Ritorno al passato
Tre nuove sale al Museo di Storia Naturale di Calci
L’esposizione permanente “Ritorno al Passato”, inaugurata ad aprile al Museo di Storia Naturale e del Territorio dell’Università di Pisa, offre al visitatore un’escursione nel lontano passato del territorio pisano con partenza dalla Certosa di Calci dove ha sede il Museo e che, non a caso, sorge proprio alle pendici dei Monti Pisani. Si tratta di un vero e proprio viaggio nel tempo attraverso i cambiamenti avvenuti nel territorio dove oggi sorgono i Monti Pisani durante gli ultimi 500 milioni di anni. La prima, geologica, è l’incessante movimento dei continenti che ha trascinato queste aree dal Polo Sud alla posizione attuale attraverso i Tropici e l’Equatore determinando, oltre alle variazioni climatiche, importanti eventi geologici come il sorgere delle catene montuose. La seconda, biologica, è l’inarrestabile evolversi della vita che ha continuamente rinnovato gli abitanti di queste zone.
Rettili quadrupedi della pianura alluvionale di 217 milioni di anni fa
Il viaggio si articola in tre tappe, corrispondenti ai tre momenti della storia del territorio pisano più ricchi di testimonianze fossili, che si concretizzano in tre sale completamente trasformate in scenari del passato a grandezza naturale. Qui il visitatore rivive in prima persona i tre momenti più significativi di questa straordinaria storia (rispettivamente nel Paleozoico, Mesozoico e Cenozoico) e trova esposta la memoria di questo lontano passato: fossili di piante carbonifere, orme di dinosauri triassici, scheletri di foche e di delfini pliocenici ed altri fossili insieme a molte rocce, tutti raccolti nei Monti Pisani e dintorni.
La prima ambientazione è relativa a 300 milioni di anni fa, quando il territorio che darà origine ai Monti Pisani si trovava nei pressi dell’Equatore. Si entra nella foresta che ricopriva le vallate di questo territorio. Si passa sotto grandi felci arboree, simili a quelle delle odierne foreste pluviali, ma si possono osservare anche piante che non hanno equivalenti attuali, come le enormi sigillarie e i maestosi lepidodendri che si ergevano fino a 40 metri da terra. Più avanti si scorgono equiseti giganti e cordaiti che, come le attuali mangrovie, immergono le loro radici nelle acque ferme della palude. Sul fondo di questi acquitrini si accumulavano i resti vegetali che poi daranno origine al carbone fossile mentre, in lontananza, svettano le antiche montagne paleozoiche ricoperte da conifere primitive.
La seconda sala è trasformata in un’estesa pianura alluvionale. Si entra nel Triassico ed occorreranno ancora 217 milioni di anni per ritornare al tempo presente. Il paesaggio è completamente cambiato rispetto alla foresta paleozoica. Il “territorio pisano” si trova ai Tropici ed è occupato da una vasta area deltizia semiarida ove numerosi bracci fluviali si alternano a zone periodicamente impaludate, laghi costieri e lagune. Ai lati delle valli si scorgono due barriere collinose, vestigia delle montagne paleozoiche che, smantellate dall’erosione, forniscono detriti ai sedimenti della pianura.
Ma l’attenzione viene soprattutto attratta dagli animali che attraversano questa valle lasciando sul suolo ancora umido le loro impronte che si ritrovano ancora oggi fossili nelle rocce dei Monti Pisani. Fra questi i più antichi dinosauri comparsi sulla Terra, rettili quadrupedi simili a coccodrilli, lucertole e anche un piccolo strano animale ricoperto di pelo che fa parte di quel gruppo di rettili che da poco ha dato origine ai mammiferi. L’ultima ambientazione e ultima sosta del viaggio nel tempo è relativa a 3 milioni di anni fa: siamo sotto il mare, immersi nelle acque del Paleo-Tirreno che lambiscono le pendici dei Monti Pisani.
I protagonisti di questo scenario marino sono un grosso squalo, parente del mako attuale, colto nell’atto di attaccare un delfino apparentemente simile ad un tursiope e dei pinnipedi, progenitori dell’attuale foca monaca. Numerosi pesci e alcuni invertebrati fanno da comparse. Sul fondo si scorge, parzialmente ricoperto, anche lo scheletro di un delfino: siamo all’inizio di quel lungo percorso che potrà portare alla sua fossilizzazione.
Il passato fa sempre sentire la sua voce, e infatti sono proprio gli effetti sonori a rendere più suggestive e realistiche le ambientazioni: nella foresta del Carbonifero, tendendo l’orecchio, è possibile sentire piccoli rumori di acqua e della vita del sottobosco; mentre nella piana deltizia del Triassico i predatori si contendono la preda con urla e ringhi; infine anche il silenzio subacqueo del mare Pliocenico è ritmato dal rumore delle onde che si frangono sugli scogli.
Ogni viaggio nel tempo ha bisogno di preparazione: all’inizio del percorso vengono fornite le informazioni basilari sul tempo geologico, il moto dei continenti, l’evoluzione della vita e la fossilizzazione, principali chiavi di lettura di un’esposizione che presenta la geologia e la vita calate nella dimensione dinamica dello scorrere del tempo. In questo percorso, infatti, la dimensione temporale diventa elemento fisico materializzandosi in un sentiero sospeso che si snoda attraverso le Ere geologiche. Una passerella, realizzata in acciaio e vetro, assolve a una triplice funzione: da un punto di vista concettuale permettere al visitatore di muoversi nel passato senza alterarlo con la sua presenza, in accordo con i canoni letterari del viaggio nel tempo; da un punto di vista espositivo, permette alla ricostruzione ambientale di estendersi sul pavimento e trasmette al visitatore la sensazione di poggiare i piedi sulle radici delle maestose piante del carbonifero, vicino alle impronte dei dinosauri e sul fondo del mare pliocenico; infine da un punto di vista funzionale, rende il percorso accessibile alle carrozzine per invalidi e permette l’aggancio di elementi espositivi esterni alla ricostruzione come le vetrinette con i fossili e le postazioni multimediali.
Un particolare degli animali marini di 3 milioni di anni fa.
All’interno delle sale, infatti, gli elementi esterni alla ricostruzione sono ridotti al minimo e sempre mantenuti nell’ambito della passerella. Si tratta di alcune vetrinette contenenti i fossili originali poste in prossimità delle ricostruzioni corrispondenti, in modo che il visitatore possa associare in modo quanto più immediato il resto fossile all’organismo che lo ha lasciato; ne sono un esempio i denti che, nel mare del Pliocene, sono esposti vicino allo squalo mako gigante di 7 metri di lunghezza di cui sono l’unica testimonianza fossile. Tra i più interessanti reperti fossili esposti nelle sale ricordiamo, inoltre, le famose impronte dinosauriane triassiche (tra le più antiche conosciute nel mondo) e lo scheletro pliocenico della Pliophoca etrusca (uno dei più completi fino ad oggi rinvenuti).
In ciascuna delle tre sale è anche presente una postazione multimediale in cui, partendo dalla mappa dell’ambiente in cui ci si trova, è possibile, con un semplice tocco delle dita, aprire delle schede informative sugli animali o sulle piante di cui vediamo la ricostruzione oppure vedere le fotografie di esemplari fossili dei Monti Pisani conservati nel Museo ma che non hanno trovato posto in esposizione.
Ogni viaggiatore del tempo ha bisogno di notizie sulle epoche che andrà a visitare e, quindi, ognuna delle tre ambientazioni è preceduta da uno spazio introduttivo in cui sono offerte tutte le informazioni geologiche e paleontologiche relative al tempo passato in cui sta per entrare.
La chiave di lettura è triplice: il visitatore frettoloso può limitarsi ad osservare le immagini e i reperti, fissati direttamente al pannello e affiancati da illustrazioni e note sugli organismi o fenomeni atmosferici che li hanno prodotti; il secondo livello di attenzione comporta la lettura di poche righe di spiegazione; mentre il terzo livello di approfondimento è offerto al visitatore più attento, o allo studente universitario, sotto forma di un breve testo.
Completano questi spazi informativi alcuni dipinti raffiguranti gli scenari che si offrono agli occhi dell’escursionista temporale durante il suo viaggio: panoramiche degli ambiente in cui il visitatore sta per immergersi. Questi dipinti richiamano gli affreschi settecenteschi che ornano ogni angolo della Certosa, come pure i fondali che all’interno delle sale ricostruiscono prospettive e raccordano gli elementi tridimensionali agli sfondi hanno dei degni predecessori nei dipinti prospettici che in più punti della Certosa ricompongono simmetrie mancanti e simulano elementi architettonici.
Alla fine del viaggio, che ha compiuto rimanendo virtualmente fermo nello spazio, il visitatore si ritrova di nuovo ai nostri giorni nello stesso cortile della Certosa da cui era partito. In seguito potrà continuare a navigare con la mente stando comodamente seduto nel salotto di casa a sfogliare il catalogo dedicato a queste sale, in cui sono riproposte immagini e testi dei pannelli e raccontata la lunga storia dei Monti Pisani.
Giovanni Bianucci,
docente di Paleontologia dei vertebrati
Chiara Sorbini, Carla Nocchi
Museo di Storia Naturale e del Territorio