di interviste.

Le giornate di studio avranno quindi come principale obiettivo quello di raccogliere i contributi e le testimonianze di quanti, per motivi di ricerca o per diretta partecipazione agli eventi, siano in grado di fornire documentazione relativa alle numerose importanti attività scientifiche svoltesi a Pisa, o in altre sedi, ma con il determinante contributo dei fisici pisani.

Tale confronto e tale ricognizione delle ricerche già effettuate e delle informazioni ancora reperibili, appare preliminare ed essenziale ai fini dell’avvio e dell’auspicabile completamento di un progetto certamente ambizioso, e culturalmente indispensabile, rivolto alla salvaguardare della memoria storica di un periodo per molti aspetti cruciale per lo sviluppo della fisica non soltanto pisana, ma anche nazionale e mondiale.

Romanelli WUWHSIl professor Marco Romanelli, docente dell'Università di Pisa e direttore della U.O. Dermatologia della A.O.U.P. di Pisa, è il nuovo presidente della World Union of Wound Healing Societies (WUWHS), la federazione mondiale che riunisce le principali società scientifiche internazionali che si occupano di riparazione tessutale cutanea. Il consiglio direttivo della WUWHS si è insediato nelle settimane scorse e resterà in carica fino al 2020.

La presidenza affidata alla scuola pisana premia il lungo e costante impegno prodotto dalla clinica dermatologica della AOUP nei settori della ricerca, didattica ed assistenza. Sotto la guida del professor Romanelli, WUWHS mira a consolidare il proprio network e il proprio ruolo di coordinamento internazionale allo scopo di divenire opinion leader primario per tutti coloro che nel mondo si occupano di prevenzione e cura delle lesioni cutanee: dagli operatori sanitari alle società scientifiche, dai media di settore alle istituzioni politiche nazionali ed internazionali.

Ricordiamo che le lesioni cutanee croniche (o ulcere cutanee) costituiscono una delle prestazioni sanitarie più costose: nel mondo circa il 3% del budget sanitario viene speso per la cura di questa patologia. Ogni anno in Italia le lesioni cutanee croniche affliggono oltre 2 milioni di persone gravando il SSN di una spesa di circa un miliardo di Euro.

Molte le novità della nuova presidenza: la nomina di un board continentale formato da esperti del settore rappresentanti delle principali aree geografiche del mondo, un sito web completamente rinnovato e con contenuti di interesse per tutta la comunità scientifica e la pubblicazione del primo numero della rivista ufficiale di WUWHS, nata dalla recente collaborazione con la rivista Journal of Wound Care, dell’editore inglese Mark Allen Healthcare Ltd.

 

Mettere in sicurezza i ponti stradali e fornire una soluzione innovativa ed ecocompatibile per il loro adeguamento strutturale. È questo l’obiettivo di SUREBridge, un progetto europeo finanziato con circa 875mila euro, avviato nell’ottobre 2015 e con conclusione prevista nel marzo 2018. Al progetto partecipano il Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale dell’Università di Pisa, la Chalmers University of Technology di Göteborg in Svezia e, come partner aziendali, la FiberCore Europe di Rotterdam e la AICE Consulting di San Giuliano Terme (Pisa).

“L’adeguamento strutturale dei ponti stradali esistenti è un problema di fondamentale importanza per la sicurezza pubblica, come dimostrato anche da recenti fatti di cronaca riguardanti crolli di viadotti autostradali – spiega il professore Paolo Sebastiano Valvo dell’Ateneo pisano – Non meno importante è la necessità di trovare una soluzione che sia non solo efficace, ma anche sostenibile da un punto di vista ambientale, tutti obiettivi che intendiamo perseguire con il nostro progetto”.

 

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Plenary meeting del progetto con tutti i partner coinvolti

SUREBridge rappresenta infatti una valida alternativa agli interventi di recupero tradizionali che di solito prevedono lunghe opere di demolizione e ricostruzione con disagi per gli automobilisti, costi elevati, ingenti quantità di scarti di lavorazione e inquinamento acustico e ambientale. La tecnica proposta da SUREBridge sfrutta le elevate prestazioni dei materiali compositi fibro-rinforzati per ridurre al minimo le demolizioni e velocizzare le operazioni di cantiere. Più in dettaglio, la tecnica consiste nell’applicazione di pannelli di fibra di vetro all’impalcato esistente, cioè alle strutture di sostegno del piano stradale, e di laminati di fibra di carbonio nella parte inferiore del ponte.

“Questo tipo di intervento consente, inoltre, di allargare la sede stradale dove necessario, ad esempio aggiungendo marciapiedi e piste ciclabili – aggiunge l’ingegnere Erika Davini collaboratrice del progetto nel team dell’Università di Pisa – Per fare una prima verifica sulle potenzialità della soluzione proposta, abbiamo selezionato come caso studio un ponte a San Miniato, in provincia di Pisa, che abbiamo sottoposto ad analisi strutturale per stabilirne la capacità portante attuale e formulare una proposta di ampliamento e rinforzo”.

Oltre all’analisi del ponte caso studio, i ricercatori dell’Ateneo pisano hanno simulato, mediante complessi modelli agli elementi finiti, il comportamento di travi prototipo da testare in laboratorio per dimostrare l’efficacia della tecnica proposta. Inoltre, è stato sviluppato un apposito software per consentire agli ingegneri professionisti di valutare rapidamente la capacità portante dei ponti rinforzati.

Lo scorso settembre, l’Università di Pisa ha ospitato un incontro plenario di tutti i partner coinvolti nel progetto. Nell’occasione, i primi risultati della ricerca sono stati presentati nell’ambito di un seminario pubblico intitolato “Un utilizzo innovativo dei materiali compositi per il recupero sostenibile dei ponti stradali esistenti”, svoltosi presso la Scuola di Ingegneria.

 

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Qui di seguito un dettagliato resoconto del seminario.

SEMINARIO “IL PROGETTO EUROPEO SUREBRIDGE – Un utilizzo innovativo dei materiali compositi per il recupero sostenibile dei ponti stradali esistenti” UNIVERSITÀ DI PISA – SCUOLA DI INGEGNERIA

Venerdì 22 settembre 2017 presso la Scuola di Ingegneria dell’Università di Pisa ha avuto luogo un seminario pubblico sul progetto di ricerca europeo SUREBridge. L’obiettivo della giornata è stato quello di introdurre il progetto a professionisti e studenti italiani, che in particolare lavorano e studiano in Toscana. Circa 70 persone hanno partecipato al seminario, inclusi 12 membri del Consorzio. Il pubblico era composto per metà da ingegneri professionisti, rappresentanti di amministrazioni locali ed enti pubblici (ANAS, RFI, ecc.) e per l’altra metà da studenti, titolari di borse di studio e dottorandi delle Università di Pisa e Firenze.

Il seminario è stato aperto dal Preside della Scuola di Ingegneria Prof. Alberto Landi e dal Direttore del Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale Prof. Leonardo Tognotti, che hanno dato il benvenuto ai partecipanti ed evidenziato la rilevanza dei progetti di ricerca internazionali, in particolare inerenti il tema della sostenibilità.

Il Prof. Reza Haghani, coordinatore del consorzio, ha presentato il progetto SUREBridge, discutendo la necessità di una soluzione innovativa, sostenibile ed efficace per la ristrutturazione dei ponti esistenti, al fine di affrontare il crescente aumento della domanda di traffico in tutta Europa. Sono stati presentati i vantaggi dati dall’utilizzo dei materiali compositi fibro-rinforzati (FRP), tra cui durabilità, elevate proprietà meccaniche, e basso peso specifico. Inoltre, è stata illustrata una nuova tecnica di pre-sollecitazione per laminati in materiale composito fibro-rinforzato con fibra di carbonio (CFRP) sviluppata presso la Chalmers University of Technology. Questo metodo, che ritarda la delaminazione del CFRP dal supporto di calcestruzzo, ha un ruolo chiave all’interno della tecnica SUREBridge, in quanto consente un migliore sfruttamento del materiale rispetto all’applicazione di laminati non pre-sollecitati.

La panoramica generale sul progetto SUREBridge è stata completata dal Dott. Martijn Veltkamp, il quale ha introdotto InfraCore Inside®, un innovativo pannello sandwich realizzato in materiale composito fibro-rinforzato con fibra di vetro (GFRP), prodotto da FiberCore Europe. L’attenzione è stata posta sulla tecnica utilizzata per la produzione di tali pannelli, brevettata da FiberCore, che consente di evitare le problematiche di delaminazione che di solito affliggono i pannelli sandwich di GFRP sottoposti a elevati carichi concentrati, come quelli prodotti dai veicoli stradali. Successivamente, ha illustrato diversi esempi di ponti stradali e pedonali realizzati con elementi strutturali di GFRP.

I risultati sperimentali dei test di laboratorio, eseguiti per studiare il collegamento FRP-calcestruzzo e FRP-FRP, nonché di test su travi in vera grandezza, sono stati presentati dal Dott. Jincheng Yang, della Chalmers University of Technology. Il vantaggio dell’utilizzo di laminati pre-sollecitati è stato dimostrato con prove di flessione su quattro punti su travi prototipo a sezione trasversale rettangolare ed a T. Queste ultime sono state appositamente progettate per dimostrare le elevate proprietà di rinforzo e l’efficacia della tecnica SUREBridge.

Le previsioni teoriche sul comportamento di tali travi prototipo sono state effettuate presso l’Università di Pisa prima dell’esecuzione dei test di laboratorio. Il Prof. Paolo S. Valvo, del Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale dell’Università di Pisa, ha illustrato la tecnica di modellazione agli elementi finiti utilizzata per lo sviluppo di analisi non lineari sulle travi prototipo, al fine di ottenere la curva di capacità e il carico di rottura. Un ottimo accordo è stato trovato tra le previsioni teoriche ed i risultati sperimentali.

Tuttavia, eseguire analisi non lineari per ciascuna sezione trasversale di un ponte in alcuni casi può essere oneroso, in particolare per valutazioni preliminari sulla fattibilità della tecnica di rinforzo scelta. Pertanto, all’interno del progetto SUREBridge è stato sviluppato anche un apposito software per una valutazione rapida della capacità resistente di una trave da ponte rinforzata. L’efficacia del software è stata dimostrata per confronto sia con i risultati sperimentali sia con le analisi agli elementi finiti. L’Ing. Cristiano Alocci, del team di lavoro dell’Università di Pisa, ha presentato le ipotesi teoriche su cui si basa il software e le sue varie caratteristiche, tra cui la possibilità di scegliere il tipo di sezione (rettangolare, multi-rettangolare, a T) e di rinforzo (acciaio pre-teso e non, laminati pre-tesi di CFRP, pannelli di GFRP).

Per dimostrare l’efficacia della tecnica SUREBridge è stato selezionato come caso studio un ponte esistente, situato a San Miniato (Pisa). L’Ing. Fabio Ricci, della società di ingegneria pisana AICE Consulting Srl, partner del progetto, ha illustrato l’analisi strutturale del ponte di San Miniato. In particolare, sono state trattate la campagna di indagini diagnostiche e le analisi agli elementi finiti eseguite per definire la capacità portante attuale del ponte, nonché la proposta di ampliamento e rafforzamento. Tali analisi hanno mostrato l’efficacia della tecnica SUREBridge e il vantaggio dell’utilizzo combinato di laminati di CFRP pre-sollecitati e di pannelli di GFRP.

La giornata si è conclusa con una discussione sul concetto di robustezza e sul problema della manutenzione di edifici e ponti, alla luce delle attuali e delle future prescrizioni degli Eurocodici. L’intervento è stato tenuto dal Prof. Pietro Croce, responsabile del corso di Teoria e Progetto dei Ponti presso l’Università di Pisa e coordinatore dello Horizontal Group “Bridges” (HGB) del CEN Technical Committee 250 per gli Eurocodici strutturali.

Il 20 ottobre 2017, a conclusione della seconda edizione del Master in “Food Quality Management and Communication” dell’Università di Pisa, gli allievi si sono misurati nel business game che ha visto il coinvolgimento di due delle aziende partner, QTA Consulting e Micoperi Blue Growth. Quest’ultima è una giovane start up che ricerca, produce e commercializza microalghe e prodotti derivati di altissima qualità, interamente coltivate in Italia in filiera certificata e controllata e destinati a diversi campi fra cui alimentare, nutraceutica, farmaceutica, medico e agricolo.

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Scopo del business game, anche questo anno, è stato quello di creare dei team di lavoro che si cimentassero nello sviluppo di una campagna di comunicazione di un prodotto innovativo come la spirulina. I temi assegnati hanno richiesto la messa a sistema delle competenze e delle abilità acquisite nel percorso di studi e la valorizzazione dell’originalità e dell’inventiva dei singoli partecipanti ai lavori. Al termine della giornata, Guido Emiliani della Micoperi Blue Growth si è complimentato con tutti i partecipanti per le grandi competenze dimostrate ed ha invitato gli allievi a un colloquio di selezione per avviare il percorso di inserimento lavorativo in azienda.

Il primo gruppo classificato era composto Cristina Bortolazzi, Alessandra Palazzi, Francesco Loconte, Tina Castaldi; secondi classificati a pari merito il gruppo composto da Giulia Beretta, Simona Pratali, Adriana Mannino, Matteo Seminara, Virginia Sandri e il gruppo composto da Nunzia D’Elia, Tania Pomante, Sara Fatarella, Andrea Martino, Valeria Franceschini.

La terza edizione del master, che prenderà avvio il 24 novembre 2017, rafforzerà la visone innovativa del programma didattico e vedrà protagoniste nuove e importanti realtà aziendali come Ikea e Orogel, che si aggiungono alle realtà di eccellenza del Made in Italy, già presenti nel percorso formativo. Sono aperte le iscrizioni al MasterFood con scadenza il 6 novembre 2017.

Per maggiori informazioni consultare il sito https://masterfoodmanagement.ec.unipi.it, contattare la segreteria al numero 388 4278297 o scrivere a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.. È possibile seguire gli eventi sulla pagina Facebook MasterFoodPisa.

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Due domus romane costruite nel I secolo a.C. sono venute alla luce a Luni nel corso di una campagna di scavi diretta da Simonetta Menchelli, docente di Topografia antica ed Archeologia subacquea dell’Università di Pisa. Le ricerche rientrano nel “Progetto Luni, la città della Luna”, che ha l’obiettivo di ricostruire i paesaggi urbani e territoriali della città, fondata come colonia romana nel 177 a.C. e ancora attiva, dal punto di vista e strategico ed economico, sino all’Alto Medioevo.

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“La domus meridionale aveva le pareti affrescate, come documentano numerosi frammenti di intonaco rosso e alcuni ambienti pavimentati con mosaici geometrici e vegetali a tralci di vite – spiega Simonetta Menchelli – quella settentrionale ha subito profonde ristrutturazioni nel IV e V secolo, la costruzione poi di una grande vasca evidenzia con tutta probabilità che nella casa venne installata una fullonica, cioè un impianto per la lavorazione e lavaggio dei tessuti”.

“Entrambi gli edifici – continua la professoressa dell’Ateneo pisano – sino a quando non furono abbandonati, fra il VII e l’inizio VIII secolo d.C., furono al centro di numerosi scambi e ricevettero merci di importazione mediterranea come vasellame e vino, olio e salse di pesce da varie regioni italiche, dalla Gallia, dalla Penisola iberica, dall’Africa settentrionale, dall’Asia minore, dalla Siria e dalla Palestina”.

È dal 2014 che il dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa effettua scavi e ricerche a Luni nel quartiere di Porta Marina, vicino al porto antico. Le attività, coordinate sul campo dal dottor Paolo Sangriso, durano tre settimane l’anno e vi partecipano oltre venti studenti dell’Università di Pisa e anche ventiquattro allievi dell’Istituto Parentucelli Arzèlà di Sarzana e del Liceo Costa di La Spezia nell’ambito di un progetto alternanza-scuola lavoro.

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Le attività sono frutto di una sinergia fra l’Ateneo pisano, la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio (dott.ssa Neva Chiarenza), il Sistema museale di Luni (dott.sse Marcella Mancusi e Antonella Traverso) e il Comune di Luni-Ortonovo. Il carattere interdisciplinare e innovativo dell’iniziativa è assicurato dalla partecipazione del professore Adriano Ribolini del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa per gli aspetti geomorfologici ed un programma di indagini georadar, dal professore Vincenzo Palleschi del CNR Pisa per il telerilevamento anche mediante drone e restituzioni 3D degli edifici, dal dottor Claudio Capelli dell’Università di Genova per le analisi archeometriche dei reperti.

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C’è anche il Museo di Storia Naturale dell'Università di Pisa tra i protagonisti del premio "Museo dell'Anno 2017", assegnato da ICOM, International Council of Museums Italia a un museo italiano che si sia particolarmente impegnato per diventare più attrattivo e innovativo nei rapporti con il pubblico e con il territorio. Il Museo di Calci è stato infatti selezionato tra i dieci musei italiani che la commissione ha ritenuto meritevoli di menzione speciale. I criteri di valutazione erano, per questa edizione, l'attrattività dei musei nei loro rapporti con il pubblico, valutata prendendo in considerazione gli allestimenti, la comunicazione, i progetti di educazione e mediazione culturale, l'uso delle tecnologie digitali, le relazioni di rete con altri istituti di cultura, le partnership con privati profit e no profit.

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La cerimonia di premiazione si è tenuta venerdì 27 ottobre 2017, a Milano presso Palazzo Brera, nella Sala Maria Teresa della Biblioteca Nazionale Braidense. L'attestato è stato consegnato al direttore Roberto Barbuti da Michele Lanzinger, direttore del MUSE-Museo delle Scienze di Trento.

Nella motivazione dell'assegnazione si legge: "La giuria ha apprezzato i lavori di ricerca in corso, il progetto di ricostruzione dell'antica Wunderkammer e la presentazione sintetizzata con eleganza nel PPT". Ritenuto "meritevole anche il recupero e il restauro del patrimonio”. La giuria, pur riconoscendo le eccellenze di alcuni grandi musei, ha voluto scegliere tra i finalisti soprattutto musei piccoli, legati ai rispettivi territori, ma aperti anche a rapporti internazionali, perché essi sono una caratteristica e una forza del sistema museale italiano.

La partecipazione è stata aperta a tutti i musei o reti museali, pubblici e privati, di diversa tipologia e dimensione, che rispondessero ai requisiti previsti dal Codice etico di ICOM. In tutto sono arrivate 75 candidature, raccolte attraverso il vaglio dei coordinamenti regionali di ICOM Italia e delle associazioni museali italiane. La giuria era presieduta da Alessandra Mottola Molfino (Probiviro di ICOM Italia) e composta da Françoise Dalex (Louvre, Segretario generale di ICOM France), Michela Di Macco (docente di storia dell’arte, Università La Sapienza, Roma) Manuel Guido (Dirigente del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo), Tina Lepri (giornalista esperta di beni culturali, curatrice della rubrica La pagella dei musei italiani per il Giornale dell’Arte).

La vittoria finale è andata al Museo internazionale delle Marionette "Antonio Pasqualino" di Palermo, al quale il Museo di Storia Naturale dell'Università di Pisa rivolge le proprie congratulazioni.

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Il momento finale della premiazione. In fondo a destra il direttore del Museo di Storia Naturale Roberto Barbuti e Sabrina Balestri, coordinatore organizzativo del Sistema Museale di Ateneo.

Al via a Pisa la seconda edizione del Festival nazionale dei cori e delle orchestre delle Università organizzato dal Centro per la diffusione della cultura e della pratica musicale dell'Ateneo pisano con il patrocinio della Conferenza dei Rettori delle Università italiane (CRUI) e con la collaborazione con l'Assessorato alla Cultura del Comune di Pisa.

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Dopo la prima edizione nel 2016 che ha visto la partecipazione dei cori delle università di Roma Tor Vergata, di Modena e Reggio Emilia e di Reggio Calabria, quest’anno sono protagonisti, insieme al coro e all'orchestra dell'Ateneo, UniBzVOICES, il coro della Libera Università di Bolzano, l’orchestra dell’Università degli studi di Firenze e la Comunità Creativa “Salento Brass” dell’Università del Salento.

L'appuntamento con la cittadinanza è con un grande concerto ad ingresso gratuito che si svolgerà sabato 4 novembre alle 21 al Palazzo dei Congressi a Pisa (Via Giacomo Matteotti, 1). Il programma prevede l’esibizione dei singoli gruppi con musiche che spaziano da Händel, Mendelssohn e Sibelius a Freddy Mercury, Lloyd Webber sino alle canzoni folk africane. Per il finale tutte le ensemble circa duecento persone fra coristi e orchestrali, saliranno sul palco per eseguire il coro verdiano “Tace il vento” da “I due Foscari” e l’inno delle università “Gaudeamus igitur”.

Il Festival è stato presentato lunedì 30 ottobre in Rettorato dal rettore Paolo Mancarella, dalla professoressa Maria Antonella Galanti, coordinatrice del Centro per la diffusione della cultura e della pratica musicale e dal maestro Manfred Giampietro, direttore dell'orchestra dell'Ateneo pisano intervenuto anche in rappresentanza del maestro Stefano Barandoni direttore del coro dell’Università di Pisa.

"Il Centro per la diffusione della cultura e della pratica musicale con l’orchestra e il coro sta dando veramente ottimi risultati e riscuotendo successi - ha detto il rettore Paolo Mancarella - sono molto contento che Pisa sia il centro di iniziative nazionali di questo genere a cui la Crui guarda con sempre maggiore attenzione".

“Per una università avere un coro e un’orchestra composti da studenti e docenti è una scelta di formazione e anche una forma di socializzazione trasversale e alternativa - ha spiegato Maria Antonella Galanti – come organizzatori del Festival il nostro obiettivo è chiamare ogni anno tre compagini per trascorrere insieme alcuni giorni di pratica e confronto e quindi offrire alla città un grande concerto. A questo proposito – ha concluso la professoressa - voglio ringraziare per il supporto all’iniziativa di quest’anno l’Assessorato alla cultura del Comune di Pisa e in particolare l’assessore Andrea Ferrante”.

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Nella foto, da sinistra: il rettore Paolo Mancarella, la professoressa Maria Antonella Galanti e il maestro Manfred Giampietro.

È appena uscito per le edizioni Mondadori Università “Capire il conflitto, costruire la pace”, un volume che, a cavallo tra diverse discipline, offre strumenti per analizzare i conflitti in profondità, comprendendone la genesi, le dinamiche e il loro interagire con il contesto globale. Autori sono Valentina Bartolucci, ricercatrice aggregata presso il Centro Interdisciplinare di Scienze per la Pace (CISP) dell’Università di Pisa, dove insegna “Sociologia dei conflitti e della pace e approccio sistemico all’analisi dei conflitti”, e Giorgio Gallo professore di Ricerca operativa nell’Ateneo pisano, che negli ultimi anni ha svolto ricerche sull’etica della scienza e delle tecnologie e sulle applicazioni della Teoria dei Sistemi all’analisi e alla risoluzione dei conflitti. Il professor Gallo ha contribuito a fondare il CISP e il corso di laurea in Scienze per la Pace dell’Università di Pisa.

Qui di seguito proponiamo una presentazione del libro a firma dei due autori.

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cover galloPerché scoppiano continuamente guerre, sempre più violente e complesse? Perché non riusciamo ad affrontarle? È a questi interrogativi pressanti che vuole rispondere questo libro fornendo strumenti analitici e pratici per analizzare i conflitti in profondità. Parlare di conflitti e di pace è oggi più urgente che mai: nel 2016 solo dieci Paesi si potevano considerare in pace. Il 2017 volge al termine lasciandoci un mondo ancora più insicuro dei precedenti e nel quale la pace sembra sempre più lontana ed elusiva. Tuttavia, sebbene il mondo in cui viviamo non si possa certo considerare un mondo di pace, rimane forte il desiderio di pace da parte dell'opinione pubblica mondiale. Se, infatti, il nuovo millennio è stato scosso in profondità dagli eventi drammatici dell'11 settembre 2001 con il loro lascito di distruzione e di morte che ha irrimediabilmente segnato tutti noi, non va dimenticato che il 15 febbraio 2003 più di sette milioni di persone in oltre 300 città e 60 Paesi diversi sono scesi in strada per ribadire il loro rifiuto alla guerra in quella che viene considerata la più grande marcia per la pace nella storia.

Questo libro nasce dalla convinzione profonda, ribadita dagli scienziati che hanno stilato la Dichiarazione di Siviglia del 1986, che la guerra non è una necessità biologica e che la stessa specie che ha inventato la guerra può inventare la pace e deve costruirla ogni giorno. Tutti vogliamo vivere in un mondo di pace, eppure siamo testimoni dell'insorgere continuo di nuovi contrasti e dello scoppio di nuove guerre, sempre più violente e complesse. I conflitti violenti che permeano la nostra società sono la manifestazione sintomatica di nuovi assetti geopolitici mondiali, di modelli economici basati sullo sfruttamento insostenibile delle risorse naturali, di un crescente malessere sociale, dovuto a marginalizzazione, alienazione, esclusione sociale e povertà, nonché di sistematiche violazioni dei diritti individuali e collettivi in nome della sicurezza e della stabilità. Questi conflitti allontanano l'uomo dalla sua natura profonda, una natura orientata alla pace. Potremmo dunque pensare che stiamo sbagliando qualcosa e che per qualche ragione non possiamo vivere in pace. Non è vero: la pace non solo è possibile ma è necessaria per la nostra stessa sopravvivenza.

L'essere umano ha bisogno di pace ma molto spesso non conosce gli strumenti per realizzarla fino ad arrivare, per assurdo, a fare la guerra per avere la pace e a trascinare di conseguenza l'umanità in una spirale di dolore e di morte dalla quale è difficile uscire. Il mezzo principale per evitare le guerre, secondo noi, è la conoscenza. Siamo, infatti, convinti che per costruire la pace sia necessario formare persone che capiscano i conflitti nella loro dinamica e nella loro complessità. A tale proposito sono necessari strumenti analitici e pratici che ci aiutino ad analizzare i conflitti in profondità, comprendendone la genesi, le dinamiche e il loro interagire con il contesto globale. Premessa fondamentale per costruire la pace è, infatti, de-costruire la guerra al fine di mostrarne la profonda irrazionalità. Questo testo è rivolto a quanti siano interessati a comprendere meglio la natura del mondo conflittuale in cui viviamo e a quanti vogliano cimentarsi alla costruzione della pace partendo da una comprensione profonda della guerra.

Valentina Bartolucci e Giorgio Gallo

Secondo il report sulla qualità dell’aria presentato a settembre, e realizzato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile con Enea e Ferrovie, l’Italia guida la classifica europea dei morti per inquinamento dell’aria con oltre 90.000 morti premature. Si tratta di 1500 decessi per milione di abitanti, rispetto ai 1100 in Germania, agli 800 della Francia e della Gran Bretagna, e ai 600 della Spagna. In Italia la situazione è maggiormente critica nella Pianura Padana, come evidenzia l’allarme rosso lanciato in questi giorni al Nord Italia, ma senza dimenticare la situazione a Firenze, Napoli e Potenza.

Dall’Università di Pisa arriva MonIQA, un sistema che mette a disposizione dati aggiornati giornalmente sulla qualità dell’aria in tutto il paese. Il sistema è stato sviluppato dal dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Ateneo pisano e dal Laboratorio Nazionale Smart Cities del CINI ed è stato presentato al Festival Pisa Innova Salute. MonIQA, consultabile dal link http://moniqa.dii.unipi.it e scaricabile come app per Android, cattura i dati emessi separatamente dalle Agenzie Regionali per la Protezione dell'Ambiente (ARPA) e li unisce in un’unica mappa intuitiva, che assegna cinque colori a cinque gradazioni diverse di qualità dell’aria.

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“Il colore – spiega Giuseppe Anastasi, direttore del dipartimento di Ingegneria dell’Informazione e del Laboratorio Nazionale Smart Cities del CINI – è associato alla concentrazione nell’aria di alcune sostanze come particolato atmosferico, biossido di azoto, monossido di azoto, ozono, monossido di carbonio, biossido di zolfo e benzene. La concentrazione di queste sostanze viene paragonata con i limiti imposti dalla legge, e assegnato un colore ad ogni parte del territorio nazionale monitorato”.

Fino ad ora, la pubblicazione dei dati sulla qualità dell’aria era gestita in modo separato dalle ARPA dislocate sul territorio nazionale e i dati erano resi disponibili sui singoli siti web delle ARPA. Non era quindi possibile un confronto immediato tra le varie parti del territorio nazionale. “Grazie a MonIQA – prosegue Anastasi - sarà possibile avere una visione generale sulla qualità dell’aria nel nostro paese, con la conseguenza positiva di incentivare le aree a maggior concentrazione di sostanze pericolose per la salute ad avviare pratiche più ecologicamente sostenibili. Uno studio di Legambiente dimostra per esempio che riducendo del 10% i livelli di particolato atmosferico potremmo arrivare ad avere anche 10.000 morti in meno”.

Qui sotto Francesca Righetti, dottoranda del dipartimento di Ingegneria dell’Informazione, che ha presentato MoniQA al Festival Pisa Innova Salute.
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