Acque pulite nei porti, al via il progetto GRRinPORT
Migliorare la qualità delle acque marine nei porti limitando l’impatto dell’attività portuale e del traffico marittimo attraverso la definizione di un set di buone pratiche per la gestione di rifiuti e reflui. E’ questo l’obiettivo di GRRinPORT (acronimo di Gestione sostenibile dei rifiuti e dei reflui nei porti), un progetto triennale partito nel 2018 che riguarderà in via sperimentale i porti di Piombino, Ajaccio, Livorno e Cagliari. Finanziato dal Programma Interreg Marittimo Italia – Francia, il progetto ha come partner il Dipartimento di Ingegneria dell'Energia, dei Sistemi, del Territorio e delle Costruzioni (Destec) dell'Università di Pisa che opererà con un vasto consorzio italo-francese di cui fanno parte l’Università degli Studi di Cagliari come capofila, la Regione Autonoma della Sardegna, il Mediterranean Sea and Coast Foundation (Medsea), l’Université de Corse Pasquale Paoli, l’Office des Transports de la Corse e l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra).
A maggio e giugno 2018 sono stati prelevati i primi campioni di sedimenti marini nel porto di Livorno, in particolare in varie Darsene (Darsena Lucchini e Darsena Pescherecci)
“Nei mesi scorsi abbiamo effettuato i primi prelievi nel porto di Piombino e Livorno allo scopo di raccogliere sedimenti con diverse caratteristiche chimico-fisiche su cui effettuare le analisi – spiega il professore Renato Iannelli dell’Ateneo pisano – Sulla base dei livelli e del tipo di contaminazione stabiliremo quindi i trattamenti da fare per bonificarli”.
Nell’ambito del progetto, il Destec dell’Università di Pisa metterà infatti a disposizione la propria esperienza di ricerca e sperimentazione per il trattamento e la gestione dei sedimenti di dragaggio contaminati. In particolare, i campioni raccolti saranno prima lavati e separati per grandezza fine, media e grossolana e quindi attraverso successivi trattamenti verranno rimossi i metalli pesanti e degradati gli inquinanti organici.
La ditta STMP di Piombino ha effettuato varie immersioni che hanno permesso di campionare un totale di 16 campioni di varie granulometrie e contenenti diversi inquinanti. Hanno partecipato sia UNIPI (Prof. Renato Iannelli, Ing. Isabella Pecorini) che Ispra (Ing. Fabiano Pilato e Ing. Andrea La Camera)
Oltre ai primi campionamenti, i partner impegnati nel progetto stanno inoltre definendo il quadro generale della situazione attraverso una raccolta dati e un’analisi della normativa. Il piano di raccolta e gestione dei rifiuti portuali è infatti un obbligo di legge per l’Autorità Portuale, ma manca un’azione di raccordo nazionale e transfrontaliera, che uniformi le modalità di gestione delle diverse tipologie di rifiuti e di reflui, sia a bordo delle imbarcazioni che in porto.
I campioni raccolti, in prevalenza limo argillosi anche se in alcuni casi hanno presentato parti sabbiose
“Nell’area presa in esame dal progetto, l’inquinamento marino è causato principalmente dall’uso di combustibili inquinanti e dai fumi emessi dai traghetti che effettuano il trasporto da e per la Corsica, ma anche dalla presenza di rifiuti e reflui organici prodotti a bordo delle navi e nelle strutture a terra – conclude Iannelli - Obiettivo del progetto è dunque dare delle indicazioni comuni per gestirli al meglio e limitare gli impatti sull’ambiente”.
Acque pulite nei porti, al via il progetto GRRinPORT
Migliorare la qualità delle acque marine nei porti limitando l’impatto dell’attività portuale e del traffico marittimo attraverso la definizione di un set di buone pratiche per la gestione di rifiuti e reflui. E’ questo l’obiettivo di GRRinPORT (acronimo di Gestione sostenibile dei rifiuti e dei reflui nei porti), un progetto triennale partito nel 2018 che riguarderà in via sperimentale i porti di Piombino, Ajaccio, Livorno e Cagliari. Finanziato dal Programma Interreg Marittimo Italia – Francia, il progetto ha come partner il Dipartimento di Ingegneria dell'Energia, dei Sistemi, del Territorio e delle Costruzioni (Destec) dell'Università di Pisa che opererà con un vasto consorzio italo-francese di cui fanno parte l’Università degli Studi di Cagliari come capofila, la Regione Autonoma della Sardegna, il Mediterranean Sea and Coast Foundation (Medsea), l’Université de Corse Pasquale Paoli, l’ Office des Transports de la Corse e l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra).
“Nei mesi scorsi abbiamo effettuato i primi prelievi nel porto di Piombino e Livorno allo scopo di raccogliere sedimenti con diverse caratteristiche chimico-fisiche su cui effettuare le analisi – spiega il professore Renato Iannelli dell’Ateneo pisano – Sulla base dei livelli e del tipo di contaminazione stabiliremo quindi i trattamenti da fare per bonificarli”.
Nell’ambito del progetto, il Destec dell’Università di Pisa metterà infatti a disposizione la propria esperienza di ricerca e sperimentazione per il trattamento e la gestione dei sedimenti di dragaggio contaminati. In particolare, i campioni raccolti saranno prima lavati e separati per grandezza fine, media e grossolana e quindi attraverso successivi trattamenti verranno rimossi i metalli pesanti e degradati gli inquinanti organici.
Oltre ai primi campionamenti, i partner impegnati nel progetto stanno inoltre definendo il quadro generale della situazione attraverso una raccolta dati e un’analisi della normativa. Il piano di raccolta e gestione dei rifiuti portuali è infatti un obbligo di legge per l’Autorità Portuale, ma manca un’azione di raccordo nazionale e transfrontaliera, che uniformi le modalità di gestione delle diverse tipologie di rifiuti e di reflui, sia a bordo delle imbarcazioni che in porto.
“Nell’area presa in esame dal progetto, l’inquinamento marino è causato principalmente dall’uso di combustibili inquinanti e dai fumi emessi dai traghetti che effettuano il trasporto da e per la Corsica, ma anche dalla presenza di rifiuti e reflui organici prodotti a bordo delle navi e nelle strutture a terra – conclude Iannelli - Obiettivo del progetto è dunque dare delle indicazioni comuni per gestirli al meglio e limitare gli impatti sull’ambiente”.
FOTO 1
La ditta STMP di Piombino ha effettuato varie immersioni che hanno permesso di campionare un totale di 16 campioni di varie granulometrie e contenenti diversi inquinanti. Hanno partecipato sia UNIPI (Prof. Renato Iannelli, Ing. Isabella Pecorini) che Ispra (Ing. Fabiano Pilato e Ing. Andrea La Camera).
FOTO 2
A maggio e giugno 2018 sono stati prelevati i primi campioni di sedimenti marini nel porto di Livorno, in particolare in varie Darsene (Darsena Lucchini e Darsena Pescherecci).
FOTO3
I campioni sono stati carotati sul fondale per circa 40 cm in seguito omogeneizzati e suddivisi, nella foto Isabella Pecorini, Fabiano Pilato e Andrea La Camera)
FOTO4
I campioni raccolti, in prevalenza limo argillosi anche se in alcuni casi hanno presentato parti sabbiose.
Finanza globale e contabilità pubblica
La dimensione globale della finanza e della contabilità pubblica è il tema di un convegno che si svolgerà giovedì 6 dicembre nella sala dell’Ordine dei Cavalieri di Santo Stefano (piazza dei Cavalieri) e venerdì 7 dicembre nell’aula magna F.lli Pontecorvo del Polo Fibonacci (Largo Bruno Pontecorvo, 3). Il convegno è organizzato dal Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Pisa e dal Dipartimento di Economia dell’Università Cà Foscari.
L’Italia e l’Islam, XII secoli di storie in movimento
Giovedì 6 e venerdì 7 dicembre 2018, presso il Centro congressi “Le benedettine”, in piazza S. Paolo a Ripa d’Arno 16 a Pisa, a partire dalle 10.00, si svolgerà il convegno “L’Italia e l’Islam. XII secoli di storie in movimento: persone, merci e culture”, organizzato da Renata Pepicelli e Daniele Mascitelli del Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa e promosso dal CISP, il Centro interdipartimentale di Scienze per la pace e dal Dottorato in Storia.
Oltre agli interventi di docenti e ricercatori afferenti a diversi atenei, il convegno sarà arricchito dalla mostra “Scritture kufiche” di Delio Gennai che si aprirà il 6 dicembre alle 13.30; dalla lezione spettacolo “Andare per l’Italia araba” di Alessandro Vanoli, che si terrà il 6 dicembre alle 21.00 presso il Cinema Arsenale, in Vicolo Scaramucci 2; dalla visita guidata lungo le tracce arabo-islamiche a Pisa a cura di Mauro Ronzani, che si svolgerà il 7 dicembre dalle 15.00, con partenza da Palazzo Carità, in via Pasquali Paoli 15. Il convegno e le attività connesse sono aperte a tutti e non necessitano di prenotazione.
Da dodici secoli il mondo musulmano, inteso come insieme eterogeneo di persone e culture che condividono una fede religiosa o da essa sono fortemente influenzate, è in relazione con l'Italia. A fronte di un’apparente frammentarietà di tali relazioni, questo convegno, articolato in tre macro-sessioni (età medioevale, età moderna e età contemporanea), traccia un percorso che, partendo dalla storia di Pisa, mette in luce la continuità di interconnessioni che, attraversando il tempo e lo spazio, sono giunte fino ai nostri giorni.
Renata Pepicelli insegna “Islamistica” e “Storia dei paesi islamici” presso il dipartimento di Civiltà e forme del sapere dell’Università di Pisa; Daniele Mascitelli insegna “Lingua e letteratura araba” presso lo stesso dipartimento.
Concerto "Raw Night n.2"
Il 7 dicembre 2018 alle 22.30, al Polo Carmignani, l'Associazione IMATS organizza "Raw Night n.2", concerto di musica live con artisti pisani.
Info: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Concerto "Raw Night n.2"
Il 7 dicembre 2018 alle 22.30, al Polo Carmignani, l'Associazione IMATS organizza "Raw Night n.2", concerto di musica live con artisti pisani.
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Scoperta la più antica evidenza di cauterizzazione per trattare un trauma cranico
Per la prima volta in paleopatologia è stato documentato l’uso medievale del cauterio in relazione al trattamento chirurgico di un trauma cranico. La scoperta viene dalla Divisione di Paleopatologia dell'Università di Pisa, diretta dalla professoressa Valentina Giuffra, che ha condotto uno studio sul corpo mummificato di San Davino Armeno durante una ricognizione canonica promossa dalla Curia Arcivescovile di Lucca e condotta nel marzo 2018 sotto la supervisione scientifica del professor Gino Fornaciari. Lo studio è stato ritenuto così interessante per gli aspetti paleopatologici e storico-medici da essere pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica “The Lancet”.
Nelle fonti agiografiche leggiamo che Davino, originario del Regno d’Armenia, giunse a Lucca nell’anno 1050, dopo un lungo pellegrinaggio che lo avrebbe condotto prima a Gerusalemme e poi a Roma. Morì a Lucca improvvisamente sulla strada per Santiago de Compostela. Il corpo, conservatosi miracolosamente, divenne presto oggetto di grande venerazione ed è stato conservato per secoli nell’altare maggiore della basilica di San Michele in Foro. “Lo studio, che ha incluso l’esame macroscopico e la CT total body della mummia, effettuata presso la Clinica Barbantini di Lucca, ha rivelato trattarsi di un giovane adulto di circa 25 anni – spiega la professoressa Valentina Giuffra - Sul cranio sono state rilevate due lesioni traumatiche con segni di lunga sopravvivenza: un taglio superficiale sul frontale lungo 5 cm, prodotto da una lama dentata, e una lesione ellittica con frattura depressa in corrispondenza del tratto di destra della sutura coronale, prodotta da un corpo contundente. Intorno a questa lesione è stato possibile osservare una cicatrice ossea con margini sottili di forma pentagonale, causata dal contatto di un ferro rovente, un cauterio a testa pentagonale, applicato probabilmente per arrestare l’emorragia dopo la toilette chirurgica”.
La medicina medievale bizantina e araba faceva ampio uso del cauterio, ossia di un ferro rovente da applicare a una lesione o a una ferita a scopo terapeutico. In particolare, il mondo islamico aveva elaborato una dottrina medico-chirurgica che prevedeva in moltissimi casi il ricorso alla cauterizzazione, intervento che aveva il merito di limitare l’effusione del sangue, così come prescritto dalle leggi coraniche. Uno dei maggiori chirurghi islamici del X-XI secolo, lo spagnolo Albucasis, nel celebre trattato “al-Tasrif” descrive con dovizia di particolari le modalità d’uso del cauterio. Nonostante queste attestazioni storiche, rarissimi sono i casi paleopatologici di cauterizzazione individuati direttamente sui resti umani antichi.
I cauteri avevano forma variabile: rotondi, a oliva, quadrati o poligonali, a seconda del loro impiego e dello scopo dell’intervento, ma finora non era stata trovata una prova diretta così evidente di questa pratica chirurgica. Antonio Fornaciari, primo autore del lavoro, aggiunge: “San Davino nella tradizione popolare era il Santo invocato per la guarigione del mal di testa; fino a qualche decennio fa i devoti erano soliti andare a venerare il corpo e indossavano il cappello di San Davino per ottenere la guarigione. È interessante aver trovato sul cranio del Santo l’evidenza di due gravi traumi cranici, di cui uno con evidenza di trattamento medico. È evidente che Davino soffrì di gravi emicranie a seguito dei traumi e che dunque la tradizione ha una relazione con episodi della vita del Santo realmente accaduti”.
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Didascalie immagini:
Fig. 1 La mummia di San Davino, XI secolo (Lucca, San Michele in Foro).
Fig. 2 Il cranio di San Davino con in evidenza la lesione che mostra i segni del cauterio pentagonale
Fig. 3 Particolare della lesione con segni di cauterio
Fig. 4 Cauterizzazione del cranio nel trattato di Chirurgia di Charaf Ed-Din (1465)
Scoperta la più antica evidenza di cauterizzazione per trattare un trauma cranico
Per la prima volta in paleopatologia è stato documentato l’uso medievale del cauterio in relazione al trattamento chirurgico di un trauma cranico. La scoperta viene dalla Divisione di Paleopatologia dell'Università di Pisa, diretta dalla professoressa Valentina Giuffra, che ha condotto uno studio sul corpo mummificato di San Davino Armeno durante una ricognizione canonica promossa dalla Curia Arcivescovile di Lucca e condotta nel marzo 2018 sotto la supervisione scientifica del professor Gino Fornaciari. Lo studio è stato ritenuto così interessante per gli aspetti paleopatologici e storico-medici da essere pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica “The Lancet”.
La mummia di San Davino, XI secolo (Lucca, San Michele in Foro).
Nelle fonti agiografiche leggiamo che Davino, originario del Regno d’Armenia, giunse a Lucca nell’anno 1050, dopo un lungo pellegrinaggio che lo avrebbe condotto prima a Gerusalemme e poi a Roma. Morì a Lucca improvvisamente sulla strada per Santiago de Compostela. Il corpo, conservatosi miracolosamente, divenne presto oggetto di grande venerazione ed è stato conservato per secoli nell’altare maggiore della basilica di San Michele in Foro. “Lo studio, che ha incluso l’esame macroscopico e la CT total body della mummia, effettuata presso la Clinica Barbantini di Lucca, ha rivelato trattarsi di un giovane adulto di circa 25 anni – spiega la professoressa Valentina Giuffra - Sul cranio sono state rilevate due lesioni traumatiche con segni di lunga sopravvivenza: un taglio superficiale sul frontale lungo 5 cm, prodotto da una lama dentata, e una lesione ellittica con frattura depressa in corrispondenza del tratto di destra della sutura coronale, prodotta da un corpo contundente. Intorno a questa lesione è stato possibile osservare una cicatrice ossea con margini sottili di forma pentagonale, causata dal contatto di un ferro rovente, un cauterio a testa pentagonale, applicato probabilmente per arrestare l’emorragia dopo la toilette chirurgica”.
Il cranio di San Davino con in evidenza la lesione che mostra i segni del cauterio pentagonale.
La medicina medievale bizantina e araba faceva ampio uso del cauterio, ossia di un ferro rovente da applicare a una lesione o a una ferita a scopo terapeutico. In particolare, il mondo islamico aveva elaborato una dottrina medico-chirurgica che prevedeva in moltissimi casi il ricorso alla cauterizzazione, intervento che aveva il merito di limitare l’effusione del sangue, così come prescritto dalle leggi coraniche. Uno dei maggiori chirurghi islamici del X-XI secolo, lo spagnolo Albucasis, nel celebre trattato “al-Tasrif” descrive con dovizia di particolari le modalità d’uso del cauterio. Nonostante queste attestazioni storiche, rarissimi sono i casi paleopatologici di cauterizzazione individuati direttamente sui resti umani antichi.
Particolare della lesione con segni di cauterio.
I cauteri avevano forma variabile: rotondi, a oliva, quadrati o poligonali, a seconda del loro impiego e dello scopo dell’intervento, ma finora non era stata trovata una prova diretta così evidente di questa pratica chirurgica. Antonio Fornaciari, primo autore del lavoro, aggiunge: “San Davino nella tradizione popolare era il Santo invocato per la guarigione del mal di testa; fino a qualche decennio fa i devoti erano soliti andare a venerare il corpo e indossavano il cappello di San Davino per ottenere la guarigione. È interessante aver trovato sul cranio del Santo l’evidenza di due gravi traumi cranici, di cui uno con evidenza di trattamento medico. È evidente che Davino soffrì di gravi emicranie a seguito dei traumi e che dunque la tradizione ha una relazione con episodi della vita del Santo realmente accaduti”.
Cauterizzazione del cranio nel trattato di Chirurgia di Charaf Ed-Din (1465).
INVITO E COMUNICATO STAMPA Giornata in onore di Pacinotti, scienziato pisano inventore della dinamo
Martedì 4 dicembre, dalle 14.30, nell’aula magna della Scuola di Ingegneria dell’Università di Pisa (Largo Lucio Lazzarino) si tiene una giornata in onore di Antonio Pacinotti. Nell’occasione, alle 16,30 sarà scoperta una targa dedicata allo scienziato pisano inventore della dinamo. Il riconoscimento conferitogli dalla IEEE, la più importante associazione mondiale in ambito dell’ingegneria elettrica e dell'informazione, è la cosiddetta “IEEE milestone” o pietra miliare, a significare il fondamentale contributo dato da Pacinotti al progresso tecnologico a beneficio dell’intera umanità.
Alla cerimonia partecipano, fra gli altri, il prorettore vicario Nicoletta De Francesco, Marco Raugi, prorettore per la ricerca applicata e il trasferimento tecnologico, e i rappresentanti dell'IEEE.
Antonio Pacinotti, nato a Pisa il 17 giugno 1841, studiò e si laureò all'Università di Pisa il 28 giugno 1861. Prima della laurea, precisamente nell'aprile 1860, realizzò «la prima dinamo a corrente continua», la cosiddetta “Macchinetta”. Dopo aver insegnato Fisica e Chimica all'Istituto Tecnico di Bologna, Fisica Sperimentale all'Università di Cagliari tornò definitivamente all'Università di Pisa nel 1882 come Professore di Fisica Sperimentale.
L'Università di Pisa conserva presso il Museo degli Strumenti di Fisica tutti i prototipi realizzati da Antonio Pacinotti: la famosa “Macchinetta”, la Macchina a Gomitolo, la Macchina a Volano, il "Fucile elettromagnetico" e altri ancora. Nella «Biblioteca di Matematica, Informatica, Fisica» si trovano inoltre la Biblioteca (circa 2000 volumi) e l'Archivio (migliaia di fogli manoscritti) del grande scienziato e del padre Luigi, anch'egli professore all'Università.
Il programma della giornata>>> https://www.unipi.it/index.php/unipieventi/event/4068-ieee-milestone-pacinotti
Mendelssohn e musiche tradizionali per il Concerto di Natale del Coro dell’Università di Pisa
Mercoledì 5 dicembre, alle ore 21.15, nella chiesa di Santa Maria del Carmine in Corso Italia, il Coro dell’Università di Pisa terrà il tradizionale Concerto di Natale con musiche di Mendelssohn e della tradizione natalizia. Accompagneranno il Coro l'organista Claudiano Pallottini, il pianista Luigi Traino e l'Ensemble di fiati e percussioni dell'Orchestra dell'Università di Pisa. Mezzosoprano solista Sara Bacchelli, direttore Stefano Barandoni.
"La prima parte del concerto di Natale è affidata ad alcune composizioni di musica sacra di Felix Mendelssohn Bartholdy che mostrano il convergere e il dialogare di molte illustri influenze: Bach, in primo luogo, ma anche, per lo stile corale, Haydn, Händel e lo stesso Mozart - spiega la professoressa Maria Antonella Galanti, coordinatrice del Centro per la diffusione della cultura e della pratica musicale dell’Ateneo - Il sottofondo o la cornice di questi brani è dunque all’insegna del confronto e della tolleranza tra punti di vista diversi, non solo in senso strettamente musicale, ma anche contenutistico. Il compositore era un ebreo, sebbene non praticante, convertito poi al protestantesimo e nella sua musica risuona l’eco della tradizione musicale ebraica che si ibrida con quella cristiana. Le sue composizioni sacre sembrano infatti adombrare l’idea di una medesima radice spirituale per cattolici, protestanti ed ebrei, travalicando luoghi, culture, epoche".
"I tempi storici dei sentimenti profondi, del resto, sono più lenti rispetto a quelli delle cronache e degli eventi, della politica e degli stati transitori di guerra o di pace e un concerto di Natale non può non avere come protagonisti i sentimenti, continua la professoressa Galanti - Si tratta, infatti, di una ricorrenza che nella nostra tradizione va oltre il significato religioso che assume per alcuni e diventa elemento trasversale che accomuna tutti nel ricordare l’esperienza della nascita, della vita che si rinnova costantemente in una catena biopsichica capace di unire gli esseri umani e tutti i viventi, rompendo i diversi confini e travalicando il tempo. Per questo, la seconda parte del concerto, comprende un insieme di canti natalizi di epoche e paesi diversi, nei quali, in differenti lingue, accenti e sonorità, si esprime la tenera meraviglia che ci rapisce ogni volta che siamo testimoni di una nuova nascita. Il Natale è una possibile occasione di gioia e di affratellamento che si esprime attraverso una tradizione musicale considerata, talvolta, non troppo raffinata, legata a canti che riecheggiano le ninne-nanne o il giubilo di un gioco bambino. A noi piace ugualmente eseguirli, in forma augurale, perché tengono viva la memoria del nostro essere venuti al mondo nudi e fragili, ma subito accolti dal caldo abbraccio corale di chi ci ha reso parte di una più vasta comunità".