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Comunicati stampa

I ricercatori dell’Università di Pisa hanno messo a punto un metodo green per trattare gli scarti delle lavorazioni industriali del metallo duro e recuperare materie prime critiche strategiche, per disponibilità e costo, contenute al loro interno. Lo studio, svolto in collaborazione con l’azienda CUMDI srl (Germignaga VA), è stato appena pubblicato sulla rivista Materials.

“Lo scarto - spiega il professore Michele Lanzetta del Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale - deriva dal processo di rettifica di barre di “metallo duro” ed è composto principalmente da carburo di tungsteno (WC) e cobalto (Co)”.
Normalmente per trattare questo tipo scarto vengono utilizzati metodi chimici aggressivi che richiedono impianti specializzati e costosi, tempi lunghi e l’utilizzo di reagenti ad elevato impatto ambientale. Al contrario, la metodologia messa a punto dai ricercatori del Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale dell’Ateneo pisano, si basa su un minor numero di operazioni che richiedono attrezzature più semplici ed economiche. Grazie a questo metodo è possibile ridurre fino al 30% il materiale vergine necessario per la produzione di nuovi manufatti, riducendo la dipendenza dalle importazioni e compensando l’assenza di giacimenti di cobalto e tungsteno in Europa, che rappresentano meno del 3% dei giacimenti globali.




Il team Unipi, a sinistra il prof. Lanzetta

“In particolare – continua Lanzetta - il costituente principale, ovvero il carburo di tungsteno, costituisce una risorsa fondamentale nell’industria moderna. Grazie alle proprietà di durezza e tenacità, viene utilizzato per realizzare elementi soggetti ad usura e utensili da taglio con settori di applicazione molteplici: automobilistico e trasporti, petrolchimico e minerario, aerospaziale ed elettronico”.

L’importanza del tungsteno e del cobalto (secondo costituente degli scarti) è testimoniata dai rapporti UE ed extra UE, che definiscono entrambe le risorse “critiche”. A titolo di esempio, basti pensare che la catena di approvvigionamento del tungsteno è dominata dalla produzione dalla Cina (l’82% della produzione globale) e che quasi il 50% del cobalto, fondamentale per la produzione di batterie per veicoli elettrici, proviene dalla Repubblica Democratica del Congo.

“Questi sono solo alcuni dei motivi per cui il riciclo costituisce una risorsa fondamentale – dice Lanzetta - La CUMDI aveva intuito da tempo l’enorme valore degli scarti delle lavorazioni di precisione che svolge per conto di aziende di tutto il mondo, senza però avere un metodo efficace che ne permettesse il recupero.”

L’idea di circolarità e recupero ha trovato fondamento scientifico a seguito di un incontro occasionale con il signor Fausto Pizzoni, delegato all’innovazione CUMDI, durante una fiera nazionale della meccanica.

“La domanda di ricerca - continua Lanzetta che ha coordinato il team di lavoro - si è così immediatamente sovrapposta alla disponibilità di competenze e i risultati non hanno tardato ad arrivare già dopo poche settimane, grazie all’abilità dei giovani brillanti ed appassionati ricercatori, gli ingegneri Francesco Lupi e Alessio Pacini”.

La ricerca è stata inoltre condotta grazie all’utilizzo della rete capillare di laboratori dell’Ateneo pisano con competenze del personale ricercatore e tecnico dei Dipartimenti di Ingegneria Civile e Industriale, Scienze della Terra e Chimica e Chimica Industriale. Le attrezzature del Center for Instrument Sharing (CISUP) dell’Università di Pisa, in aggiunta al supporto di strutture e laboratori esterni, hanno consentito di sviluppare e validare il metodo green per il trattamento dello scarto, attraverso le analisi sui numerosi aspetti del processo e la modellazione e comprensione di tutte le sue fasi.

“Puntiamo all’innovazione, che ha sempre caratterizzato i nostri processi manifatturieri e ci ha permesso di raggiungere la precisione delle lavorazioni ai massimi livelli che ci riconosce il mercato – conclude il signor Giuseppe Niesi, fondatore e amministratore della società CUMDI - Pur essendo collocati all’estremo confine nord del paese, ci siamo rivolti con fiducia alla ricerca universitaria italiana. Potremo considerarla un asset strategico nel cammino di crescita della nostra azienda per affermare anche in ambito sostenibilità l’eccellenza nazionale nel settore metalmeccanico.”

Sono centoventi le ragazze che hanno partecipato all’incontro di partenza del Progetto NERD? Non È Roba per Donne?, organizzato al Polo Le Benedettine da alcuni docenti del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione e del Dipartimento di Informatica dell’Università di Pisa – Marco Avvenuti, Cinzia Bernardeschi, Gianna Maria Del Corso, Anna Monreale e Federico Poloni – in collaborazione con l’Università di Firenze e con IBM. L’iniziativa, rivolta alle studentesse delle scuole superiori, nasce con l’intento di incoraggiarle ad affrontare gli studi nelle materie cosiddette STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) e in particolare dell’informatica, cercando di sfatare falsi miti per cui le ragazze non sarebbero adatte a questo tipo di studi.

“L’informatica e l’ingegneria informatica sono materie creative e interdisciplinari, che hanno cambiato il mondo in ogni suo settore negli ultimi decenni, modificando radicalmente la nostra vita lavorativa e sociale – commenta il professor Marco Avvenuti – Eppure, le donne lasciano che gli uomini siano attori principali di questa rivoluzione. Per intraprendere studi di informatica e ingegneria informatica, le ragazze devono abbandonare preconcetti e false percezioni circa questa disciplina”.All’incontro hanno portato i loro saluti il rettore dell’Ateneo pisano Riccardo Zucchi e, in collegamento da remoto, Alessandra Petrucci, rettrice dell’Università di Firenze.

Entrambi hanno sottolineato l’importanza dell’iniziativa di IBM, richiamando la necessità di promuovere tra le giovani il superamento del divario di genere nelle scelte universitarie. Hanno fatto i saluti per IBM Italia l’Amministratore Delegato Stefano Rebattoni e la Corporate Social Responsibility manager Floriana Ferrara. A seguire le ragazze, provenienti da scuole del territorio toscano e da Faenza, hanno potuto ascoltare alcune efficaci e molto apprezzate testimonianze di laureate in ingegneria informatica e informatica, per poi essere accompagnate a una visita alla mostra “Hello World” sulla storia degli strumenti di calcolo, guidata da Alessandra Bertini.

Nei prossimi giorni le ragazze si organizzeranno in gruppi, seguiranno due giornate di laboratorio per imparare gli strumenti AI di IBM, con i quali svilupperanno una chatbot in grado di colloquiare sui temi dello Sviluppo Sostenibile dell’agenda 2030. I migliori progetti verranno presentati in una giornata conclusiva che si terrà a maggio e le ragazze vincitrici potranno partecipare a un ministage di tre giorni presso aziende partner IBM.

L’evento rientrava nelle iniziative di orientamento promosse dall’Università di Pisa con il coordinamento della delegata del rettore Laura Elisa Marcucci.

Sono centoventi le ragazze che hanno partecipato all’incontro di partenza del Progetto NERD? Non È Roba per Donne?, organizzato al Polo Le Benedettine da alcuni docenti del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione e del Dipartimento di Informatica dell’Università di Pisa – Marco Avvenuti, Cinzia Bernardeschi, Gianna Maria Del Corso, Anna Monreale e Federico Poloni – in collaborazione con l’Università di Firenze e con IBM. L’iniziativa, rivolta alle studentesse delle scuole superiori, nasce con l’intento di incoraggiarle ad affrontare gli studi nelle materie cosiddette STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) e in particolare dell’informatica, cercando di sfatare falsi miti per cui le ragazze non sarebbero adatte a questo tipo di studi.

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“L’informatica e l’ingegneria informatica sono materie creative e interdisciplinari, che hanno cambiato il mondo in ogni suo settore negli ultimi decenni, modificando radicalmente la nostra vita lavorativa e sociale – commenta il professor Marco Avvenuti – Eppure, le donne lasciano che gli uomini siano attori principali di questa rivoluzione. Per intraprendere studi di informatica e ingegneria informatica, le ragazze devono abbandonare preconcetti e false percezioni circa questa disciplina”.All’incontro hanno portato i loro saluti il rettore dell’Ateneo pisano Riccardo Zucchi e, in collegamento da remoto, Alessandra Petrucci, rettrice dell’Università di Firenze.

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Entrambi hanno sottolineato l’importanza dell’iniziativa di IBM, richiamando la necessità di promuovere tra le giovani il superamento del divario di genere nelle scelte universitarie. Hanno fatto i saluti per IBM Italia l’Amministratore Delegato Stefano Rebattoni e la Corporate Social Responsibility manager Floriana Ferrara. A seguire le ragazze, provenienti da scuole del territorio toscano e da Faenza, hanno potuto ascoltare alcune efficaci e molto apprezzate testimonianze di laureate in ingegneria informatica e informatica, per poi essere accompagnate a una visita alla mostra “Hello World” sulla storia degli strumenti di calcolo, guidata da Alessandra Bertini.

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Nei prossimi giorni le ragazze si organizzeranno in gruppi, seguiranno due giornate di laboratorio per imparare gli strumenti AI di IBM, con i quali svilupperanno una chatbot in grado di colloquiare sui temi dello Sviluppo Sostenibile dell’agenda 2030. I migliori progetti verranno presentati in una giornata conclusiva che si terrà a maggio e le ragazze vincitrici potranno partecipare a un ministage di tre giorni presso aziende partner IBM.

L’evento rientrava nelle iniziative di orientamento promosse dall’Università di Pisa con il coordinamento della delegata del rettore Laura Elisa Marcucci.

I ricercatori dell’Università di Pisa hanno messo a punto un metodo green per trattare gli scarti delle lavorazioni industriali del metallo duro e recuperare materie prime critiche strategiche, per disponibilità e costo, contenute al loro interno. Lo studio, svolto in collaborazione con l’azienda CUMDI srl (Germignaga VA), è stato appena pubblicato sulla rivista Materials.

“Lo scarto - spiega il professore Michele Lanzetta del Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale - deriva dal processo di rettifica di barre di “metallo duro” ed è composto principalmente da carburo di tungsteno (WC) e cobalto (Co)”.
Normalmente per trattare questo tipo scarto vengono utilizzati metodi chimici aggressivi che richiedono impianti specializzati e costosi, tempi lunghi e l’utilizzo di reagenti ad elevato impatto ambientale. Al contrario, la metodologia messa a punto dai ricercatori del Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale dell’Ateneo pisano, si basa su un minor numero di operazioni che richiedono attrezzature più semplici ed economiche. Grazie a questo metodo è possibile ridurre fino al 30% il materiale vergine necessario per la produzione di nuovi manufatti, riducendo la dipendenza dalle importazioni e compensando l’assenza di giacimenti di cobalto e tungsteno in Europa, che rappresentano meno del 3% dei giacimenti globali.



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Il team Unipi, a sinistra il prof. Lanzetta

“In particolare – continua Lanzetta - il costituente principale, ovvero il carburo di tungsteno, costituisce una risorsa fondamentale nell’industria moderna. Grazie alle proprietà di durezza e tenacità, viene utilizzato per realizzare elementi soggetti ad usura e utensili da taglio con settori di applicazione molteplici: automobilistico e trasporti, petrolchimico e minerario, aerospaziale ed elettronico”.

L’importanza del tungsteno e del cobalto (secondo costituente degli scarti) è testimoniata dai rapporti UE ed extra UE, che definiscono entrambe le risorse “critiche”. A titolo di esempio, basti pensare che la catena di approvvigionamento del tungsteno è dominata dalla produzione dalla Cina (l’82% della produzione globale) e che quasi il 50% del cobalto, fondamentale per la produzione di batterie per veicoli elettrici, proviene dalla Repubblica Democratica del Congo.

“Questi sono solo alcuni dei motivi per cui il riciclo costituisce una risorsa fondamentale – dice Lanzetta - La CUMDI aveva intuito da tempo l’enorme valore degli scarti delle lavorazioni di precisione che svolge per conto di aziende di tutto il mondo, senza però avere un metodo efficace che ne permettesse il recupero.”

L’idea di circolarità e recupero ha trovato fondamento scientifico a seguito di un incontro occasionale con il signor Fausto Pizzoni, delegato all’innovazione CUMDI, durante una fiera nazionale della meccanica.

“La domanda di ricerca - continua Lanzetta che ha coordinato il team di lavoro - si è così immediatamente sovrapposta alla disponibilità di competenze e i risultati non hanno tardato ad arrivare già dopo poche settimane, grazie all’abilità dei giovani brillanti ed appassionati ricercatori, gli ingegneri Francesco Lupi e Alessio Pacini”.

La ricerca è stata inoltre condotta grazie all’utilizzo della rete capillare di laboratori dell’Ateneo pisano con competenze del personale ricercatore e tecnico dei Dipartimenti di Ingegneria Civile e Industriale, Scienze della Terra e Chimica e Chimica Industriale. Le attrezzature del Center for Instrument Sharing (CISUP) dell’Università di Pisa, in aggiunta al supporto di strutture e laboratori esterni, hanno consentito di sviluppare e validare il metodo green per il trattamento dello scarto, attraverso le analisi sui numerosi aspetti del processo e la modellazione e comprensione di tutte le sue fasi.

“Puntiamo all’innovazione, che ha sempre caratterizzato i nostri processi manifatturieri e ci ha permesso di raggiungere la precisione delle lavorazioni ai massimi livelli che ci riconosce il mercato – conclude il signor Giuseppe Niesi, fondatore e amministratore della società CUMDI - Pur essendo collocati all’estremo confine nord del paese, ci siamo rivolti con fiducia alla ricerca universitaria italiana. Potremo considerarla un asset strategico nel cammino di crescita della nostra azienda per affermare anche in ambito sostenibilità l’eccellenza nazionale nel settore metalmeccanico.”

Un sistema miniaturizzato di rilevazione del pH che trasmette i dati real time ad uno smartphone consentirà consistenti passi avanti nella diagnosi e trattamento di malattie estremamente diffuse, come la vaginosi batterica, la cui diagnosi richiede una accurata rilevazione dell’acidità dei tessuti, e che è spesso associata a complicazioni che hanno un grande impatto sulla qualità della vita delle donne.

Lo studio è stato pubblicato su Advanced Materials Technologies dal gruppo di ricerca in ingegneria elettronica coordinato da Giuseppe Barillaro, da tempo impegnato nel lavoro su sensori avanzati con applicazioni in ambito biomedico, in collaborazione con i ricercatori di Surflay Nanotec GmbH, Germania.
Il gruppo di ricerca pisano assieme all'azienda Ab medica sta anche progettando l’integrazione della tecnologia in dispositivi indossabili per diagnosi avanzate.

“Lo scorso anno - spiega Barillaro, docente di elettronica al Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa (DII) - abbiamo messo a punto un sensore innovativo, delle dimensioni e spessore di un francobollo, totalmente biodegradabile nel corpo, e in grado di rilevare il pH dei tessuti tramite un semplicissimo meccanismo a fluorescenza. Se stimolato con luce verde, il sensore emette luce nello spettro del rosso, con un’intensità che corrisponde a un valore preciso di pH. (Leggi la notizia qui).
In questi mesi, nell’ambito del progetto europeo RESORB finanziato dallo European Innovation Council, abbiamo fatto un ulteriore passo avanti, mettendo a punto un sistema optoelettronico miniaturizzato, che stimola il sensore, rileva la luce emessa dallo stesso e invia il valore di pH misurato a uno smartphone in modalità wireless.
Il sistema, costituito dal sensore e dall’elettronica wireless, può essere applicato, per esempio, a un anello vaginale contraccettivo flessibile, e monitorare in modo continuo e in tempo reale il pH vaginale, consentendo il trattamento di patologie molto diffuse tra le donne come la vaginosi batterica”.

“Il sensore può rilevare il pH per quattro giorni consecutivi, e poi si biodegrada completamente nel corpo - aggiunge Alessandro Paghi, ricercatore al DII e coautore dello studio - mentre l’anello con il circuito optoelettronico miniaturizzato, contenente anche il sistema di acquisizione dati, un trasmettitore wireless e le batterie di alimentazione, può essere riutilizzato con nuovi sensori. Le prestazioni del sistema sono ottime, consentendo un monitoraggio del pH continuo e accurato.”

“Le applicazioni di un sistema wireless miniaturizzato e biocompatibile per le analisi in situ - continua Martina Corsi, dottoranda al DII e coautrice dello studio - sono potenzialmente numerosissime per le più diverse patologie che richiedono un monitoraggio continuo del livello di acidità dei tessuti, come quelle a carico dell’apparato gastrointestinale, analisi di ferite o patologie oncologiche, ma anche per analisi ancora più complesse, oltre alla rilevazione del pH, mettendo a punto sensori a fluorescenza che rispondono a marcatori diversi.”.

Le grande potenzialità della tecnologia sviluppata di trovare impiego in diverse applicazioni ha portato a una attiva collaborazione del gruppo di ricerca con l’azienda milanese ab medica.

“La pluriennale collaborazione scientifica con il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa e in particolare con il team di Giuseppe Barillaro rappresenta un esempio virtuoso di collaborazione tra una realtà universitaria pubblica di eccellenza e un’azienda come ab medica che investe attivamente tempo e risorse nell’Innovazione. - spiega Cosimo Puttilli, Research and Innovation Manager di ab medica - Nello specifico il nostro ruolo ha riguardato la realizzazione e miniaturizzazione del ricevitore e trasmettitore esterno al sensore, oltre che all’APP che permette di visualizzare i dati acquisiti dal sensore sviluppato a Pisa. L’obiettivo finale sarà quello di integrare la nuova tecnologia all’interno di dispositivi indossabili o impiantabili che permetteranno la diagnosi di patologie oggi molto diffuse, ma allo stato attuale difficili da monitorare".

Un sistema miniaturizzato di rilevazione del pH che trasmette i dati real time ad uno smartphone consentirà consistenti passi avanti nella diagnosi e trattamento di malattie estremamente diffuse, come la vaginosi batterica, la cui diagnosi richiede una accurata rilevazione dell’acidità dei tessuti, e che è spesso associata a complicazioni che hanno un grande impatto sulla qualità della vita delle donne.

sensore dimensioni
Il prototipo sviluppato in collaborazione con ab medica. Mostra i led utilizzati per stimolare il sensore e ricevere il segnale modificato

Lo studio è stato pubblicato su Advanced Materials Technologies dal gruppo di ricerca in ingegneria elettronica coordinato da Giuseppe Barillaro, da tempo impegnato nel lavoro su sensori avanzati con applicazioni in ambito biomedico, in collaborazione con i ricercatori di Surflay Nanotec GmbH, Germania.
Il gruppo di ricerca pisano assieme all'azienda Ab medica sta anche progettando l’integrazione della tecnologia in dispositivi indossabili per diagnosi avanzate.

“Lo scorso anno - spiega Barillaro, docente di elettronica al Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa (DII) - abbiamo messo a punto un sensore innovativo, delle dimensioni e spessore di un francobollo, totalmente biodegradabile nel corpo, e in grado di rilevare il pH dei tessuti tramite un semplicissimo meccanismo a fluorescenza. Se stimolato con luce verde, il sensore emette luce nello spettro del rosso, con un’intensità che corrisponde a un valore preciso di pH. (Leggi la notizia qui).
In questi mesi, nell’ambito del progetto europeo RESORB finanziato dallo European Innovation Council, abbiamo fatto un ulteriore passo avanti, mettendo a punto un sistema optoelettronico miniaturizzato, che stimola il sensore, rileva la luce emessa dallo stesso e invia il valore di pH misurato a uno smartphone in modalità wireless.
Il sistema, costituito dal sensore e dall’elettronica wireless, può essere applicato, per esempio, a un anello vaginale contraccettivo flessibile, e monitorare in modo continuo e in tempo reale il pH vaginale, consentendo il trattamento di patologie molto diffuse tra le donne come la vaginosi batterica”.

Sensor Bending 20221111

“Il sensore può rilevare il pH per quattro giorni consecutivi, e poi si biodegrada completamente nel corpo - aggiunge Alessandro Paghi, ricercatore al DII e coautore dello studio - mentre l’anello con il circuito optoelettronico miniaturizzato, contenente anche il sistema di acquisizione dati, un trasmettitore wireless e le batterie di alimentazione, può essere riutilizzato con nuovi sensori. Le prestazioni del sistema sono ottime, consentendo un monitoraggio del pH continuo e accurato.”

“Le applicazioni di un sistema wireless miniaturizzato e biocompatibile per le analisi in situ - continua Martina Corsi, dottoranda al DII e coautrice dello studio - sono potenzialmente numerosissime per le più diverse patologie che richiedono un monitoraggio continuo del livello di acidità dei tessuti, come quelle a carico dell’apparato gastrointestinale, analisi di ferite o patologie oncologiche, ma anche per analisi ancora più complesse, oltre alla rilevazione del pH, mettendo a punto sensori a fluorescenza che rispondono a marcatori diversi.”.

Le grande potenzialità della tecnologia sviluppata di trovare impiego in diverse applicazioni ha portato a una attiva collaborazione del gruppo di ricerca con l’azienda milanese ab medica.

“La pluriennale collaborazione scientifica con il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa e in particolare con il team di Giuseppe Barillaro rappresenta un esempio virtuoso di collaborazione tra una realtà universitaria pubblica di eccellenza e un’azienda come ab medica che investe attivamente tempo e risorse nell’Innovazione. - spiega Cosimo Puttilli, Research and Innovation Manager di ab medica - Nello specifico il nostro ruolo ha riguardato la realizzazione e miniaturizzazione del ricevitore e trasmettitore esterno al sensore, oltre che all’APP che permette di visualizzare i dati acquisiti dal sensore sviluppato a Pisa. L’obiettivo finale sarà quello di integrare la nuova tecnologia all’interno di dispositivi indossabili o impiantabili che permetteranno la diagnosi di patologie oggi molto diffuse, ma allo stato attuale difficili da monitorare".

Nei giorni scorsi si è tenuto in Aula Magna Pacinotti della Scuola di Ingegneria l’incontro tra Eni Plenitude e il Centro Interdipartimentale di Ricerca sull'Energia per lo Sviluppo Sostenibile (CIRESS) dell’Università di Pisa. Hanno partecipato la professoressa Lucia Calvosa, presidente di Eni, e il dottor Stefano Goberti, amministratore delegato di Plenitude, il professor Marco Raugi, direttore del CIRESS, e il direttore del Dipartimento di Ingegneria dell'Energia, dei Sistemi, del Territorio e delle Costruzioni (DESTeC), Rocco Rizzo.

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Da quando è nato nel 2015 il CIRESS si occupa di sviluppare sistemi integrati di energia rinnovabile con l’obiettivo di creare comunità energetiche sostenibili, rivolgendosi a imprese e Pubbliche Amministrazioni. Il target di Plenitude, nell’ambito della strategia di Eni tesa a coniugare sicurezza energetica e transizione energetica, è quello di massimizzare l’impatto positivo verso la società e l'ambiente per raggiungere la neutralità carbonica entro il 2040 grazie alla fornitura del 100% di energia decarbonizzata a tutti i suoi clienti.

Si è svolta in rettorato, venerdì 17 febbraio, la cerimonia dedicata ai vincitori dei premi di studio banditi dall’Università di Pisa sui temi della sostenibilità e in particolare sui 17 obiettivi dell’Agenda 2030. I tre laureati – Lorenzo Rapone, Federico Tozzi e Andrea Vezzosi – sono stati accolti dalla prorettrice per la Sostenibilità e l’Agenda 2030, Elisa Giuliani, dal professor Marco Raugi, già presidente della Commissione di Ateneo per lo sviluppo sostenibile, e dalla professoressa Giovanna Pizzanelli, membro della stessa Commissione. Oltre alla consegna simbolica di un attestato e di una borraccia griffata Unipi, a ognuno dei vincitori è stato assegnato un premio di 1.500 euro.

“Ci sembra importante – ha detto la professoressa Elisa Giuliani - che ci sia una nuova classe di studentesse e studenti che si concentri sul trovare soluzioni ai problemi complessi della sostenibilità. Nella vita reale, per risolvere questi problemi, sappiamo però che è necessario scardinare un sistema consolidato di pensiero, di relazioni e infrastrutture, che spesso impedisce alle buone idee sostenibili di trovare attuazione. Si spera che gli studenti che premiamo oggi e anche gli altri che sono impegnati su questi fronti ma che non abbiamo premiato, siano in grado di rivoltare il modello attuale e di proporre i cambiamenti radicali di cui abbiamo urgentemente bisogno per ridurre e forse anche in parte risolvere i problemi ambientali e sociali contemporanei.”

“Le tematiche relative agli Obiettivi dell’Agenda 2030 – ha commentato il professor Marco Raugi - afferiscono alla scienza, alla tecnologia, alla cultura, all'economia, alla giustizia, alla coesione sociale e allo sviluppo umano e si caratterizzano per una forte vocazione inter e multidisciplinare. Si tratta di argomenti oggetto dei corsi di studio attivati presso il nostro Ateneo e pertanto potenzialmente oggetto di tesi di laurea delle nostre studentesse e dei nostri studenti.”

“L'iniziativa – ha concluso la professoressa Giovanna Pizzanelli - è stata intrapresa durante il precedente mandato della Commissione per lo sviluppo sostenibile di Ateneo al fine di promuovere la cultura in tema di sostenibilità economica, ambientale e sociale all'interno della comunità accademica.”

Lorenzo Rapone, nato a Livorno nel 1997, è risultato vincitore per il macrosettore A, che comprende i settori culturali n.1 “Scienze Matematiche e Informatiche, Scienze Fisiche, Scienze della Terra” e n.4 “Ingegneria Civile e Architettura, Ingegneria Industriale e dell'informazione”. Laureato al corso magistrale a ciclo unico in Ingegneria edile-architettura, con votazione di 110/110 e lode, ha discusso una tesi sullo studio di differenti sistemi avanzati da involucro edilizio per l’efficientamento energetico di edifici prefabbricati leggeri. Le soluzioni tecnologiche analizzate sono state quelle dei materiali a cambiamento di fase, pannelli isolanti sottovuoto, rivestimenti termocromici/elettrocromici di componenti di facciata opachi e trasparenti. Relatori sono stati i professori Francesco Leccese, del Dipartimento di Ingegneria dell'energia, dei sistemi, del territorio e delle costruzioni, e Roel Loonen, del Dipartimento di Building Performance della Eindhoven University of Technology. Attualmente, il dottor Rapone sta svolgendo il dottorando di ricerca al Dipartimento di Energetica del Politecnico di Torino.

Federico Tozzi, nato a Pisa nel 1994, è risultato vincitore per il macrosettore B, che comprende i settori culturali n.2 “Scienze Chimiche, Scienze Biologiche, Scienze Agrarie e Scienze del Farmaco” e n.3 “Scienze Mediche e Scienze Veterinarie”. Si è laureato al corso magistrale di Chimica industriale, con votazione di 110/110, discutendo una tesi dal titolo “Catalisi e biocatalisi per la valorizzazione sinergica di biomasse lignocellulosiche in ottica di green chemistry”. Nel lavoro ha approfondito nuovi processi integrati di bioraffineria, basati sulla combinazione sinergica della catalisi chimica e della biocatalisi, volti alla produzione a basso impatto ambientale di diverse molecole di interesse industriale, tra cui monosaccaridi, oligosaccaridi, trigliceridi e biodiesel di nuova generazione. Relatrici sono state le professoresse Anna Maria Raspolli Galletti e Claudia Antonetti, del Dipartimento di Chimica e Chimica industriale. La prima parte della ricerca del dottor Tozzi è stata oggetto di pubblicazione sulla rivista “ChemPlusChem”.

Andrea Vezzosi, nato a Bagno a Ripoli nel 1996, è risultato vincitore per il macrosettore C, che comprende i settori culturali n.5 “Scienze dell’Antichità, Filologico-Letterarie, Storico-Artistiche, Scienze Storiche, Filosofiche, Pedagogiche, Psicologiche” e n.6 “Scienze Giuridiche, Scienze Economiche e Statistiche, Scienze Politiche e Sociali”. Si è laureato al corso magistrale di Strategia, management e controllo, con votazione di 110/110 e lode, discutendo una tesi dal titolo “Le principali implicazioni delle emissioni di green bond: alcune realtà a confronto”. La ricerca ha avuto l’obiettivo di sviluppare un’analisi sulle principali implicazioni in un’ottica gestionale e strategica delle emissioni dello strumento del green bond portate avanti da società non finanziarie e, soprattutto, da gruppi appartenenti al comparto multiutility. Relatrice è stata la professoressa Paola Ferretti, docente del Dipartimento di Economia e Management.

Al via la rassegna cinematografica ad ingresso gratuito “Un altro Genere di cinema” organizzata dai Comitati Unici di Garanzia di Università di Pisa, Normale e Sant’Anna per promuovere lo Sportello interuniversitario contro la violenza di genere. Gli appuntamenti, in collaborazione con Laboratoria Femminismi e la Casa della Donna di Pisa, sono al cinema Arsenale a Pisa (Vicolo scaramucci, 2) ogni terzo martedì del mese alle 21, da febbraio a maggio. In tutto quattro film più dibattito su temi quali identità di genere, violenza di genere, libertà sessuale, aborto e reti di solidarietà.

Si comincia il 21 febbraio con “Tomboy” (84′, Francia, 2002) di Céline Sciamma. Gli altri appuntamenti sono il 21 marzo con “Sotto accusa” di Jonathan Kaplan (Stati Uniti, 1988); il 18 aprile con “L’événement – La scelta di Anne” di Audrey Diwan (Francia, 2021); e il 16 maggio con “She said” di Maria Schrader (Stati Uniti, 2022). Al termine delle proiezioni animeranno i dibattiti esponenti dei Comitati Unici di Garanzia dei tre atenei pisani e di varie associazioni, a cominciare il 21 febbraio con PinkRiot Arcigay Pisa, LGBTIQ+ Pisa e GenderLens e quindi per gli altri appuntamenti Casa della Donna Pisa, Obiezione Respinta, Consultorio AIED Pisa, Associazione Italiana per l’Educazione Demografica, Collettivo Amleta e Non Una Di Meno Pisa.


“La rassegna ‘Un altro Genere di cinema’ è stata fortemente voluta dai Comitati unici di garanzia dei tre atenei pisani – dice la professoressa Renata Pepicelli delegata del Rettore per Gender Studies and Equal Opportunities e coordinatrice dello Sportello – per discutere di temi quali identità, violenza, autodeterminazione, reti di solidarietà. L’idea alla base di questo percorso è quella di far conoscere le attività dello sportello interuniversitario pisano contro la violenza di genere e promuovere dentro i nostri atenei e fuori una cultura dell’uguaglianza e del rispetto delle differenze. In questa prospettiva il cinema diventa uno strumento per aprire spazi di riflessione e dibattito, e per rafforzare i legami dentro la comunità accademica e le relazioni con il territorio e le associazioni”.

“Con la rassegna ‘Un altro genere di cinema’ vogliamo richiamare l’attenzione sullo sportello interuniversitario contro la violenza di genere un importante servizio di recente offerto alle comunità che studiano e lavorano all’interno dei tre atenei pisani – dice la professoressa Federica Cengarle, delegata CUG Scuola Nomale - Il medium cinematografico ci è parso lo strumento più immediato e utile per suscitare un dibattito su questi temi delicati, che stanno affiorando in misura sempre più evidente nella nostra società proprio grazie ad iniziative analoghe allo sportello, iniziative di ascolto volte a combattere la paura e il senso di vergogna provati dalle vittime e ad offrire loro un concreto sostegno”.

“Il messaggio che vogliamo veicolare attraverso questa iniziativa è che la diffusione di una nuova cultura capace di contrastare qualsiasi forma di violenza di genere deve essere trasversale e capillare, la comunità accademica Pisana si sta impegnando per portare il dibattito fuori dalle aule universitarie e coinvolgere tutti gli attori della società civile che sono interessati dal fenomeno - dice la professoressa Francesca Capone, membro del CUG Sant’Anna con delega alle attività dello sportello - In particolare, è giusto sottolineare che il ruolo della componente studentesca dei nostri Atenei è stato e rimane indispensabile per garantire la crescita e la promozione dello sportello interuniversitario pisano; le nostre studentesse e i nostri studenti sono parte attiva del processo di crescita e di inclusione che stiamo portando avanti, con il supporto costante dei CUG e del Rettore, della Rettrice e del Direttore di UniPi, Sant’Anna e Normale”.

Anonimo, gratuito e senza obbligo di denuncia, lo Sportello interuniversitario contro la violenza di genere nato l’8 giugno scorso è a disposizione per chi studia, fa ricerca, insegna e lavora nei tre atenei pisani. Chiunque abbia subito atti di discriminazione e violenza di genere o comunque legati alla propria identità sessuale, anche in luoghi diversi da quelli universitari, potrà rivolgersi allo sportello. Per informazioni: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., 050 2215104 https://www.ateneipisa.it/sportello/

CUG_locandina.jpgAl via la rassegna cinematografica ad ingresso gratuito “Un altro Genere di cinema” organizzata dai Comitati Unici di Garanzia di Università di Pisa, Normale e Sant’Anna per promuovere lo Sportello interuniversitario contro la violenza di genere. Gli appuntamenti, in collaborazione con Laboratoria Femminismi e la Casa della Donna di Pisa, sono al cinema Arsenale a Pisa (Vicolo scaramucci, 2) ogni terzo martedì del mese alle 21, da febbraio a maggio. In tutto quattro film più dibattito su temi quali identità di genere, violenza di genere, libertà sessuale, aborto e reti di solidarietà.

Si comincia il 21 febbraio con “Tomboy” (84′, Francia, 2002) di Céline Sciamma. Gli altri appuntamenti sono il 21 marzo con “Sotto accusa” di Jonathan Kaplan (Stati Uniti, 1988); il 18 aprile con “L’événement – La scelta di Anne” di Audrey Diwan (Francia, 2021); e il 16 maggio con “She said” di Maria Schrader (Stati Uniti, 2022). Al termine delle proiezioni animeranno i dibattiti esponenti dei Comitati Unici di Garanzia dei tre atenei pisani e di varie associazioni, a cominciare il 21 febbraio con PinkRiot Arcigay Pisa, LGBTIQ+ Pisa e GenderLens e quindi per gli altri appuntamenti Casa della Donna Pisa, Obiezione Respinta, Consultorio AIED Pisa, Associazione Italiana per l’Educazione Demografica, Collettivo Amleta e Non Una Di Meno Pisa.


“La rassegna ‘Un altro Genere di cinema’ è stata fortemente voluta dai Comitati unici di garanzia dei tre atenei pisani – dice la professoressa Renata Pepicelli delegata del Rettore per Gender Studies and Equal Opportunities e coordinatrice dello Sportello – per discutere di temi quali identità, violenza, autodeterminazione, reti di solidarietà. L’idea alla base di questo percorso è quella di far conoscere le attività dello sportello interuniversitario pisano contro la violenza di genere e promuovere dentro i nostri atenei e fuori una cultura dell’uguaglianza e del rispetto delle differenze. In questa prospettiva il cinema diventa uno strumento per aprire spazi di riflessione e dibattito, e per rafforzare i legami dentro la comunità accademica e le relazioni con il territorio e le associazioni”.

“Con la rassegna ‘Un altro genere di cinema’ vogliamo richiamare l’attenzione sullo sportello interuniversitario contro la violenza di genere un importante servizio di recente offerto alle comunità che studiano e lavorano all’interno dei tre atenei pisani – dice la professoressa Federica Cengarle, delegata CUG Scuola Nomale - Il medium cinematografico ci è parso lo strumento più immediato e utile per suscitare un dibattito su questi temi delicati, che stanno affiorando in misura sempre più evidente nella nostra società proprio grazie ad iniziative analoghe allo sportello, iniziative di ascolto volte a combattere la paura e il senso di vergogna provati dalle vittime e ad offrire loro un concreto sostegno”.

“Il messaggio che vogliamo veicolare attraverso questa iniziativa è che la diffusione di una nuova cultura capace di contrastare qualsiasi forma di violenza di genere deve essere trasversale e capillare, la comunità accademica Pisana si sta impegnando per portare il dibattito fuori dalle aule universitarie e coinvolgere tutti gli attori della società civile che sono interessati dal fenomeno - dice la professoressa Francesca Capone, membro del CUG Sant’Anna con delega alle attività dello sportello - In particolare, è giusto sottolineare che il ruolo della componente studentesca dei nostri Atenei è stato e rimane indispensabile per garantire la crescita e la promozione dello sportello interuniversitario pisano; le nostre studentesse e i nostri studenti sono parte attiva del processo di crescita e di inclusione che stiamo portando avanti, con il supporto costante dei CUG e del Rettore, della Rettrice e del Direttore di UniPi, Sant’Anna e Normale”.

Anonimo, gratuito e senza obbligo di denuncia, lo Sportello interuniversitario contro la violenza di genere nato l’8 giugno scorso è a disposizione per chi studia, fa ricerca, insegna e lavora nei tre atenei pisani. Chiunque abbia subito atti di discriminazione e violenza di genere o comunque legati alla propria identità sessuale, anche in luoghi diversi da quelli universitari, potrà rivolgersi allo sportello. Per informazioni: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., 050 2215104 https://www.ateneipisa.it/sportello/

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