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All’Ateneo nove scritti giovanili di Fermi

Il 5 giugno sono stati presentati alla città nove lavori giovanili di Enrico Fermi acquisiti dall’Università. Si tratta di sei manoscritti, due dattiloscritti e una bozza di stampa con correzioni autografe che documentano la prima attività scientifica del fisico, finora conservati nell’archivio privato della famiglia Lischi, editore della rivista “Il Nuovo Cimento”, che li pubblicò tra il 1921 ed il 1924.

L’operazione è stata possibile grazie all’impegno del professor Giuseppe Pierazzini, del dipartimento di Fisica, che ha raccolto il sostegno illuminato del Club Lions di Pisa Certosa e di un pool di aziende per portare a termine l’operazione: Cemes Spa di Pisa, Caen Spa di Viareggio, Cisco Systems Italy, Gruppo Fondiaria–Sai, Eurotech Spa e Advanced Telecom Systems Spa di Modena.

I due manoscritti più antichi, relativi all’anno 1921, sono dedicati all’elettromagnetismo; i due successivi sono legati alle ricerche affrontate in occasione della tesi di laurea discussa nel 1922; altri due manoscritti riguardano la meccanica analitica; mentre gli ultimi, ascrivibili al 1924, riguardano la meccanica quantistica, disciplina che all’epoca muoveva i primi passi.

Dal giugno 1920 e per i due anni successivi Fermi doveva frequentare solo pochi corsi di sua scelta e preparare la tesi di laurea, ricorda Emilio Segré, in Enrico Fermi fisico: una biografia scientifica. Ma già i segnali del suo talento fuori dal comune erano apparsi chiari a Luigi Puccianti, docente di Fisica sperimentale e direttore del Laboratorio di fisica della Normale che, dall’autunno 1920, lasciò mano libera a Fermi insieme ai compagni Franco Rasetti e Nello Carrara, “in misura raramente concessa agli studenti in Italia e altrove”, specifica Segré.

Forse Puccianti avvertì un senso di inadeguatezza di fronte al genio, tanto che, secondo Segré, “si accorse ben presto che aveva poco da insegnare allo studente Fermi ma molto da apprendere. Riconobbe questo apertamente e con perfetta franchezza, fino a domandargli ogni tanto di insegnargli qualcosa che poteva ancora imparare”, specialmente nel campo della fisica teorica. Alla stessa inadeguatezza, magari non esplicitata, si deve probabilmente addebitare il ricordo tramandato dalla moglie di Fermi, Laura, della discussione della laurea, raccolto nella biografia Atomi in famiglia (Mondadori 1954): “Nessuno capiva nulla. Fermi ricevette la laurea magna cum laude ma gli esaminatori non si congratularono con lui e non gli strinsero la mano; e non gli fu conferito nemmeno il consueto onore della pubblicazione della tesi”. Uno studio, ricorda Segré, sulla “diffrazione dei raggi X da parte di cristalli curvi e sulle immagini che si possono ottenere con questo metodo”. A parziale giustificazione dei membri della commissione, occorre aggiungere che all’epoca “i fisici erano essenzialmente sperimentatori e una tesi di fisica sarebbe stata accettata soltanto se sperimentale”, mentre quella di Fermi aveva molti risvolti teorici, poi approfonditi nelle ricerche intraprese nel 1922 per approfondire la tecnica dei raggi X e sfociate nell’articolo “I raggi Röntgen”, il “primo risultato di valore permanente ottenuto da Fermi” secondo Segré, e “Formazione di immagini con raggi Röntgen”, apparsi nel 1923.

I lavori sono stati riprodotti in una pubblicazione che è stata distribuita in occasione della presentazione, durante la quale Paolo Rossi e Marco Maria Massai, del dipartimento di Fisica, hanno rispettivamente delineato i tratti di Fermi fisico teorico e fisico sperimentale (si vedano i due articoli in questo numero di Athenet). Nell’introduzione alla pubblicazione Pierazzini sottolinea che “dai testi emergono l’indiscussa padronanza della materia che Enrico Fermi possedeva fin da studente, le sue doti di sintesi e la sua capacità di andare ben oltre quello che si poteva trovare nei libri dell’epoca, e inoltre si intravedono i germi della sua competenza didattica”.

Roberto Boldrini
r.boldrini@adm.unipi.it