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Comunicati stampa
Mercoledì, 17 Febbraio 2021 13:05

Quando il cervello si sorprende

Un pool di ricercatori dell’Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Cnr-In) e delle Università di Pisa e di Firenze hanno indagato i processi cerebrali che sottendono i meccanismi collegati tra aspettativa, illusione e sorpresa. Nello studio, pubblicato sulla rivista scientifica Current Biology/Cell-press e intitolato Perceptual history propagates down to early levels of sensory analysis, Guido Marco Cicchini (Cnr-In), Alessandro Benedetto (Unipi) e David Burr (Unifi) hanno studiato in che modo il cervello genera le aspettative sul mondo che ci circonda. Lo studio muove da un fenomeno noto come dipendenza seriale in cui, per esempio quando il prestigiatore esegue un numero di illusionismo, gli osservatori tendono a confondere le proprietà degli oggetti che hanno di fronte (ad esempio il colore, l’orientamento, ecc.) con quelle di oggetti simili visti poco prima.

 

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“Questo fenomeno, da noi scoperto qualche anno fa, evidenzia che il cervello cerca costantemente di prevedere quello che accadrà attingendo dall’informazione più affidabile del futuro, ossia il passato prossimo delle nostre esperienze sensoriali”, osserva Burr. I ricercatori hanno generato una serie di stimoli visivi ordinari, inframezzati da stimoli illusori, ossia sollecitazioni che appaiono percettivamente diverse da come sono fisicamente. “Analizzando il comportamento dei soggetti in prossimità di questi stimoli illusori, abbiamo visto che il cervello per formare le sue previsioni utilizza uno scambio continuo e reciproco, in entrata ed uscita, di segnali neurali di livello più alto (cioè elaborati) con segnali più grezzi che sono recepiti dalle aree neuronali più prossime alla retina”.

“che questi effetti di memoria fossero ubiqui nella percezione, ma il risultato è stato sorprendente. Ci aspettavamo di osservare meccanismi locali, circoscritti alle aree prime sensoriali, quelle della vista, oppure ad aree di alto livello, dedicate all’elaborazione della memoria. Invece i dati hanno mostrato che il fenomeno della dipendenza seriale nasce da un dialogo delle seconde con le prime, probabilmente utilizzando dei percorsi neurali di feedback”, afferma Cicchini.

“Il cervello è un’intricata rete di neuroni interconnessi in cui si distinguono due grandi categorie. Le connessioni feedforward, che portano informazioni dalle prime aree sensoriali ai centri di elaborazioni più alti, e le connessioni rientranti (feedback) che fanno il percorso inverso”, conclude Alessandro Benedetto. “Mentre il ruolo delle connessioni feedforward è abbastanza chiaro, quello delle connessioni rientranti è stato finora oggetto di molte speculazioni”.

“Questo studio spiega che le previsioni sono un aspetto fondamentale del funzionamento cerebrale. Quando non si avverano emergono sensazioni di apprensione, spavento, sorpresa o meraviglia. Nei bambini spesso la sorpresa sfocia in allegria, ma in generale per l’adulto, che ha imparato le regolarità del mondo circostante, gli eventi imprevedibili sono pochi. Tranne quando si è di fronte al numero di un illusionista, che ci restituisce quel senso di meraviglia fondamentale per il funzionamento del nostro cervello”, conclude Cicchini.

Venerdì 19 febbraio, alle 17, in diretta streaming sulla pagina Facebook del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa, il professor Giuseppe Iannaccone terrà una conversazione con Romano Prodi sulle “Sfide globali, l’Europa e l’Italia”. Romano Prodi è stato due volte Presidente del Consiglio dei ministri, è stato Presidente della Commissione Europea, ha ricoperto diversi incarichi speciali per conto delle Nazioni Unite in situazioni di crisi. Per i ruoli che ha ricoperto, i suoi interessi intellettuali e gli interventi pubblici sui temi globali per la profondità e l’ampiezza di visione, è la persona ideale con cui conversare per capire come il mondo sta cambiando e quali saranno le grandi sfide per l’Europa e l’Italia.
L’iniziativa fa parte del ciclo i21, una serie di conversazioni con Giuseppe Iannaccone su come prepararsi al mondo che cambia e sull’impatto che scienza e tecnologia hanno sull’economia, società, lavoro, istruzione, cultura. Questo incontro è promosso dal progetto di ricerca Evo4.0 sull’evoluzione delle tecnologie industria 4.0 e il loro impatto sociale ed economico. Il progetto Evo4.0 è cofinanziato dal POR FESR Toscana 2014-2020 (Azione 1.1.4 sub b) ed è coordinato da Giuseppe Iannaccone, nell’ambito del laboratorio Crosslab IT& Società del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione, Università di Pisa.
L’incontro si potrà seguire anche sul canale Youtube e sulla pagina Facebook del professor Giuseppe Iannaccone.

Il modello di attaccamento che i cani sviluppano verso i proprietari è come quello dei bimbi verso i genitori o “prestatori di cura” (caregiver). La notizia arriva da uno studio pubblicato sulla rivista “Animals- MDPI” e condotto al dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Pisa dove da circa dieci anni un gruppo di ricercatori si occupa del tema.

“Che da questo punto di vista i cani da compagnia avessero dei comportamenti simili a quelli dei bambini si sapeva già – spiega la dottoressa Chiara Mariti, ricercatrice dell’Ateneo pisano – questa però è la prima volta che siamo riusciti a declinare più precisamente i vari stili di legame sottoponendo i cani a test molto simili a quelli usati per gli umani”.

E’ emerso così che la maggioranza dei cani, come del resto accade per i bimbi, mostra un attaccamento “sicuro”. Gli animali hanno cioè un moderato stress quando avviene una separazione involontaria, cioè il proprietario li lascia da soli, in un ambiente sconosciuto e si tranquillizzano non appena lo rivedono. C’è invece poi una minoranza di “insicuri” che non si calma o che manifesta il disagio attraverso una apparente indifferenza, come nel caso degli “insicuri evitanti”.

 

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Un momento della sperimentazione


Lo studio ha coinvolto 67 coppie di cani-proprietari che sono stati sottoposti a delle varianti di un esperimento denominato “Strange Situation procedure (SSP)” usato appunto per valutare gli stili di attaccamento dei bambini. In pratica i ricercatori hanno fatto entrare la coppia cane-proprietario in una stanza sconosciuta gestendo, secondo una sequenza codificata, l’entrata e l’uscita del proprietario o di un estraneo per capire la risposta dell’animale.

“Lo studio degli stili di attaccamento tra cane e proprietario è ancora agli albori, se paragonato a quello in psicologia e psichiatria umana – conclude Mariti – e tuttavia, se le ricerche dovessero condurre, come sembra che sia, a risultati simili a quelli riscontrati in ambito umano, avremmo una nuova chiave di lettura per capire alcuni disturbi comportamentali del cane con enormi implicazioni in termini di benessere animale”.

Chiara Mariti, ricercatrice senior del dipartimento Scienze Veterinarie dove si occupa soprattutto di etologia e di benessere degli animali d’affezione, ha partecipato allo lo studio in qualità di supervisore di Giacomo Riggio, primo autore dell’articolo, che ha svolto il lavoro nell’ambito del suo dottorato. La ricerca si è inoltre aggiudicata il Rudy DeMeester Grant 2020, premio elargito annualmente dalla European Society of Veterinary Clinical Ethology (ESVCE) per lo sviluppo di progetti nell’ambito dell’etologia clinica veterinaria. Gli altri autori dell’articolo sono il professore Angelo Gazzano e le dottoresse Beatrice Carlone e Borbala Zsilak, quest’ultima dell’Università di Budapest che vi ha partecipato durante il suo tirocinio presso l’Ateneo pisano.

Il modello di attaccamento che i cani sviluppano verso i proprietari è come quello dei bimbi verso i genitori o “prestatori di cura” (caregiver). La notizia arriva da uno studio pubblicato sulla rivista “Animals- MDPI” e condotto al dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Pisa dove da circa dieci anni un gruppo di ricercatori si occupa del tema.
“Che da questo punto di vista i cani da compagnia avessero dei comportamenti simili a quelli dei bambini si sapeva già – spiega la dottoressa Chiara Mariti, ricercatrice dell’Ateneo pisano – questa però è la prima volta che siamo riusciti a declinare più precisamente i vari stili di legame sottoponendo i cani a test molto simili a quelli usati per gli umani”.
E’ emerso così che la maggioranza dei cani, come del resto accade per i bimbi, mostra un attaccamento “sicuro”. Gli animali hanno cioè un moderato stress quando avviene una separazione involontaria, cioè il proprietario li lascia da soli, in un ambiente sconosciuto e si tranquillizzano non appena lo rivedono. C’è invece poi una minoranza di “insicuri” che non si calma o che manifesta il disagio attraverso una apparente indifferenza, come nel caso degli “insicuri evitanti”.
Lo studio ha coinvolto 67 coppie di cani-proprietari che sono stati sottoposti a delle varianti di un esperimento denominato “Strange Situation procedure (SSP)” usato appunto per valutare gli stili di attaccamento dei bambini. In pratica i ricercatori hanno fatto entrare la coppia cane-proprietario in una stanza sconosciuta gestendo, secondo una sequenza codificata, l’entrata e l’uscita del proprietario o di un estraneo per capire la risposta dell’animale.
“Lo studio degli stili di attaccamento tra cane e proprietario è ancora agli albori, se paragonato a quello in psicologia e psichiatria umana – conclude Mariti – e tuttavia, se le ricerche dovessero condurre, come sembra che sia, a risultati simili a quelli riscontrati in ambito umano, avremmo una nuova chiave di lettura per capire alcuni disturbi comportamentali del cane con enormi implicazioni in termini di benessere animale”.
Chiara Mariti, ricercatrice senior del dipartimento Scienze Veterinarie dove si occupa soprattutto di etologia e di benessere degli animali d’affezione, ha partecipato allo lo studio in qualità di supervisore di Giacomo Riggio, primo autore dell’articolo, che ha svolto il lavoro nell’ambito del suo dottorato.
La ricerca si è inoltre aggiudicata il Rudy DeMeester Grant 2020, premio elargito annualmente dalla European Society of Veterinary Clinical Ethology (ESVCE) per lo sviluppo di progetti nell’ambito dell’etologia clinica veterinaria.
Gli altri autori dell’articolo sono il professore Angelo Gazzano e le dottoresse Beatrice Carlone e Borbala Zsilak, quest’ultima dell’Università di Budapest che vi ha partecipato durante il suo tirocinio presso l’Ateneo pisano.

C'è il basso bacino del fiume Serchio e in particolare il comprensorio del lago di Massaciuccoli al centro di un progetto di ricerca europeo che vede impegnata in prima linea l'Università di Pisa, insieme all'Autorità di Bacino Distrettuale dell'Appennino Settentrionale e altri 13 partner in Europa che studieranno a loro volta aree a rischio idrogeologico in Austria, Germania, Spagna e Norvegia. Il progetto si chiama PHUSICOS (in greco φυσικός), che significa "in accordo con la natura", e ha l'obiettivo di definire, realizzare e collaudare soluzioni basate sulla natura (Nature Based Solutions - NBSs) che favoriscano il recupero ambientale del lago di Massaciuccoli, migliorando gli ecosistemi ad esso collegati, favorendo la biodiversità e la fruibilità delle aree naturali. Il coinvolgimento dell'Ateneo pisano vede la collaborazione del Dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e agro-ambientali e del Dipartimento di Scienze della Terra.

Il progetto, che è stato finanziato nell'ambito di Horizon 2020 con quasi dieci milioni di euro – di questi circa 1.5 milioni destinati a finanziare opere NBSs nel comprensorio del lago di Massaciuccoli – punta a dimostrare come le soluzioni basate sulla natura possano rappresentare misure robuste, sostenibili ed economiche per incrementare la resilienza del territorio, ridurre il rischio di eventi meteorologici estremi nei comprensori pede-montani e collinari. "La premessa di fondo di PHUSICOS è considerare la natura stessa una fonte di idee e soluzioni per mitigare il rischio rappresentato dai pericoli naturali causati dal clima – spiegano i professori Nicola Silvestri, Monica Bini e Roberto Giannecchini – Il progetto cercherà di colmare il vuoto di conoscenze specifiche relative all'uso di NBSs per i rischi idro-meteorologici (inondazioni, erosione, frane, siccità) implementando soluzioni apposite in diversi siti di studio".

Un esempio? L'utilizzo di tecniche agronomiche in grado di meglio contenere i rischi di erosione e di perdita dei nutrienti dai campi coltivati che costituiscono una delle cause del degrado del Lago di Massaciuccoli. Con il coinvolgimento di due diverse aziende agricole del comprensorio, sono già iniziati i primi sopralluoghi per mettere a punto due tipi di sistemi alternativi di coltivazione di terreni intorno al lago: il primo prevede il ricorso alle fasce tampone (buffer-strip), cioè a delle strisce vegetate larghe tre metri che circondano il campo su tre lati, lasciando libero solo il lato necessario per consentire l'accesso alle macchine. L'altro si ispira ai principi dell'agricoltura conservativa ed è caratterizzato da una sostanziale riduzione dell'intensità della lavorazione del terreno e dal ricorso alle cover-crops, cioè a coperture vegetali, inserite fra una coltura e la successiva a meri scopi agro-ecologici, senza alcuna finalità economica. "Le performances dei tre sistemi colturali saranno valutate sia in termini agronomici, economici e ambientali, così da poter fornire tutte le informazioni utili per un auspicabile trasferimento di queste tecniche dal piano dimostrativo a quello operativo", aggiunge il professor Nicola Silvestri.

Le attività del Dipartimento di Scienze della Terra, con il supporto e la collaborazione del dott. Nicola Del Seppia dell'Autorità di Bacino Distrettuale dell'Appennino Settentrionale, si concentreranno sulla ricostruzione dell'evoluzione paleo-ambientale del sito mediante realizzazione di carotaggi dei primi metri di terreno, con analisi stratigrafica, granulometrica e datazione di alcuni orizzonti ritenuti chiave per l'interpretazione dell'evoluzione del territorio. "Ci occuperemo della caratterizzazione climatica recente in relazione alla variabilità delle precipitazioni e delle temperature, anche nel contesto dei cambiamenti climatici, e della caratterizzazione idrogeologica e geochimica dei terreni e delle acque, nonché del monitoraggio idrometrico, qualitativo e di trasporto solido delle acque superficiali per la quantificazione dei processi erosivi", spiegano ancora i professori Monica Bini e Roberto Giannecchini.

I ricercatori coinvolti nel progetto sono il prof. Nicola Silvestri, il prof. Marco Mazzoncini, il dott. Nicola Grossi e il dott. Daniele De Nisco per il Dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e agro-ambientali; la prof. Monica Bini, il prof. Roberto Giannecchini, il dott. Marco Luppichini e la dott. Francesca Pasquetti per il Dipartimento di Scienze della Terra.

 

Martedì, 16 Febbraio 2021 16:50

Il Coro dell'Università riprende l'attività

Locandina Ripresa Attivita CoroConclusi i laboratori di vocalità, il Coro dell'Università riprende l'attività delle prove che, a causa dell'emergenza sanitaria, sono svolte online. Il maestro Stefano Barandoni ha iniziato lunedi 15 febbraio a preparare coi coristi la nuova composizione che dovrebbe caratterizzare questo 2021: "Dante. L'Altre Stelle".

Si tratta di un oratorio per soli, coro e orchestra, appositamente composto da Alberto Casadei (libretto) e Marco Bargagna (musica) per il nostro Coro e che sarà eseguito in prima assoluta a Pisa, in autunno, nell'ambito degli eventi per l'anno dantesco sotto il patrocinio del MiBact.

Giovedì 18 febbraio alle 16 su Teams, avrà luogo l’incontro aperto al pubblico "Storie di donne e ICT. Passato, presente e futuro". L’evento è organizzato dal dipartimento di Ingegneria dell'Informazione per salutare Nicoletta De Francesco, a lungo prorettrice e prorettrice vicaria dell'Università di Pisa, in occasione del suo pensionamento. Alla diretta accanto ad amici e colleghi ci sarà anche Anna Grassellino, ex studentessa del dipartimento, in collegamento dal FermiLab, e insieme a lei altre sei scienziate: Chiara Bodei, Sabrina Greco, Gigliola Vaglini, Antonella Santone, Lucia Pallottino e Arti Ahulwalia.

“La mia storia in UNIPI coincide con la storia dell'informatica dagli anni 70 a oggi - ha detto la professoressa De Francesco - nell'arco di una vita lavorativa siamo passati dalle schede perforate all'attuale situazione dove l'informatica permea tutte le attività umane”.

Iscritta nel 1970 all’Università di Pisa al primo corso di laurea italiano in informatica istituito l'anno precedente, Nicoletta De Francesco ha insegnato e svolto la sua attività di ricerca nei dipartimenti di Informatica e di Ingegneria dell'Informazione. Dal 2003 al 2019 si è impegnata nella gestione dell'Università di Pisa, prima come prorettrice alla didattica con il Rettore Pasquali (2003-2010) e poi come prorettrice vicaria dei Rettori Augello (2010-2016) e Mancarella (2016-2019); nel 2014 ha ricevuto l'Ordine del Cherubino.

 

 

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