Ricercatori del Centro Piaggio finalisti di un concorso di bioingegneria
Serena Giusti e Tommaso Sbrana, ricercatori al Centro "E. Piaggio" dell'Università di Pisa, sono stati selezionati tra i quattro finalisti del premio "Bioingegneria e staminali: idee per la vita", promosso dalla Fondazione Altran Italia. Il progetto dei ricercatori pisani, "SQPR: SQueeze Pressure Bioreactor", studia un dispositivo per colture cellulari per influenzare e guidare la differenziazione di cellule staminali adulte con lo scopo di sostituire e rigenerare i tessuti.
"La sostituzione di tessuti danneggiati - afferma Serena Giusti - è oggi una delle pratiche più diffuse in chirurgia, specialmente in ambito ortopedico, cardiaco e urologia. Questa procedura è però fortemente limitata dall'esigua disponibilità di donatori e dal problema del rigetto. L'uso di cellule staminali correttamente differenziate per la sostituzione e rigenerazione di tessuti danneggiati può risolvere questi punti critici".
Il Centro "E. Piaggio" è da anni all'avanguardia nel campo degli studi bioingegneristici sulla produzione di tessuti artificiali che, oltre per la sostituzione dei tessuti del corpo umano, possono essere utilizzati per studiare malattie, conoscere le modalità di funzionamento del corpo umano, sviluppare e testare nuovi farmaci.
Ne hanno parlato:
TirrenoPisa.it
PisaInformaFlash.it
OgniSette.it
«BaBar» ha colto il tempo in castagna
Per la prima volta un esperimento ha misurato direttamente l'eccezione alla simmetria del tempo. L'esperimento «BaBar», a Stanford in USA, ha mostrato che, come si pensava, il tempo nel mondo delle particelle può essere più lento in una direzione o nell'altra e che quindi esiste una freccia del tempo preferenziale almeno per alcuni fenomeni. L'esperimento, risultato di una collaborazione internazionale costituita da circa 400 scienziati e ingegneri di 74 università e laboratori americani ed europei, vede un importantissimo contributo da parte di numerosi docenti del dipartimento di Fisica dell'Università di Pisa: il professor Marcello Giorgi è stato spokesperson dell'esperimento Babar per tre anni, mentre il "gruppo Babar" di Pisa, composto Carlo Angelini, Giovanni Batignani, Stefano Bettarini, Massimo Carpinelli, Giulia Casarosa, Alberto Cervelli, Francesco Forti, Alberto Lusiani, Benjamin Oberhof, Eugenio Paoloni, Alejandro Perez, Giuliana Rizzo, John Walsh, ha realizzato il rivelatore di vertice dell'esperimento.
La legge violata (i fisici la conoscono come invarianza temporale T) prevede che nel mondo subatomico il tempo sia invariabile: così, se noi girassimo un film su due particelle che interagiscono e producono altre particelle più leggere, bene, dovremmo poter rimontare il film al contrario e vedere che nello stesso tempo e allo stesso modo le particelle più leggere diventano quelle originali. Nessuno sarebbe in grado di dire qual è il verso giusto per far scorrere i fotogrammi della pellicola e osservare il film. Questa è l'invarianza temporale. Che in alcune condizioni potesse essere violata era già noto e misurato indirettamente, ma questa è la prima osservazione diretta di questa violazione.
Anche noi a Pisa – spiega il professor Marcello Giorgi dell'Ateneo pisano – abbiamo contribuito allo sviluppo delle tecniche di analisi dei dati per questo particolare e difficile misura. Questo sviluppo è stato anche argomento di tesi di laurea e di dottorato".
"Abbiamo visto la violazione dell'invarianza temporale attraverso lo scambio di particolari stati iniziali e finali di mesoni B neutri – spiega Roberto Calabrese, Università e INFN di Ferrara e coordinatore della collaborazione italiana BaBar - Abbiamo osservato che il mesone B0 (neutro) si trasforma nel mesone B1 (anch'esso neutro) più velocemente di quanto un B1 si trasformi in B0. È stato emozionante verificare che l'invarianza temporale è violata, mentre la simmetria globale CPT, come previsto teoricamente, resta valida".
Il ruolo dell'Italia è stato determinante per il raggiungimento di questo importante risultato. Tramite l'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare ha fornito un contributo pari al 20% di persone e di risorse finanziarie per la realizzazione dell'esperimento BaBar. In particolare hanno il marchio della ricerca e dell'industria italiana, il grande magnete che incurva la traiettoria della particelle, prodotte nel cuore del rivelatore di BaBar e altre componenti fondamentali dello stesso rivelatore: il rivelatore di vertice, realizzato dal gruppo pisano, e il rivelatore di muoni.
Ne hanno parlato:
NazionePisa.it
PisaInformaFlash.it
Finalmente in Antartide i ricercatori del dipartimento di Scienze della terra
Sono finalmente arrivati a destinazione i tre ricercatori dell'Università di Pisa partiti martedì 20 novembre 2012 per una missione in Antartide alla ricerca di meteoriti. Gli studiosi pisani sono stati inseriti nella XXVIII missione del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA), finanziata dal MIUR.
Ecco gli ultimi aggiornamenti dal diario di viaggio:
"Ciao a tutti,
ieri mattina, come tutte le mattine precedenti, ci siamo preparati aspettando notizie sul GO o NO-GO. Finalmente è cambiata musica: GO! Abbiamo fatto il check-in alle 7:30 e alle 9 siamo decollati a bordo del C-130 della SAFAIR. Il volo durato 8 ore è stato alquanto rumoroso (nonostante i tappi per le orecchie), ma lo spettacolo che si è presentato ai nostri occhi a circa 2 ore dall'arrivo non ha eguali. I primi segnali dell'avvicinamento al continente antartico sono stati i frammenti ghiaccio marino, che in questo periodo inizia a rompersi per poi riformarsi durante l'inverno australe. Procedendo con l'avvicinamento e la discesa abbiamo potuto ammirare le cime delle montagne che 'sbucano' dal ghiaccio.
Alle 17 atterriamo sul pack (ghiaccio marino) e veniamo accompagnati alla base tramite un vecchio Ducato. In base prendiamo possesso delle nostre stanze, ritroviamo gli amici conosciuti al campo d'addestramento e iniziamo a conoscere i vari locali della base. Il cibo è veramente ottimo!
Oggi abbiamo iniziato a lavorare per organizzare le escursioni giornaliere e il campo, sia per quanto riguarda i materiali e le attrezzatura, sia per la logistica (sala operativa). La cosa si fa interessante. Non vi nascondiamo che non vediamo l'ora di andare sul campo e portare a casa i primi risultati.
A presto
Agnese e Maurizio "
Tutti gli aggiornamenti sulla spedizone nel diario di viaggio su Facebook
Un incontro con Google per affrontare il tema del lavoro
Un incontro con Google per affrontare il tema del lavoro nella multinazionale statunitense, dall'internship al processo di assunzione, e quello delle sfide tecnologiche nella creazione e gestione del servizio globale di Gmail. Saranno questi gli argomenti trattati dal dottor Nicola Cascarano, di Google Europe, nell'ambito dell'intervento che terrà venerdì 30 novembre 2012, alle ore 16, nella Sala Gerace del dipartimento di Informatica.
L'incontro è aperto a tutti, ma rivolto principalmente agli studenti delle lauree magistrali in Informatica e networking, in Informatica e in Informatica per l'economia e per l'azienda e a quelli del corso di dottorato in Informatica. L'obiettivo è quello di individuare le condizioni che consentano di instaurare una fattiva collaborazione con Google.
"Quest'anno - spiega il professor Gian Luigi Ferrari, vicedirettore del dipartimento di Informatica con la delega al coordinamento delle attività didattiche - il dipartimento di Informatica ha organizzato una serie di iniziative in collaborazione con alcune delle più importanti aziende che operano nel settore dell'Information and communications technology. Gli incontri sono pensati per mettere a contatto i nostri laureandi, laureati e dottorandi che si apprestano a fare il loro ingresso nel mondo del lavoro, con queste realtà, in modo da facilitare la conoscenza delle figure professionali più richieste, dei percorsi di selezione e delle possibilità di crescita e di carriera".
Traduzione e autotraduzione
"Traduzione e autotraduzione. Un percorso attraverso i generi letterari" è il titolo del convegno organizzato dalla Scuola Normale e dall'Università di Pisa in collaborazione con l'Instituto Camões portoghese. La due giorni di studio, incentrata sulla letteratura italo-iberica, si svolgerà il 29 novembre alla Scuola Normale (Aula U. Dini, Palazzo del Castelletto) e il 30 novembre all'Università di Pisa (Aula Magna del Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica a Palazzo Matteucci). Giovedì 29 novembre, l'apertura dei lavori è affidata Michele Ciliberto, Preside della classe di lettere della Scuola Normale, e a Mauro Tulli, Direttore del Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica dell'Ateneo pisano. Durante la prima giornata docenti italiani e stranieri, esperti di traduzione e di traduttologia, autori e poeti si confronteranno su il tradurre, il tradursi e la traduzione poetica. Il programma di venerdì 30 novembre spazia dalla prosa letteraria, al teatro, alla saggistica, al binomio tradurre&imparare sino alla saggistica economica e politica e al suo impatto sulla circolazione del sapere. Il convegno sarà anche l'occasione per fare il punto su due progetti: i primi risultati del programma europeo "Economic e-Translations into and from European Languages" coordinato dall'Università di Pisa che ha l'obiettivo di costruire un database con i classici del pensiero economico tradotti nelle varie lingue europee; e il laboratorio didattico organizzato dalla cattedra "Antero de Quental" dell'Ateneo pisano per la messa in scena e il doppiaggio del classico portoghese Auto da Barca do Inferno di Gil Vicente.
In ricordo di Mario Selli
In occasione del decennale della morte, giovedì 29 novembre, nell'Aula Magna della Scuola Medica in via Roma 55, sarà inaugurata una lapide in memoria del professor Mario Selli, maestro di chirurgia, per oltre vent'anni direttore della Clinica di Chirurgia generale dell'Università di Pisa che, nel 1972, eseguì a Pisa il primo trapianto di rene. Alla cerimonia interverranno Massimo Augello, rettore dell'Università di Pisa, Marco Filippeschi, sindaco di Pisa, Carlo Rinaldo Tomassini, direttore generale dell'Azienda ospedaliero-universitaria pisana, Eugenio Santoro, già presidente della Società Italiana di Chirurgia, Achille Sicari, decano degli Allievi ospedalieri, Enrico Cavina, decano degli Allievi universitari, Arnaldo Stefanini, Lello, collega e amico, Carla Vergalli, infermiera strumentista, Cesare Selli per la famiglia. L'iniziativa è curata dal professor Franco Mosca.
Considerato il punto di riferimento di un'intera scuola medica che ha formato una generazione di chirurghi che oggi dirigono reparti ospedalieri e ricoprono prestigiose cattedre universitarie, Selli ha costruito le basi della moderna chirurgia accademica pisana. Il Professor Selli ha creato la Chirurgia toracica e l'Urologia; ha introdotto la Cardiochirurgia e la Chirurgia d'urgenza, aprendo, tra i primi in Italia, la strada del trapianto renale. Come ricordato in un articolo scritto da Giuseppe Meucci su «La Nazione» nel 2002, in occasione della scomparsa, "sorprendeva la sua capacità di occuparsi di tutte le branche della chirurgia con eguale competenza ed efficienza. Dalla chirurgia toracica e a quella vascolare, dall'urologia alla chirurgia dell'apparato digerente, Mario Selli impugnava il bisturi con il piglio e l'autorevolezza di un maestro senza eguali".
Mario Selli nasce il 25 febbraio 1917 all'Aquila e si laurea a Roma in Medicina e Chirurgia nel luglio 1941. Nel 1943 il professor Paride Stefanini, primario chirurgico dell'ospedale dell'Aquila, lo vuole accanto a sé e il 1° marzo 1946 entra nell'Università di Perugia, iniziando la carriera accademica prima come assistente di Patologia speciale chirurgica, poi di Chirurgia generale nella Clinica diretta da Paride Stefanini. Nel maggio 1958 ottiene la cattedra di Urologia all'Università di Pisa e vengono a lui affidati i corsi di Anatomia, Embriologia e Fisiologia del sistema urinario, di Clinica urologica, di Chirurgia infantile, di Clinica chirurgica, di Chirurgia toracica e di Tecnica operatoria.
Nel 1959 ottiene la libera docenza in Patologia chirurgica e nel 1960 in quella di Clinica chirurgica generale e di Terapia chirurgica. Nel 1964 viene chiamato a dirigere la Clinica chirurgica generale dell'Università di Pisa. Nel 1987 termina la carriera accademica. Muore a Pisa il 3 ottobre 2002.
La lapide a lui dedicata recita:
La Facoltà di Medicina e Chirurgia
Al Professor
MARIO SELLI
1917 – 2002
Medico Insigne, Maestro di Chirurgia,
costruì le basi della moderna
Chirurgia Accademica Pisana.
La Fondazione Arpa pose nel decennale della morte
Riesumato Giovanni dalle Bande Nere
Come è morto Giovanni Dalle Bande Nere? È vero che a ucciderlo fu una cancrena diffusasi dopo l'amputazione della gamba destra? A capirlo dovranno essere i ricercatori della divisione di Paleopatologia dell'Università di Pisa che - diretti dal professor Gino Fornaciari - hanno riesumato il corpo del capitano di ventura del '500, sepolto insieme alla moglie Maria Salviati, padre e madre di Cosimo I de' Medici, primo Granduca di Toscana.
La tomba è stata aperta la scorsa settimana nella cripta del Museo delle Cappelle Medicee a Firenze nell'ambito di una ricerca finanziata dalla Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia, sotto la direzione della Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze. Scopo dell'esumazione è una revisione conservativa delle sepolture, danneggiate dall'alluvione del 1966, ma anche un'analisi antropologica e paleopatologica per comprendere meglio il tipo di intervento chirurgico che il leggendario condottiero subì prima di morire e per chiarire le cause del decesso.
Giovanni de' Medici fu ferito durante uno scontro armato a Governolo, vicino a Mantova, il 25 novembre 1526. Egli rimase vittima di un colpo di falconetto (un cannoncino dell'epoca) e, per la cronaca di Francesco Guicciardini il tiro gli "percosse e roppe una gamba alquanto sopra al ginocchio", per cui subì l'amputazione della gamba destra. Secondo le cronache dell'epoca la decisione del maestro Abramo, il chirurgo che lo operò, "di lasciare del percosso tanto che il rimanente si putrefece" parrebbe equivalere a una condanna a morte; infatti il decesso si verificò puntualmente nella notte tra il 29 e il 30 novembre 1526.
Le sepolture di Giovanni e Maria vennero ispezionate nel 1945 da Gaetano Pieraccini e, come le altre indagate durante i lavori del «Progetto Medici» fra il 2004 e il 2006, furono danneggiate dall'inondazione dell'Arno del 1966 e necessitavano di una revisione conservativa.
Dopo l'allestimento del cantiere nell'area centrale della cripta, i lavori sono iniziati con il sollevamento della pesante lastra di macigno che copriva il vano funebre. Al suo interno sono state trovate le casse contenenti i resti scheletrici del condottiero e di sua moglie. Il risanamento delle sepolture, la dettagliata fase di studio dei resti della coppia e la nuova deposizione in idonee casse, sono le tre fasi di questa operazione che si concluderà nel giro di dieci giorni.
In particolare Fornaciari e il suo staff, attraverso l'utilizzo di moderne tecnologie biomediche in grado di fornire nuovi dati paleopatologici, condurranno uno studio approfondito allo scopo di comprendere meglio il tipo di intervento chirurgico che subì il condottiero mediceo prima di morire e di ricostruire lo stile di vita di questo importante capitano di ventura del Rinascimento italiano.
Ne hanno parlato:
Corriere Fiorentino
Tirreno Pisa
PisaToday.it
TirrenoPisa.it
LaNazione.it
OgniSette.it
Uno sbadiglio lungo sette milioni di anni
Nell'uomo lo sbadiglio è contagioso e si trasmette più frequentemente e velocemente quando coinvolge persone con uno stretto legame empatico. Questo risultato, dimostrato dagli studiosi Ivan Norscia ed Elisabetta Palagi dell'Università di Pisa, ha confermato che questo fenomeno è legato a una forma base di empatia, nota come contagio emotivo. Come spesso accade in ambito scientifico, il punto di arrivo di una ricerca diventa il punto di partenza di quella successiva. È così che nasce il lavoro sul contagio di sbadiglio nel bonobo condotto da Elisa Demuru dell'Università di Parma ed Elisabetta Palagi dell'Università di Pisa, alla ricerca delle radici biologiche di questo comportamento.
Lo studio, pubblicato sulla rivista PlosONE, dimostra per la prima volta che anche nel bonobo (Pan paniscus), il nostro "cugino" più prossimo insieme allo scimpanzé, lo sbadiglio è contagioso e indaga quali siano i fattori che stanno alla base di questo fenomeno. "Il contagio di sbadiglio sembra essere un fenomeno evolutivamente recente, che segue meccanismi diversi da quelli che regolano lo sbadiglio spontaneo", spiega Elisa Demuru. "Infatti, nel bonobo gli sbadigli spontanei sono più frequenti in contesto rilassato, mentre il contagio di sbadiglio è indipendente dal contesto in cui avviene. È un meccanismo rapido, inconscio e pervasivo. Nel bonobo, come nell'uomo, avviene entro il primo minuto".
Il tasso di contagio non è però uguale tra tutti gli individui. Il dato più interessante è quello ottenuto tramite un'analisi a modelli misti che ha messo in evidenza che il contagio di sbadiglio avviene più frequentemente tra parenti e amici. "I dati nel bonobo rispecchiano quelli umani ed essendo stati raccolti e analizzati con le stesse tecniche, sono completamente equiparabili", sottolinea Elisabetta Palagi. "Anche nel bonobo, come nell'uomo, è infatti la buona qualità della relazione che lega due individui a dare forma al contagio di sbadiglio, dimostrando che per entrambe le specie questo fenomeno è guidato da meccanismi empatici, già presenti nell'antenato comune delle due specie. Uno 'zio' di sette milioni di anni fa".
Ne hanno parlato:
National Geographic
Live Science
PisaToday.it
GreenReport.it
«La Ruta de la Paz», un progetto di ecostoria
L'incontro inaspettato tra lo scultore costaricano Jorge Jiménez Deredia e l'ecostoria, un metodo di ricerca che si applica da qualche decennio presso l'Università di Pisa. L'ecostoria, ossia la storia dell'abitare, consente di studiare la civiltà di tutti: anche delle civiltà definite "senza storia" ma in realtà dimenticate dalla storia ufficiale. La scultura di Deredia riprende – non solo nelle forme – la cultura dei nativi del suo Paese, i Boruca, e la attualizza in una proposta contemporanea di pacificazione globale.
Su questi temi si è verificato l'incontro che si è tradotto nel libro La Ruta de la Paz un progetto ecostorico di Jiménez Deredia di Sonia Gomiero, pubblicato nella collana Quaderni di Ecostoria diretta da Denise Ulivieri, edita da Pisa University Press.
Il volume sarà presentato venerdì 23 novembre in occasione della X edizione del Pisa Book Festival in un incontro a cui parteciperà anche lo scultore Jiménez Deredia. L'appuntamento è alle 16.30 nella Sala Pacinotti, nell'occasione interverranno anche Ada Carlesi, presidente della Pisa University Press, e Denise Ulivieri, docente di Storia dell'Architettura dell'Università di Pisa
Che cos'è la Ruta de la Paz?La Ruta de la Paz è un progetto ecostorico, architettonico, scultoreo. Si tratta di nove spazi che saranno costruiti in altrettanti Paesi americani, dal Canada, passando per Stati Uniti, Messico, Yucatán, Costa Rica, Colombia, Perù, Cile, fino all'Argentina. L'arte, con la sua forza di convincimento intuitivo, ricrea i luoghi rituali in cui riecheggiano, rinnovati, gli antichi simboli della convivenza appartenuti alle civiltà precolombiane.
"Nella mia visione della vita, penso che noi stiamo facendo un viaggio insieme a tutto il cosmo, che siamo materia soggetta al fluire del tempo, polvere di stelle che si trasmuta".
La proposta trae i suoi contenuti dalla tradizione di società non aggressive, non gerarchiche, neppure ierocratiche. La pace cui si riferisce Deredia non è l'intervallo fra due conflitti. Si rovescia un percorso ideologico: i tradizionali "esportatori di civiltà" ricercano nella cultura dei nativi gli anticorpi necessari per evitare la propria autodistruzione. La Ruta de la Paz è un viaggio iniziatico senza tempo verso il radicale cambiamento spirituale e, come un labirinto interiore, diventa luogo di fusione per tradizioni mitiche, esoteriche, alchemiche.
La Ruta de la Paz non è utopia. È anzi l'unica proposta di pace praticabile, conciliabile con la pace degli altri, non firmata col sangue, l'unica col sorriso negli occhi: la pace dentro.
Sonia Gomiero intervista il maestro Jimenez Deredia
Gomiero: "L'ecostoria si occupa di civiltà statiche, di civiltà primarie, analizzandone forme costruttive, modalità d'insediamento e simbologia. La civiltà Boruca rientra tra quelle civiltà che non hanno lasciato fonti scritte o documenti ma solo manufatti che testimoniano la loro presenza. In che modo la storia di questa civiltà diventa il punto di partenza della "Ruta de la Paz"?"
Deredia: "Io sono convinto che dietro ad un manufatto ci sia la storia di un popolo. In questo caso, il manufatto che per me è stato determinante è stata la sfera di pietra realizzata dagli antichi Boruca. Apparentemente questa sfera è soltanto un semplice oggetto, in realtà sintetizza tutta una visione del mondo e tutta una comprensione della vita. Attraverso la sfera ho cominciato a capire il mondo delle civiltà che raccontano la mia storia profonda, tra le quali la Boruca. Inoltre la grande illuminazione che ho avuto osservando attentamente la sfera è quella di poter associare questo elemento geometrico alla nostra struttura come esseri umani, al nostro "discorso ontologico", alla nostra struttura psichica e fisica costituita da contrari, perché noi non siamo un elemento unico ma siamo un connubio di contrari che generano l'essere. La sfera mi racconta tutto questo con la sua luce con la sua ombra, essa diventa l'oggetto geometrico che da solo racconta la visione del mondo del popolo precolombiano che abitò le terre del Costa Rica, per cui, data l'importanza di questo oggetto, il suo messaggio non può essere letto in senso marginale ma in senso sostanziale ed essenziale.
Il guardare alle culture vernacolari non è un modo per fare un "revival" ma è un modo per comprendere come si può percorrere il cammino della nostra esistenza accompagnati; per cui la cultura alla quale ognuno di noi appartiene diventa un riferimento importante ed un solo oggetto, creato da essa, può essere sufficiente per comprendere la complessità e la visione del mondo che c'è dietro."
Gomiero: "Il cerchio è il simbolo che meglio rappresenta la cosmologia boruca; ma il cerchio è anche il simbolo per eccellenza di tantissime culture vernacolari nel mondo; inoltre è il simbolo più frequente che si incontra lungo la "Ruta de la Paz". Qual è la funzione dell'archetipo circolare, oggi, in un'opera contemporanea?"
Deredia: "Una volta capita l'importanza delle mie radici culturali, ho voluto fare un'indagine per scoprire un "momento di luce" comune nelle civiltà primarie e il risultato è stato che questi momenti di partecipazione cosmica sono strettamente vincolati alla forma circolare; approfondendo ulteriormente sul modo in cui queste culture si sono identificate col cerchio, ho potuto capire un po' meglio la struttura dell'uomo e l'esigenza che molti popoli hanno avuto di rappresentare questa struttura attraverso l'elemento circolare.
Sono partito dalla Costa Rica, dalle sue sfere, per poi compiere un'indagine sull'elemento circolare lungo tutto il continente americano.
Lo scopo della "Ruta de la Paz" sta nel prendere come punto di partenza la sfera, simbolo che lega assieme le culture dei diversi paesi americani, per poi rinnovarla, perché i simboli se non vengono rinnovati diventano un dato storico e diventando un dato storico non partecipano alla dinamica della società.
I simboli possono essere rinnovati completamente pur mantenendo la loro essenza e il loro significato, creando, così, le condizioni per far si che la società contemporanea possa viverli come propri, come elementi contemporanei.
L'esempio del mio lavoro, e mi scuso per dover attingere spesso a me stesso, consiste nel partire dalla sfera boruca per poi creare la Genesi; la Genesi è un'evoluzione, un rinnovamento di tutto il contenuto della sfera: non è la sfera ma parte dalla sfera e racconta la sfera. Da quell'unico elemento circolare si originano quattro elementi che raccontano la stessa cosa che racconta la sfera da sola.
Questa trasmutazione che viene raccontata nella Genesi è lo stesso senso di trasmutazione che viene raccontata nella sfera, così come si trasmuta tutto nella vita e così come ci stiamo trasmutando noi, per cui il senso profondo di saper rinnovare la sfera è ciò che rende il simbolo attivo.
La sfera così rinnovata può essere letta anche dall'uomo del terzo millennio; portando il simbolo nel nostro tempo, essa potrà dire le stesse cose anche se in maniera diversa, adatta al modo di pensare e di vedere la vita che abbiamo oggi".
Gomiero: "Tutti questi aspetti legano le grandi culture vernacolari al tuo progetto; fanno si che, tramite i simboli, la tua opera si possa leggere in chiave ecostorica. Ma c'è anche un altro aspetto che lega la "Ruta de la Paz" all'ecostoria, ossia il fatto che i tuoi spazi architettonici andranno a costituire, nei nove paesi dove saranno realizzati, un "paesaggio culturale". Che cosa significa questo per te?"
Deredia: "Questo è per me un aspetto essenziale che è divenuto sempre più importante a mano a mano che il progetto prendeva forma; perché anche la "Ruta" ha avuto la sua "genesi", il suo percorso artistico che si è arricchito col tempo, la sua trasmutazione.
Nel mio ultimo viaggio, in Cina, ho visitato il Tempio del Cielo: esso non è un semplice edificio ma un complesso architettonico che può essere considerato ecostorico, in quanto esso è inserito dentro un grande polmone verde, dove il rapporto tra l'architettura, i microspazi, che loro hanno creato e questi migliaia di alberi che vivono intorno, rendono magico lo spazio.
Questo Tempio è stato un riferimento per la "Ruta de la Paz": vorrei che i nove progetti non fossero delle semplici piazze ma degli spazi che possiedano il senso dell'ecostoria e cioè vorrei creare degli spazi architettonici che integrino la natura agli elementi scultorei e architettonici, in modo tale che tutto questo grande complesso ecologico, architettonico e scultoreo fosse come una grande "clinica dello spirito", dove tu quando percorrerai questi spazi ritroverai te stesso, non soltanto attraverso la scultura ma attraverso spazi architettonici che ti rapporteranno con le costellazioni, col movimento del sole, con gli alberi o con le montagne.
Lo scopo è di creare dei grandi spazi dove scultura, architettura, natura, astronomia e antropologia, convergano in una visione olistica della vita, spazi capaci di riunirti con il tutto".
Fare ricerca in un team internazionale grazie a una borsa «Marie Curie»
Nel 2011 Lorenzo Guazzelli, laureato e dottorato in Chimica all'Università di Pisa, è risultato vincitore di una delle borse «Marie Curie Intraeuropee» (IEF) promosse dal programma PEOPLE nell'ambito del settimo programma quadro (7PQ) dell'Unione Europea. Attraverso le azioni Marie Curie, vengono finanziate attività di ricerca mirate alla formazione, alla mobilità geografica e allo sviluppo della carriera dei ricercatori con l'obiettivo strategico di rendere l'Europa più attraente per chi fa ricerca (http://ec.europa.eu/research/mariecurieactions/about-mca/actions/index_it.htm).
Grazie a questa borsa, Lorenzo Guazzelli si è trasferito all'University College di Dublino (UCD) e oggi lavora al Centre for Synthesis and Chemical Biology (CSCB) in un gruppo di ricerca internazionale che riunisce 15 studiosi da tutto il mondo.
In questo articolo, Lorenzo racconta la sua esperienza a Dublino, dove è impegnato nello studio di un vaccino sintetico di natura saccaridica contro il Cryptococcus neoformans, un fungo patogeno in grado di causare il decesso in pazienti con un sistema immunitario indebolito.
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La mia esperienza Marie-Curie (IEF) è iniziata quasi per caso. Ho conosciuto il professor Stefan Oscarson, uno dei massimi esperti europei nella chimica dei carboidrati, durante un convegno internazionale. Stavo terminando il dottorato ed ero intenzionato a svolgere un'esperienza post dottorale all'estero, così ho chiesto al professor Oscarson se aveva una posizione nel suo gruppo. Dopo aver visionato il mio curriculum e avermi offerto un contratto di post dottorato, mi ha anche spronato a partecipare al bando per le borse Marie Curie Intraeuropee (IEF). Abbiamo lavorato a lungo sulle diverse parti del progetto e, al termine delle fasi di valutazione, sono risultato uno dei 500 vincitori sulle oltre 2500 proposte arrivate da tutta l'unione europea nelle otto aree tematiche (Chimica, Fisica, Matematica, Scienze Economiche, Scienze della vita, Scienze Ambientali, Scienze Informatiche e Ingegneria, Scienze Umane e Sociali).
Adesso quindi lavoro al Centre for Synthesis and Chemical Biology (CSCB) all'interno del campus dell'University College Dublin (UCD), una struttura nata nel 2005 e completamente dedicata alla sintesi e all'analisi di composti biologicamente attivi. Sono impegnato nello studio di un vaccino sintetico di natura saccaridica contro il Cryptococcus neoformans, un fungo patogeno in grado di causare il decesso in pazienti con un sistema immunitario indebolito quali i malati di HIV, le persone che abbiano subito un trapianto di organi o i malati di tumore sottoposti a chemioterapia. Il progetto si articola in tre fasi: la sintesi della componente saccaridica (presso il laboratorio del professor Oscarson, in Irlanda), la coniugazione degli epitopi con una proteina immunogenica (presso Novartis Vaccine and Diagnostics, a Siena), e i test immunologici dei potenziali vaccini (presso il laboratorio del professor Casadevall all'Albert Einsten College of Medicine di New York).
Larga parte del progetto verrà sviluppata all'University College Dublin in un gruppo di ricerca composto da 5 ricercatori post doc e 10 dottorandi. La dimensione numerica del gruppo di ricerca del professor Oscarson non è l'unico aspetto che rende la mia esperienza di ricerca un motivo di crescita professionale e di stimolo; un altro aspetto fondamentale è certamente la diversa provenienza geografica dei miei colleghi. Il gruppo è composto, infatti, da due italiani, un francese, due tedeschi, una tedesco-coreana, una svedese-etiope, una svizzero-brasiliana, cinque irlandesi, una spagnola-brasiliana, un sud africano e dal professor Oscarson, svedese. Ognuno di noi ha una formazione scientifica derivante da ambienti culturali e professionali molto diversi, di conseguenza, vivo non solo un naturale e continuo scambio di esperienze e conoscenze scientifiche ma anche un quotidiano arricchimento dal punto di vista umano e culturale.
Oltre all'esperienza di ricerca, vivere in una capitale europea culturalmente frenetica e tollerante è un'opportunità unica di confronto e crescita. Personalmente non posso che consigliare a tutti i giovani ricercatori di partecipare alle azioni Marie-Curie che consentono, non solo un'esperienza all'estero in centri di eccellenza, ma anche uno scambio culturale che apre nuovi orizzonti e opportunità di creare collaborazioni internazionali, senza dimenticare, poi, la possibilità di ottenere nuovi fondi al termine della borsa per rientrare nel paese di provenienza.