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Comunicati stampa

Si terrà venerdì 6 maggio, dalle ore 9,00 all'Hotel Galilei, il seminario nazionale in memoria del professor Corrado Blandizzi dal titolo "Nuove frontiere nel trattamento delle malattie infiammatorie immuno-mediate".

Il convegno, arrivato alla quarta edizione, con accesso gratuito e limitato a 150 partecipanti, pone a confronto le opinioni dei maggiori esperti sullo stato dell’arte della ricerca farmacologica, sull’impatto della pandemia COVID-19 nella gestione dei pazienti e sulle evidenze real world attualmente disponibili. È parte consistente dell’eredità culturale del professor Blandizzi che, per molti anni, ha studiato le malattie infiammatorie e promosso il dibattito scientifico su questi temi. Per questo, con una celebrazione ufficiale della Società Italiana di Farmacologia, a partire da questa edizione l’evento sarà intitolato alla sua memoria.

Le malattie infiammatorie immuno-mediate (IMID) comprendono un gruppo di patologie croniche caratterizzate da meccanismi patogenetici di natura immunitaria. Da un punto di vista clinico, epidemiologico e immunologico, le malattie più frequenti appartenenti a questo ambito sono le patologie di tipo Th1/17, quali l’artrite reumatoide, le spondiloartropatie, l’artrite psoriasica, la psoriasi, la malattia di Crohn, la colite ulcerosa e la sclerosi multipla, e le patologie di tipo Th2, quali la dermatite atopica, l’asma grave e le sindromi associate a ipereosinofilia. La maggior parte delle IMID colpisce giovani adulti, con conseguenze molto negative sulla qualità di vita e sui costi socio-sanitari. Sebbene queste patologie si manifestino con quadri clinici eterogenei, numerose evidenze hanno dimostrato che esse dipendono da meccanismi patogenetici comuni. In particolare, si ritiene che queste patologie dipendano da alterazioni dei meccanismi regolatori del sistema immunitario che, a sua volta, determina una iper-espressione e iper-attivazione di citochine pro-infiammatorie, molecole di adesione, chemochine, etc., con conseguente mantenimento di uno stato infiammatorio cronico, che promuove una progressiva distruzione e rimodellamento patologico dei tessuti colpiti.

La terapia delle IMID si basa comunemente su farmaci anti-infiammatori e immunosoppressori tradizionali, che spesso non sono soddisfacenti in termini di efficacia o sicurezza di impiego. Per questa ragione sono stati introdotti nell’uso clinico farmaci biotecnologici, in grado di legare selettivamente e neutralizzare bersagli molecolari specifici del sistema immunitario. Nell’arco di oltre due decadi i farmaci biotecnologici hanno rivoluzionato la terapia medica delle IMID, dimostrandosi in grado di promuovere e mantenere la loro remissione in un’ampia proporzione di pazienti affetti da forme gravi, non responsive ai trattamenti convenzionali. Dopo i successi ottenuti con i farmaci anti-TNF, l’ampliamento delle conoscenze sulla immunopatogenesi delle IMID ha permesso di caratterizzare i profili di risposta immunitaria Th1/17 e Th/2 e di identificare nuovi bersagli farmacologici, rappresentati principalmente dalle citochine IL-4, IL-5, IL-12, IL-13, IL-17 e IL-23. Queste conoscenze, non solo hanno promosso lo sviluppo di nuovi farmaci, ma hanno aperto interessanti prospettive per il loro impiego anche in altre patologie, nelle quali il sistema immunitario svolge un ruolo fisiopatologico dominante, quali il lupus eritematoso sistemico, le vasculiti e la sclerosi sistemica.

Più di recente, il panorama terapeutico delle IMID si è arricchito di piccole molecole di sintesi, di origine non biotecnologica, in grado di modulare funzioni enzimatiche, quali PDE4 e JAK, che svolgono ruoli significativi nella regolazione delle funzioni immunitarie e della fisiopatologia di varie malattie immuno-mediate.

L’attività di ricerca su queste malattie rimane comunque molto intensa. Nuovi target terapeutici sono allo studio e nuovi farmaci in fase di sviluppo potrebbero presto rendersi disponibili per l’uso clinico. Per questo è importante che il dibattito sulla gestione di queste patologie rimanga sempre aperto e continuamente aggiornato. Inoltre, la pandemia COVID-19 ha recentemente complicato una situazione di per sé in fermento.

Secondo i rapporti più recenti dell’Istituto Superiore di Sanità, la pandemia COVID-19 ha condizionato l’accesso alle cure in particolare per le patologie croniche, comprese le IMID. Di fronte ad un evento senza precedenti, i clinici, le società scientifiche e le istituzioni della salute hanno tentato di adattare le cure alle esigenze legate alle misure di contenimento del contagio con grandi difficoltà, soprattutto nella fase iniziale della pandemia, quando le incertezze sulla malattia erano massime. Mese dopo mese si è arrivati ad una convivenza con la malattia anche in termini di gestione delle IMID che vale la pena discutere, anche in preparazione di una futura emergenza sanitaria con caratteristiche simili. In questo scenario è importante considerare l’evidenza real world che oggi è più accessibile grazie a numerosi progetti e studi osservazionali attivi, condotti anche in Italia, che permettono il monitoraggio di gruppi numerosi di pazienti.

Costa news

Il Sottosegretario di Stato alla Salute, Andrea Costa, incontrerà gli studenti dell’Area di Medicina e di Farmacia dell’Università di Pisa per parlare delle prospettive dei futuri laureati nell’ambito delle scienze della vita e del Servizio Sanitario Nazionale in un evento dal titolo “L’esperienza Covid e le sfide del futuro: il ruolo dei giovani nel Servizio Sanitario Nazionale”. L’appuntamento si terrà lunedì 9 maggio, alle ore 9:00, nell’Aula Magna Fratelli Pontecorvo del Polo Fibonacci.

Per poter partecipare in presenza è possibile prenotarsi utilizzando il seguente link: https://su.unipi.it/RegistrazioneIncontroCosta (prenotazione possibile fino ad esaurimento posti, secondo i protocolli anticontagio previsti dalle normative vigenti). L'evento sarà inoltre trasmesso in diretta streaming sul canale YouTube dell’Ateneo, all’indirizzo: call.unipi.it/IncontroCosta.

Dopo i saluti istituzionali affidati al rettore Paolo Maria Mancarella, al presidente della Scuola Interdipartimentale di Medicina, Riccardo Zucchi, e alla direttrice del Dipartimento di Farmacia, Maria Letizia Trincavelli, interverrà il sottosegretario Andrea Costa in un dialogo aperto a domande e contributi degli studenti. A moderare gli interventi sarà il professor Marco Macchia, ordinario di Chimica farmaceutica, tra i promotori dell’iniziativa, che spiega gli obiettivi dell’incontro: “sono particolarmente grato al Sottosegretario Andrea Costa di aver accettato l’invito dell’Ateneo pisano – ha detto – perché ritengo molto importante in questa fase rendere consapevoli gli studenti delle opportunità che si stanno aprendo nei settori della medicina e della farmacia. L’esperienza Covid ci ha reso tutti sempre più consapevoli dell’importanza della scienza e del nostro Servizio Sanitario Nazionale per garantire il diritto alla salute. Proprio in questa direzione va il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che con le sue riforme sta tracciando le direttrici per il futuro dei nostri giovani e delle loro professionalità in una sanità sempre più innovativa e digitalizzata, di cui loro saranno i protagonisti”.

Nel corso dell’evento il sottosegretario Andrea Costa consegnerà il Premio di studio per laureati in Farmacia dedicato alla memoria del dottor Nicola Politi e finanziato dall’Ordine dei Farmacisti della Provincia di Livorno, giunto alla terza edizione.

Per alcuni anni a metà Ottocento una giraffa visse nell’Orto botanico dell’Università di Pisa insieme a una mucca e a un vitello. La curiosa vicenda è stata ricostruita in un articolo pubblicato sul “Journal of Zoological and Botanical Gardens” da due ricercatori dell’Ateneo pisano, Gianni Bedini e Simone Farina.

I due studiosi hanno scovato il primo indizio dell’animale a partire da un disegno del 1849 di Alfred Guesdon, intitolato “Pise. Vue prise au dessus du Campo Santo”. Si tratta di una minuziosa mappa aerea della città che Guesdon tracciò, come era solito fare per le sue vedute, da una mongolfiera ancorata al confine settentrionale della “Piazza dei Miracoli”. La vista – di fatto paragonabile ad una moderna immagine ripresa da un drone – comprende l'Orto Botanico di Pisa dove, in un recinto circolare in prossimità dell'attuale ingresso di via Ghini, si trova appunto la giraffa in compagnia dei due bovidi.

Una presenza, che a parte alcune certezze, solleva in realtà molti interrogativi.

Ma cominciamo dall’inizio. La giraffa di proprietà del Granduca Leopoldo II era giunta a Livorno da Alessandria d’Egitto nel 1847 per poi proseguire, non si sa bene con che mezzi, sino a Pisa. Qui il Granduca l’aveva affidata alle cure di Paolo Savi, direttore del Museo di Storia Naturale, che aveva collocato la giraffa nell’orto botanico e così ne scriveva ad un amico: “E' un maschio, adesso vispo e allegro, talchè sembra sanissimo, ha in sua compagnia una Vacca con vitello..”

“Abbastanza sorprendentemente, a parte la lettera di Savi – racconta Bedini - non abbiamo trovato alcuna menzione della giraffa nei resoconti dei visitatori, non sappiamo poi come abbia passato gli inverni all'orto botanico, non ci sono infatti indizi su dove fosse ospitato un animale così grande, né come venisse nutrito o con quali foraggi”.  

Un paio di anni più tardi, verso la fine del 1849 la giraffa fu quindi spostata a San Rossore, anche in questo caso non si sa come. Qui però il Granduca fece appositamente costruire una stalla che su indicazione di Savi fu esposta a sud per ridurre i disagi dell’inverno.Il costruttore, Agostini Gigli, informò Savi che la stalla era terminata il 15 ottobre 1849, dopodiché il Sovrintendente ai Possedimenti Reali consentì a Savi di spostare la giraffa nella sua nuova casa. Qui alcuni anni dopo l'animale si ammalò di un'infiammazione alla bocca e morì nel 1853. 

Una volta appreso il decesso, con una lettera del 5 dicembre 1853, il Granduca ordinò di inviare la pelle e lo scheletro al Museo di Storia Naturale di Firenze e i visceri al Museo di Storia Naturale dell'Università di Pisa. L’allora dissettore del museo Cesare Studiati scrisse un dettagliato resoconto delle preparazioni anatomiche degli organi interni che eseguì nel 1853–1854: ancora oggi il cuore della giraffa (in foto) è in mostra nel Museo di Storia Naturale dell’Ateneo pisano.

“La giraffa fu l’ultimo animale custodito nell’orto botanico, un precedente erano state tre antilopi sempre del Granduca la cui presenza nel 1828 era stata molto ben documentata da Paolo Savi – conclude Farina – nel caso della giraffa invece la sua esistenza sarebbe passata del tutto inosservata senza le lettere di Savi e la documentazione iconografica di Guesdon realizzata proprio durante la breve finestra temporale in cui l’animale fu ospite dell’orto”.

Per alcuni anni a metà Ottocento una giraffa visse nell’Orto botanico dell’Università di Pisa insieme a una mucca e a un vitello. La curiosa vicenda è stata ricostruita in un articolo pubblicato sul “Journal of Zoological and Botanical Gardens” da due ricercatori dell’Ateneo pisano, Gianni Bedini e Simone Farina.

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Il disegno del 1849 di Alfred Guesdon con evidenziato l’area dell’orto

I due studiosi hanno scovato il primo indizio dell’animale a partire da un disegno del 1849 di Alfred Guesdon, intitolato “Pise. Vue prise au dessus du Campo Santo”. Si tratta di una minuziosa mappa aerea della città che Guesdon tracciò, come era solito fare per le sue vedute, da una mongolfiera ancorata al confine settentrionale della “Piazza dei Miracoli”. La vista – di fatto paragonabile ad una moderna immagine ripresa da un drone – comprende l'Orto Botanico di Pisa dove, in un recinto circolare in prossimità dell'attuale ingresso di via Ghini, si trova appunto la giraffa in compagnia dei due bovidi.

Una presenza, che a parte alcune certezze, solleva in realtà molti interrogativi.

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Ingrandimento del disegno del 1849 di Alfred Guesdon con evidenziato l’area dell’orto e la giraffa

Ma cominciamo dall’inizio. La giraffa di proprietà del Granduca Leopoldo II era giunta a Livorno da Alessandria d’Egitto nel 1847 per poi proseguire, non si sa bene con che mezzi, sino a Pisa. Qui il Granduca l’aveva affidata alle cure di Paolo Savi, direttore del Museo di Storia Naturale, che aveva collocato la giraffa nell’orto botanico e così ne scriveva ad un amico: “E' un maschio, adesso vispo e allegro, talchè sembra sanissimo, ha in sua compagnia una Vacca con vitello..”

foto_3_copy_copy.png“Abbastanza sorprendentemente, a parte la lettera di Savi – racconta Bedini - non abbiamo trovato alcuna menzione della giraffa nei resoconti dei visitatori, non sappiamo poi come abbia passato gli inverni all'orto botanico, non ci sono infatti indizi su dove fosse ospitato un animale così grande, né come venisse nutrito o con quali foraggi”.  

Un paio di anni più tardi, verso la fine del 1849 la giraffa fu quindi spostata a San Rossore, anche in questo caso non si sa come. Qui però il Granduca fece appositamente costruire una stalla che su indicazione di Savi fu esposta a sud per ridurre i disagi dell’inverno.Il costruttore, Agostini Gigli, informò Savi che la stalla era terminata il 15 ottobre 1849, dopodiché il Sovrintendente ai Possedimenti Reali consentì a Savi di spostare la giraffa nella sua nuova casa. Qui alcuni anni dopo l'animale si ammalò di un'infiammazione alla bocca e morì nel 1853. 

Una volta appreso il decesso, con una lettera del 5 dicembre 1853, il Granduca ordinò di inviare la pelle e lo scheletro al Museo di Storia Naturale di Firenze e i visceri al Museo di Storia Naturale dell'Università di Pisa. L’allora dissettore del museo Cesare Studiati scrisse un dettagliato resoconto delle preparazioni anatomiche degli organi interni che eseguì nel 1853–1854: ancora oggi il cuore della giraffa (in foto) è in mostra nel Museo di Storia Naturale dell’Ateneo pisano.

“La giraffa fu l’ultimo animale custodito nell’orto botanico, un precedente erano state tre antilopi sempre del Granduca la cui presenza nel 1828 era stata molto ben documentata da Paolo Savi – conclude Farina – nel caso della giraffa invece la sua esistenza sarebbe passata del tutto inosservata senza le lettere di Savi e la documentazione iconografica di Guesdon realizzata proprio durante la breve finestra temporale in cui l’animale fu ospite dell’orto”.

Dopo due anni di stop dovuti alla pandemia, Pisa ospita il ritorno in presenza della conferenza studentesca di PEGASUS, la rete che riunisce i docenti e gli studenti di ingegneria aerospaziale di 28 università europee.

La conferenza si è tenuta dal 20 al 22 aprile e ha visto la partecipazione in presenza di studenti da tutta Europa. Una delegazione della Beihang University di Pechino ha preso parte in remoto.

“Ogni anno ciascuna università della rete seleziona i suoi tre studenti migliori -spiega Salvo Marcuccio, docente di Sistemi Spaziali al Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale – che alla conferenza sono chiamati ad illustrare le proprie ricerche agli altri. L’intento è quello di fornire a giovani ricercatori una prima occasione di confronto in ambito internazionale, rafforzando una rete di professionisti che condividono conoscenze e know-how per formare una comunità europea dell’ingegneria aerospaziale sulla base di interessi scientifici comuni e di fiducia reciproca.”

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“La partecipazione alla rete PEGASUS – prosegue – è molto importante per la nostra università. Pisa è stata la prima in Italia ad erogare, già dal 2005, insegnamenti in ingegneria aerospaziale in lingua inglese, rispondendo ad una vocazione naturale all’internazionalizzazione e alla creazione di una comunità europea di ricercatori”.

All’evento hanno preso parte studenti e docenti dalle università di Bologna, Napoli Federico II, Roma Sapienza, Milano Politecnico, Torino Politecnico, Pisa (Italia); Ecole de l’Air Salon-de-Provence, ISAE-Supaero Toulouse, ENSMA Poitiers, ESTACA Paris (Francia); T. U. Delft (Olanda); Politécnica Madrid, U. Sevilla, Politècnica de València (Spagna); Czech T. U. Praga (Rep. Ceca); IST Lisboa (Portogallo); KTH Stockholm (Svezia); U. Glasgow (UK); Beihang University (Cina).

È scomparsa nella prima mattinata di venerdì 29 aprile la professoressa Carolyn Gianturco, docente di Storia della Musica, fondatrice e per diversi anni coordinatrice del Coro dell'Università di Pisa. Sabato 30 la salma sarà portata alle cappelle della Misericordia in via Pietrasantina, mentre le esequie avranno luogo martedì 3 maggio alle ore 16,00 in San Paolo a Ripa d'Arno.

La professoressa Carolyn Gianturco ha studiato musica e musicologia nelle Università di Marywood, di Rutgers e di Oxford, dove ha completato il suo D. Phil. sotto la guida di Sir Jack Westrup.

Per molti anni ha insegnato Storia della Musica all'Università di Pisa. Nell'anno accademico 1999-2000 ha fondato il Coro dell'Università di Pisa e ne ha mantenuto il coordinamento fino al 2013. Dal 2010 al 2013 le è stato affidato il coordinamento del Centro per la diffusione della cultura e della pratica musicale, che nel 2021 è confluito nel Centro per l'Innovazione e la Diffusione della Cultura dell'Ateneo pisano come Polo Musicale.

Le ricerche della professoressa  Gianturco sono state dedicate soprattutto alla persona e alla musica di Alessandro Stradella (1639-82), ma anche alla definizione e la divulgazione dei generi poetico-musicali italiani del Seicento, alla scoperta della musica della Toscana e della sua storia. I risultati delle sue ricerche sono stati presentati in 7 volumi, 4 capitoli, 48 articoli, 165 voci di enclopedie e in 16 volumi di cantate italiane in facsimile. Ha anche curato numerosi volumi di atti di convegni e di edizioni di musica. È stata coautrice del primo catalogo tematico della musica di Stradella ed è stata autrice della prima documentata monografia della vita del compositore con analisi delle sue più di 300 composizioni.

Inoltre ha fondato e diretto la doppia-collana Studi Musicali Toscani. Ricerche e cataloghi, 13 voll. e Studi Musicali Toscani. Musiche, 4 voll. È stata presidente dell'Edizione Nazionale dell'Opera Omnia di Alessandro Stradella, un progetto di 42 voll. istituito nel 2000 dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali.

La professoressa Carolyn Gianturco è stata fondatrice e presidente dell'Associazione Toscana per la Ricerca delle Fonti Musicali, presidente della Società Italiana di Musicologia e vicepresidente della Società Internazionale di Musicologia.

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In ricordo di Carolyn Gianturco
di Stefano Barandoni
Maestro direttore del Coro dell’Università di Pisa

La notizia della scomparsa di Carolyn Gianturco mi ha profondamente commosso e inondato la mente di tanti ricordi e immagini, anche se, purtroppo, lo stato di salute di Carolyn in queste ultime settimane lasciava ben poca speranza di ripresa.

La mia conoscenza con la professoressa Gianturco risale al novembre del 1982, quando, matricola della Facoltà di Lettere e indeciso se seguire il corso di Archeologia – altra mia passione giovanile – o il corso di Musicologia, optai per la seconda, non solo perché meglio si accordava con i miei contemporanei studi conservatoriali, ma anche per l’entusiasmo che la professoressa mi trasmise sin dalla lezione di presentazione del corso: La musica nel periodo barocco, periodo del quale scoprii dopo essere una delle maggiori studiose al mondo. Frequentai così tutti i corsi e i seminari previsti per la Laurea in Storia della musica fino alla discussione della tesi, di cui naturalmente Carolyn Gianturco fu la prima relatrice. Nei mei anni da studente, ho potuto apprezzare le sue grandi capacità didattiche e in particolare il suo intento di guidarci sin dai primi anni verso una ricerca storico-musicale condotta con rigore scientifico e attenzione all’analisi diretta delle fonti: la frequentazione di archivi e biblioteche musicali andava di pari passo con i seminati su ascolto e analisi di composizioni musicali delle varie epoche.

L’interesse di Carolyn Gianturco per la riscoperta e la valorizzazione della musica toscana, la portò a fondare a Pisa, presso il Dipartimento di Studi Italianistici, di cui faceva parte la sua Sezione di Storia della Musica, l’A.T.Mus. (Associazione Toscana per la Ricerca delle Fonti Musicali): da allora la sua attività si allargò all’organizzazione di corsi per schedatori musicali, censimenti, inventariazioni, catalogazioni di musiche sepolte negli archivi della Toscana, convegni e concerti. Anche io fui convolto per l’inventariazione e la catalogazione dell’archivio musicale dei Cavalieri di Santo Stefano, cui seguirono mostre, concerti e pubblicazione del catalogo nella collana “Studi Musicali Toscani”, altra creazione della professoressa Gianturco.

E tutto questo mentre ricopriva cariche apicali presso la Società Italiana di Musicologia e la International Musicological Society e proseguiva gli studi sul barocco italiano e in particolare su Alessandro Stradella, del quale – come Presidente della commissione scientifica della Edizione Nazionale dell’opera omnia di Alessandro Stradella, istituita dal Ministero della Cultura – ha curato dal 2000 fino a pochi mesi fa la pubblicazione delle opere, dopo avergli dedicato un’importante monografia nel 2007.

Ma nei pensieri della professoressa c’era anche un altro progetto: un coro universitario istituito dall’Ateneo per gli studenti e aperto anche ai giovani laureati e al personale docente e tecnico amministrativo dell’Università. Un’idea certamente ambiziosa e di difficile realizzazione, data anche la sua novità nel panorama universitario italiano. Quando, nell’autunno 1998, Carolyn mi propose di assumere la direzione del coro universitario, se mai fosse stato costituito, diedi la mia disponibilità ma, in cuor mio, non nutrivo grandi speranze sulla sua realizzazione. Dopo alcuni mesi invece giunse al Dipartimento una lettera del Magnifico Rettore Luciano Modica in cui il progetto risultava approvato, ponendosi così le basi perché dall’anno accademico 1999/2000 il Coro dell’Università di Pisa potesse costituirsi. Da allora sono passati ben ventidue anni accademici e non si contano le centinaia di studenti che in tutti questi anni hanno trovato in questa offerta formativa un mezzo efficace per accostarsi all’arte musicale e vivere in modo del tutto speciale i loro anni universitari a Pisa.

Dalla sua fondazione, sino a tutto il 2013, Carolyn Gianturco ha svolto con slancio e competenza il ruolo di responsabile del Coro e poi, dal 2010, del Centro per la Diffusione della Cultura e della Pratica Musicale, che aveva riunito in un’unica struttura il Coro e l’Orchestra dell’Università. In tutti questi anni mi è sempre stata vicina con competenza, simpatia, amicizia e anche fermezza nel portare avanti le battaglie per la causa della musica, prendendo talvolta posizioni anche un po’ radicali, profondamente convinta che la musica non meritasse facili compromessi! Era sempre presente ai concerti del Coro e dell’Orchestra, che presentava con particolare orgoglio, e amava molto intrattenersi e stringere rapporti coi coristi, specie in occasione delle numerose trasferte fuori sede. Cessato il suo incarico, ha sempre continuato a seguire l’attività del “suo amato Coro” al quale ha dedicato, in occasione della celebrazione del ventennale, questo pensiero:

"sia per i coristi come per tutta l’Università, insieme al grande pubblico, il risultato principale di tutti questi anni è stato GIOIA: quella per nostro il compito fatto bene e con cuore e per i suoni meravigliosi che hanno riempito le anime di tutti gli ascoltatori nelle chiese e nei teatri d’Italia e all’estero".

Grazie a Carolyn per la passione e per la GIOIA, che col suo sorriso, ci ha trasmesso in tutti questi anni. Il Coro, già duramente colpito per la scomparsa di Maria Antonella Galanti e di Giancarlo Dell’Amico, proprio in questi giorni sta ultimando la preparazione del concerto DANTE. L’ALTRE STELLE, che si terrà i prossimi 14 e 15 maggio. Dal palcoscenico del Teatro Verdi la penseremo al centro della platea, dove ci ha sempre tributato i suoi scroscianti applausi fino all’ultimo concerto del 15 dicembre scorso!

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In ricordo di Carolyn Gianturco
di Sandra Lischi
Componente del Coro dell'Università di Pisa

Sono entrata nel Coro dell’Università nell’autunno 2004. Si preparava il Requiem di Mozart, che avremmo eseguito nel giugno 2005 in Duomo. Accanto al Maestro Barandoni c’era Carolyn Gianturco, che avevo conosciuto in precedenza come collega, docente di musica nel nostro Ateneo. Ho subito pensato a lei, nel Coro, come a una regista. Prima di ogni concerto, si aggirava nello spazio delle prove e della futura esecuzione per saggiare le voci e il risultato d’insieme dagli angoli anche più remoti; ma in quelle occasioni era attesa e temuta quando passava in rassegna il nostro esteso e variegato raggruppamento con occhio vigile e implacabile, e con quel suo accento particolare ci ammoniva su tutto: la postura, il modo di tenere lo spartito, il foulard messo male e la congruenza o meno delle divise, l’aspetto generale. Per lei il Coro doveva essere bravo, ma anche bello nell’immagine d’insieme che dava di sé. Lo spazio del suono era importante come quello dell’immagine: un’immagine luminosa, composta, decorosa, sorridente, per esprimere al meglio la gioia del canto, seppur con le ansie e le trepidazioni che ci angustiavano prima di ogni concerto.

Del resto, così era Carolyn, con la sua eleganza non convenzionale, i suoi capelli cortissimi, i suoi colori e il suo sorriso. Un po’ regista, certo, nel Coro (e regista e sceneggiatrice del grande progetto di costruzione del Coro stesso, che senza di lei non sarebbe esistito); ma anche un poco artista, con quel tocco estroso, con la curiosità e l’attenzione verso ogni espressione della cultura e della creatività. Inventiva anche nel superare l’impostazione prevalentemente teorica dell’accademia italiana, in cui aveva portato non poco del pragmatismo anglosassone: studiare, certo, ma anche fare, costruire, esprimersi in modi non necessariamente libreschi, creare forme di socialità nell’ambiente di studio. Quindi da un lato la competenza musicale, il rigore nella progettazione, col Maestro, del repertorio, la spinta alla serietà nello studio e nell’interpretazione della musica, nella sua esecuzione da parte nostra, nella presentazione al pubblico cittadino; dall’altro la leggerezza estrosa ed elegante di una presenza disponibile e curiosa, per cui arte e cultura si allargavano alla vita e alla collettività.

Fu bella anche l’esperienza di un laboratorio offerto al Coro, nel 2007 (con Colin Baldy, un docente inglese) sulle tecniche del canto: serbo ancora i disegni, gli schemi relativi all’anatomia, gli appunti sulla respirazione e i divertenti e preziosi consigli sugli esercizi, tuttora utili. Esperienze di arricchimento e di crescita, mentre il Coro stesso cresceva e si arricchiva, diventando la grande comunità che è adesso.

Che bella avventura hai saputo immaginare e costruire e donare, cara Carolyn.

Sapremo portarti con noi.

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In ricordo di Carolyn Gianturco
di Maria Letizia Gualandi
Responsabile del Polo Musicale ‘Maria Antonella Galanti’

Io non ho ricordi diretti della professoressa Gianturco: non sono stata una sua allieva e sono entrata nel Coro solo nel 2018, quando Carolyn era in pensione e la responsabile scientifica del Polo musicale era Maria Antonella Galanti, scomparsa anche lei da meno di un anno. Allora mi è sembrato giusto ricordare Carolyn attraverso le parole di alcuni dei tanti coristi che in queste ore hanno riempito le chat del Coro.

IRIS – Pensando alla professoressa Gianturco mi vengono alle labbra queste parole:

... Inter oves locum praesta,
et ab haedis me sequestra,
statuens in parte dextra ...

PAOLA – I capelli rosso fuoco, il carattere, il sorriso; elegante e raffinata, musica lei stessa. Grazie alla professoressa Gianturco, il coro ha seminato nell’animo di centinaia di giovani tanta educazione alla musica, unione d’intenti, sorrisi festosi, esperienze irripetibili... e anche amori bellissimi!

ELISA – La professoressa Gianturco ci sosteneva con il suo sorriso gentile e sincero. Ricordo che, in occasione del suo pensionamento, cantammo una composizione le cui parole erano state scritte da me, Sarah e Marianna, con la musica di Luca. Non era un capolavoro – lo ammetto –  ma esprimeva tutto l’affetto che nutrivamo per una professoressa e donna eccezionale.

DANIELA – Carolyn era appassionata, ma nello stesso tempo razionale e concreta.

ANNITA – Il suo sorriso, i suoi vestiti floreali che hanno accompagnato i primi passi del nostro amato coro; scorrono davanti ai miei occhi tante immagini e sensazioni. Carolyn era Carolyn.

MARINA – Cara Carolyn! Noi coristi siamo sue creature, dobbiamo a lei l’esistenza del nostro coro e della nostra amicizia. Me la ricordo quando combatteva nei Consigli di Facoltà per raccogliere le firme necessarie a istituire un coro universitario: erano tutti perplessi e dubbiosi per quella ‘strana’ richiesta. Finalmente arrivò chi credeva in lei, il Magnifico rettore Luciano Modica, anche lui scomparso di recente, e la nostra avventura ebbe inizio. Grazie Carolyn per gli anni di musica che ci hai donato.

LAURA – Carolyn era una persona gentile e sorridente, attenta e accogliente con ciascuno di noi: ci salutava personalmente, si congratulava se veniva a conoscenza di qualche nostro successo, condivideva fino in fondo con noi le emozioni di ogni concerto: la prova generale (la ricordo in prima fila, mentre ci guardava cantare attentissima e così partecipe che ti sembrava di averla sul palco al tuo fianco), l’attesa dell’inizio e il trionfo finale.

MARIA CRISTINA – Un gran sorriso e una personalità colorata come i suoi abiti.

ARTHUR – Per noi ‘vecchi’ è stata una presenza-guida formidabile per molti anni. Come tutti i veri intellettuali, portava la propria erudizione con leggerezza e senza spocchia, se così posso dire! Farewell Carolyn! You done good!

LUCIA – Di Carolyn ho ricordi lontani... Il suo corso universitario di Storia della musica sull’epoca barocca è quello che di tutti mi è rimasto più impresso... e anche la sua fissazione su Stradella, che le ho rammentato proprio in tempi recenti. Che donna!

FABRIZIO – Quando facevo Lettere non potei frequentare i corsi della professoressa Gianturco. Siccome però la bibliotecaria mi conosceva e mi faceva entrare liberamente nelle stanze del Dipartimento di Italiano per consultare i libri lì raccolti, mi imbattei per caso negli scaffali di musica, una biblioteca ricchissima. E da quel giorno non c’era settimana che non passassi interi pomeriggi, seduto a terra, a leggere di tutto: riviste, saggi sul canto barocco e romantico, monografie su cantanti e musicisti raccolti grazie alla lungimiranza della professoressa Gianturco.

Grande successo di pubblico e lunghi applausi per il “Concerto di Primavera 2022” con cui l’Orchestra dell’Università di Pisa ha inaugurato il decimo anno della sua attività concertistica, dopo due anni di sospensione dovuta alla pandemia. Il concerto, che rientrava tra le iniziative della Giornata della Solidarietà, si è tenuto al Teatro Verdi, praticamente esaurito, mercoledì 27 aprile, con introduzione affidata all’assessore alla Cultura del Comune di Pisa, Pierpaolo Magnani, al direttore del Centro per l’Innovazione e la Diffusione della Cultura dell’Ateneo, Saulle Panizza, e alla presidente dell’Associazione Nicola Ciardelli Onlus, Federica Ciardelli.

Il programma scelto dal maestro Manfred Giampietro, direttore dell’Orchestra, ha previsto l’esecuzione della “Sinfonia n. 5 in do minore Op. 67” di Ludwig van Beethoven, che si inserisce nel solco delle celebrazioni beethoveniane del 2020, rinviate anch’esse a causa della pandemia, e più specificamente nel programma didattico dell’orchestra universitaria, che prevede lo studio di tutte le nove sinfonie del compositore tedesco. Del tutto inimmaginabile fino a poche settimane fa era che l’attacco della sinfonia, che com’è noto a molti richiama alla mente i giorni bui della Seconda Guerra mondiale, quando fu usato come apertura delle trasmissioni in italiano di “Radio Londra” (in Codice Morse tre punti e una linea sono la lettera V, iniziale della parola Victory), tornasse a risuonare in un’Europa straziata di nuovo da un conflitto drammatico, dove oggi più che mai occorre ribadire quei valori di pace,  accoglienza e tolleranza ai quali si ispira la Giornata della Solidarietà, promossa dall’Associazione Nicola Ciardelli Onlus.

I brani tratti dall’opera verdiana “I Vespri Siciliani” hanno richiamato anch’essi il tema della libertà e della resistenza all’oppressione, mentre un brano in prima esecuzione assoluta, composto dal direttore dell’Orchestra, Manfred Giampietro, e intitolato significativamente “Guerra/Pace” ha riecheggiato anch’esso il dramma della guerra, ma con un’apertura di speranza, che ben si accorda con lo spirito della “Giornata della Solidarietà” 2022.

“Il nostro Polo – ha detto la professoressa Maria Letizia Gualandi, responsabile del Polo Musicale ‘Maria Antonella Galanti’ dell’Università di Pisa - ha aderito con entusiasmo alla proposta di concludere con un concerto dell’Orchestra universitaria le manifestazioni della Giornata della Solidarietà. Poche cose sono tanto universali e unificanti come la musica, che pertanto non poteva mancare in una giornata in cui si è voluto parlare ai bambini e ai ragazzi delle scuole di Pisa di valori così lontani dalle immagini che in questo periodo vedono in televisione”.

"È stata una Giornata partecipata – ha commentato l’avvocata Federica Ciardelli, presidente dell’Associazione Nicola Ciardelli Onlus - che ha accolto oltre 4000 studenti sugli 84 percorsi proposti e che si è conclusa, grazie alla collaborazione con l'Università di Pisa, con un momento musicale di altissimo livello. La musica è lo strumento più efficace per esprimere i valori universali di Pace e di Solidarietà ai quali la Giornata si ispira e al tempo stesso per ringraziare tutti coloro che hanno reso possibile la realizzazione di questo evento, strumenti indispensabili di un'orchestra che ogni anno si arricchisce di nuovi elementi e accoglie un numero sempre più importante di giovani".

L’Università di Pisa è fra i primi dieci Atenei italiani più virtuosi nell’ambito della sostenibilità. E’ questo quanto emerge dall’ultima classifica stilata dall’agenzia Times Higher Education che ha valutato l’impegno di oltre 1400 atenei di tutto il mondo nel raggiungere i diciassette obiettivi di sostenibilità identificati dall'ONU (Sustainable Development Goals - SDG) su temi fondamentali per il futuro del nostro pianeta.

Nella classifica generale, costituita aggregando i risultati di tutti gli SDG, l’Ateneo si colloca attorno alla 350esima posizione a livello globale e nono a livello nazionale.

In particolare, l’Università di Pisa, che partecipa alla classifica per il secondo anno, è stata valutata su sei obiettivi: Salute e benessere (SDG3), Energia pulita e accessibile (SDG7), Industria, innovazione e infrastrutture (SDG9), Ridurre le disuguaglianze (SDG11), La vita sott'acqua (SDG14) e Partnership per gli obiettivi (SDG17).

Come risultato si è posizionata nelle prime duecento posizioni mondiali negli SDG 9, 11, 14 e 17, e nella parte alta della classifica anche negli altri due. Rispetto allo scorso anno c’è stato dunque un miglioramento in tutte le aree, dovuto alle numerose nuove iniziative intraprese e coordinate dalla Commissione per lo Sviluppo Sostenibile di Ateneo (COsA), presieduta dal professore Marco Raugi.

“I buoni risultati ottenuti – aggiunge Francesco Marcelloni, prorettore alla Cooperazione e Relazioni Internazionali – testimoniano sia il grande impegno dell’Ateneo sui temi della sostenibilità che il grande lavoro fatto negli ultimi anni dal gruppo di lavoro coordinato dal professore Milazzo per migliorare il posizionamento dell'Università di Pisa nei ranking internazionali. La partecipazione a questo ranking ha richiesto un enorme lavoro di indagine e raccolta dati di cui dobbiamo ringraziare l’ufficio statistica di Ateneo e il professore Daniele Antichi della Commissione per lo Sviluppo Sostenibile di Ateneo”.

L’Università di Pisa ha firmato due convenzioni per offrire a studenti, docenti e dipendenti dell’Ateneo tariffe agevolate per l’utilizzo dei monopattini elettrici in città. In particolare, le convenzioni riguardano Helbiz e BitMobility, due servizi di noleggio attivi nel Comune di Pisa. L’attivazione delle convenzioni si inserisce nelle iniziative che l’Ateneo sta promuovendo per la sostenibilità, in particolare attraverso la Commissione per lo Sviluppo Sostenibile che proprio recentemente ha presentato i risultati dei suoi due anni di attività in un incontro aperto a tutta la comunità accademica (disponibile sul canale YouTube d’Ateneo).

La convenzione con Helbiz ha validità un anno e, per poter usufruire dello sconto del 20% sul valore della tariffa al minuto e sul valore dello sblocco del veicolo, sono state previste tre possibili modalità di attivazione: i clienti non iscritti ad Helbiz dovranno utilizzare il dominio @unipi.it per avere l’attivazione delle agevolazioni; i clienti già iscritti ad Helbiz con la mail dell’organizzazione, avranno automaticamente l’attivazione delle agevolazioni; i clienti già iscritti ad Helbiz con mail “privata” dovranno provvedere a creare un nuovo account con l’indirizzo e-mail dell’organizzazione per ottenere l’attivazione delle agevolazioni, direttamente sul portale Helbiz.

La convenzione BitMobility ha validità due anni e consente di avere una agevolazione economica pari a due sblocchi giornalieri gratuiti, oltre al 20% di sconto sulla tariffa a tempo dal lunedì al sabato. Per usufruire della convenzione, gli studenti, i docenti e il personale tecnico amministrativo dovranno accedere a questa pagina web e una volta visualizzato il codice convenzione, dovranno inserirlo nell’apposita sezione all’interno dell’app. Per attivare la convenzione sarà necessario utilizzare la mail istituzionale dell’Ateneo.

È scomparsa nella prima mattinata di venerdì 29 aprile la professoressa Carolyn Gianturco, docente di Storia della Musica, fondatrice e per diversi anni coordinatrice del Coro dell'Università di Pisa. Sabato 30 la salma sarà portata alle cappelle della Misericordia in via Pietrasantina, mentre le esequie avranno luogo martedì 3 maggio alle ore 16,00 in San Paolo a Ripa d'Arno.

La professoressa Carolyn Gianturco ha studiato musica e musicologia nelle Università di Marywood, di Rutgers e di Oxford, dove ha completato il suo D. Phil. sotto la guida di Sir Jack Westrup.

Per molti anni ha insegnato Storia della Musica all'Università di Pisa. Nell'anno accademico 1999-2000 ha fondato il Coro dell'Università di Pisa e ne ha mantenuto il coordinamento fino al 2013. Dal 2010 al 2013 le è stato affidato il coordinamento del Centro per la diffusione della cultura e della pratica musicale, che nel 2021 è confluito nel Centro per l'Innovazione e la Diffusione della Cultura dell'Ateneo pisano come Polo Musicale.

gianturco

La professoressa Gianturco premiata dal rettore Paolo Maria Mancarella il 19 ottobre 2019, nell'ambito della cerimonia per i Venti anni del Coro dell'Ateneo.

Le ricerche della professoressa  Gianturco sono state dedicate soprattutto alla persona e alla musica di Alessandro Stradella (1639-82), ma anche alla definizione e la divulgazione dei generi poetico-musicali italiani del Seicento, alla scoperta della musica della Toscana e della sua storia. I risultati delle sue ricerche sono stati presentati in 7 volumi, 4 capitoli, 48 articoli, 165 voci di enclopedie e in 16 volumi di cantate italiane in facsimile. Ha anche curato numerosi volumi di atti di convegni e di edizioni di musica. È stata coautrice del primo catalogo tematico della musica di Stradella ed è stata autrice della prima documentata monografia della vita del compositore con analisi delle sue più di 300 composizioni.

Inoltre ha fondato e diretto la doppia-collana Studi Musicali Toscani. Ricerche e cataloghi, 13 voll. e Studi Musicali Toscani. Musiche, 4 voll. È stata presidente dell'Edizione Nazionale dell'Opera Omnia di Alessandro Stradella, un progetto di 42 voll. istituito nel 2000 dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali.

La professoressa Carolyn Gianturco è stata fondatrice e presidente dell'Associazione Toscana per la Ricerca delle Fonti Musicali, presidente della Società Italiana di Musicologia e vicepresidente della Società Internazionale di Musicologia.

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In ricordo di Carolyn Gianturco
di Stefano Barandoni
Maestro direttore del Coro dell’Università di Pisa

La notizia della scomparsa di Carolyn Gianturco mi ha profondamente commosso e inondato la mente di tanti ricordi e immagini, anche se, purtroppo, lo stato di salute di Carolyn in queste ultime settimane lasciava ben poca speranza di ripresa.

La mia conoscenza con la professoressa Gianturco risale al novembre del 1982, quando, matricola della Facoltà di Lettere e indeciso se seguire il corso di Archeologia – altra mia passione giovanile – o il corso di Musicologia, optai per la seconda, non solo perché meglio si accordava con i miei contemporanei studi conservatoriali, ma anche per l’entusiasmo che la professoressa mi trasmise sin dalla lezione di presentazione del corso: La musica nel periodo barocco, periodo del quale scoprii dopo essere una delle maggiori studiose al mondo. Frequentai così tutti i corsi e i seminari previsti per la Laurea in Storia della musica fino alla discussione della tesi, di cui naturalmente Carolyn Gianturco fu la prima relatrice. Nei mei anni da studente, ho potuto apprezzare le sue grandi capacità didattiche e in particolare il suo intento di guidarci sin dai primi anni verso una ricerca storico-musicale condotta con rigore scientifico e attenzione all’analisi diretta delle fonti: la frequentazione di archivi e biblioteche musicali andava di pari passo con i seminati su ascolto e analisi di composizioni musicali delle varie epoche.

L’interesse di Carolyn Gianturco per la riscoperta e la valorizzazione della musica toscana, la portò a fondare a Pisa, presso il Dipartimento di Studi Italianistici, di cui faceva parte la sua Sezione di Storia della Musica, l’A.T.Mus. (Associazione Toscana per la Ricerca delle Fonti Musicali): da allora la sua attività si allargò all’organizzazione di corsi per schedatori musicali, censimenti, inventariazioni, catalogazioni di musiche sepolte negli archivi della Toscana, convegni e concerti. Anche io fui convolto per l’inventariazione e la catalogazione dell’archivio musicale dei Cavalieri di Santo Stefano, cui seguirono mostre, concerti e pubblicazione del catalogo nella collana “Studi Musicali Toscani”, altra creazione della professoressa Gianturco.

E tutto questo mentre ricopriva cariche apicali presso la Società Italiana di Musicologia e la International Musicological Society e proseguiva gli studi sul barocco italiano e in particolare su Alessandro Stradella, del quale – come Presidente della commissione scientifica della Edizione Nazionale dell’opera omnia di Alessandro Stradella, istituita dal Ministero della Cultura – ha curato dal 2000 fino a pochi mesi fa la pubblicazione delle opere, dopo avergli dedicato un’importante monografia nel 2007.

Ma nei pensieri della professoressa c’era anche un altro progetto: un coro universitario istituito dall’Ateneo per gli studenti e aperto anche ai giovani laureati e al personale docente e tecnico amministrativo dell’Università. Un’idea certamente ambiziosa e di difficile realizzazione, data anche la sua novità nel panorama universitario italiano. Quando, nell’autunno 1998, Carolyn mi propose di assumere la direzione del coro universitario, se mai fosse stato costituito, diedi la mia disponibilità ma, in cuor mio, non nutrivo grandi speranze sulla sua realizzazione. Dopo alcuni mesi invece giunse al Dipartimento una lettera del Magnifico Rettore Luciano Modica in cui il progetto risultava approvato, ponendosi così le basi perché dall’anno accademico 1999/2000 il Coro dell’Università di Pisa potesse costituirsi. Da allora sono passati ben ventidue anni accademici e non si contano le centinaia di studenti che in tutti questi anni hanno trovato in questa offerta formativa un mezzo efficace per accostarsi all’arte musicale e vivere in modo del tutto speciale i loro anni universitari a Pisa.

Dalla sua fondazione, sino a tutto il 2013, Carolyn Gianturco ha svolto con slancio e competenza il ruolo di responsabile del Coro e poi, dal 2010, del Centro per la Diffusione della Cultura e della Pratica Musicale, che aveva riunito in un’unica struttura il Coro e l’Orchestra dell’Università. In tutti questi anni mi è sempre stata vicina con competenza, simpatia, amicizia e anche fermezza nel portare avanti le battaglie per la causa della musica, prendendo talvolta posizioni anche un po’ radicali, profondamente convinta che la musica non meritasse facili compromessi! Era sempre presente ai concerti del Coro e dell’Orchestra, che presentava con particolare orgoglio, e amava molto intrattenersi e stringere rapporti coi coristi, specie in occasione delle numerose trasferte fuori sede. Cessato il suo incarico, ha sempre continuato a seguire l’attività del “suo amato Coro” al quale ha dedicato, in occasione della celebrazione del ventennale, questo pensiero:

"sia per i coristi come per tutta l’Università, insieme al grande pubblico, il risultato principale di tutti questi anni è stato GIOIA: quella per nostro il compito fatto bene e con cuore e per i suoni meravigliosi che hanno riempito le anime di tutti gli ascoltatori nelle chiese e nei teatri d’Italia e all’estero".

Grazie a Carolyn per la passione e per la GIOIA, che col suo sorriso, ci ha trasmesso in tutti questi anni. Il Coro, già duramente colpito per la scomparsa di Maria Antonella Galanti e di Giancarlo Dell’Amico, proprio in questi giorni sta ultimando la preparazione del concerto DANTE. L’ALTRE STELLE, che si terrà i prossimi 14 e 15 maggio. Dal palcoscenico del Teatro Verdi la penseremo al centro della platea, dove ci ha sempre tributato i suoi scroscianti applausi fino all’ultimo concerto del 15 dicembre scorso!

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In ricordo di Carolyn Gianturco
di Sandra Lischi
Componente del Coro dell'Università di Pisa

Sono entrata nel Coro dell’Università nell’autunno 2004. Si preparava il Requiem di Mozart, che avremmo eseguito nel giugno 2005 in Duomo. Accanto al Maestro Barandoni c’era Carolyn Gianturco, che avevo conosciuto in precedenza come collega, docente di musica nel nostro Ateneo. Ho subito pensato a lei, nel Coro, come a una regista. Prima di ogni concerto, si aggirava nello spazio delle prove e della futura esecuzione per saggiare le voci e il risultato d’insieme dagli angoli anche più remoti; ma in quelle occasioni era attesa e temuta quando passava in rassegna il nostro esteso e variegato raggruppamento con occhio vigile e implacabile, e con quel suo accento particolare ci ammoniva su tutto: la postura, il modo di tenere lo spartito, il foulard messo male e la congruenza o meno delle divise, l’aspetto generale. Per lei il Coro doveva essere bravo, ma anche bello nell’immagine d’insieme che dava di sé. Lo spazio del suono era importante come quello dell’immagine: un’immagine luminosa, composta, decorosa, sorridente, per esprimere al meglio la gioia del canto, seppur con le ansie e le trepidazioni che ci angustiavano prima di ogni concerto.

Del resto, così era Carolyn, con la sua eleganza non convenzionale, i suoi capelli cortissimi, i suoi colori e il suo sorriso. Un po’ regista, certo, nel Coro (e regista e sceneggiatrice del grande progetto di costruzione del Coro stesso, che senza di lei non sarebbe esistito); ma anche un poco artista, con quel tocco estroso, con la curiosità e l’attenzione verso ogni espressione della cultura e della creatività. Inventiva anche nel superare l’impostazione prevalentemente teorica dell’accademia italiana, in cui aveva portato non poco del pragmatismo anglosassone: studiare, certo, ma anche fare, costruire, esprimersi in modi non necessariamente libreschi, creare forme di socialità nell’ambiente di studio. Quindi da un lato la competenza musicale, il rigore nella progettazione, col Maestro, del repertorio, la spinta alla serietà nello studio e nell’interpretazione della musica, nella sua esecuzione da parte nostra, nella presentazione al pubblico cittadino; dall’altro la leggerezza estrosa ed elegante di una presenza disponibile e curiosa, per cui arte e cultura si allargavano alla vita e alla collettività.

Fu bella anche l’esperienza di un laboratorio offerto al Coro, nel 2007 (con Colin Baldy, un docente inglese) sulle tecniche del canto: serbo ancora i disegni, gli schemi relativi all’anatomia, gli appunti sulla respirazione e i divertenti e preziosi consigli sugli esercizi, tuttora utili. Esperienze di arricchimento e di crescita, mentre il Coro stesso cresceva e si arricchiva, diventando la grande comunità che è adesso.

Che bella avventura hai saputo immaginare e costruire e donare, cara Carolyn.

Sapremo portarti con noi.

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In ricordo di Carolyn Gianturco
di Maria Letizia Gualandi
Responsabile del Polo Musicale ‘Maria Antonella Galanti’

Io non ho ricordi diretti della professoressa Gianturco: non sono stata una sua allieva e sono entrata nel Coro solo nel 2018, quando Carolyn era in pensione e la responsabile scientifica del Polo musicale era Maria Antonella Galanti, scomparsa anche lei da meno di un anno. Allora mi è sembrato giusto ricordare Carolyn attraverso le parole di alcuni dei tanti coristi che in queste ore hanno riempito le chat del Coro.

IRIS – Pensando alla professoressa Gianturco mi vengono alle labbra queste parole:

... Inter oves locum praesta,
et ab haedis me sequestra,
statuens in parte dextra ...

PAOLA – I capelli rosso fuoco, il carattere, il sorriso; elegante e raffinata, musica lei stessa. Grazie alla professoressa Gianturco, il coro ha seminato nell’animo di centinaia di giovani tanta educazione alla musica, unione d’intenti, sorrisi festosi, esperienze irripetibili... e anche amori bellissimi!

ELISA – La professoressa Gianturco ci sosteneva con il suo sorriso gentile e sincero. Ricordo che, in occasione del suo pensionamento, cantammo una composizione le cui parole erano state scritte da me, Sarah e Marianna, con la musica di Luca. Non era un capolavoro – lo ammetto –  ma esprimeva tutto l’affetto che nutrivamo per una professoressa e donna eccezionale.

DANIELA – Carolyn era appassionata, ma nello stesso tempo razionale e concreta.

ANNITA – Il suo sorriso, i suoi vestiti floreali che hanno accompagnato i primi passi del nostro amato coro; scorrono davanti ai miei occhi tante immagini e sensazioni. Carolyn era Carolyn.

MARINA – Cara Carolyn! Noi coristi siamo sue creature, dobbiamo a lei l’esistenza del nostro coro e della nostra amicizia. Me la ricordo quando combatteva nei Consigli di Facoltà per raccogliere le firme necessarie a istituire un coro universitario: erano tutti perplessi e dubbiosi per quella ‘strana’ richiesta. Finalmente arrivò chi credeva in lei, il Magnifico rettore Luciano Modica, anche lui scomparso di recente, e la nostra avventura ebbe inizio. Grazie Carolyn per gli anni di musica che ci hai donato.

LAURA – Carolyn era una persona gentile e sorridente, attenta e accogliente con ciascuno di noi: ci salutava personalmente, si congratulava se veniva a conoscenza di qualche nostro successo, condivideva fino in fondo con noi le emozioni di ogni concerto: la prova generale (la ricordo in prima fila, mentre ci guardava cantare attentissima e così partecipe che ti sembrava di averla sul palco al tuo fianco), l’attesa dell’inizio e il trionfo finale.

MARIA CRISTINA – Un gran sorriso e una personalità colorata come i suoi abiti.

ARTHUR – Per noi ‘vecchi’ è stata una presenza-guida formidabile per molti anni. Come tutti i veri intellettuali, portava la propria erudizione con leggerezza e senza spocchia, se così posso dire! Farewell Carolyn! You done good!

LUCIA – Di Carolyn ho ricordi lontani... Il suo corso universitario di Storia della musica sull’epoca barocca è quello che di tutti mi è rimasto più impresso... e anche la sua fissazione su Stradella, che le ho rammentato proprio in tempi recenti. Che donna!

FABRIZIO – Quando facevo Lettere non potei frequentare i corsi della professoressa Gianturco. Siccome però la bibliotecaria mi conosceva e mi faceva entrare liberamente nelle stanze del Dipartimento di Italiano per consultare i libri lì raccolti, mi imbattei per caso negli scaffali di musica, una biblioteca ricchissima. E da quel giorno non c’era settimana che non passassi interi pomeriggi, seduto a terra, a leggere di tutto: riviste, saggi sul canto barocco e romantico, monografie su cantanti e musicisti raccolti grazie alla lungimiranza della professoressa Gianturco.

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