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Comunicati stampa

Sono finalmente arrivati a destinazione i tre ricercatori dell'Università di Pisa partiti martedì 20 novembre 2012 per una missione in Antartide alla ricerca di meteoriti. Gli studiosi pisani sono stati inseriti nella XXVIII missione del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA), finanziata dal MIUR.

Ecco gli ultimi aggiornamenti dal diario di viaggio:

"Ciao a tutti,antartide

ieri mattina, come tutte le mattine precedenti, ci siamo preparati aspettando notizie sul GO o NO-GO. Finalmente è cambiata musica: GO! Abbiamo fatto il check-in alle 7:30 e alle 9 siamo decollati a bordo del C-130 della SAFAIR. Il volo durato 8 ore è stato alquanto rumoroso (nonostante i tappi per le orecchie), ma lo spettacolo che si è presentato ai nostri occhi a circa 2 ore dall'arrivo non ha eguali. I primi segnali dell'avvicinamento al continente antartico sono stati i frammenti ghiaccio marino, che in questo periodo inizia a rompersi per poi riformarsi durante l'inverno australe. Procedendo con l'avvicinamento e la discesa abbiamo potuto ammirare le cime delle montagne che 'sbucano' dal ghiaccio.

Alle 17 atterriamo sul pack (ghiaccio marino) e veniamo accompagnati alla base tramite un vecchio Ducato. In base prendiamo possesso delle nostre stanze, ritroviamo gli amici conosciuti al campo d'addestramento e iniziamo a conoscere i vari locali della base. Il cibo è veramente ottimo!

Oggi abbiamo iniziato a lavorare per organizzare le escursioni giornaliere e il campo, sia per quanto riguarda i materiali e le attrezzatura, sia per la logistica (sala operativa). La cosa si fa interessante. Non vi nascondiamo che non vediamo l'ora di andare sul campo e portare a casa i primi risultati.

A presto
Agnese e Maurizio "

Tutti gli aggiornamenti sulla spedizone nel diario di viaggio su Facebook

Un incontro con Google per affrontare il tema del lavoro nella multinazionale statunitense, dall'internship al processo di assunzione, e quello delle sfide tecnologiche nella creazione e gestione del servizio globale di Gmail. Saranno questi gli argomenti trattati dal dottor Nicola Cascarano, di Google Europe, nell'ambito dell'intervento che terrà venerdì 30 novembre 2012, alle ore 16, nella Sala Gerace del dipartimento di Informatica.

google-cartello-586x399L'incontro è aperto a tutti, ma rivolto principalmente agli studenti delle lauree magistrali in Informatica e networking, in Informatica e in Informatica per l'economia e per l'azienda e a quelli del corso di dottorato in Informatica. L'obiettivo è quello di individuare le condizioni che consentano di instaurare una fattiva collaborazione con Google.

"Quest'anno - spiega il professor Gian Luigi Ferrari, vicedirettore del dipartimento di Informatica con la delega al coordinamento delle attività didattiche - il dipartimento di Informatica ha organizzato una serie di iniziative in collaborazione con alcune delle più importanti aziende che operano nel settore dell'Information and communications technology. Gli incontri sono pensati per mettere a contatto i nostri laureandi, laureati e dottorandi che si apprestano a fare il loro ingresso nel mondo del lavoro, con queste realtà, in modo da facilitare la conoscenza delle figure professionali più richieste, dei percorsi di selezione e delle possibilità di crescita e di carriera".

Mercoledì, 28 Novembre 2012 13:35

Traduzione e autotraduzione

locandina CONVEGNO 29-30  novembre 2012"Traduzione e autotraduzione. Un percorso attraverso i generi letterari" è il titolo del convegno organizzato dalla Scuola Normale e dall'Università di Pisa in collaborazione con l'Instituto Camões portoghese. La due giorni di studio, incentrata sulla letteratura italo-iberica, si svolgerà il 29 novembre alla Scuola Normale (Aula U. Dini, Palazzo del Castelletto) e il 30 novembre all'Università di Pisa (Aula Magna del Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica a Palazzo Matteucci). Giovedì 29 novembre, l'apertura dei lavori è affidata Michele Ciliberto, Preside della classe di lettere della Scuola Normale, e a Mauro Tulli, Direttore del Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica dell'Ateneo pisano. Durante la prima giornata docenti italiani e stranieri, esperti di traduzione e di traduttologia, autori e poeti si confronteranno su il tradurre, il tradursi e la traduzione poetica. Il programma di venerdì 30 novembre spazia dalla prosa letteraria, al teatro, alla saggistica, al binomio tradurre&imparare sino alla saggistica economica e politica e al suo impatto sulla circolazione del sapere. Il convegno sarà anche l'occasione per fare il punto su due progetti: i primi risultati del programma europeo "Economic e-Translations into and from European Languages" coordinato dall'Università di Pisa che ha l'obiettivo di costruire un database con i classici del pensiero economico tradotti nelle varie lingue europee; e il laboratorio didattico organizzato dalla cattedra "Antero de Quental" dell'Ateneo pisano per la messa in scena e il doppiaggio del classico portoghese Auto da Barca do Inferno di Gil Vicente.

Martedì, 27 Novembre 2012 13:18

In ricordo di Mario Selli

Mario SelliIn occasione del decennale della morte, giovedì 29 novembre, nell'Aula Magna della Scuola Medica in via Roma 55, sarà inaugurata una lapide in memoria del professor Mario Selli, maestro di chirurgia, per oltre vent'anni direttore della Clinica di Chirurgia generale dell'Università di Pisa che, nel 1972, eseguì a Pisa il primo trapianto di rene. Alla cerimonia interverranno Massimo Augello, rettore dell'Università di Pisa, Marco Filippeschi, sindaco di Pisa, Carlo Rinaldo Tomassini, direttore generale dell'Azienda ospedaliero-universitaria pisana, Eugenio Santoro, già presidente della Società Italiana di Chirurgia, Achille Sicari, decano degli Allievi ospedalieri, Enrico Cavina, decano degli Allievi universitari, Arnaldo Stefanini, Lello, collega e amico, Carla Vergalli, infermiera strumentista, Cesare Selli per la famiglia. L'iniziativa è curata dal professor Franco Mosca.

Considerato il punto di riferimento di un'intera scuola medica che ha formato una generazione di chirurghi che oggi dirigono reparti ospedalieri e ricoprono prestigiose cattedre universitarie, Selli ha costruito le basi della moderna chirurgia accademica pisana. Il Professor Selli ha creato la Chirurgia toracica e l'Urologia; ha introdotto la Cardiochirurgia e la Chirurgia d'urgenza, aprendo, tra i primi in Italia, la strada del trapianto renale. Come ricordato in un articolo scritto da Giuseppe Meucci su «La Nazione» nel 2002, in occasione della scomparsa, "sorprendeva la sua capacità di occuparsi di tutte le branche della chirurgia con eguale competenza ed efficienza. Dalla chirurgia toracica e a quella vascolare, dall'urologia alla chirurgia dell'apparato digerente, Mario Selli impugnava il bisturi con il piglio e l'autorevolezza di un maestro senza eguali".

Mario Selli nasce il 25 febbraio 1917 all'Aquila e si laurea a Roma in Medicina e Chirurgia nel luglio 1941. Nel 1943 il professor Paride Stefanini, primario chirurgico dell'ospedale dell'Aquila, lo vuole accanto a sé e il 1° marzo 1946 entra nell'Università di Perugia, iniziando la carriera accademica prima come assistente di Patologia speciale chirurgica, poi di Chirurgia generale nella Clinica diretta da Paride Stefanini. Nel maggio 1958 ottiene la cattedra di Urologia all'Università di Pisa e vengono a lui affidati i corsi di Anatomia, Embriologia e Fisiologia del sistema urinario, di Clinica urologica, di Chirurgia infantile, di Clinica chirurgica, di Chirurgia toracica e di Tecnica operatoria.

Nel 1959 ottiene la libera docenza in Patologia chirurgica e nel 1960 in quella di Clinica chirurgica generale e di Terapia chirurgica. Nel 1964 viene chiamato a dirigere la Clinica chirurgica generale dell'Università di Pisa. Nel 1987 termina la carriera accademica. Muore a Pisa il 3 ottobre 2002.

La lapide a lui dedicata recita:

 

 

 

La Facoltà di Medicina e Chirurgia

Al Professor

MARIO SELLI

1917 – 2002

Medico Insigne, Maestro di Chirurgia,

costruì le basi della moderna

Chirurgia Accademica Pisana.

La Fondazione Arpa pose nel decennale della morte

Lunedì, 26 Novembre 2012 14:07

Riesumato Giovanni dalle Bande Nere

Fornaciari analizza i resti di Giovanni Bande Nere Come è morto Giovanni Dalle Bande Nere? È vero che a ucciderlo fu una cancrena diffusasi dopo l'amputazione della gamba destra? A capirlo dovranno essere i ricercatori della divisione di Paleopatologia dell'Università di Pisa che - diretti dal professor Gino Fornaciari - hanno riesumato il corpo del capitano di ventura del '500, sepolto insieme alla moglie Maria Salviati, padre e madre di Cosimo I de' Medici, primo Granduca di Toscana.

La tomba è stata aperta la scorsa settimana nella cripta del Museo delle Cappelle Medicee a Firenze nell'ambito di una ricerca finanziata dalla Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia, sotto la direzione della Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze. Scopo dell'esumazione è una revisione conservativa delle sepolture, danneggiate dall'alluvione del 1966, ma anche un'analisi antropologica e paleopatologica per comprendere meglio il tipo di intervento chirurgico che il leggendario condottiero subì prima di morire e per chiarire le cause del decesso.

Giovanni Bande Nere Giovanni de' Medici fu ferito durante uno scontro armato a Governolo, vicino a Mantova, il 25 novembre 1526. Egli rimase vittima di un colpo di falconetto (un cannoncino dell'epoca) e, per la cronaca di Francesco Guicciardini il tiro gli "percosse e roppe una gamba alquanto sopra al ginocchio", per cui subì l'amputazione della gamba destra. Secondo le cronache dell'epoca la decisione del maestro Abramo, il chirurgo che lo operò, "di lasciare del percosso tanto che il rimanente si putrefece" parrebbe equivalere a una condanna a morte; infatti il decesso si verificò puntualmente nella notte tra il 29 e il 30 novembre 1526.

Le sepolture di Giovanni e Maria vennero ispezionate nel 1945 da Gaetano Pieraccini e, come le altre indagate durante i lavori del «Progetto Medici» fra il 2004 e il 2006, furono danneggiate dall'inondazione dell'Arno del 1966 e necessitavano di una revisione conservativa.

Giovanni Bande Nere Dopo l'allestimento del cantiere nell'area centrale della cripta, i lavori sono iniziati con il sollevamento della pesante lastra di macigno che copriva il vano funebre. Al suo interno sono state trovate le casse contenenti i resti scheletrici del condottiero e di sua moglie. Il risanamento delle sepolture, la dettagliata fase di studio dei resti della coppia e la nuova deposizione in idonee casse, sono le tre fasi di questa operazione che si concluderà nel giro di dieci giorni.

In particolare Fornaciari e il suo staff, attraverso l'utilizzo di moderne tecnologie biomediche in grado di fornire nuovi dati paleopatologici, condurranno uno studio approfondito allo scopo di comprendere meglio il tipo di intervento chirurgico che subì il condottiero mediceo prima di morire e di ricostruire lo stile di vita di questo importante capitano di ventura del Rinascimento italiano.

Ne hanno parlato:
Corriere Fiorentino
Tirreno Pisa
PisaToday.it
TirrenoPisa.it 
LaNazione.it
OgniSette.it 

Giovedì, 22 Novembre 2012 14:48

Uno sbadiglio lungo sette milioni di anni

bonobo Nell'uomo lo sbadiglio è contagioso e si trasmette più frequentemente e velocemente quando coinvolge persone con uno stretto legame empatico. Questo risultato, dimostrato dagli studiosi Ivan Norscia ed Elisabetta Palagi dell'Università di Pisa, ha confermato che questo fenomeno è legato a una forma base di empatia, nota come contagio emotivo. Come spesso accade in ambito scientifico, il punto di arrivo di una ricerca diventa il punto di partenza di quella successiva. È così che nasce il lavoro sul contagio di sbadiglio nel bonobo condotto da Elisa Demuru dell'Università di Parma ed Elisabetta Palagi dell'Università di Pisa, alla ricerca delle radici biologiche di questo comportamento.

Lo studio, pubblicato sulla rivista PlosONE, dimostra per la prima volta che anche nel bonobo (Pan paniscus), il nostro "cugino" più prossimo insieme allo scimpanzé, lo sbadiglio è contagioso e indaga quali siano i fattori che stanno alla base di questo fenomeno. "Il contagio di sbadiglio sembra essere un fenomeno evolutivamente recente, che segue meccanismi diversi da quelli che regolano lo sbadiglio spontaneo", spiega Elisa Demuru. "Infatti, nel bonobo gli sbadigli spontanei sono più frequenti in contesto rilassato, mentre il contagio di sbadiglio è indipendente dal contesto in cui avviene. È un meccanismo rapido, inconscio e pervasivo. Nel bonobo, come nell'uomo, avviene entro il primo minuto".

Elisabetta Palagi e Elisa Demuru Il tasso di contagio non è però uguale tra tutti gli individui. Il dato più interessante è quello ottenuto tramite un'analisi a modelli misti che ha messo in evidenza che il contagio di sbadiglio avviene più frequentemente tra parenti e amici. "I dati nel bonobo rispecchiano quelli umani ed essendo stati raccolti e analizzati con le stesse tecniche, sono completamente equiparabili", sottolinea Elisabetta Palagi. "Anche nel bonobo, come nell'uomo, è infatti la buona qualità della relazione che lega due individui a dare forma al contagio di sbadiglio, dimostrando che per entrambe le specie questo fenomeno è guidato da meccanismi empatici, già presenti nell'antenato comune delle due specie. Uno 'zio' di sette milioni di anni fa".


Ne hanno parlato:
National Geographic 
Live Science
PisaToday.it
GreenReport.it



 

Giovedì, 22 Novembre 2012 09:13

«La Ruta de la Paz», un progetto di ecostoria

Jimenez DerediaL'incontro inaspettato tra lo scultore costaricano Jorge Jiménez Deredia e l'ecostoria, un metodo di ricerca che si applica da qualche decennio presso l'Università di Pisa. L'ecostoria, ossia la storia dell'abitare, consente di studiare la civiltà di tutti: anche delle civiltà definite "senza storia" ma in realtà dimenticate dalla storia ufficiale. La scultura di Deredia riprende – non solo nelle forme – la cultura dei nativi del suo Paese, i Boruca, e la attualizza in una proposta contemporanea di pacificazione globale.

Su questi temi si è verificato l'incontro che si è tradotto nel libro La Ruta de la Paz un progetto ecostorico di Jiménez Deredia di Sonia Gomiero, pubblicato nella collana Quaderni di Ecostoria diretta da Denise Ulivieri, edita da Pisa University Press

Il volume sarà presentato venerdì 23 novembre in occasione della X edizione del Pisa Book Festival in un incontro a cui parteciperà anche lo scultore Jiménez Deredia. L'appuntamento è alle 16.30 nella Sala Pacinotti, nell'occasione interverranno anche Ada Carlesi, presidente della Pisa University Press, e Denise Ulivieri, docente di Storia dell'Architettura dell'Università di Pisa



Che cos'è la Ruta de la Paz?
La Ruta de la Paz. Progetto Costa Rica, Museo della Genesi nel paesaggio, ricostruzione grafica, 2011, studio di architettura Bertani & Vezzali.La Ruta de la Paz è un progetto ecostorico, architettonico, scultoreo. Si tratta di nove spazi che saranno costruiti in altrettanti Paesi americani, dal Canada, passando per Stati Uniti, Messico, Yucatán, Costa Rica, Colombia, Perù, Cile, fino all'Argentina. L'arte, con la sua forza di convincimento intuitivo, ricrea i luoghi rituali in cui riecheggiano, rinnovati, gli antichi simboli della convivenza appartenuti alle civiltà precolombiane.

"Nella mia visione della vita, penso che noi stiamo facendo un viaggio insieme a tutto il cosmo, che siamo materia soggetta al fluire del tempo, polvere di stelle che si trasmuta".

La proposta trae i suoi contenuti dalla tradizione di società non aggressive, non gerarchiche, neppure ierocratiche. La pace cui si riferisce Deredia non è l'intervallo fra due conflitti. Si rovescia un percorso ideologico: i tradizionali "esportatori di civiltà" ricercano nella cultura dei nativi gli anticorpi necessari per evitare la propria autodistruzione. La Ruta de la Paz è un viaggio iniziatico senza tempo verso il radicale cambiamento spirituale e, come un labirinto interiore, diventa luogo di fusione per tradizioni mitiche, esoteriche, alchemiche.

La Ruta de la Paz non è utopia. È anzi l'unica proposta di pace praticabile, conciliabile con la pace degli altri, non firmata col sangue, l'unica col sorriso negli occhi: la pace dentro.
 

Sonia Gomiero intervista il maestro Jimenez Deredia

Gomiero: "L'ecostoria si occupa di civiltà statiche, di civiltà primarie, analizzandone forme costruttive, modalità d'insediamento e simbologia. La civiltà Boruca rientra tra quelle civiltà che non hanno lasciato fonti scritte o documenti ma solo manufatti che testimoniano la loro presenza. In che modo la storia di questa civiltà diventa il punto di partenza della "Ruta de la Paz"?"

Ricordo Profondo, 2004, marmo bianco di Carrara, cm 170 x 220 x 150, piazza del Colosseo, Roma.

Deredia: "Io sono convinto che dietro ad un manufatto ci sia la storia di un popolo. In questo caso, il manufatto che per me è stato determinante è stata la sfera di pietra realizzata dagli antichi Boruca. Apparentemente questa sfera è soltanto un semplice oggetto, in realtà sintetizza tutta una visione del mondo e tutta una comprensione della vita. Attraverso la sfera ho cominciato a capire il mondo delle civiltà che raccontano la mia storia profonda, tra le quali la Boruca. Inoltre la grande illuminazione che ho avuto osservando attentamente la sfera è quella di poter associare questo elemento geometrico alla nostra struttura come esseri umani, al nostro "discorso ontologico", alla nostra struttura psichica e fisica costituita da contrari, perché noi non siamo un elemento unico ma siamo un connubio di contrari che generano l'essere. La sfera mi racconta tutto questo con la sua luce con la sua ombra, essa diventa l'oggetto geometrico che da solo racconta la visione del mondo del popolo precolombiano che abitò le terre del Costa Rica, per cui, data l'importanza di questo oggetto, il suo messaggio non può essere letto in senso marginale ma in senso sostanziale ed essenziale.

Il guardare alle culture vernacolari non è un modo per fare un "revival" ma è un modo per comprendere come si può percorrere il cammino della nostra esistenza accompagnati; per cui la cultura alla quale ognuno di noi appartiene diventa un riferimento importante ed un solo oggetto, creato da essa, può essere sufficiente per comprendere la complessità e la visione del mondo che c'è dietro."

Gomiero: "Il cerchio è il simbolo che meglio rappresenta la cosmologia boruca; ma il cerchio è anche il simbolo per eccellenza di tantissime culture vernacolari nel mondo; inoltre è il simbolo più frequente che si incontra lungo la "Ruta de la Paz". Qual è la funzione dell'archetipo circolare, oggi, in un'opera contemporanea?"

(da sinistra) L’alba, Il volo, Il risveglio, La notte. 2008, marmo bianco di Carrara, cm 527 x 140 x 140, Foro Romano, Roma, 2009Deredia: "Una volta capita l'importanza delle mie radici culturali, ho voluto fare un'indagine per scoprire un "momento di luce" comune nelle civiltà primarie e il risultato è stato che questi momenti di partecipazione cosmica sono strettamente vincolati alla forma circolare; approfondendo ulteriormente sul modo in cui queste culture si sono identificate col cerchio, ho potuto capire un po' meglio la struttura dell'uomo e l'esigenza che molti popoli hanno avuto di rappresentare questa struttura attraverso l'elemento circolare.

Sono partito dalla Costa Rica, dalle sue sfere, per poi compiere un'indagine sull'elemento circolare lungo tutto il continente americano.

Lo scopo della "Ruta de la Paz" sta nel prendere come punto di partenza la sfera, simbolo che lega assieme le culture dei diversi paesi americani, per poi rinnovarla, perché i simboli se non vengono rinnovati diventano un dato storico e diventando un dato storico non partecipano alla dinamica della società.

I simboli possono essere rinnovati completamente pur mantenendo la loro essenza e il loro significato, creando, così, le condizioni per far si che la società contemporanea possa viverli come propri, come elementi contemporanei.

Proyecto Perú, 2009, sviluppo architettonico, marmo bianco di Grecia e granito nero del Sudafrica, cm 20 x 149 x 149, Palazzo delle Esposizioni, Roma, 2009. L'esempio del mio lavoro, e mi scuso per dover attingere spesso a me stesso, consiste nel partire dalla sfera boruca per poi creare la Genesi; la Genesi è un'evoluzione, un rinnovamento di tutto il contenuto della sfera: non è la sfera ma parte dalla sfera e racconta la sfera. Da quell'unico elemento circolare si originano quattro elementi che raccontano la stessa cosa che racconta la sfera da sola.

Questa trasmutazione che viene raccontata nella Genesi è lo stesso senso di trasmutazione che viene raccontata nella sfera, così come si trasmuta tutto nella vita e così come ci stiamo trasmutando noi, per cui il senso profondo di saper rinnovare la sfera è ciò che rende il simbolo attivo.

La sfera così rinnovata può essere letta anche dall'uomo del terzo millennio; portando il simbolo nel nostro tempo, essa potrà dire le stesse cose anche se in maniera diversa, adatta al modo di pensare e di vedere la vita che abbiamo oggi".

Gomiero: "Tutti questi aspetti legano le grandi culture vernacolari al tuo progetto; fanno si che, tramite i simboli, la tua opera si possa leggere in chiave ecostorica. Ma c'è anche un altro aspetto che lega la "Ruta de la Paz" all'ecostoria, ossia il fatto che i tuoi spazi architettonici andranno a costituire, nei nove paesi dove saranno realizzati, un "paesaggio culturale". Che cosa significa questo per te?"

Deredia: "Questo è per me un aspetto essenziale che è divenuto sempre più importante a mano a mano che il progetto prendeva forma; perché anche la "Ruta" ha avuto la sua "genesi", il suo percorso artistico che si è arricchito col tempo, la sua trasmutazione.

Genesi - Perú, 2008, marmo bianco di Carrara, cm 180 x 1084 x 170, Foro Romano, Roma, 2009 Nel mio ultimo viaggio, in Cina, ho visitato il Tempio del Cielo: esso non è un semplice edificio ma un complesso architettonico che può essere considerato ecostorico, in quanto esso è inserito dentro un grande polmone verde, dove il rapporto tra l'architettura, i microspazi, che loro hanno creato e questi migliaia di alberi che vivono intorno, rendono magico lo spazio.

Questo Tempio è stato un riferimento per la "Ruta de la Paz": vorrei che i nove progetti non fossero delle semplici piazze ma degli spazi che possiedano il senso dell'ecostoria e cioè vorrei creare degli spazi architettonici che integrino la natura agli elementi scultorei e architettonici, in modo tale che tutto questo grande complesso ecologico, architettonico e scultoreo fosse come una grande "clinica dello spirito", dove tu quando percorrerai questi spazi ritroverai te stesso, non soltanto attraverso la scultura ma attraverso spazi architettonici che ti rapporteranno con le costellazioni, col movimento del sole, con gli alberi o con le montagne.

Lo scopo è di creare dei grandi spazi dove scultura, architettura, natura, astronomia e antropologia, convergano in una visione olistica della vita, spazi capaci di riunirti con il tutto".

borse Marie CurieNel 2011 Lorenzo Guazzelli, laureato e dottorato in Chimica all'Università di Pisa, è risultato vincitore di una delle borse «Marie Curie Intraeuropee» (IEF) promosse dal programma PEOPLE nell'ambito del settimo programma quadro (7PQ) dell'Unione Europea. Attraverso le azioni Marie Curie, vengono finanziate attività di ricerca mirate alla formazione, alla mobilità geografica e allo sviluppo della carriera dei ricercatori con l'obiettivo strategico di rendere l'Europa più attraente per chi fa ricerca (http://ec.europa.eu/research/mariecurieactions/about-mca/actions/index_it.htm).

Grazie a questa borsa, Lorenzo Guazzelli si è trasferito all'University College di Dublino (UCD) e oggi lavora al Centre for Synthesis and Chemical Biology (CSCB) in un gruppo di ricerca internazionale che riunisce 15 studiosi da tutto il mondo.

In questo articolo, Lorenzo racconta la sua esperienza a Dublino, dove è impegnato nello studio di un vaccino sintetico di natura saccaridica contro il Cryptococcus neoformans, un fungo patogeno in grado di causare il decesso in pazienti con un sistema immunitario indebolito.

 

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GuazzelliLorenzoLa mia esperienza Marie-Curie (IEF) è iniziata quasi per caso. Ho conosciuto il professor Stefan Oscarson, uno dei massimi esperti europei nella chimica dei carboidrati, durante un convegno internazionale. Stavo terminando il dottorato ed ero intenzionato a svolgere un'esperienza post dottorale all'estero, così ho chiesto al professor Oscarson se aveva una posizione nel suo gruppo. Dopo aver visionato il mio curriculum e avermi offerto un contratto di post dottorato, mi ha anche spronato a partecipare al bando per le borse Marie Curie Intraeuropee (IEF). Abbiamo lavorato a lungo sulle diverse parti del progetto e, al termine delle fasi di valutazione, sono risultato uno dei 500 vincitori sulle oltre 2500 proposte arrivate da tutta l'unione europea nelle otto aree tematiche (Chimica, Fisica, Matematica, Scienze Economiche, Scienze della vita, Scienze Ambientali, Scienze Informatiche e Ingegneria, Scienze Umane e Sociali).

Adesso quindi lavoro al Centre for Synthesis and Chemical Biology (CSCB) all'interno del campus dell'University College Dublin (UCD), una struttura nata nel 2005 e completamente dedicata alla sintesi e all'analisi di composti biologicamente attivi. Sono impegnato nello studio di un vaccino sintetico di natura saccaridica contro il Cryptococcus neoformans, un fungo patogeno in grado di causare il decesso in pazienti con un sistema immunitario indebolito quali i malati di HIV, le persone che abbiano subito un trapianto di organi o i malati di tumore sottoposti a chemioterapia. Il progetto si articola in tre fasi: la sintesi della componente saccaridica (presso il laboratorio del professor Oscarson, in Irlanda), la coniugazione degli epitopi con una proteina immunogenica (presso Novartis Vaccine and Diagnostics, a Siena), e i test immunologici dei potenziali vaccini (presso il laboratorio del professor Casadevall all'Albert Einsten College of Medicine di New York).

UniversityCollegeDublinLarga parte del progetto verrà sviluppata all'University College Dublin in un gruppo di ricerca composto da 5 ricercatori post doc e 10 dottorandi. La dimensione numerica del gruppo di ricerca del professor Oscarson non è l'unico aspetto che rende la mia esperienza di ricerca un motivo di crescita professionale e di stimolo; un altro aspetto fondamentale è certamente la diversa provenienza geografica dei miei colleghi. Il gruppo è composto, infatti, da due italiani, un francese, due tedeschi, una tedesco-coreana, una svedese-etiope, una svizzero-brasiliana, cinque irlandesi, una spagnola-brasiliana, un sud africano e dal professor Oscarson, svedese. Ognuno di noi ha una formazione scientifica derivante da ambienti culturali e professionali molto diversi, di conseguenza, vivo non solo un naturale e continuo scambio di esperienze e conoscenze scientifiche ma anche un quotidiano arricchimento dal punto di vista umano e culturale.

Oltre all'esperienza di ricerca, vivere in una capitale europea culturalmente frenetica e tollerante è un'opportunità unica di confronto e crescita. Personalmente non posso che consigliare a tutti i giovani ricercatori di partecipare alle azioni Marie-Curie che consentono, non solo un'esperienza all'estero in centri di eccellenza, ma anche uno scambio culturale che apre nuovi orizzonti e opportunità di creare collaborazioni internazionali, senza dimenticare, poi, la possibilità di ottenere nuovi fondi al termine della borsa per rientrare nel paese di provenienza.

AntartideUna spedizione in Antartide alla ricerca di meteoriti, in quello che è un terreno privilegiato per la raccolta di materia extraterrestre per studi sull'origine e sull'evoluzione del sistema solare. Partiranno con questo obiettivo, martedì 20 novembre 2012, i tre ricercatori dell'Università di Pisa che sono stati inseriti nella XXVIII missione del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA), finanziata dal MIUR. A guidare il gruppo sarà Luigi Folco, ricercatore del dipartimento di Scienze della terra e coordinatore nazionale del progetto Meteoriti Antartiche del PNRA, che è al suo nono viaggio in Antartide. Con lui ci saranno due giovani studiosi dello stesso dipartimento: Maurizio Gemelli, assegnista di ricerca, e Agnese Fazio, dottoranda. Entrambi sono alla loro prima esperienza e per prepararsi hanno dovuto seguire corsi di pronto soccorso, antincendio e movimento sul ghiaccio, tenuti al Centro ENEA di Brasimone in Emilia e sul Monte Bianco.

Durante le settimane della missione, i tre ricercatori pubblicheranno un "diario" delle loro attività sulla pagina Facebook dell'Ateneo: "Università di Pisa - Pagina ufficiale".

Gli studiosi pisani utilizzeranno come supporto logistico la base italiana del PNRA "Mario Zucchelli", gestita dall'ENEA, che si trova sulla costa del Mare di Ross, nella Baia Terra Nova, e che è aperta dalla metà di ottobre. Da qui si muoveranno per montare un campo remoto sul plateau polare a ridosso delle Montagne Transantartiche, dove si tratterranno per più di due settimane alla ricerca di meteoriti, con una temperatura media che oscillerà intorno ai -25 gradi e un vento di oltre 40 chilometri all'ora.

Antartide 1Le meteoriti sono in massima parte frammenti di asteroidi, comete e pianeti, ovvero corpi celesti primitivi che permettono di approfondire lo studio sull'origine del sistema solare, avvenuta circa 4,5 miliardi di anni fa. Quasi tutti i 45.000 esemplari di meteoriti presenti oggi nelle collezioni di musei e istituti di ricerca di tutto il mondo provengono dall'Antartide o dai deserti del Sahara, dell'Oman, dell'Australia, degli Stati Uniti e del Cile.

Con più di 30.000 campioni ritrovati a partire dal 1969 da spedizioni per ricerche sistematiche di diversi programmi nazionali - a cui vanno aggiunti i ritrovamenti sporadici avvenuti durante l'esplorazione "eroica" agli albori del XX secolo - l'Antartide rappresenta il terreno ideale per la raccolta di meteoriti. Questo eccezionale numero di scoperte è dovuto all'evidente contrasto tra la crosta scura delle meteoriti e il bianco del ghiaccio, alle condizioni ambientali che, grazie al clima freddo e secco, permettono la conservazione delle rocce e, soprattutto, ai meccanismi di concentrazione che trasportano in zone ristrette, chiamate "trappole", le meteoriti cadute sui vasti bacini del plateau polare.

Antartide 2Le spedizioni in Antartide a carattere nazionale sono iniziate nel 1985, mentre dal 1990 è partita la ricerca di meteoriti nell'ambito del PNRA. Da allora sono state effettuate dieci missioni nelle aree di ghiaccio blu della Terra Vittoria settentrionale, che hanno portato al ritrovamento di oltre 850 esemplari. Questi pezzi sono conservati ed esposti al Museo nazionale dell'Antartide che si trova a Siena.

Oltre alla ricerca di meteoriti, in Antartide si svolgono spedizioni, coordinate a livello scientifico dal CNR, nell'ambito dei raggruppamenti scientifici dell'oceanografia, della fisica dell'atmosfera e della cosmologia, delle scienze della terra, della biologia e della medicina, dell'impatto ambientale. Alcune di queste hanno come protagonisti altri ricercatori dell'Università di Pisa. A fine dicembre partirà un'unità di ricerca geologica, che avrà come obiettivi principali l'acquisizione di nuovi dati - stratigrafici, sedimentologici, paleontologici, strutturali, petrografici e geocronologici - per una migliore caratterizzazione delle successioni vulcano-sedimentarie Triassico-Giurassiche lungo la catena Transantartica che affiora in Terra Vittoria, con particolare riguardo ai cambiamenti climatici a scala globale relativi al magmatismo del Giurassico inferiore. L'unità sarà composta da due veterani antartici - i professori Piero Pertusati, del dipartimento pisano di Scienze della terra, che è anche il coordinatore dell'Unità, e Rodolfo Carosi, dell'Università di Torino - e da Chiara Montomoli, ricercatrice dello stesso dipartimento pisano, alla sua prima missione.

Ne hanno parlato:
Quotidiano Nazionale
Tirreno Pisa
NazionePisa.it
TirrenoPisa.it
PisaToday.it
Agi.it
GreenReport.it
Universita.it
IlReporter.it
Quotidiano della Calabria

lhcIl 20 novembre 2012 presso la Limonaia Scienza Viva alle ore 16:00, nell'ambito delle iniziative di "Pianeta Galileo", si svolgeranno due incontri, in cui sarà presentato lo stato di avanzamento e le prospettive delle ricerche di fisica fondamentale presso l'acceleratore LHC del CERN, il più potente strumento di indagine a livello microscopico mai costruito. I fisici pisani hanno dato e stanno dando un contributo rilevante ai due esperimenti più importanti di LHC: ATLAS e CMS.

Al seminario interverranno due ricercatori di fama internazionale: il professor Gian Francesco Giudice, fisico teorico del CERN,  e il professor Iacopo Vivarelli, fisico sperimentale dell'Università Albert Ludwigs di Friburgo (Germania) e laureato dell'Ateneo pisano. I due relatori presenteranno i risultati delle ricerche a LHC; in particolare sarà discussa la recente scoperta della nuova particella che, con tutta probabilità, potrà essere identificata con il bosone di Higgs. LHC sarà fermato negli anni 2013-2014 per permetterne un potenziamento, sia per l'intensità, che per l'energia.

Pubblichiamo di seguito la sintesi dei due interventi.

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Intervento del professor Gian Francesco Giudice

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L'esistenza del bosone di Higgs trova le sue radici nelle proprietà della forza debole − la forza che permette le reazioni termonucleari che alimentano il sole. Questa forza mostra la strana caratteristica di comportarsi in modo diverso se vista attraverso uno specchio (o, più precisamente, se si considera un processo in cui s'invertono le tre coordinate spaziali). Poiché la massa risulta identica in un mondo speculare, esiste un'apparente incompatibilità tra le proprietà di simmetria della forza debole e le masse di alcune particelle elementari, un fenomeno detto "rottura di simmetria". Per riconciliare questi due aspetti contrastanti, i fisici già da tempo sapevano che doveva esistere un nuovo elemento in natura associato alla rottura di simmetria e il bosone di Higgs era laspiegazione più plausibile.
Già prima della scoperta, molti fisici erano pronti a scommettere sull'esistenza del bosone di Higgs. Eppure nessuno si sarebbe stupito se le proprietà della nuova particella si fossero rivelate molto diverse da quanto misurato dagli esperimenti dell'LHC. La teoria del bosone di Higgs, infatti, può essere deformata in modo abbastanza arbitrario, al contrario di quanto avviene per le altre particelle fondamentali. Nello schema rigoroso ed elegante del Modello Standard − la teoria che descrive le particelle elementari e le forzecon cui interagiscono − il bosone di Higgs è un elemento aggiuntivo necessario, ma precario e insoddisfacente. È la nota stonata in un concerto sublime.
I fisici teorici sono convinti che il bosone di Higgs non possa essere la fine dellastoria, ma solo una prima manifestazione di un mondo ancora sommerso. Per conoscere cosa si nasconde dietro il bosone di Higgs è necessario misurarne le proprietà con grande precisione. L'intensa fase di presa dati nelle collisioni tra protoni all'LHC, che durerà fino al dicembre 2012, ci permetterà di indagare le caratteristiche della nuova particella. L'intento è capire se le predizioni del modello più semplice di bosone di Higgs sono perfettamente azzeccate o se segnali di nuovi fenomeni cominciano a manifestarsi.
La scoperta del bosone di Higgs ha fornito alcune risposte, ma ha aperto un grannumero di domande. La questione sul bosone di Higgs che più ha fatto meditare i fisici negli ultimi decenni è il cosiddetto "principio di naturalezza". In soldoni, questo principio decreta che una teoria fisica valida in un certo intervallo di distanze non può essere sensibile in modo critico ai dettagli del comportamento della natura fino a distanze arbitrariamente piccole. In pratica, questa separazione tra diverse scale di distanza ci permette di trovare equazioni che descrivono le orbite dei pianeti, anche senza conoscere il moto di ogni singola molecola dentro Giove o Venere; ci permette di formulare unateoria atomica anche senza le equazioni che descrivono la struttura interna dei quark; e così via. Per quanto ne sappiamo, questo principio sembra rispettato nel nostro universo. Se continuasse a valere anche alle distanze ora esplorate dall'LHC, il principio di naturalezza avrebbe profonde implicazioni sulla natura del bosone di Higgs.
Il bosone di Higgs ha la particolarità di subire effetti quantistici che lo rendonovulnerabile al comportamento della teoria fino a distanze arbitrariamente piccole. Questa estrema sensibilità contraddice il principio di naturalezza, creando un ostacolo concettuale che si può aggirare solo se il bosone di Higgs è accompagnato da opportuni fenomeni capaci di smorzare gli effetti quantistici. Per questa ragione molti fisici teorici sono convinti che il bosone di Higgs faccia parte di una struttura più complessa, ancora sconosciuta.
Il filo logico suggerito dal principio di naturalezza ha guidato i fisici teorici lungo un affascinante percorso di idee, portandoli a immaginare che il bosone di Higgs sia solo l'araldo di nuove strutture nascoste dello spazio-tempo. Nel profondo della materia potrebbero esistere nuove dimensioni spaziali, nuovi tipi di forze, o addirittura una nuova concezione di spazio, come previsto dalla supersimmetria. Al momento non ci sono prove tangibili dell'esistenza di queste ipotetiche strutture, ma i fisici tengono il fiato sospesonell'attesa che l'LHC potenzi la sua capacità esplorativa, raddoppiando l'energia dei fascidi protoni, in una fase prevista a partire dalla fine del 2014.
I risultati in nostro possesso ci stanno già fornendo dei primi indizi interessanti. I dati sperimentali mostrano che la massa del bosone di Higgs è tra 125 e 126 GeV, cioè circa quanto un intero nucleo di cesio. Recenti calcoli teorici hanno messo in luce una sorprendente coincidenza. Se il Modello Standard fosse valido anche a distanze ben più piccole di quelle finora esplorate, una massa del bosone di Higgs tra 125 e 126 GeV corrisponderebbe esattamente al minimo valore necessario per evitare che il nostro universo collassi in un enorme grumo massiccio. In altre parole, la massa del bosone di Higgs ha proprio il valore giusto per mantenerci in bilico sull'orlo di un'apocalisse cosmica. Secondo alcuni fisici teorici, questa singolare coincidenza potrebbe essere lamanifestazione dell'esistenza di una moltitudine di universi paralleli, il cosiddetto"multiverso" (contrapposto cioè all'universo). Nel multiverso è raro trovare un universo che permette le caratteristiche necessarie alla vita e quindi, per motivi statistici, quelle caratteristiche sono soddisfatte nel nostro universo solo marginalmente. Questa potrebbe essere la spiegazione del perché la massa del bosone di Higgs è prossima a quel valore critico oltre al quale il nostro universo è condannato a una catastrofica transizione di fase.
Non c'è dubbio che la scoperta del bosone di Higgs sia stata una tappa fondamentale nel nostro cammino verso la conoscenza dei principi fisici che governano il nostro universo. Tuttavia, questa scoperta non ha dato tutte le risposte che cercavamo per comprendere il fenomeno della rottura di simmetria. Il bosone di Higgs fornisce solo una spiegazione rozza e incompleta, che non possiede l'eleganza presente nel resto del Modello Standard. Tutto sembra far credere che oggi i fisici siano nella stessa situazione dell'archeologo che festeggia il ritrovamento di alcune pietre, non sapendo ancora che sotto c'è un'intera piramide.

Gian Francesco Giudice

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Intervento del professor Iacopo Vivarelli

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Dalla scoperta delle prime particelle non ordinarie fino alla formalizzazione del cosiddetto Modello Standard delle particelle elementari: un percorso durato mezzo secolo, attraversointuizioni geniali, errori, ripensamenti. Ma, alla fine, il secolo scorso ci ha lasciato in ereditàuna teoria estremamente precisa e predittiva. Gli esperimenti effettuati negli ultimi trentaanni ai collider negli stati uniti e al CERN hanno confermato qualunque predizione del Modello Standard, tranne una: lʼesistenza del bosone di Higgs, la particella teorizzata perfar sì che le masse di tutte le particelle fossero incluse in maniera consistente nella teoria.

Ma, nel tempo, la straripante evidenza della sostanziale correttezza del Modello Standard nel descrivere lʼinfinitamente piccolo ha cominciato a stridere in maniera sempre piùviolenta con la sua assoluta inadeguatezza nel rendere conto delle osservazionidellʼinfinitamente grande. Le misure della radiazione di fondo dellʼuniverso, della velocitàdi rotazione delle galassie, etc. hanno col tempo stabilito il Modello Standard è in grado dispiegare lʼesistenza di una piccola parte della massa ed energia totale dellʼuniverso.
Un bel dilemma, dunque. Da una parte, lʼevidenza cosmologica della necessità disuperare il Modello Standard, dallʼaltra, la strabiliante precisione delle sue previsioni alivello microscopico.
Per riconciliare questi due aspetti, bisogna riuscire a superare il Modello Standard a livellomicroscopico. E, per andare oltre il Modello Standard, bisogna prima di tutto individuarne una crepa, cioè testarlo in dettaglio in tutte le sue predizioni ad energie mai raggiunteprima, cercare il più possibile di metterlo in difficoltà. Ovviamente, in cima alla lista delle priorità si trova il bosone di Higgs, lʼelemento mancante.
Questi, in poche parole, i motivi per cui il Large Hadron Collider è stato costruito. Dopo una lunga fase di preparazione e di attesa, nel 2009 LHC ha finalmente iniziato a farcollidere fasci di protoni ad energie mai raggiunte prima artificialmente. E il cammino deifisici in un nuovo territorio finora sostanzialmente inesplorato è cominciato. LHC sta al momento utilizzando circa la metà del suo potenziale, sia in termini di energia,sia in termini del numero di collisioni al secondo in grado di produrre. Nonostante questo, irisultati di LHC hanno già un impatto fortissimo nel dibattito della fisica delle particelle.
Fino a questo momento il Modello Standard ha retto in maniera eccellente allʼimpatto dellenuove misure. Nessuna delle misure effettuate ha mostrato discrepanze significative dalleprevisioni teoriche.
Inoltre, come ormai arcinoto, è stata scoperta una nuova particella, con proprietà compatibili con quelle attese per il bosone di Higgs.
La prudenza è dʼobbligo, in attesa diulteriori misure e conferme. È possibile (in un certo senso auspicabile) che sia proprio lanuova particella a darci precise indicazioni su come superare il Modello Standard. Quelche è certo, è che la scoperta ha messo in luce le grandi potenzialità di LHC, che, dopo una pausa di un paio dʼanni tra il 2013 e il 2015, riprenderà le sue attività, stavolta a piena potenza. Lʼesplorazione del nuovo territorio sarà rinnovata, in cerca di manifestazioni di fenomeni fisici che il Modello Standard non sia in grado di spiegare.

Iacopo Vivarelli

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