L’ordine paradossale
e ironico del collezionista
In ricordo di Sandro Barbera
Sandro Barbera è scomparso, stroncato da un infarto il 5 febbraio scorso. Formatosi alla Scuola Normale, e laureatosi con Nicola Badaloni, Barbera era un profondo conoscitore della letteratura e della filosofia tedesca: insegnava alla facoltà di Lingue e letterature straniere, e nel corso degli anni ha dato alle stampe numerosi saggi e monografie, tra cui, con Giuliano Campioni, Il genio tiranno. Ragione e dominio nell’ideologia dell’Ottocento (1983) e La comunicazione perfetta. Wagner tra Feuerbach e Schopenhauer(1984). Per la casa editrice Ets di Pisa dirigeva la collana «Nietzcheana» con Campioni e Franco Volpi. Negli ultimi tempi era particolarmente impegnato nell’importante progetto Schopenhauer Source, l’edizione on–line dei manoscritti del filosofo
Sandro Barbera è morto all’improvviso. Siccome scherzava con la sua malattia, o almeno scherzava anche durante i ricoveri in ospedale, noi amici ci eravamo abituati a prendere quei ricoveri e quei malanni come una seccatura di cui non si capiva bene perché venisse a seccare. È come se la morte abbia fatto uno scherzo di cattivo gusto. Ma siccome non è uno scherzo, occorrerebbe trovare parole più decise e dire, per esempio, che è un’ingiustizia, se però davanti alla morte sapessimo che cosa è giusto e che cosa è ingiusto. In ogni caso la morte blocca le cose nel loro istante, le congela in un ordine e così le rende più o meno incomprensibili, perché il senso della nostra vita sta nel suo dinamismo, nel far intravedere che quel che è si prepara ad essere un’altra cosa e perciò è e non è. Con la morte, quel che è stato è stato, perché ormai non c’è più. I progetti di Sandro Barbera saranno portati avanti per quel che avevano di non personale; e, spersonalizzati, non saranno più i suoi. Il progetto di edizione on–line di Schopenhauer seguiterà il suo cammino, noi sopravvissuti ce ne facciamo carico. Ma non sarà più il suo, perché, se le cose andranno, esse si evolveranno, le decisioni che verranno prese cambieranno man mano la situazione. Così man mano dimenticheremo. Sarà ingiusto eppure inevitabile, perciò, alla fine, sarà giusto. Non fa piacere dirlo, ma sarà così; chi coltiva la memoria dell’amico sarà il primo ad allontanarsene.
Così, precorrendo precocemente e decisamente le vie di quest’ingiustizia, voglio ricordare, della personalità di Sandro Barbera, soltanto i suoi difetti, e come primo la cattiveria. Fra tutti coloro che ho conosciuto era uno dei più duri nei giudizi su lavori e progetti scientifici. Ma siccome la durezza si esprimeva nel sarcasmo, gli era possibile mantenere il senso dell’umorismo, il che alla fin fine significa anche lasciarsi una porta aperta, prevedendo una qualche possibilità di miglioramento nel povero personaggio stroncato o almeno di avere una qualche forma di indulgenza residuale. Perciò devo dire che nei nostri scambi di cattiverie lui partiva più virulento di me, però si fermava molto prima. Ci saranno pur stati testimoni di questi nostri duetti, però non ho ricordi specifici; chissà che cosa avranno pensato di quello che udivano.
Una pagina dei manoscritti di Schopenhauer
Difetti che riconosceva lui per primo erano di essere pigro e caotico. Li ostentava, quasi. E di entrambi dava convincenti esempi, sottolineando che il suo lasciar cadere un’iniziativa era dovuto a pigrizia o che non riusciva a venire a capo di qualcosa perché viveva nel caos. Ce n’eravamo tutti convinti. Certo, se si va a vedere l’elenco delle sue pubblicazioni, si constata che non è l’elenco di un pigro. La sua pigrizia era decisamente selettiva. Anche il caos era convincente; un qualche libro in suo possesso affogava da qualche parte tra gli altri e poi, fosse più per pigrizia o più per caoticità, stentava a riemergere. La cosa paradossale è che conosceva e praticava un ordine paradossale: quello del collezionista. Si sa che una collezione è sempre in un ordine precario, provvisorio, aleatorio e insomma in disordine finché cresce. Chi ama un ordine così, ama l’ordine della vita, quello che non c’è perché cambia sempre. Nel caso di Sandro il paradosso era doppio, perché quello che collezionava era un genere di oggetti incredibili: palle di vetro dentro le quali è contenuto un monumento in miniatura, sul quale dei cristalli, scossi dalla mano, cadono come neve. Come se non bastasse, di questi oggetti, già kitsch per conto proprio, prediligeva i più assurdi. Nella sua collezione si trovavano: le Hawaii sotto la neve, Padre Pio sotto la neve, un canguro sotto la neve e le tre Grazie, nude e crude, anche loro sotto la neve. E via di questo passo. La vetrinetta a più piani, preparata ad accogliere la collezione, ben presto non era più bastata e la collezione viveva espandendosi caoticamente sulle superfici su cui poteva. Quanto all’ordine, poi, non saprei che dire: a volte era per grandezza di bolle, a volte per contiguità geografica, a volte proprio non so. Quest’uomo disordinato conosceva un ordine, ma era un ordine paradossale e ironico: il suo oggetto non ne permetteva altri. Se volessimo diventare solenni e scaricare sul morto una massima morale che – per rendergli giustizia – non ha mai detto, si può dire che se ne ricava una lezione di vita. Ma siccome è morto, non può impartirci lezioni di vita.
Nella bara è stato messo con un abito elegante. In vita non capitava spesso di vederlo vestito elegantemente; però quell’abito glielo avevo già visto; fu in occasione di una goliardata: l’interpretazione dell’Inno del giovine germanista, in occasione di un congresso; solista al campanaccio da vacca: Sandro Barbera. Al quale feci leggere, poco prima della morte, un articolo che avevo scritto sull’amicizia e che aveva la cattiveria cui entrambi eravamo abituati. Mi rispose a parolacce; io ne fui felice: era come avere una totale approvazione e dichiarazione di complicità, pur scaricandomi tutto intero.
Enrico De Angelis
docente di Letteratura tedesca
e.deangelis@ling.unipi.it