Numero 29 – Editoriale
Luglio 2009
Pur appartenendo ad epoche radicalmente diverse, è possibile cogliere punti di contatto tra i due grandi fisici a cui è dedicato questo numero della rivista: Galileo Galilei (1564–1642) ed Enrico Fermi (1901-1954). Paolo Rossi inizia il suo intervento col notare l’intima unione tra teoria ed esperimento nelle ricerche di Galileo e di Fermi. Certamente, Galileo seppe fondere le “certe dimostrazioni” con le “sensate esperienze” e Fermi seppe rompere con la tradizione italiana dell’epoca, tutta concentrata sulla fisica sperimentale. Franco Rasetti, amico di Fermi sin dai tempi degli studi universitari, nota come “[Fermi] trovasse piacere sia nel lavoro sperimentale sia nelle astrazioni teoriche. [ ] Egli fu sin dall’inizio un fisico completo, per il quale teoria ed esperimento possedevano un ugual peso”. È inoltre noto che Fermi amasse addirittura costruirsi da solo molte delle apparecchiature. Cosa comprensibile ai tempi di Galileo, ma assai curiosa nel secolo scorso. Nella sua biografia su Fermi, Emilio Segrè osserva divertito che a volte Fermi spendeva tempo e fatica per costruire cose facilmente disponibili in commercio!
Ma vorrei dedicare questo breve editoriale per illustrare un altro punto di contatto tra i due grandi fisici italiani. Entrambi dovettero riconoscere che la scienza ha responsabilità morali e culturali che vanno aldilā della spiegazione dei fatti. Il primo, Galileo, fece di questa convinzione il punto centrale di quella che Ludovico Geymonat definì la “politica” galileiana di rinnovamento culturale. Il secondo, Fermi, affrontò invece con molta riluttanza temi che non si lasciavano trattare con lo stretto rigore a cui era abituato.
Galileo riteneva di essere in grado di convincere la Chiesa a diventare alleata della nuova scienza. Un altro Padre Fondatore della scienza moderna, Johannes Kepler, era persino irritato dal pericoloso attivismo di Galileo. Per Keplero era essenziale che la Chiesa lasciasse libertà di ricerca ai sapienti. Non era interessato all’universale accettazione del Copernicanesimo. Non così Galileo, che con ottimismo si lanciò in non sempre felici speculazioni filosofiche per dimostrare la conciliabilità tra la verità della scienza e la verità della religione. Come a volte accade nella storia, la sua sconfitta ne accentuò ancor di più la grandezza. La mostra a lui dedicata a Pisa, su cui si soffermano in questo numero i curatori, Lucia Tongiorgi e Alessandro Tosi, si concentra sulle prime osservazioni col cannocchiale e sulle ricadute artistiche che ebbe la visione scientifica e culturale di Galileo.
Galileo aveva una personalità esuberante che lo condusse in terreni politicamente difficili. Fermi, invece, ci si trovò senza volerlo. A volte si banalizza il dilemma morale che dovettero affrontare gli scienziati in Los Alamos. Si afferma, ad esempio, che la responsabilità morale dell’uso della bomba atomica spettava al politico, non agli scienziati, il cui compito riguardava solo lo studio del “mezzo”. Come se lo studio di un mezzo che rendeva possibile un fine così terribile non avesse portata morale! Gli scienziati di Los Alamos non caddero mai in simili banalità e colsero subito la dimensione tragica della loro scelta. Istituirono anche una commissione per definire meglio i problemi, accorgendosi, come osserva Segrè, che purtroppo “nelle questioni scientifiche vi era un comune linguaggio, [mentre] in morale e in politica ce n’erano molti”. Con modestia, Fermi evitò per questo motivo di prendere posizioni nette, specialmente in pubblico. Anche le conclusioni della suddetta commissione, di cui Fermi fu componente, furono assai caute, specialmente laddove si sottolinea che si trattava di problemi che andavano aldilà di qualsiasi “dimostrazione tecnica”. La modestia di Fermi ci lascia con i problemi della responsabilità della scienza che, come un fiume carsico, periodicamente riappare nelle nostre coscienze.
Pierluigi Barrotta
docente di Logica e filosofia della scienza