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Comunicati stampa

Sono in tutto 1.371 le piante che oggi crescono spontanee esclusivamente in Italia. È questo il risultato del primo censimento delle specie e sottospecie endemiche del nostro Paese realizzato da Lorenzo Peruzzi, ricercatore del Dipartimento di Biologia dell'Università di Pisa, in collaborazione con Fabrizio Bartolucci e Fabio Conti, botanici del Centro Ricerche Floristiche dell'Appennino, ente co-gestito dal Parco Nazionale del Gran Sasso-Monti della Laga e dall'Università di Camerino. La ricerca, durata quattro anni, è stata appena pubblicata sulla rivista internazionale "Phytotaxa".

"Il nostro studio ha messo in evidenza che quasi il 19% della flora nazionale è costituito da piante endemiche – ha spiegato Lorenzo Peruzzi – e oltre la metà delle specie e sottospecie si trova nelle due principali isole, Sardegna e Sicilia, seguite in classifica da Calabria, Toscana e Abruzzo".

Fra le 1371 piante superiori (come ad esempio felci e affini, conifere, piante a fiore) censite non mancano curiosità o sorprese. Come ad esempio la "Pinguicola di Poldini" tipica dell'Italia nord-orientale, una pianta carnivora (o meglio, insettivora) che cattura le prede grazie alle foglie trasformate in trappole adesive. Oppure il "Lino di Katia", una specie endemica del Massiccio del Pollino in Calabria che vive in una sola remota località in prossimità della vetta del Monte Manfriana.

"La conoscenza delle specie endemiche è indispensabile dato che la loro eventuale estinzione sarebbe sotto la piena responsabilità dell'Italia - ha concluso Lorenzo Peruzzi – questo studio rappresenta quindi un punto di partenza fondamentale da cui partire per approfondire la conoscenza di queste piante sia dal punto di vista evolutivo che conservazionistico".

C'è anche uno studente dell'Università di Pisa tra i 13 vincitori di Enertour4Students, il concorso promosso da TIS Innovation Park e Fondazione Cassa di Risparmio di Bolzano che ha premiato tredici idee innovative proposte da studenti universitari per il futuro energetico dell'Italia. Giovanni Bruschi, iscritto al corso di laurea in Ingegneria edile-Architettura, ha vinto come premio un soggiorno di tre giorni in Alto Adige con la possibilità di visitare impianti all'avanguardia per la produzione di energia pulita.

L'idea di Giovanni, selezionata tra le 31 inviate da oltre 20 università, riguarda il rapporto tra abitudini alimentari e ambiente: "Sono da sempre stato appassionato di ecologia e crescendo mi sono interrogato più volte sull'impatto che le nostre attività giornaliere hanno sull'ambiente e su come poterle cambiare per limitare il loro effetto – spiega Giovanni – Dalla mia passione per la cucina è nata poi questa idea: trovare il modo di intervenire sulle nostre abitudini alimentari, non solo per far sorridere l'ambiente, ma anche per alzarne la qualità, operando in economia".

Il progetto di Giovanni si articolava in diverse proposte finalizzate a migliorare i nostri comportamenti a tavola e al supermercato – acquisto di prodotti a km 0 o realizzati in modo sostenibile, un ritorno agli alimenti preparati in casa (pane, pasta, dolci), la coltivazione di alimenti freschi anche in città su terrazzi e nei giardini e altro.

I ragazzi vincitori del concorso hanno trascorso tre giorni nella Green Regio d'Italia alla scoperta di energie rinnovabili ed edifici a efficienza energetica, potendo ascoltare dalla viva voce di tecnici e amministratori pubblici quali sono le strategie dell'Alto Adige per rispondere alle sfide energetiche presenti e future. Inoltre sono entrati in contatto con aziende e istituzioni altoatesine attive nel settore dell'energia.

Mercoledì, 03 Settembre 2014 11:10

Il mistero delle tombe dei marchesi di Saluzzo

Un nuovo "giallo storico" per l'équipe del professore Gino Fornaciari dell'Università di Pisa che in passato ha già studiato le tombe della famiglia de' Medici a Firenze o quelle degli Aragonesi a Napoli. Questa volta il "mistero" riguarda le sepolture dei marchesi di Saluzzo, uno dei grandi casati italiani che governò in Piemonte fra medioevo ed età moderna. Il progetto di ricerca appena partito e finanziato dalla Cassa di Risparmio di Saluzzo vede coinvolti dal punto di vista scientifico Adriano Ribolini e Monica Bini del Dipartimento di Scienze della Terra e Raffaele Gaeta e Antonio Fornaciari della Divisione di Paleopatologia del Dipartimento di Ricerca Translazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia. Il luogo dell'indagine è l'interno alla chiesa di San Giovanni nella diocesi di Saluzzo(Cuneo), dove lo scorso aprile, è partita una prima campagna di esplorazione non invasiva del sottosuolo tramite georadar.

"La costruzione del primo edificio dedicato a San Giovanni Battista – spiega Antonio Fornaciari – risale al 1281, ma la chiesa, specialmente tra gli inizi del XIV e la fine del XV secolo, ha subito molte trasformazioni che di fatto hanno reso difficile l'identificazione delle tombe dei marchesi di Saluzzo. Ad esempio è tuttora ignoto il luogo di sepoltura di Ludovico I morto nel 1475 prima che venisse completata la nuova cappella funeraria da lui voluta. Il suo successore, Ludovico II (1438-1504), XI marchese di Saluzzo e viceré di Napoli, fu invece probabilmente sepolto sotto l'attuale monumento funebre del coro, ma tuttora non si sa se i resti dei suoi illustri antenati siano stati traslati nello stesso luogo o meno".

L'obiettivo del progetto è dunque di recuperare informazioni sulla presenza di camere sepolcrali contenenti resti umani scheletrici e mummificati, appartenenti alle famiglie aristocratiche che avevano diritto di sepoltura all'interno della chiesa, fra cui appunto i Saluzzo, ed allo stesso tempo comprendere, grazie anche alla collaborazione di Silvia Beltramo, ricercatrice del il Politecnico di Torino, l'evoluzione architettonica dell'edificio religioso.

"Il Ground Penetrating Radar (Georadar o GPR) con il quale abbiamo effettuato le prime indagini – conclude Fornaciari - è uno degli strumenti geofisici non invasivi più utilizzati nella ricerca archeologica. Il successo di questa tecnica deriva prevalentemente dalla sua capacità di rilevare ampie porzioni di superficie in tempi relativamente veloci, oltre che dall'elevata risoluzione dei dati ottenibili che permettono una visualizzazione 3D della sottosuperficie".

Proseguendo nel programma di vendita di immobili non necessari allo svolgimento delle funzioni istituzionali e il cui ricavato è destinato a contribuire alla manutenzione, messa a norma e valorizzazione del restante patrimonio immobiliare, l'Università di Pisa ha avviato le procedure per la vendita di alcuni poderi situati nelle zone di San Piero a Grado e in prossimità di Stagno.

In particolare, la procedura di vendita riguarda il Podere Fornacina e tre lotti del Podere "Poggio al Lupo". Il primo è un interessante complesso immobiliare da ristrutturare per destinazione ricettiva, ristoro e residenziale: si trova sul Viale D'Annunzio, in località San Piero a Grado, e ha una superficie di circa 1.200 metri quadrati, oltre a un terreno di circa 5.000 metri quadrati. Il prezzo a base d'asta è di 702.000,00 euro. La scadenza per la presentazione delle offerte è fissata per le ore 12 del 9 luglio 2014.

I tre lotti del Podere "Poggio al Lupo" sono situati sulla Via Aurelia Sud, vicinissimo alle principali vie di comunicazione tra Pisa e Livorno, prossimi al confine del territorio del Comune di Collesalvetti, frazione di Stagno. In questo caso, vi è la possibilità di fare offerte anche in ribasso rispetto agli importi indicati:

  • Lotto A1 (appartamento locato con resede): Euro 74.000,00
  • Lotto A3 (appartamento libero con resede): Euro 121.000,00
  • Lotto B (fabbricato indipendente plurifamiliare, da ristrutturare, con annessi, resede e terreni agrari): Euro 219.500,00

La scadenza per la presentazione delle offerte è fissata per le ore 12 del 2 luglio 2014.

Gli avvisi di vendita, con foto e planimetrie, sono pubblicati sulla pagina http://patrimonio.unipi.it/. Per informazioni è possibile rivolgersi al Settore Patrimonio dell'Ateneo, ai numeri telefonici 050/2212924 o 2212342.

È un algoritmo e si chiama GPS, ovvero Geographic Population Structure, e traduce le informazioni genetiche in coordinate geografiche per scoprire il luogo di origine degli individui, proprio come un "normale" GPS riesce a tradurre in coordinate geografiche le onde radio dei sistemi satellitari. Il GPS genomico, presentato nell'ultimo numero della rivista Nature Communications, è stato elaborato da un consorzio internazionale di ricercatori di cui fa parte, per l'Università di Pisa, il dottor Sergio Tofanelli del Dipartimento di Biologia.

L'algoritmo, spiega l'articolo, è stato testato su circa 1,650 individui appartenenti a più di 40 popolazioni. L'83% degli individui è stato assegnato correttamente alla nazione di origine e per alcune popolazioni, come nel caso dei Sardi, il 50% è stato collocato correttamente entro un raggio di 50 km dal proprio villaggio di origine. E' infatti intuitivo che la precisione del GPS genomico relativamente ad una certa popolazione o regione dipende dalla ricchezza di dati specifici disponibili e dall'assenza di fenomeni recenti di mescolamento o di migrazione. Quindi è più preciso se applicato a regioni come la Sardegna che hanno una "residenza storica" della popolazione e una grande mole di dati genomici.

"I dati che elabora il GPS genomico – spiega Sergio Tofanelli – sono poche decine di migliaia di varianti a singolo nucleotide, quelle con il maggiore contenuto di informazione biogeografica, che abbiamo selezionato tra i milioni di siti variabili del nostro genoma. In gergo vengono denominati AIMs, termine che in italiano potremmo tradurre con 'marcatori informativi di ancestralità'. In particolare, il mio contributo è stato quello di contribuire alla selezione e validazione degli AIMs su popolazioni mediterranee."

"Uno degli aspetti più innovativi dell'algoritmo GPS – conclude Sergio Tofanelli – è l'applicazione di un nuovo paradigma della genetica evolutiva umana che permette di abbandonare definitivamente qualsiasi implicazione biologica del concetto storico di razza: tutte le popolazioni attuali sono il frutto di un mescolamento".

Nella seduta di mercoledì 28 maggio 2014, il Consiglio di Amministrazione dell'Università di Pisa ha approvato la seguente mozione:

A due anni dalla chiusura del Palazzo della Sapienza, disposta con Ordinanza del sindaco di Pisa il 29 maggio del 2012, l'Università di Pisa ribadisce la ferma volontà e il concreto impegno per garantire - in sinergia con le altre istituzioni - la riapertura dell'edificio nei tempi più rapidi possibili, in modo da poter riprendere quanto prima le attività che in esso si svolgevano quotidianamente. Dopo la presentazione dello Studio sulla "Verifica della sicurezza statica ed analisi della vulnerabilità sismica dell'edificio", avvenuta a Roma nello scorso dicembre alla presenza degli allora ministri Bray e Carrozza - Studio che ha confermato le gravi criticità dell'immobile - sono stati decisi i passi successivi per arrivare al consolidamento del Palazzo, con la creazione di un gruppo di lavoro congiunto tra Università e MIBACT.

Tale gruppo ha elaborato il progetto relativo agli interventi funzionali e strutturali, condiviso dal Dipartimento di Giurisprudenza e dal Sistema Bibliotecario di Ateneo. La realizzazione del progetto sta procedendo con alcuni interventi già effettuati e altri in fase di definizione, in attesa che il MIBACT sciolga il nodo relativo alle risorse promesse.

In piena sintonia dunque con i soggetti istituzionali coinvolti, l'Università di Pisa sta continuando a operare fattivamente per risanare quella che la comunità universitaria, prima di tutti, avverte come una ferita profonda. In questo clima costruttivo, spiace costatare la periodica riproposizione di polemiche sterili e strumentali che, certamente, non offrono alcun contributo positivo alla soluzione dei problemi.

L'ultimo esempio è dato dall'articolo pubblicato sul quotidiano "Il Tirreno" in data odierna, che dà spazio all'opinione di un docente dell'Università di Firenze, il quale formula ipotesi e accuse del tutto fantasiose, come l'affermazione secondo cui "gli squarci e le crepe all'interno della BUP sono stati compiuti di proposito da parte dei vigili del fuoco". Si tratta di frasi talmente prive di fondamento da non meritare alcuna replica da parte dell'Ateneo, che, nel continuare a operare per una rapida soluzione della questione, preferisce astenersi dal rispondere a qualsivoglia falsità e insinuazione.

Alla finale dell'ottava edizione del premio nazionale "Start up dell'anno" - in programma venerdì 30 maggio alla Scuola Sant'Anna - ci sono anche due giovani imprese pisane: BioCare Provider e Kiunsys sono tra le dieci finaliste nella competizione promossa da PNICube - l'Associazione degli Incubatori e delle Business Plan Competition accademiche italiane – che premia le start up generate dalla ricerca accademica e che hanno conseguito, nei primi anni di attività, la migliore crescita tecnica e il miglior riscontro sul mercato. Biocare Provider, spin off dell'Università di Pisa e della Scuola Sant'Anna, e Kiunsys – spin off dell'Università di Pisa - saranno valutate insieme alle altre finaliste da un pool di esperti provenienti dall'industria e della finanza.

La spin off BioCare Provider è nata nel 2013 da un gruppo di sette giovani ricercatori e laureati dell'Università di Pisa e della Scuola Superiore Sant'Anna e si è affermata grazie a drDrin, una piattaforma di servizi web accessibili sia da PC che attraverso smartphone e tablet, che mette le più moderne tecnologie informatiche al servizio di medici e pazienti. La principale funzione di drDrin è ricordare ai pazienti in terapia farmacologica quando, come e quale medicinale prendere, ma il prodotto è molto più di una App-reminder: "L'idea è stata sviluppata partendo dal concetto che ricordare a un paziente quando assumere i farmaci non è sufficiente - spiega Francesca Sernissi - Il paziente deve essere innanzi tutto motivato, quindi seguito, e per rispondere a queste esigenze sono stati realizzati un insieme di servizi online e applicazioni".

Ciò che rende drDrin unico è la possibilità di creare un nuovo canale comunicativo tra medico e paziente che, grazie a interfacce utente intuitive e allo sviluppo di algoritmi proprietari, è in grado di coinvolgere anche i familiari e i caregiver, facilitando il monitoraggio dell'aderenza del paziente alle singole terapie prescrittegli. drDrin è già stato utilizzato nel 2012-2013 da un gruppo di 15 pazienti affetti da malattie neurodegenerative presso l'Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, con il supporto dell'associazione NeuroCare Onlus del dottor Paolo Bongioanni. Oggi le applicazioni per Android e iOS sono disponibili in versione beta dal sito www.drdrin.it. L'idea di drDrin è nata nell'ambito dell'edizione 2011 del PHD Plus, il percorso formativo promosso dall'Università di Pisa dedicato allo sviluppo dello spirito imprenditoriale, alla promozione dell'innovazione e alla valorizzazione delle proprie idee e dei risultati della ricerca.

Kiunsys è un'azienda spin-off dell'Università di Pisa che progetta e realizza soluzioni innovative per la gestione della mobilità sostenibile, dei parcheggi e della logistica urbana. La giovane impresa si è già affermata in molte città italiane grazie ai suoi prodotti software, hardware e RFID che permettono di gestire al meglio parcheggi, permessi e circolazione di auto e mezzi pubblici. "Kiunsys sviluppa prodotti che aiutano a ridurre i tempi di spostamento nelle aree urbane, diminuiscono la congestione del traffico e contribuiscono a ridurre l'inquinamento – spiega Alfredo Salvatore, presidente dell'azienda – Il nostro team tecnologico si è specializzato nel mercato di riferimento e ha sviluppato competenze nell'Internet of Things per le smart cities".

Tra i prodotti che hanno avuto più successo c'è "Mobility Pass", la soluzione che permette di gestire i permessi di mobilità urbana tramite l'identificazione automatica di veicoli, autobus, merci, persone o servizi di pagamento. Oppure "INeS Cloud" un software per la gestione ottimale dei processi operativi delle aziende di mobilità, grazie anche all'integrazione con servizi di pagamento via web e mobile. Inoltre ci sono "Tap&Park", la mobile app per pagare la sosta con il proprio smartphone, senza più bisogno di monete, e il "Parking Spot Sensor", il sensore di parcheggio wireless per il rilevamento dell'occupazione del singolo stallo di sosta.

L'impegno costante di Kiunsys nel dare risposte alle esigenze delle smart city ha avuto un costante riscontro negli anni: ha vinto il RFID Award nella categoria "progetti di rilevanza sociale e ambientale", è stata finale agli SMAU Mob App Awards 2012 e recentemente ha costruito una partnership con Deutsche Telekom AG.

Mercoledì, 03 Settembre 2014 08:58

Incontro all’Orto botanico sui fiori di campo

Fiori di campo, sempre più rari perché le colture alle quali sono associati sono trattate con erbicidi selettivi, eppure così preziosi, per la biodiversità e il miglioramento estetico del paesaggio. E proprio ai fiori di campo è dedicato l'incontro all'Orto botanico di Pisa in Via Luca Ghini 5 che si svolgerà venerdì 30 maggio alle 10. Sono in programma gli interventi di Gianni Bedini e Stefano Benvenuti dell'Università di Pisa e di Francesca Vannucchi dell'Istituto per lo Studio degli Ecosistemidel del CNR.

"Per valorizzare le pratiche colturali tradizionali e la diversità vegetale del paesaggio rurale – spiega Gianni Bedini – abbiamo ricreato un campo coltivato in un'aiuola dell'Orto botanico attraverso la semina di orzo e delle specie che accompagnano la sua coltivazione". L'impianto è stato realizzato grazie alla collaborazione di Francesca Bretzel (CNR – Istituto per lo Studio degli Ecosistemi) e di Stefano Benvenuti (Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell'Università di Pisa) e i semi utilizzati sono stati raccolti nelle rare oasi agro-ecologiche sopravvissute in aree marginali della Toscana. Tra le specie utilizzate, oltre l'orzo (Hordeum vulgare L.), il gittaione (Agrostemma githago L.), la sulla (Hedysarum coronarium L.), il lino (Linum usitatissimum L.), la lupinella (Onobrychis viciifolia Scop.) diversi trifogli (Trifolium sp. pl.), la camomilla (Matricaria chamomilla L.), la damigella (Nigella damascena L.) e il fiordaliso (Cyanus segetum Hill).

"Il problema non è solo chi fa male, ma chi guarda e lascia fare". È questa una delle riflessioni che don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, proporrà all'Università di Pisa in occasione della Lectio magistralis dal titolo "Lotta alle mafie e società responsabile: il ruolo di ciascuno di noi", che terrà giovedì 5 giugno, alle ore 16.30, al Polo Carmignani in Piazza dei Cavalieri.

L'iniziativa è promossa nell'ambito del master APC, Analisi prevenzione e contrasto della criminalità organizzata e della corruzione, che da ormai cinque anni, rappresenta la prima esperienza accademica italiana volta allo studio scientifico e alla formazione professionalizzante sui questi temi. Il percorso accademico, grazie alla fattiva collaborazione tra il dipartimento di Scienze Politiche, Libera - associazioni, nomi e numeri contro le mafie e Avviso Pubblico, è diventato nel corso del tempo un punto di riferimento per ricercatori e allievi provenienti da tutta Italia, ma anche dall'estero: Perù, Svizzera, Argentina, Cile.

Don Ciotti dialogherà con il pubblico soffermandosi a riflettere sul concetto di legalità, spesso abusato. Come ricorda lui stesso nei suoi interventi pubblici, "nel nostro Paese assistiamo a un vero e proprio furto delle parole. Le parole vengono svuotate del loro significato profondo. Speranza oggi significa opportunità, lavoro, progetti concreti: la legalità altro non è che la saldatura fra responsabilità e giustizia".

Al dipartimento di Ingegneria civile e industriale (DICI) è arrivata la "Constellation", una modernissima macchina per le operazioni di vitrectomia sviluppata dalla Alcon – multinazionale del gruppo Novartis leader mondiale del settore della cura dell'occhio – sulla quale i ricercatori dell'Università di Pisa e i medici di Chirurgia oftalmica dell'ospedale di Cisanello effettueranno test e misure. Nelle prossime settimane la macchina sarà testata in particolare per quanto riguarda il vitrectomo, l'ago forato in acciaio, con uno spessore di meno di 0,5 millimetri di diametro, modificato da Gualtiero Fantoni, ricercatore del dipartimento, insieme a Stanislao Rizzo, chirurgo e direttore dell'Unità operativa di Chirurgia oftalmica dell'Aoup, considerato uno dei migliori medici al mondo per le operazioni all'occhio, in particolare per quelle di vitrectomia.

La vitrectomia è un intervento chirurgico oftalmico che consiste nell'asportazione del corpo vitreo, liquido contenuto nella cavità principale del bulbo oculare, che viene sostituito con un mezzo analogo, il sostituto vitreale. Questa pratica chirurgica si effettua quando il corpo vitreo è divenuto opaco in seguito a emorragie (emovitreo), ma anche per infiammazioni e altro. L'operazione è fatta con tecniche di chirurgia mininvasiva attraverso un ago forato capace di sminuzzare l'umor vitreo e aspirarlo via dall'occhio.

Nel 2010 il professor Rizzo si era rivolto agli ingegneri del DICI per avere un supporto nella realizzazione di microfori sulla estremità del vitrectomo: «I microfori e le asole che abbiamo realizzato sono stati fabbricati con tecniche di microlavorazioni elettrochimiche – spiega Fantoni – e i nuovi vitrectomi, una volta testati, hanno dato risultati ottimi, tanto che numerosi centri di ricerca hanno iniziato a replicare la modifica». L'innovazione ha avuto così successo che la Acon ha inviato al DICI una "Constellation" per l'esecuzione di test e misure comparative, mentre l'azienda olandese DORC ha già messo sul mercato il vitrectomo modificato.

Dal 2010 la collaborazione fra il professor Rizzo, l'ingegner Fantoni e lo spin-off ErreQuadro s.r.l. - che ha supportato i due ricercatori nelle attività di progettazione, brevettazione e misura - è continuata portando alla realizzazione di nuovi vitrectomi, alla modifica di altri strumenti per l'oftalmologia e allo studio di nuovi strumenti di misura. L'auspicio è che i risultati di questa attività di ricerca congiunta riescano ad abbassare ulteriormente sia i tempi di ripresa del paziente, sia i tempi e i costi dell'operazione.

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