Foundation Course 2022/23: 40 newly graduated students
About 40 the first graduated the students of Foundation Course 2022/23. The official graduation ceremony took place on 29 June. The University’s course allows international students to complete the schooling necessary to enrol in a bachelor’s degree
During a ceremony held in the Aula Convegni of the Polo Piagge, the University of Pisa handed over the final certificates to the first students who obtained the title.
Present to greet the students, on behalf of the rector, was Prof. Giovanni Federico Gronchi, pro-rector of Cooperation and International Relations, along with Prof. Marco Polini, head of the Foundation Course Science (FCS), and Prof. Maria Lossi, lecturer in Philosophy of the FC Humanities, present on behalf of Prof. Arturo Marzano, who is the head of the programme. Also present were the staff of the International Cooperation Unit, coordinated by Dr. Paola Cappellini.
The Foundation Course is an academic year-long programme that serves to bridge the gap in education for international students who cannot directly access a Bachelor’s degree course at Italian Universities.
Now in its seventh year, the Foundation Course has grown year by year to over 110 students in the 2022-23 academic year.
The University of Pisa was the first Italian university to activate this course in 2016, which has already been present in most important European universities for several years. By attending the Foundation Course and passing the relevant exams, students can continue their academic career by enrolling in a Bachelor’s degree course at the University of Pisa.
Diplomati gli studenti e le studentesse internazionali del Foundation Course
Si sono diplomati gli allievi e le allieve del Foundation Course 2022/23, in tutto circa 40 in questa prima sessione. Con oltre 110 iscritti, il corso giunto quest'anno alla settima edizione dura un anno accademico e permette agli studenti internazionali di colmare la scolarità necessaria per iscriversi a una laurea di primo livello
Foto di gruppo dei diplomati con lo staff UNIPI
La cerimonia si è svolta il 29 giugno scorso al Polo Piagge e a salutare le studentesse e gli studenti diplomati c’erano il professore Giovanni Federico Gronchi, prorettore alla Cooperazione e relazioni internazionali, il professore Marco Polini, responsabile del Foundation Course Science (FCS), e la professoressa Anna Maria Lossi, docente di Philosophy del FC Humanities, a nome del professor Arturo Marzano, responsabile scientifico del programma. Presente infine lo staff dell’Unità cooperazione internazionale, coordinato dalla dottoressa Paola Cappellini.
L’Università di Pisa è stato il primo ateneo italiano ad aver attivato questo importante percorso nel 2016, già presente nelle più importanti università europee da diversi anni. Attraverso la frequenza del Foundation Course e con il superamento dei relativi esami, gli studenti possono proseguire la loro carriera accademica iscrivendosi a un corso di laurea di primo livello presso l’Università di Pisa.
Un’unica nuova sede per il Dipartimento di Scienze Veterinarie
Entro due anni il Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Pisa avrà un’unica nuova sede: con una simbolica posa della prima pietra, è stato avviato il completamento dell’area della Clinica Veterinaria Universitaria di San Piero a Grado, un’opera che consentirà di trasferire tutte le attività del Dipartimento di Scienze Veterinarie nell’unica nuova sede di San Piero, sia quelle ancora presenti a Pisa, in viale delle Piagge, che quelle presenti presso il Podere Le Querciole, eliminando i disagi dovuti alla presenza di tre sedi distanti tra loro.
A dare il via ai lavori c’erano il rettore Riccardo Zucchi, il prorettore all’Edilizia Francesco Leccese e il direttore del dipartimento Francesco Di Iacovo. Con loro erano inoltre presenti Fabio Bianchi della Direzione Edilizia, responsabile del procedimento e coordinatore dell’intervento, Agnese Bernardoni della stessa Direzione, progettista delle opere e direttrice dei lavori in un team composto da tecnici interni e professionisti esterni all’Ateneo.
"La costruzione della nuova sede del Dipartimento di Scienze Veterinarie a San Piero a Grado è inserita nel Piano di sviluppo pluriennale edilizio e patrimoniale UNIPI 2030, che prevede la costruzione di un polo integrato per tutte le funzioni didattiche, laboratoriali, di ricerca e amministrative – ha dichiarato il rettore Riccardo Zucchi -
Quest'opera rappresenta un ulteriore contributo allo sviluppo della dotazione infrastrutturale della nostra Università ed è il primo passo per la creazione di un Polo Veterinario Toscano a Pisa”. "Il nuovo Dipartimento di Scienze Veterinarie va ad arricchire un patrimonio edilizio che attualmente conta 20 strutture dipartimentali, distribuite su 110 edifici, inseriti nel territorio del Comune di Pisa - ha aggiunto il prorettore all’edilizia Francesco Leccese - Alcuni di questi sono edifici storici di grande pregio collocati nei quartieri del centro, altri sono edifici di recente costruzione collocati in varie zone della città o nelle immediate vicinanze. Si tratta di circa 350.000 metri quadrati di spazi dedicati alla didattica, alla ricerca e alle attività amministrative (aule, laboratori, uffici, biblioteche, servizi ausiliari e di supporto)”.
Cuore principale dell’opera è il nuovo polo didattico, con 16 aule per un totale di 1.006 posti banco, 4 laboratori didattici, 1 aula informatica, una sala anatomica, una sala necroscopia, una sala studio con 96 sedute, una biblioteca con 40 posti lettura, una sala relax e un locale per bar e mensa. Il fabbricato dipartimentale, destinato in particolare alle attività di ricerca, prevede 26 laboratori di ricerca, uffici e sale riunioni. Saranno inoltre realizzati un caseificio didattico, lo stabulario per le attività di ricerca e spazi per ricovero animali. L’area dell’intervento ha una superficie di circa 60.000 metri quadrati, e prevede la realizzazione di fabbricati per una superficie complessiva pari a oltre 13.000 metri quadrati, 36.000 metri quadrati di area a verde, oltre a circa 4.300 metri quadrati di superficie a parcheggio.
Per l’intervento è previsto un costo complessivo di 45.500.000 di euro. I lavori sono stati aggiudicati all’impresa ITI Impresa generale, vincitore della gara pubblica europea con la quale è stata affidata la realizzazione dell’opera. L’opera usufruisce di un cofinanziamento ministeriale di € 17.000.000, grazie alla partecipazione a cura della Direzione Edilizia di Ateneo a un bando pubblico rivolto a tutte le università nazionali. La fine dei lavori è prevista per il mese di luglio 2025.
Il progetto è stato particolarmente curato dal punto di vista degli aspetti energetici, ambientali e di sostenibilità. Gli edifici saranno infatti performanti dal punto di vista energetico, trattandosi di fabbricati NZEB (nearly zero energy building), dotati di pannelli fotovoltaici integrati con la copertura, pompe di calore, campo di sonde geotermiche, recupero delle acque meteoriche. Le facciate soggette all’insolazione estiva saranno protette mediante portici, elementi frangisole, griglie con rampicanti caduciformi per garantire l’apporto solare gratuito invernale.
Molto curato è stato anche il progetto delle aree a verde, fruibili anche come spazi di relazione e studio all’aperto: considerata l’alta valenza ambientale della zona, collocata all’interno del Parco Regionale San Rossore, Migliarino, Massaciuccoli, il progetto dell’area a verde ha favorito l’integrazione con la destinazione del complesso e privilegiato l’impiego di piante che avessero un legame con la vegetazione autoctona o naturalizzata del Parco stesso.
Un’unica nuova sede per il Dipartimento di Scienze Veterinarie
Entro due anni il Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Pisa avrà un’unica nuova sede: con una simbolica posa della prima pietra, è stato avviato il completamento dell’area della Clinica Veterinaria Universitaria di San Piero a Grado, un’opera che consentirà di trasferire tutte le attività del Dipartimento di Scienze Veterinarie nell’unica nuova sede di San Piero, sia quelle ancora presenti a Pisa, in viale delle Piagge, che quelle presenti presso il Podere Le Querciole, eliminando i disagi dovuti alla presenza di tre sedi distanti tra loro.
A dare il via ai lavori c’erano il rettore Riccardo Zucchi, il prorettore all’Edilizia Francesco Leccese e il direttore del dipartimento Francesco Di Iacovo. Con loro erano inoltre presenti Fabio Bianchi della Direzione Edilizia, responsabile del procedimento e coordinatore dell’intervento, Agnese Bernardoni della stessa Direzione, progettista delle opere e direttrice dei lavori in un team composto da tecnici interni e professionisti esterni all’Ateneo.
"La costruzione della nuova sede del Dipartimento di Scienze Veterinarie a San Piero a Grado è inserita nel Piano di sviluppo pluriennale edilizio e patrimoniale UNIPI 2030, che prevede la costruzione di un polo integrato per tutte le funzioni didattiche, laboratoriali, di ricerca e amministrative – ha dichiarato il rettore Riccardo Zucchi -
Quest'opera rappresenta un ulteriore contributo allo sviluppo della dotazione infrastrutturale della nostra Università ed è il primo passo per la creazione di un Polo Veterinario Toscano a Pisa”. "Il nuovo Dipartimento di Scienze Veterinarie va ad arricchire un patrimonio edilizio che attualmente conta 20 strutture dipartimentali, distribuite su 110 edifici, inseriti nel territorio del Comune di Pisa - ha aggiunto il prorettore all’edilizia Francesco Leccese - Alcuni di questi sono edifici storici di grande pregio collocati nei quartieri del centro, altri sono edifici di recente costruzione collocati in varie zone della città o nelle immediate vicinanze. Si tratta di circa 350.000 metri quadrati di spazi dedicati alla didattica, alla ricerca e alle attività amministrative (aule, laboratori, uffici, biblioteche, servizi ausiliari e di supporto)”.
Cuore principale dell’opera è il nuovo polo didattico, con 16 aule per un totale di 1.006 posti banco, 4 laboratori didattici, 1 aula informatica, una sala anatomica, una sala necroscopia, una sala studio con 96 sedute, una biblioteca con 40 posti lettura, una sala relax e un locale per bar e mensa. Il fabbricato dipartimentale, destinato in particolare alle attività di ricerca, prevede 26 laboratori di ricerca, uffici e sale riunioni. Saranno inoltre realizzati un caseificio didattico, lo stabulario per le attività di ricerca e spazi per ricovero animali. L’area dell’intervento ha una superficie di circa 60.000 metri quadrati, e prevede la realizzazione di fabbricati per una superficie complessiva pari a oltre 13.000 metri quadrati, 36.000 metri quadrati di area a verde, oltre a circa 4.300 metri quadrati di superficie a parcheggio.
Per l’intervento è previsto un costo complessivo di 45.500.000 di euro. I lavori sono stati aggiudicati all’impresa ITI Impresa generale, vincitore della gara pubblica europea con la quale è stata affidata la realizzazione dell’opera. L’opera usufruisce di un cofinanziamento ministeriale di € 17.000.000, grazie alla partecipazione a cura della Direzione Edilizia di Ateneo a un bando pubblico rivolto a tutte le università nazionali. La fine dei lavori è prevista per il mese di luglio 2025.
Il progetto è stato particolarmente curato dal punto di vista degli aspetti energetici, ambientali e di sostenibilità. Gli edifici saranno infatti performanti dal punto di vista energetico, trattandosi di fabbricati NZEB (nearly zero energy building), dotati di pannelli fotovoltaici integrati con la copertura, pompe di calore, campo di sonde geotermiche, recupero delle acque meteoriche. Le facciate soggette all’insolazione estiva saranno protette mediante portici, elementi frangisole, griglie con rampicanti caduciformi per garantire l’apporto solare gratuito invernale.
Molto curato è stato anche il progetto delle aree a verde, fruibili anche come spazi di relazione e studio all’aperto: considerata l’alta valenza ambientale della zona, collocata all’interno del Parco Regionale San Rossore, Migliarino, Massaciuccoli, il progetto dell’area a verde ha favorito l’integrazione con la destinazione del complesso e privilegiato l’impiego di piante che avessero un legame con la vegetazione autoctona o naturalizzata del Parco stesso.
Dona il tuo CV per sviluppare sistemi di selezione del personale non-discriminatori
Al via una campagna di donazione dei curriculum vitae per sviluppare sistemi di selezione del personale equi e non-discriminatori. L’iniziativa rientra nell’ambito del progetto europeo FINDHR (Fairness and Intersectional Non-Discrimination in Human Recommendation) di cui l’Università di Pisa è partner. L’obiettivo di FINDHR è di contrastare le discriminazioni, in particolare nei sistemi che mettono in graduatoria i candidati ad una posizione lavorativa.
I curriculum anonimizzati in Italiano e Inglese si possono donare attraverso il sito del progetto (http://findhr.eu/datadonation/) e serviranno per addestrare un sistema che genera CV.
“In questo modo ci sganciamo dai curriculum donati così da generarne a piacere, con la possibilità di cambiare solo alcuni elementi sensibili, come ad esempio il genere, in modo da verificare l'impatto di quel fattore mantenendo fermo tutto il resto”, spiega il professore Salvatore Ruggieri, referente di FINDHR per l’Università di Pisa
L’utilizzo di sistemi automatici di selezione dei candidati basati sull’Intelligenza Artificiale è diffusissimo, soprattutto dalle aziende che fanno recruiting e che devono vagliare e valutare moltissime candidature. E' noto però che questi sistemi possono riprodurre decisioni discriminatorie presenti nei dati di allenamento dei modelli a sfavore di persone e gruppi sociali (quali donne, migranti e minoranze etniche), o addirittura di introdurre nuove forme di discriminazione algoritmica, ad esempio favorendo i candidati in base al formato (pdf o testo) del cv presentato.
Con un'ottica multidisciplinare che coinvolge aspetti tecnologici, legali ed etici, FINDHR opera per prevenire, individuare e gestire il problema della discriminazione nei sistemi di selezione del personale.
Oltre all'Università di Pisa, i partner di FINDHR includono specialisti informatici (Universitat Pompeu Fabra, coordinatore, Universiteit Van Amsterdam, Max Planck Institute), etico-legali (Erasmus Universiteit Rotterdam, Radboud Universiteit), aziende di selezione del personale (Adevinta, Randstad), e organizzazioni di tutela dei diritti dei lavoratori (AlgorithmWatch, Eticas, European Trade Union Confederation, Praksis, WIDE+).
Presentazione di due nuove lauree a orientamento professionale per geometri e periti laureati
Sono rivolti a formare geometri e periti laureati i due nuovi corsi di laurea a orientamento professionale che l’Università di Pisa, attraverso il Dipartimento di Ingegneria civile e industriale (DICI) e la Scuola di Ingegneria, attiverà dall’anno accademico 2023-2024.
I corsi saranno presentati giovedì 13 luglio, alle ore 10,30, nella Sala dei Mappamondi di Palazzo alla Giornata, dal rettore Riccardo Zucchi, dal prorettore alla Didattica, Giovanni Paoletti, dal direttore del DICI, Maria Vittoria Salvetti, dal vice presidente della Scuola interdipartimentale di Ingegnera, Sauro Filippeschi, da Antonio Benvenuti, in rappresentanza dei Collegi dei geometri e geometri laureati delle Province di Pisa, Livorno, Lucca e Massa Carrara, da Giorgio Falchi, presidente del Collegio dei periti industriali di Pisa, da Andrea Madonna, presidente dell’Unione industriali pisana, da Luigi Pino, presidente di Confapi Toscana.
Saranno inoltre presenti i docenti promotori dell’iniziativa, Gionata Carmignani, Francesco Frendo e Massimo Losa, e Paola Martelli, direttrice del Consorzio Formetica.
Donate your CV to develop non-discriminatory recruitment systems
A curriculum vitae donation campaign kicks off to develop fair and non-discriminatory candidate selection systems. This initiative is part of the European project FINDHR (Fairness and Intersectional Non-Discrimination in Human Recommendation) in which the University of Pisa is a partner. FINDHR aims to combat discrimination, particularly in systems that rank job applicants. Italian and English anonymised CVs can be donated via the project’s website and will be used to develop a system that generates CVs.
"In this way we disengage ourselves from the donated CVs so that we can generate as many as we like, changing only a few sensitive elements, such as gender, so as to verify the impact of that factor while keeping everything else intact," explains Professor Salvatore Ruggieri, FINDHR contact person for the University of Pisa.
The use of automatic candidate selection systems based on Artificial Intelligence is widespread, especially by recruiting companies that have to monitor and assess large numbers of applications. It is well known that these systems can reproduce discriminatory decisions in the training data of models, to the disadvantage of people and social groups, such as women, migrants and ethnic minorities. Furthermore, these systems can introduce new forms of algorithmic discrimination, e.g., favouring candidates because of the submitted CV format, such as a pdf or text files.
From a multidisciplinary point of view, including technological, legal and ethical aspects, FINDHR will therefore facilitate prevention, detection and management of discrimination in candidate selection systems.
In addition to the University of Pisa, FINDHR's partners are IT specialists (Universitat Pompeu Fabra, coordinator, Universiteit Van Amsterdam, Max Planck Institute), ethical-legal specialists (Erasmus Universiteit Rotterdam, Radboud Universiteit), Human Resources companies (Adevinta, Randstad), and labour rights organisations (AlgorithmWatch, Eticas, European Trade Union Confederation, Praksis, WIDE+).
Dona il tuo CV per sviluppare sistemi di selezione del personale non-discriminatori
Al via una campagna di donazione dei curriculum vitae per sviluppare sistemi di selezione del personale equi e non-discriminatori. L’iniziativa rientra nell’ambito del progetto europeo FINDHR (Fairness and Intersectional Non-Discrimination in Human Recommendation) di cui l’Università di Pisa è partner. L’obiettivo di FINDHR è di contrastare le discriminazioni, in particolare nei sistemi che mettono in graduatoria i candidati ad una posizione lavorativa.
I curriculum anonimizzati in Italiano e Inglese si possono donare attraverso il sito del progetto e serviranno per addestrare un sistema che genera CV.
“In questo modo ci sganciamo dai curriculum donati così da generarne a piacere, con la possibilità di cambiare solo alcuni elementi sensibili, come ad esempio il genere, in modo da verificare l'impatto di quel fattore mantenendo fermo tutto il resto”, spiega il professore Salvatore Ruggieri, referente di FINDHR per l’Università di Pisa.
L’utilizzo di sistemi automatici di selezione dei candidati basati sull’Intelligenza Artificiale è diffusissimo, soprattutto dalle aziende che fanno recruiting e che devono vagliare e valutare moltissime candidature. E' noto però che questi sistemi possono riprodurre decisioni discriminatorie presenti nei dati di allenamento dei modelli a sfavore di persone e gruppi sociali (quali donne, migranti e minoranze etniche), o addirittura di introdurre nuove forme di discriminazione algoritmica, ad esempio favorendo i candidati in base al formato (pdf o testo) del cv presentato.
Con un'ottica multidisciplinare che coinvolge aspetti tecnologici, legali ed etici, FINDHR opera per prevenire, individuare e gestire il problema della discriminazione nei sistemi di selezione del personale.
Oltre all'Università di Pisa, i partner di FINDHR includono specialisti informatici (Universitat Pompeu Fabra, coordinatore, Universiteit Van Amsterdam, Max Planck Institute), etico-legali (Erasmus Universiteit Rotterdam, Radboud Universiteit), aziende di selezione del personale (Adevinta, Randstad), e organizzazioni di tutela dei diritti dei lavoratori (AlgorithmWatch, Eticas, European Trade Union Confederation, Praksis, WIDE+).
Classifica Censis: l’Università di Pisa quarta in Italia e prima in Toscana fra i mega atenei
L’Università di Pisa si conferma quarta in Italia e prima in Toscana fra i mega atenei statali, cioè quelli con più di 40mila studenti, secondo la classifica Censis 2023/2024 appena pubblicata. In particolare, Pisa si distingue per i servizi, dove è prima a livello nazionale nel relativo segmento, e per occupabilità dei laureati, dove si piazza al secondo posto dietro solo alla Statale di Milano.
In generale, sul podio dei mega atenei si conferma anche quest’anno l’Università di Bologna, seguita da Padova, Roma “La Sapienza” e dall’Ateneo pisano. A seguire, dal quinto posto, troviamo la Statale di Milano, Firenze, Palermo, Torino, Bari e la “Federico II” di Napoli.
“Al di là del risultato complessivo ottenuto dall’Università di Pisa, che si conferma quarta in Italia e prima in Toscana fra i mega atenei statali - ha commentato il rettore Riccardo Zucchi - sottolineo con piacere i due indicatori che ci vedono primeggiare: i servizi e l’occupabilità dei laureati. Le studentesse e gli studenti sono sempre più al centro delle politiche di Ateneo, con spazi e servizi che crescono ogni anno, rendendo più comodo e agevole il loro percorso di studio. Sono 400 le aule per la didattica, distribuite in 27 edifici inseriti nel tessuto urbano della città, e 25.000 i posti a sedere, per una superficie complessiva di spazi dedicati alla didattica - tra aule, laboratori, biblioteche e servizi - di circa 70.000 metri quadrati. All’Università di Pisa le politiche di welfare universitario sono fra le più avanzate in Italia e comprendono una no tax area (per ISEE fino a 26.000 euro) fra le più ampie a livello nazionale, l’assistenza sanitaria estesa ai fuorisede, convenzioni sui trasporti, massima attenzione per studenti con disabilità e con Disturbo specifico dell'apprendimento, servizi di ascolto e consulenza anche psicologica. Anche la recente indagine di di AlmaLaurea premia l'Ateneo, con un tasso di occupazione dei nostri laureati, a cinque anni dal conseguimento del titolo, del 90,5% e una retribuzione mensile netta di 1.783 euro, entrambi i dati più alti della media toscana e nazionale”.
La Classifica Censis delle Università italiane, giunta alla 23a edizione, è uno strumento creato per orientare gli studenti in procinto di intraprendere la loro carriera universitaria. Si tratta di un’articolata analisi del sistema universitario italiano (atenei statali e non statali, divisi in categorie omogenee per dimensioni) basata sulla valutazione delle strutture disponibili, dei servizi erogati, del livello di internazionalizzazione, della capacità di comunicazione 2.0 e della occupabilità.
Da un lavoro del professor Della Posta il testo sulla globalizzazione della seconda prova del Liceo delle Scienze Umane
È tratto dal volume “Effetti, potenzialità e limiti della globalizzazione. Una visione multidisciplinare” curato da Pompeo Della Posta e Anna Maria Rossi (2007, Springer-Verlag Italia), il testo che i maturandi 2023 del Liceo della Scienze Umane hanno trovato tra le tracce della seconda prova nell’esame di maturità di quest’anno.
Professore associato di Economia politica presso il Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Pisa, al momento il prof. Pompeo Della Posta si trova in aspettativa presso l’Ateneo pisano e riveste una posizione di full professor alla Belt and Road School della Beijing Normal University a Zhuhai, nel Guandong, nel sud della Cina.
Di seguito un intervento a sua firma sul che racconta dei suoi studi sulla globalizzazione.
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Nel 2003 e 2004 fu imposto un blocco alle assunzioni nel pubblico impiego che impedì anche la presa di servizio di professori (associati e ordinari) vincitori di concorso universitario. A Pisa, come in quasi tutti gli altri atenei italiani, si costituì un gruppo di professori associati e ordinari SPS (senza presa di servizio) che si mobilitò fino al raggiungimento dell’assunzione, avvenuta fra la fine del 2004 e l’inizio del 2005, solo quando il blocco fu di fatto rimosso a livello nazionale. Facevo parte di quel gruppo e all’indomani della presa di servizio, insieme ad alcuni di quei colleghi, decidemmo di cercare un’occasione per proseguire il percorso che avevamo iniziato, individuando la globalizzazione quale tema di interesse comune per una conferenza dal taglio multidisciplinare. La conferenza ebbe luogo nel dicembre 2005 e ne presero parte, oltre a me, Gianluca Brunori, Luca Ceccherini-Nelli, Pierluigi Consorti, Alessandro Franco, Rossano Massai, Paola Nieri, Sandro Paci, Marta Pappalardo, Daniela Reali e Anna Maria Rossi, la maggior parte dei quali è ancora in servizio nel nostro ateneo. I lavori della conferenza furono poi raccolti nel volume “Effetti, potenzialità e limiti della globalizzazione. Una visione multidisciplinare”, curato da me stesso e Anna Maria Rossi e pubblicato nel 2007 da Springer-Verlag Italia.
Dal mio contributo al volume, dal titolo “Effetti, limiti e potenzialità della globalizzazione: il quadro economico” è stato tratto uno dei passi utilizzati come possibile traccia per la prova di Diritto ed Economia Politica di quest’anno dell’esame di stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione, Liceo delle Scienze Umane – Opzione economico-sociale (1).
In un tempo nel quale la globalizzazione economica veniva magnificata come fenomeno al quale non si poteva resistere (come suggeriva l’acronimo TINA, There Is No Alternative, attribuito alla signora Margaret Thatcher), nel capitolo dal quale quel passo è tratto venivano ricordate invece alcune delle problematiche che la caratterizzavano.
Già da diversi anni (a partire almeno dalla fine degli anni Novanta dello scorso secolo), i cosiddetti No Global, che sollevavano critiche a quel modello di globalizzazione, piuttosto che alla globalizzazione in sé (e che proprio per questo avrebbero preferito essere chiamati New Global), venivano rappresentati, nella migliore delle ipotesi, come inguaribili sognatori che vagheggiavano un mondo passato al quale non era possibile tornare, pena la rinuncia alla modernità e alle promesse di benessere che la globalizzazione sembrava assicurare in maniera pressoché automatica (famosa a questo proposito era l’immagine, alquanto evocativa, della marea che quando arriva ‘solleva tutte le barche’, le piccole quanto le grandi). Le critiche che essi avanzavano si riferivano soprattutto al fatto che le regole di quel tipo di globalizzazione fossero stabilite dai vincenti, i quali non si curavano di chi ne soffriva gli inevitabili costi, fossero essi interni ai paesi sviluppati o esterni ad essi. Nel primo caso si trattava dei propri lavoratori non specializzati, obbligati a competere con chi non era soggetto allo stesso modello di protezione sociale e ambientale. Nel secondo si trattava del sud del mondo, che subiva le regole di liberalizzazione imposte dai paesi del nord del globo, tecnologicamente più avanzati (gli stessi paesi che non avevano esitato, però, agli albori del loro decollo economico, a dotarsi di misure protezionistiche proprio per favorire la propria industrializzazione e che avevano cominciato a predicare il verbo del libero commercio solo quando i loro prodotti da esportazione potevano dominare incontrastati i mercati mondiali).
Si trattava, a ben vedere, di una posizione che, ragionevolmente, riconosceva i limiti dei mercati e suggeriva che venissero orientati per curarne le distorsioni e mitigarne le inefficienze.
Erano quelli gli anni, tuttavia, in cui il verbo del liberismo economico regnava incontrastato, dopo avere sconfitto il keynesismo che aveva guidato lo sviluppo economico del mondo fino agli shock petroliferi degli anni Settanta del secolo scorso. Proprio negli stessi anni, con una incredibile quanto irripetibile coincidenza temporale, la Cina aveva cominciato la propria ‘politica delle porte aperte’ sotto la guida di Deng Xiao Ping e negli ultimi 40 anni, proprio grazie alla sua apertura ad un mondo a sua volta disposto ad accoglierne i manufatti, ha saputo sollevare dalla povertà ben 800 milioni di persone, un risultato che troppo spesso viene ignorato, pur essendo di gran lunga migliore di quello di paesi come l’India o il Brasile, che ancora combattono con ampie sacche di povertà estrema. Non si può dire, tuttavia, che quel successo sia da attribuire del tutto alla globalizzazione, perché la Cina ha saputo declinarla secondo le proprie necessità ed imporre le proprie regole, non rinunciando a orientare l’economia nei settori che riteneva importanti per la propria industrializzazione e per il proprio sviluppo e imponendo una partnership cinese, per esempio, a chi voleva spostare la produzione in Cina per beneficiare dei più bassi costi di lavoro. Si trattava, però, di una norma contrastata dal WTO, nonostante fosse una misura di assoluto buon senso che mirava a far sì che il Paese di Mezzo potesse imparare tecnologie nuove e creare così le premesse per il proprio sviluppo economico. La Cina aveva anche impedito il libero movimento dei capitali a breve termine che l’IMF suggeriva di adottare in tutto il mondo in applicazione del mantra dei liberi mercati dei beni e dei fattori produttivi (ma solo dei capitali e non anche dell’altro fattore produttivo per eccellenza, il lavoro!). Erano quelli gli anni del Washington consensus, che vedeva IMF, WTO e Ministero del Tesoro americano predicare e proporre, quando non imporre, le stesse ricette neoliberiste in ogni parte del globo, come ricorda anche Joseph Stiglitz in molti suoi lavori. Fu proprio il libero movimento dei capitali a breve termine che produsse nel 1997 una grave crisi finanziaria nel Sud-Est asiatico (da cui la Cina uscì indenne grazie al rifiuto di seguire i precetti dell’IMF). Quella crisi fu premonitrice di quello che sarebbe successo nel mondo circa 10 anni dopo a causa dello sviluppo incontrollato degli strumenti finanziari derivati, fino ad allora ritenuti buoni per definizione, per il solo fatto che era il libero mercato a produrli.
Proprio la crisi finanziaria del 2007/08 segna però lo spartiacque fra l’età d’oro della terza fase della globalizzazione economica (dopo la prima, che comunemente identifichiamo con la Belle Époque che precedette lo scoppio della Prima guerra mondiale, e la seconda, che coincide con la ripresa seguita alla Seconda guerra mondiale) e l’età della slowbalisation, termine coniato da The Economist per rappresentare la fase attuale di rallentamento, e non di decrescita (deglobalization), del processo di globalizzazione economica. La crisi, prima finanziaria e poi anche economica, aveva minato la fiducia nel quadro tracciato dai cantori della globalizzazione indiscriminata.
L’elezione di Trump e la Brexit, nel 2016, segnano poi in maniera inequivocabile il cambiamento di percezione rispetto alla globalizzazione economica (così come, poco più di 25 anni prima, l’elezione della Thatcher e quella di Reagan avevano segnato, invece, l’inizio della fase neoliberista dell’economia mondiale). Le nuove parole d’ordine sono oggi quelle di “sovranismo” economico, di de-risking se non addirittura de-coupling (a ben pensarci, però, il termine sovranismo cela dietro di sé il vecchio nazionalismo, che nell’Italia fascista sfociò nell’estremo dell’autarchia: non è un caso che negli articoli scientifici pubblicati su riviste di International business, il sovranismo tecnologico, cioè l’ambizione all’indipendenza tecnologica, venga spesso definito techno-nationalism). Ora che paesi emergenti nel mondo (primo fra tutti la Cina) cominciano a condurre il gioco in termini di tecnologia avanzata che potrebbero esportare nel mondo (vedi le auto elettriche), abbiamo riscoperto le virtù del protezionismo. Abbiamo (re)imparato che lasciare la crescita dell’economia al libero mercato rischia di far sì che la tecnologia sviluppata da altre realtà economiche abbia il sopravvento sui mercati mondiali. In Europa avevamo adottato rigide misure per evitare che gli stati intervenissero nell’economia per favorire i rispettivi campioni nazionali. Nel far questo, però, abbiamo perso di vista quello che succedeva nel resto del mondo e dimenticato di pensare in termini europei per creare campioni di livello europeo. L’Airbus è un esempio di quello che si sarebbe potuto fare su più ampia scala, ma è un’iniziativa unica, risultante dal consorzio fra soli quattro stati europei, non riconosciuta dalla Commissione europea e osteggiata dal WTO, al quale si appellava la Boeing statunitense per difendere le ragioni del libero mercato che l’avrebbero lasciata indisturbata monopolista mondiale del trasporto aereo. Solo recentemente la Commissione europea ha lanciato un programma per una “Nuova strategia industriale europea”. Tale è il nostro abito mentale, però, che per fare questo abbiamo dovuto invocare superiori ragioni di sicurezza nazionale, mentre sarebbe sufficiente riconoscere che l’intervento pubblico è assolutamente legittimo, soprattutto quando altre realtà economiche sono avvantaggiate dal seguire politiche pubbliche che evidentemente non sono sempre così fallimentari come venivano dipinte (la Cina) o dal beneficiare di un infinito bacino di raccolta di capitali privati provenienti da ogni parte della terra che finanziano qualunque tipo di innovazione tecnologica (gli Stati Uniti). E sarebbe sufficiente pensare al caso Airbus-Boeing ricordato sopra per comprendere che, solo per fare un esempio, la creazione di piattaforme digitali che possano competere con i giganti i cui servizi utilizziamo tutti i giorni (lo abbiamo scoperto all’improvviso, soprattutto con la pandemia), sarebbe funzionale a rimuovere posizioni di monopolio a livello mondiale e a migliorare la competitività dei mercati, oltre che a consentire un bilanciamento delle competenze tecniche fra paesi e aree geografiche diverse.
È di tutta evidenza che siamo di fronte ad una nuova fase della globalizzazione. Sta a noi, soprattutto a noi europei, guidarla con equilibrio, anche svolgendo un ruolo pacificatore nel conflitto sempre più aperto che sta opponendo gli Stati Uniti alla Cina e con la consapevolezza che le vere parole chiave da pronunciare nel mondo dovrebbero essere quelle della sostenibilità, della transizione ecologica e del de-risking, sì, ma ambientale, in un mondo del quale siamo tutti ugualmente cittadini.
Pompeo Della Posta
Full professor alla Belt and Road School della Beijing Normal University a Zhuhai (Guangdong, Cina), in aspettativa dal ruolo di professore associato al Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Pisa.
Direttore della rivista “Scienza e Pace/Science and Peace” dell’Università di Pisa
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1. Quello è il primo di una serie di altri miei scritti sul tema della globalizzazione economica, fra cui la curatela del volume “Globalization, Development and Integration: a European Perspective” con Milica Uvalic e Amy Verdun, Palgrave Macmillan, 2009; il libro “The Economics of Globalization: An Introduction”, Pisa: ETS, 2018 e gli articoli scientifici “An analysis of the current backlash of economic globalization in a model with heterogeneous agents", Metroeconomica, Volume72, Issue1, pp. 101-120, February 2021, DOI: 10.1111/meca.12312; “The economic and social costs of globalization: a target zones analysis”, The World Economy, Volume44, Issue3, pp. 633-644, March 2021, https://doi.org/10.1111/twec.13008; “Global value chains and the retreat of globalization”, Special Issue on New Globalization Challenges and EU Trade Policy, Perspectivas – Journal of Political Science, Guest Editors: Annette Bongardt and Francisco Torres, 2022. (https://www.perspectivasjournal.com/index.php/perspectivas/about); ¬¬e “The European Union in the age of ‘slowbalization’”, Journal of Policy Modeling, forthcoming.
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La copertina del volume “Effetti, potenzialità e limiti della globalizzazione. Una visione multidisciplinare” è realizzata a partire da un quadro di Carlotta Gualtieri.