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Comunicati stampa

Avrà anche una versione on line il master in Comunicazione pubblica e politica attivo da 12 anni all'Università di Pisa e diretto dal professor Adriano Fabris: è questa la principale novità della Scuola dei master della facoltà di Lettere e filosofia, che martedì 25 ottobre ha presentato i corsi che saranno attivati nell'anno accademico 2011/2012. Nell'occasione erano presenti i direttori dei master, Adriano Fabris e Carlo Da Pozzo, che hanno illustrato le caratteristiche dei corsi in "Comunicazione pubblica e politica on line" (I e II livello), "Comunicazione pubblica e politica" in presenza (I e II livello), "Turismo e ambiente" (I livello) e "Turismo e ambiente Scuola Emas SE-RA" (II livello).

La versione on line del master in "Comunicazione pubblica e politica" prevede un'erogazione della didattica attraverso video-lezioni di docenti esperti della comunicazione a livello nazione e internazionale, materiale didattico on-line e interazione costante con i tutor dell'Università. "Il master on-line - ha affermato il professor Fabris - ha contenuti costi di iscrizione e offre agli studenti la possibilità di accedere a forme innovative di didattica e di usufruire di importanti opportunità lavorative prodotte attraverso gli stage presso le centinaia di aziende ed enti convenzionati in tutta Italia". Alla fine del master, per gli iscritti all'edizione on line è prevista una settimana intensiva di lezioni frontali a Pisa, al termine della quale potranno discutere la propria tesi.

La scadenza delle iscrizioni ai master è prevista per il 28 ottobre prossimo. Per informazioni è possibile fare riferimento ai siti web dei singoli master, accessibili dal sito http://scuolamaster.humnet.unipi.it/, oppure alla segreteria presso la facoltà di Lettere e filosofia dell'Università di Pisa (tel. 050-2215006; 347-6237483; e-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

Si svolgerà sabato 29 e domenica 30 ottobre 2011, al My One Hotel Galilei di Pisa, la quarta edizione delle Giornate internazionali di posturologia. Come in passato, l'evento vuole confermarsi come punto di riferimento per professionisti e studiosi della materia. Ancora una volta, con il prezioso contributo dell'Università di Pisa, si alterneranno rappresentanti autorevoli delle principali associazioni nazionali e internazionali che, attraverso la loro esperienza clinica e in base alla loro casistica, evidenzieranno la necessità di una visione globale nel riconoscimento delle problematiche posturali.

Le relazioni si rivolgeranno a una platea di medici composta da odontoiatri, fisiatri, ortopedici, fisioterapisti, podologi e altri specialisti nel campo dell'osteopatia, fisioterapia e posturologia. Si formeranno gruppi di studio per incentivare e dare più spazio alla ricerca e per sollecitare la comunicazione dei risultati ottenuti agli organismi ufficiali.

Il programma dell'iniziativa prevede di dare ampia importanza all'aspetto pratico, attraverso una sezione dedicata a work-shop su tre tematiche: la syndrome disharmonieux, l'osteopatia pediatrica, la visione e postura.

Si è aperto lunedì 24 ottobre e proseguirà fino a sabato 29 a Valencia, in Spagna, il congresso mondiale "Nuclear Science Symposium and Medical Imaging Conference", la cui presidenza è stata assegnata dalla comunità internazionale al professor Alberto Del Guerra, ordinario di Fisica medica dell'Università di Pisa.

In qualità di presidente della "Conferenza di Medical Imaging", il professor Del Guerra ha organizzato e coordinato un evento scientifico che ha raccolto più di duemila scienziati provenienti da ogni parte del mondo. A Valencia verranno presentati e discussi i più avanzati sviluppi tecnologici e applicativi della radiologia e della PET (Tomografia ad Emissione di Positroni). La PET in particolare è una disciplina per la quale il gruppo guidato dal professor Del Guerra è da tempo referente al livello internazionale.

Cosa sono le stelle "novae", le stelle che compaiono all'improvviso e poi spariscono?

"Bombe nucleari, le novae sono enormi bombe all'idrogeno" spiega il professor Steven Shore del dipartimento di Fisica dell'Università di Pisa, uno degli autori di una ricerca, pubblicata su "Nature", che ci aiuta a comprendere come si sviluppano.

Gli studiosi sono riusciti a riprodurre l'esplosione con un modello tridimensionale. Per simulare in maniera soddisfacente un processo che in natura avviene in circa 300 secondi, sono state necessarie 300.000 ore di calcolo a cui hanno lavorato in parallelo le grandi macchine del CINECA di Bologna e del Centro Marenostrum di Barcellona.

L'esplosione avviene in un sistema binario, cioè in una coppia di stelle che sono molto vicine tra loro. "Molto vicine" ovviamente in termini di distanze stellari: le due stelle orbitano ad una distanza simile a quella tra la terra e la luna (circa 250.000 km).Tutte e due hanno circa la massa del sole, ma una delle due, chiamata "nana bianca", è molto piccola: è grande più o meno come la terra, ma è un milione di volte più densa e attrae su di sé una grande quantità di materia dalla sua compagna.

La densità della nana bianca è così elevata che la materia si comprime in maniera drastica e, se si raggiunge la temperatura critica di alcune centinaia di milioni di gradi, si innesca una reazione nucleare non controllata che fonde i nuclei di idrogeno e carbonio.L'esplosione di questa gigantesca bomba all'idrogeno naturale avviene solo sulla superficie della stella, il nucleo stella non fonde e l'evento può ripetersi.

Proprio questa è la differenza tra novae e supernove: una supernova è una stella che esplode interamente, è un catastrofico collasso del nucleo, come un infarto alla fine della vita di una stella. "È possibile che siano le nove ad originare le supernove – afferma Shore - ma per capire come ciò avviene noi dobbiamo avere un quadro più completo dell'esplosione e di quanta massa viene perduta o trattenuta durante ogni evento."

Dall'elaborazione in 3D è risultato che, attraverso movimenti caotici, che hanno la forma di dita e vortici, la materia dall'interno della nana bianca si mescola con lo strato esterno che brucia e ciò accelera il propagarsi dell'esplosione incontrollata.

Lo sviluppo e l'utilizzo di modelli tridimensionali simili a questo potrà avere applicazioni anche in ambiti diversi dall'indagine sulle stelle: uno di questi è sicuramente quello delle previsioni meteorologiche.

Con l'inaugurazione della mostra "South East Synopsis" di Andrea Pistolesi al Museo della Grafica di Palazzo Lanfranchi, il prossimo sabato 22 ottobre, alle ore 16, ha inizio l'ottava edizione di "Pisa per la Fotografia". La manifestazione ideata dal Centro Ricreativo Dipendenti Universitari, dal Circolo Fotografico Pisano e da Foto Ottica Allegrini e realizzata con il contributo essenziale della Fondazione Cassa di Risparmio di Pisa, quest'anno si discosta dalla formula iniziale che prevedeva una serata con un fotografo di fama internazionale (ricordiamo le precedenti edizioni con Franco Fontana, Gianni Berengo Gardin, Mauro Galligani, Dario Mitidieri, Pino Settanni, David Alan Harvey e Francesco Zizola che portò al Museo della Grafica la stupenda mostra "La guerra in corpo") e adotta la regola del tre.

Tre sono gli appuntamenti con Andrea Pistolesi, reporter fiorentino che vive sei mesi all'anno a Bangkok, la metropoli che è diventata la sua base per raccontare il Sud Est asiatico sulle maggiori riviste fotografiche e geografiche. La mostra di Pisa, che raccoglie circa 70 immagini, vuole essere una sinopsi del suo continuo lavoro nell'estremo oriente. Il secondo appuntamento con Andrea Pistolesi è sabato sera alle 21.00 al Polo Carmignani di Piazza dei Cavalieri. La serata, rivolta a tutta la città, sarà un'occasione per raccontare una selezione delle sue immagini. Il terzo appuntamento con Pistolesi è con la comunità fotografica cittadina domenica 23 ottobre alle 10.00 nell'Aula Magna della Scuola Superiore Sant'Anna, dove si parlerà delle problematiche che quotidianamente un reporter incontra nello svolgimento di una professione tra le più affascinanti, ma sicuramente tra le più difficili da svolgere.

Inoltre sono tre sono le mostre che questa edizione mette in campo: oltre all'esposizione di Andrea Pistolesi, l'associazione Amici Gioco del Ponte presenta la mostra "Gioco di Pisa. Immagini dal Gioco del Ponte" allestita nello spazio PisaUnicaTerra dell'Aeroporto Internazionale Galilei. L'appuntamento per l'inaugurazione è sabato 29 ottobre alle ore 10.00. La terza mostra fotografica ha per protagonista Tano Siracusa, il fotografo siciliano espone nella Saletta Giovanni Allegrini in Borgo Stretto (sopra l'omonima Foto Ottica) "Con i suoi occhi", un viaggio a fianco di un medico volontario che svolge la sua attività in quattro periferie estreme del mondo.

Tre sono anche gli eventi "collaterali" che impreziosiscono la manifestazione: venerdì 4 novembre alle ore 16.00 nell'Aula Magna Storica del Palazzo La Sapienza, in via Curtatone e Montanara 15, si svolgerà il Workshop "Dallo scatto al multimediale", con esperti di Nikon (Nital) e Apple (Data Port). Sabato 5 novembre alle ore 17.00 nell'Aula 10 della facoltà di Lettere e filosofia in via del Collegio Ricci, Tano Siracusa presenterà accompagnato da Maurizio Alfonso Iacono, preside della facoltà, e da Giusy Randazzo, direttrice scientifica di "Vita Pensata", il volume "Con i suoi occhi".

Il terzo è un seminario rivolto agli studenti dell'Università di Pisa, ma anche a chi pur non studente vuol sentire parlare di fotografia. Il seminario "Le forme dell'Illusione" si svolgerà nell'Aula Magna della Scuola Superiore Sant'Anna giovedì 10 novembre alle ore 9 e avrà fra i relatori Maurizio Alfonso Iacono, preside di della facoltà di Lettere e filosofia, Massimo Bergamasco, docente di Meccanica applicata alla Scuola Superiore S. Anna, Sandra Lischi, presidente del corso di laurea di Discipline dello spettacolo e della comunicazione all'Università di Pisa, Tano Siracusa, fotografo, Maurizio Rebuzzini, giornalista e docente di Storia della Fotografia all'Università Cattolica del Sacro Cuore e Roberto Evangelisti, della Scuola di fotografia CRDU Università di Pisa.

Si terrà domenica 16 ottobre 2011, a partire dalle ore 9.30 al Palazzo dei Congressi, l'incontro delle Nozze d'oro e d'argento con la laurea, la manifestazione che l'Università di Pisa dedica ai suoi laureati di 50 e 25 anni fa. All'iniziativa sono stati invitati i 733 laureati dell'anno accademico 1960-1961 e i 2.004 del 1985-1986. Tra i primi figurano il filosofo Remo Bodei e lo storico Carlo Ginzburg; tra i secondi la giornalista Concita De Gregorio, fino a pochi mesi fa direttrice del quotidiano "L'Unità", e l'ingegnere Luca Marmorini, direttore motori ed elettronica della Scuderia Ferrari di Formula 1.

Nella lista di coloro che avrebbero festeggiato i 50 anni dalla laurea compare anche il grande giornalista e scrittore Tiziano Terzani, scomparso nel 2004, che a Pisa si era laureato in Giurisprudenza nel 1961, nell'allora Collegio medico-giuridico.

Il programma sarà aperto alle ore 9.30 dai saluti del rettore Massimo Augello, del sindaco Marco Filippeschi, del presidente dell'Associazione Laureati dell'Ateneo Pisano (ALAP), Attilio Salvetti, e del vice presidente dell'Unione industriale pisana, Alessandro Francioni. Seguirà la consegna del riconoscimento ai laureati da 50 anni e, dopo un intermezzo musicale a cura del Coro dell'Ateneo, quella ai laureati da 25 anni.

In questa occasione il Coro dell'Università di Pisa, diretto dal maestro Stefano Barandoni e accompagnato al pianoforte da Chiara Mariani, eseguirà musiche di Verdi, Joplin e, con al clarinetto Giulia Pochini, di Pallottini. Al termine, il Coro saluterà i premiati con l'antico "Inno Pisano degli Studenti" e con l'inno universitario internazionale "Gaudeamus Igitur."

L'Università di Pisa inaugurerà l'anno accademico alla presenza del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano

Il rettore Massimo Augello aprirà ufficialmente i corsi in occasione del convegno "Mazzini e la democrazia" di giovedì 20 ottobre

L'Università di Pisa inaugurerà l'anno accademico 2011/2012, il 668° dalla sua fondazione, giovedì 20 ottobre 2011 alla presenza del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Il rettore Massimo Augello pronuncerà infatti la dichiarazione ufficiale di apertura dei corsi in occasione del convegno su "Mazzini e la democrazia", programmato nell'Aula Magna Nuova della Sapienza alle ore 11,30. Oltre al capo dello Stato e al rettore, parteciperanno al convegno il sindaco Marco Filippeschi, il presidente del Comitato dei garanti per le celebrazioni dei 150 anni dell'Unità d'Italia, Giuliano Amato, e il professor Salvo Mastellone, docente emerito dell'Università di Firenze e tra i massimi studiosi del pensiero e dell'azione di Giuseppe Mazzini.

L'Ateneo pisano ha voluto inaugurare l'anno accademico in occasione della giornata pisana del presidente Napolitano - che prima della cerimonia in Sapienza visiterà la Domus Mazziniana appena restaurata e renderà omaggio alla statua di Giuseppe Garibaldi - quale solenne riconoscimento per la figura del capo dello Stato e per l'alto magistero svolto in tante città italiane per festeggiare il 150° anniversario della fondazione dello Stato nazionale. Partendo il 5 maggio del 2010 da Quarto e il successivo 11 da Marsala, per ricordare le tappe dello sbarco in Sicilia dei Mille di Giuseppe Garibaldi, il presidente della Repubblica ha percorso un lungo e impegnativo itinerario nei "luoghi della memoria", simbolo del Risorgimento e dell'Unità d'Italia. Lo ha fatto con l'obiettivo di celebrare la nascita dell'Italia unita, ma anche, e forse soprattutto, con quello di trarre dalle nostre radici nuova linfa per affrontare con spirito unitario e fiducia il futuro. Come ha precisato lo stesso presidente in occasione del discorso del 17 marzo in Parlamento, celebrativo del 150 ° anniversario, "la memoria degli eventi che condussero alla nascita dello Stato nazionale unitario e la riflessione sul lungo percorso successivamente compiuto, possono risultare preziose nella difficile fase che l'Italia sta attraversando... Possono risultare preziose per suscitare le risposte collettive di cui c'è più bisogno: orgoglio e fiducia; coscienza critica dei problemi rimasti irrisolti e delle nuove sfide da affrontare; senso della missione e dell'unità nazionale".

In questo contesto, l'inaugurazione dell'anno accademico sarà anche un'occasione per ricordare in modo solenne la tradizione risorgimentale dell'Università di Pisa e l'apporto che studenti e docenti dell'Ateneo dettero al processo di unificazione nazionale. Al centro dell'interesse non ci sarà solo l'episodio di Curtatone e Montanara del maggio 1848, quando 389 degli allora 621 studenti iscritti e 28 dei 66 professori dell'Ateneo partirono volontari per distinguersi in una delle battaglie memorabili del Risorgimento, ottenendo con il loro comportamento eroico la medaglia d'oro al valor militare. Qualche anno prima, nel 1839, Pisa ospitò il Primo congresso degli scienziati italiani, un appuntamento di grande rilievo culturale e politico che mise a confronto oltre 700 studiosi dei diversi Stati della Penisola e che sviluppò il primo tentativo di affrontare in un'ottica nazionale questioni decisive per lo sviluppo futuro dell'Italia. All'indomani della nascita del regno d'Italia, con la legge del luglio 1862, l'Università di Pisa fu inserita tra le sei primarie a livello nazionale, insieme a quelle di Torino, Pavia, Bologna, Napoli e Palermo.

nanadentro

The life of a star is so long, millions to billions of years, and the distances between them  so vast that the sky- the universe - appears to be constant. The heavens were to the ancient, a place of perfect harmony and stability. But there are moments when that changes, when you see things happening in real time in the human sense, from fractions of a second to weeks.

Novae are such events, the non-destructive explosion and expulsion of the outer layer of a star -- equivalent to the mass of a planet -- at velocities from thousands to tens of thousands of kilometers per second. These have been known since the first systematic star catalogs of the ancient Chinese, Greek, and Persian astronomers, and they have been known to be eruptive, indeed explosive, events for nearly a century. Yet how they explode and what processes of nuclear elemental synthesis and pollution of the galactic interstellar medium happen during the event remain open questions.  

In a paper appearing in the current issue of “Nature” the problem has been tackled using a new three dimensional model. The research has been carried by a collaboration headed by Jordi Casanova and Jordi José (Universitat Politecnica de Catalunya and Institut de Estudis Espacials de Catalunya), with Steven Shore (Department of Physics, University of Pisa), Enrique Garcia Berro (Institut de Estudis Espacials de Catalunya) and Alan C. Calder (Stony University of New York - Stony Brook).  The fantastic advance in computational power now permits the extension to full nuclear-dynamic calculations that have just begun to use this vast potential.

Imagine two stars that orbit at a mutual distance no farther than that between the Earth and Moon, each of which has the mass of the Sun, one of which is a million times denser than the Earth and about the same size, and the other is distorted by the mutual tide and dumps mass onto the compact object. This is the description of a cataclysmic binary system, so named because the accumulation of mass by the compact star, called a white dwarf, proceeds through a disk in which matter from its companion accumulates and through which it ultimately gets transferred inward. The density, hence the gravitational pull, of the white dwarf is so great that as mass piles up, it drastically compresses and, if it reaches a critical temperature of a few hundred million degrees, instigates a runaway nuclear reaction by fusing hydrogen and carbon nuclei. If this happens in the core of a star it isn't a problem, the overwhelming weight of the layers above the core contain the reactions and the star can find an equilibrium. If, in contrast, the reaction is ignited on the surface, nothing constrains the matter and it blows off into space with a velocity about one percent the speed of light. The expanding, hot material continues to be illuminated by the now inflated white dwarf and the binary appears as a star whose brightness has increased by a million-fold. This is a nova explosion, the most extreme hydrogen bomb in nature in which the star radiates as much energy in a matter of minutes as the Sun has during the whole of human history.

But there another, even more spectacular end that may await the white dwarf. We know that such stars have an upper limit to their masses because of how their interiors are structured by the interplay of pressure and gravity, about 50% greater than the Sun. If one of these stars, near its limit, continues to accrete matter, it may be pushed over the limit and collapse. The ensuing event, thought to be a type Ia supernova, is bright enough to see halfway across the present universe and is one of the "standard candles" of cosmology. The problem has been, for decades, that we don't know how such explosions originate, what their progenitor stars look like, despite the remarkable understanding we have of how the event later develops (and can be used o determine distances to their host galaxies). It is quite possible that novae are the seat for such events but in order to understand how we must have a more complete picture of the explosion and how much mass is lost or retained during each event.

Sistema binario con disco di accumulo. Credit: STScI

The paper appearing in Nature is a theoretical calculation of the time development, about 500 seconds, of the accreted layer from the moment of ignition of the nuclear reactions to the point of expansion and the start of the explosive ejection of the envelope.

This has been made possible through a combination of computer technology (the calculation requires massive parallel processing machines such as the Marenostrum in Barcelona and CINECA in Bologna) and improvements in the handling of the structure. This is the first time a fully consistent nuclear hydrodynamic calculation, one that includes all of the fine structure and turbulence that is known to accompany such ignitions, can be included. The result is that the material from the interior of the accreting white dwarf is mixed by chaotic buoyant motions in the form of fingers and vortices, into the burning zone in which it fuels and accelerates the runaway, much as pouring fuel on a forest fire produces a firestorm. The computation followed what happens in a cube about the size of Toscana on a side through the stages when the first mixing occurs. Surprisingly, the medium retains considerable structure of the sort later seen in the spectrum and structure of the expelled gas.

The actual moment of the explosion is hidden from us by the surrounding disk and the deep layer that has accreted before the ignition so we can only proceed through calculations to understand what happens. But because this happens like a detonation of a bomb, the nuclear waste products, synthesized during the runaway, are mixed into the ejected layers without further modification. This is a way to determine, indirectly but uniquely, the dynamics of the nuclear explosion. If the temperature reaches above one billion degrees or falls below a few hundred million, it changes the final mix of elements and all of this depends on the mass of the white dwarf alone. So we can use the final products as a probe of the underlying white dwarf and even determine its ultimate fate, if it throws off more mass than it accumulates between explosions and eventually reduces to a low, stable mass, or grows in mass with each event and ultimately arrives at the stability limit.

The calculations we report now in Nature are the first step to realistically simulating the explosion, without imposing artificial constraints on the dimensionality (for instance assuming two dimensions or just looking at average properties) and the first to produce the variations in nuclear products that have for so long been a mystery.

 The depth of the mixing is greater than previously thought and the intensity of the explosion is greater. So it appears we are finally on the road to understanding whether these systems, among the most promising of the progenitors for the cosmologically essential type Ia supernovae, can ultimately end in such a catastrophic explosion.

Lunedì, 24 Ottobre 2011 10:42

In ricordo di Antonio Cassese

Il 21 ottobre è morto, nella sua casa di Firenze, Antonio Cassese, l'insigne giurista, laureato a Pisa e poi docente di diritto internazionale nella nostra università. Il professor Antonio Cassese aveva dedicato la propria attività scientifica ai grandi temi del diritto internazionale pubblico e del diritto interno in materia internazionale, con particolare attenzione alla problematica dei diritti umani in tutte le sue molteplici articolazioni, meritando di essere annoverato tra i massimi esperti mondiali della materia. 

Il 22 febbraio 2010 il professor Antonio Cassese aveva ricevuto in Sapienza il "Campano d'Oro", massimo riconoscimento dell'Alap, l'Associazione laureati dell'Ateneo pisano, a cui era intervenuto con un ricordo degli anni pisani e un'appassionante conversazione sulla giustizia penale internazionale. Qui di seguito pubblichiamo il contributo già apparso sul n. 31 della rivista Athenet, ripreso dalla rassegna periodica dell'Associazione laureati dell'Ateneo pisano, Il rintocco del Campano.


Il ricordo degli anni pisani

Antonio CasseseVi ringrazio profondamente per le tante parole di affetto e per questa indimenticabile giornata. Troppe lodi mi sono state rivolte; è vero però che la mia attività è sempre stata intensa: per me non esiste quella che Hegel chiamava la domenica della vita. Ho un'indole frenetica e sono convinto che ci si debba sempre adoperare per migliorare il mondo che ci circonda. Desidero in questa sede ricordare insieme a voi i miei anni pisani. A 17 anni partii dalla natia Salerno per entrare in quello che si chiamava allora Collegio Medico Giuridico (l'antenato dell'attuale Scuola Superiore Sant'Anna), passando per un severissimo esame. Venni ascoltato da una commissione di sette docenti tra cui il già anziano Lorenzo Mossa, il quale volle (lui docente di Diritto commerciale) che gli illustrassi nel dettaglio le tragedie di Shakespeare. Iniziò così la mia avventura pisana, immerso in una sorta di doppia vita tra gli esami di diritto in Sapienza e le lezioni di storia e filosofia alla Scuola Normale, cui era annesso il citato Collegio. Era vicedirettore della Normale il giovane professore Tristano Bolelli, eminente glottologo che faceva le veci del direttore Ettore Remotti (un professore di materie scientifiche a Genova, non molto conosciuto ma simpatico), successore di Luigi Russo (quest'ultimo allontanato dalla Scuola non appena terminata la prima fase del dopoguerra). Bolelli ci disse chiaro e tondo: "Qui non si fa più politica e si studia il tedesco". Ovviamente tutti noi studiammo a fondo il tedesco, ma continuammo a impegnarci nella politica, divisi tra cattolici e comunisti. Anche la vita della Facoltà fu per me molto interessante e formativa. Avevamo contatti quotidiani coi professori, quasi tutti fuori sede che al termine della loro carriera passavano da un incarico a Pisa per stabilirsi poi all'università di Roma (ricordo insigni giuristi come Massimo Severo Giannini, Giuseppe Sperduti, Franco Pierandrei, Gino Gorla, Ugo Natoli, Paolo Frezza e tanti altri). La temperie culturale giuridica di quegli anni era all'insegna del più rigoroso formalismo, quasi che il diritto fosse materia astratta, separata dalla realtà. Due aneddoti in proposito. Una volta, mentre studiavo nell'aula del "Seminario Giuridico", ebbi la ventura di sentire nella stanza attigua Massimo Severo Giannini chiedere ad un suo collega, il grande processualcivilista Andreoli, cosa ne pensasse de L'Ordinamento giuridico di Santi Romano; Andreoli da vero formalista rispose: "Quel libro?... È un romanzo!". In altra occasione parlavo entusiasticamente al Professor Frezza, nostro Preside, delle mie letture di Thomas Mann e Carl Schmitt. Frezza mi colpì molto con questa osservazione: "Cassese, questi suoi pruriti culturali mi sorprendono". Io invece desideravo aprirmi oltre il campo limitato del diritto, a discipline lontane dalla "dogmatica giuridica" che invitavano a "sporcarsi le mani" nelle concretezze della vita politica e sociale, come la materia del diritto costituzionale. Scelsi infatti per la tesi (con Sperduti) un argomento in realtà più politico che giuridico, L'autodeterminazione dei popoli, tema che mi ha accompagnato sino ad oggi. In realtà la mia formazione deve moltissimo agli anni pisani, che mi hanno insegnato il rigore nello studio, consentendomi poi di razionalizzare fenomeni apparentemente disomogenei, magmatici e oscuri. Anzi, questa mia formazione pare che abbia indirettamente favorito - cosa invero singolare - la brillante carriera giornalistica di Tiziano Terzani, che nel 1961 si laureò in diritto internazionale. Io commentai criticamente la sua tesi con molte postille - questo me lo ricordò lui stesso quando, un anno prima della sua scomparsa, ebbi la fortuna di assistere a una sua conferenza - e in una lettera di accompagnamento al manoscritto gli suggerivo di contenere il suo stile ricco ed esuberante, perché (scrivevo citando Kant) "La scienza deve essere arida". Queste parole (a quanto poi ebbe a riferirmi Tiziano) gli fecero comprendere con chiarezza che non avrebbe dovuto spendere ulteriormente la sua vita sui codici. Pisa mi offrì anche la possibilità di partecipare a un "cenacolo di dotti" composto quasi esclusivamente da ex normalisti che si riunivano periodicamente presso una tavola calda in Corso Italia. Qui conobbi Luigi Blasucci, Sebastiano Timpanaro, Cesare Cases, Carlo Ripa di Meana e molti altri. La cucina era modesta ma ascoltavo le conversazioni di questi grandi studiosi imparando moltissimo.


La giustizia penale internazionale


Antonio CassesePer il diritto, la giustizia penale internazionale è un fenomeno alquanto nuovo e di grande fascino. Tutto nacque all'indomani della seconda guerra mondiale coi processi di Norimberga e di Tokio. Churchill aveva proposto di passare per le armi le alte autorità politiche, militari ed amministrative del nazismo (circa diecimila persone); Roosevelt prima e Truman poi vollero invece che gli addebiti fossero verificati per il tramite di un processo, sia per un'irrinunciabile esigenza di giustizia che per consentire la raccolta accurata di documenti e testimonianze a futura memoria sulle barbarie dei regimi totalitari. Durante la guerra fredda la giustizia penale internazionale rimase del tutto bloccata a causa della contrapposizione dei due blocchi antagonisti, ma successivamente si è avuto il fiorire dei tribunali penali internazionali. Nel 1993 si è insediato il tribunale per la ex Jugoslavia, e nel 1994 quello per il Ruanda; dal 2002 è operativa la Corte penale internazionale all'Aja. Questi organi si occupano di crimini di guerra, crimini contro l'umanità, genocidio eccetera; il tribunale per il Libano che attualmente presiedo si dedica invece al fenomeno del terrorismo. Cos'è la giustizia penale internazionale, e perché è così importante? Prima i rapporti erano esclusivamente tra stati, vale a dire che, se uno stato violava una norma di diritto internazionale, l'altro stato danneggiato poteva ricorrere alle "sanzioni " nei confronti dello stato danneggiante, che era tenuto al risarcimento dei danni. Un esempio Italia-Grecia: nel 1923 venne ucciso a Corfù, da terroristi greci, il generale italiano Tellini. Mussolini reagì duramente facendo bombardare Corfù e lo stato greco fu tenuto a versare una consistente somma all'Italia a titolo di risarcimento danni. Oggi, invece, la giustizia penale internazionale va, per così dire, al cuore del problema, punendo non lo stato, ma l'individuo fisico che si è macchiato della contravvenzione di una norma internazionale, e più precisamente della violazione di diritti umani (ad esempio genocidio). La violazione dei diritti umani integra oggi un crimine internazionale, la cui repressione viene attuata non obbligando lo stato in cui detta violazione avviene al pagamento di una somma di denaro, ma catturando e punendo i responsabili morali (mandanti) o materiali (carnefici) di quel crimine. Si squarcia così il velo della sovranità statuale per consentire alla comunità internazionale di individuare i rei di crimini internazionali e processarli. È stato il caso, tra gli altri, di Pinochet (Cile), Milosevic (Serbia), Taylor (Liberia), Karadzic (Bosnia), al- Bashir (Sudan). La creazione dei tribunali penali internazionali è un passo da gigante nella lotta a questi crimini, ma patisce ancora forti limitazioni e contraddizioni. La principale limitazione è costituita dall'assenza di una polizia giudiziaria internazionale, che riduce moltissimo l'autonomia della Corte, la quale per eseguire un mandato di cattura deve necessariamente rivolgersi alla polizia dello stato nel cui territorio il criminale si trova. La contraddizione invece è questa: proprio quei cinque stati che sono membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'ONU - che ha la funzione di salvaguardare la pace e la sicurezza - sono i maggiori produttori e venditori mondiali di armi e dunque alimentano le guerre. Di fronte a questo scenario, il nostro compito è quello di trasmettere un messaggio di ottimismo alle giovani generazioni. Proprio nelle aule di questo Ateneo ho appreso due valori fondamentali: il rigore della scienza e la sensibilità per i grandi problemi della realtà sociale e le sue ingiustizie. Rigore e sensibilità che non devono riferirsi soltanto allo studio e alla conoscenza, ma anche all'approfondimento e alla preservazione dei più alti principi etici a cui l'Università deve educare i giovani. È nostro compito trasmettere ai giovani quello che Hegel chiamava entusiasmo dello spirito, una tensione continua all'operosità e all'impegno, senza cedere alla pigrizia e al sonno di una comoda ma passiva domenica della vita.

nanadentroDa quando Tycho Brahe, nel 1572, ha osservato una “stella nova” estremamente luminosa comparire nella costellazione di Cassiopea sappiamo che il cielo ha una storia e che anche le stelle nascono e finiscono, come tutte le cose corruttibili che affollano il nostro mondo sublunare.

Cosa sono le stelle “novae”, le stelle che compaiono all’improvviso e poi spariscono?

La rivista Nature ha pubblicato un articolo su una ricerca che, grazie all’elaborazione di un modello tridimensionale, ci aiuta a comprendere come si sviluppano.

Ne abbiamo parlato con Steven Shore del Dipartimento di Fisica dell’Università di Pisa, uno degli autori della ricerca, insieme a Jordi Casanova e Jordi José (Politecnico di Barcelona e Institut de Estudis Espacials de Catalunya), Enrique Garcia Berro (Institut de Estudis Espacials de Catalunya) e Alan C. Calder (Stony University di New York).

“Bombe nucleari, le novae sono  enormi bombe all’idrogeno” è l’esordio del professor Shore, che comincia a parlare cercando  un foglio di carta e una penna su una scrivania in cui  riviste, pubblicazioni e quaderni sono impilati in mucchi di diversa altezza e dimensione, “senza disegnare mi spiego male”.

L’esplosione avviene in un sistema binario, cioè in una coppia di stelle che sono molto vicine tra loro. “Molto vicine” ovviamente in termini di distanze stellari: le due stelle orbitano ad una distanza simile a quella tra la terra e la luna (circa 250.000 km).

Tutte e due hanno circa la massa del sole, ma una delle due, chiamata “nana bianca”, è molto piccola, è grande più o meno come la terra ma è un milione di volte più densa ed ha quindi una grande forza di attrazione gravitazionale.

L’altra stella viene distorta da questa forza e cede alla nana bianca una grande quantità di materia che si va accumulando in un disco che circonda quest’ultima. Dal disco poi la materia si scarica sulla superficie a velocità elevatissime (mille o più km al secondo).

La densità della nana bianca è così grande che la materia si comprime in maniera drastica e, se si raggiunge la temperatura critica di alcune centinaia di milioni di gradi, si innesca una reazione nucleare non controllata che fonde i nuclei di idrogeno e carbonio.

Dato che la reazione nucleare si avvia in superficie, niente contiene la materia, che viene espulsa nello spazio ad una velocità pari circa all’1% della velocità della luce. Il materiale caldo che si espande continua ad essere illuminato dalla nana bianca che ora è gonfia e il sistema binario appare come una stella la cui luminosità è aumentata di un milione di volte.

È così che avviene l’esplosione di una nova, la più grande bomba all’idrogeno che c’è in natura: la stella irradia in pochi minuti tanta energia quanta ne ha emesso il sole in tutto il corso della storia umana.

Nell’esplosione si fondono i nuclei di idrogeno ed elio e vengono prodotti elementi più pesanti, come Ossigeno, Azoto, Silicio, fino al Calcio. La presenza di questi elementi nel mezzo interstellare è dovuta in misura rilevante alle novae.

Sistema binario con disco di accumulo. Credit: STScIIl processo è molto rapido: in circa 100 secondi si passa da uno stato quieto ad uno esplosivo in cui si consuma  il materiale accumulato anche  per millenni. Nell’esplosione viene espulsa una massa pari a quella della terra (circa 5.974.200.000.000.000.000.000 tonnellate di materia).  Nonostante tutti quegli zeri, non è una grande quantità rispetto alla massa della stella: si tratta infatti di un’esplosione che avviene sulla superficie, il nucleo della stella non fonde, e l’evento può ripetersi.

Proprio questa è la differenza tra novae e supernove: una supernova è una stella che esplode interamente, è un catastrofico collasso del nucleo, come un infarto alla fine della vita di una stella. Novae e supernove sono state distinte soltanto circa un secolo fa e oggi sappiamo che la stella osservata da Tycho era una supernova e non una nova.

Che relazione c’è tra le novae e le supernove?

“È possibile che siano le nove ad originare le supernove,  ma per capire come ciò avviene  noi dobbiamo avere un quadro più completo dell’esplosione e di quanta massa viene perduta o trattenuta durante ogni evento.”

Noi non possiamo osservare direttamente il momento dell’esplosione, perché è nascosto dal disco che circonda la nana bianca e dallo spesso strato di materia che si è accumulato in precedenza. Però possiamo determinare indirettamente la dinamica dell’esplosione nucleare studiando le scorie sintetizzate durante l’esplosione.

La composizione finale degli elementi nel materiale espulso cambia infatti se la temperatura supera il miliardo di gradi o si mantiene sotto poche centinaia milioni, e ciò alla fine dipende dalla massa della nana bianca.

Così si possono usare i prodotti finali dell’esplosione per “sondare” la nana bianca e anche per determinare il suo destino. Possiamo capire se espelle più massa di quanta ne accumula tra le esplosioni ed è quindi destinata ad avere alla fine una massa bassa e stabile, o se invece si accresce in massa con ogni evento e alla fine arriva a superare il suo limite di stabilità.

Queste stelle infatti , per la loro struttura interna e per l’interazione di pressione e gravità, hanno un limite superiore alla loro massa: non possono superare del 50% quella del Sole.

Se una nana bianca, vicina al limite, continua ad accumulare materia, può venire spinta oltre il suo limite e collassare. L’evento seguente , che si pensa sia una supernova di tipo Ia, è abbastanza luminoso da essere visibile per metà del nostro universo.

Il modello in tre dimensioni elaborato per questa ricerca è riuscito a riprodurre l’esplosione, simulandone l’inizio e il propagarsi, che avviene richiamando materiale anche dalla parte esterna del nucleo della nana bianca.

Per avere un’idea della complessità del fenomeno basta pensare che per simulare in maniera soddisfacente un processo che in natura avviene in circa 300 secondi, sono state necessarie 300.000 ore di calcolo.

L’articolo pubblicato su Nature è un calcolo teorico di ciò che succede nello strato di materia accumulata nell’involucro che copre la nana bianca nei 500 secondi che vanno dall’avvio delle reazioni nucleari fino all’espansione e all’inizio dell’espulsione esplosiva.

Ciò è stato possibile grazie alla combinazione di tecnologia informatiche ( il calcolo necessita grandi macchine che lavorano in parallelo come quelle del CINECA di Bologna e del Centro Marenostrum di Barcellona) e di miglioramenti nella comprensione della struttura.

È la prima volta che un modello comprende un calcolo di idrodinamica nucleare pienamente coerente, capace di includere tutte le turbolenze e le strutture sottili che accompagnano queste esplosioni.

Dal modello risulta che attraverso movimenti caotici, che hanno la forma di dita e vortici, la materia dall’interno della nana bianca si mescola con lo strato esterno che brucia e ciò accelera il propagarsi dell’esplosione incontrollata,

“Oggi, grazie a strumenti di osservazione sempre più potenti e ai nuovi calcolatori”, conclude Shore “abbiamo accumulato una maggior consapevolezza sulla complessità delle strutture delle stelle. Ciò ha portato ad un ripensamento dell’astrofisica. Ci troviamo ad avere tantissimi dati sperimentali che non riusciamo a spiegare, e questo è il paradiso degli astrofisici.

Quando la teoria va più veloce degli esperimenti e non abbiamo osservazioni che ci fanno scegliere una teoria piuttosto che un’altra, ci troviamo in una condizione di pericolo. È un pericolo perché si rischia di sprecare tempo, energie e risorse in direzioni che sono insensate.”

Lo sviluppo e l’utilizzo di modelli tridimensionali potrà avere applicazioni anche in ambiti diversi dall’indagine sulle stelle: uno di questi è sicuramente quello delle previsioni meteorologiche.


Ne hanno parlato:
Tirreno Pisa
Unità Toscana
Ansa.it
Repubblica.it
Tirreno.it 
LaNazione.it
InToscana.it
Pisanotizie
 

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