Un team del dipartimento di Informatica vince la Reply Code Challenge
Il team Hasheti del dipartimento di Informatica dell'Università di Pisa ha vinto la prima edizione della Reply Code Challenge, la sfida dedicata al coding a squadre organizzata da Reply Spa, azienda italiana che si occupa di innovazione tecnologica. I membri del team – i dottorandi in Informatica Luca Versari, Daniele De Sensi e Alessio Conte e lo studente magistrale in Informatica Gaspare Ferraro – sono stati invitati presso la sede di Torino a ritirare il premio, ovvero 4 laptop di ultima generazione.
La gara, organizzata nello stile di altre competizioni famose come la Google Hashcode Challenge, è la prima di questo tipo promossa da una grande azienda italiana. In tutto hanno partecipato 1207 team, di cui circa il 30% da fuori Italia. «Questo risultato conferma l’alta qualità dei nostri studenti dottorali e magistrali in Informatica – commenta il professor Paolo Ferragina, coordinatore del dottorato di ricerca in Informatica – Oltre a un’alta preparazione scientifica, i nostri ragazzi dimostrano di possedere anche indubbie capacità progettuali e di realizzazione di prodotti innovativi».
Le squadre iscritte alla competizione avevano il compito di risolvere un problema rilasciato lo scorso 15 marzo. Ogni squadra poteva sottomettere più di una soluzione e utilizzare il linguaggio di programmazione preferito. Il problema che i coders partecipanti dovevano risolvere era nell’ambito del cloud computing e veniva richiesto di trovare il miglior mix di provider per massimizzare l’efficienza di un progetto in cloud. La squadra dell’Università di Pisa ha vinto realizzando un algoritmo che tentava di soddisfare i progetti, uno a uno, partendo da quelli più semplici, e acquistando ogni volta i pacchetti ritenuti migliori. I pacchetti venivano valutati su vari parametri, alcuni per massimizzare i punti generati da ogni pacchetto, altri per ridurre l'assegnamento risorse superflue a progetti.
Avviso di fabbisogno interno per la seguente attività: Comunicazione e disseminazione scientifica dei risultati di progetti del Dipartimento, con particolare riferimento al progetto CrossLab-Dipartimento di Eccellenza. Scad. 18/04
Avviso di fabbisogno interno per la seguente attività: un incarico per il supporto alla realizzazione del Piano di Valorizzazione dell'intero complesso monumentale della Certosa di Calci. Scad. 17/04
Avviso di fabbisogno interno per la seguente attività: “Sarah Kane in Italia. Rappresentazioni, riscritture, metamorfosi”, nell’ambito del PRA 2017/18, “Mediazioni culturali: figure e pratiche della letterarietà transnazionale”. Scad. 18/04
Jerome Bruner. Cent’anni di psicologia
Jerome Bruner. Cent’anni di psicologia (ETS, 2018) è l’ultimo libro di Elena Calamari, docente di Psicologia generale e di Storia e metodi della psicologia al Dipartimento di Civiltà e forme del sapere dell'Università di Pisa. Fra gli altri libri della professoressa Calamari segnaliamo Soggettività in relazione. Una prospettiva psicologica (ETS, 2013) e La memoria tra cultura e biologia (Pisa University Press, 2015).
Pubblichamo di seguito una scheda del volume e un estratto.
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Nei cento anni della sua vita Jerome Bruner (1915-2016) ha partecipato alle alterne vicende delle scienze umane, da protagonista della rivoluzione cognitiva in psicologia e della sua applicazione all’istruzione. Questo libro è dedicato all’intera opera dell’autore. Ricostruisce i nessi tra i temi della sua ricerca empirica – percezione, apprendimento e pensiero, sviluppo cognitivo e del linguaggio – e li collega con il contributo teorico alla rifondazione della psicologia culturale mediante una rivalutazione del ruolo fondamentale della narrazione.
A seguito della riflessione autobiografica sulla propria avventura intellettuale, Bruner ha saputo cogliere l’importanza del dialogo intersoggettivo nella formazione del sé. L’adozione di un’epistemologia costruttivista e l’atteggiamento pragmatico circa le conseguenze della realizzazione delle idee nei fatti fanno del suo pensiero un contributo sempre attuale, aperto al cambiamento storico e utile ad affrontare i problemi dell’interculturalità.
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"A questo punto della trattazione non si può certo giudicare indebita l’incursione nella filosofia del linguaggio da parte di Bruner, il quale cerca di nobilitare la ricerca sull’ontogenesi linguistica nella relazione, confrontandosi con le teorie generali del significato e mostrando come i processi psicologici non possano essere esclusi dalla comprensione del linguaggio in azione.
La soluzione che egli mette insieme negli anni Novanta è più ambiziosa di quanto possa far credere a prima vista il tono talvolta dimesso dell’argomentazione, che si affida alle evidenze empiriche osservative. Non si limita all’appello generico a una condivisione che sarebbe in qualche modo garantita dall’appartenenza al gruppo o alla specie, in base a meccanismi che in realtà mancano di scattare nelle innumerevoli situazioni in cui gli esseri umani non si comprendono affatto a vicenda e nelle patologie dove non si costituisce o viene meno ogni consonanza intersoggettiva, e appare una soluzione assai debole attribuire tale fallimento al solo deficit biologico".
Startup Route: aperte le iscrizioni al corso di perfezionamento per aspiranti startupper
Sono aperte fino al 30 aprile le iscrizioni al corso di perfezionamento "Startup Route" (https://startuproute.ec.unipi.it), organizzato dal dipartimento di Economia e Management dell’Università di Pisa in collaborazione con la Fondazione Lucchese per l’Alta Formazione e la Ricerca (FLAFR) e la società Celsius di Luc
Il corso, che si rivolge ai laureati di qualsiasi disciplina con un’idea da sviluppare e trasformare in un'impresa di successo, si propone di favorire l’ingresso, il consolidamento e lo sviluppo di start-up sul mercato.
L’intento è fornire adeguato supporto, in termini di competenze economico-aziendali, a talenti e progetti imprenditoriali vincenti, così da accrescere la piena consapevolezza del passaggio dall'idea all'impresa di successo.
I protagonisti dell’ecosistema italiano dell’innovazione si uniscono dunque ai docenti del dipartimento di Economia e Management per stimolare la nascita di nuove startup con solide fondamenta sin dalla fase di progettazione e ideazione. Il corso fonde la teoria e il sapere universitario con il pragmatismo e il learning by doing di chi ogni giorno si confronta con il mercato e deve ottenere risultati economici-finanziari. Le ultime tecniche di business model design e di business plan building saranno mixate a interventi di startupper di successo che descriveranno la loro esperienza unitamente a interventi di importanti venture capitalist che portano al successo le startup su cui investono.
Il parterre, come è possibile vedere sul sito del corso, si compone di nomi noti all’interno dell’ecosistema dell’innovazione come Gianluca Dettori (Executive Chairman at Primomiglio SGR), Francesco Inguscio (CEO & Rainmaker @ Nuvolab), Marco Bicocchi Pichi (President Italia Startup & Entrepreneur & Business Angel), Emil Abirascid (Journalist & Founder of Startupbusiness), Valentina Maltagliati (Elevator Pitch Coach), Massimo Temporelli (Presidente e Cofounder The Fablab), Federico Davini e Giovanni Polidori (A11 Venture).
Il corso si terrà da maggio a ottobre 2018, con un programma che prevede l'erogazione di 90 ore di didattica frontale e 30 ore per l'elaborazione e la discussione del Project Work (Laboratorio e Pitch Day), per un totale di 120 ore. Le lezioni si terranno il venerdì pomeriggio dalle 14 alle 19 e il sabato mattina dalle 9 alle 13.
Identificati i resti fossili di un raro squalo nella campagna senese
A Castelnuovo Berardenga, nelle colline senesi, un’equipe di geologi e paleontologi ha rinvenuto un fossile dello squalo Lamna nasus, meglio noto come smeriglio o vitello di mare, il primo mai trovato sul territorio italiano e nell'intera regione mediterranea.
La scoperta dei ricercatori del dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa e del Gruppo AVIS Mineralogia Paleontologia Scandicci (GAMPS) è stata pubblicata sulla rivista scientifica internazionale Neues Jahrbuch für Geologie und Paläontologie e fornisce nuove indizi sull’evoluzione climatica del Mediterraneo.
“Lo smeriglio, un predatore veloce e vorace strettamente imparentato con il più famoso squalo bianco, è oggi molto raro nelle acque del Mar Mediterraneo, e come fossile è principalmente noto da pochi reperti rinvenuti in Belgio e nei Paesi Bassi”, spiega Alberto Collareta dell’Ateneo pisano.
Il denti di Lamna nasus dal Pliocene di Castelnuovo Berardenga conservato presso l'esibizione permanente del “Gruppo AVIS Mineralogia e Paleontologia Scandicci) (Badia a Settimo, Scandicci, FI).
Secondo gli autori dello studio, il fossile di Lamna ritrovato nel senese e risalente al tardo Pliocene (da circa 5,3 a circa 2,6 milioni di anni fa) potrebbe testimoniare una delle prime fasi di raffreddamento del Mediterraneo, che solo poche centinaia di migliaia di anni prima era popolato da molte specie tropicali simili a quelle che oggi abitano le acque Indo-Pacifiche. Il rafforzamento della glaciazione artica avvenuto circa 3 milioni di anni fa avrebbe infatti mutato sensibilmente le acque toscane inducendo sia la scomparsa di specie tropicali sia l’arrivo di altre tipiche di ambienti temperati e freddi, come lo smeriglio, attraverso lo stretto di Gibilterra.
Il reperto di Lamna nasus dal Pliocene di Castelnuovo Berardenga conservato presso l'esibizione permanente del “Gruppo AVIS Mineralogia e Paleontologia Scandicci) (Badia a Settimo, Scandicci, FI).
“Durante il Pliocene, buona parte del territorio toscano era sommerso da un mare popolato da una grande varietà di organismi – dicono Simone Casati e Andrea Di Cencio del GAMPS – le centinaia di denti fossili di squali “esotici” rinvenuti negli anni a Castelnuovo Berardenga indicano che l’attuale campagna senese era un ambiente di mare profondo, il cui fondale era caratterizzato da acque fredde, come quelle degli strati più profondi dei moderni oceani”.
Da allora, i profondi mutamenti geologici e climatici intercorsi hanno rimodellato il territorio, rendendolo una “miniera a cielo aperto” ricca di indizi che, se debitamente interpretati, possono svelare le origini dell'ambiente attuale.
“Il riscaldamento globale a cui assistiamo oggi e, più in generale, una pressione antropica solo in parte sostenibile stanno contribuendo a invertire nuovamente la rotta - conclude Alberto Collareta - Pesci tropicali provenienti dall'Oceano Indiano sono sempre più frequentemente pescati nel Mar Mediterraneo, mentre molte popolazioni caratteristiche di questo bacino sono in forte sofferenza. Sono tante dunque le prospettive di ricerca ancora aperte, con le colline toscani che si riconfermano un eccezionale scrigno naturalistico per chi cerca di redigere la storia biologica del bacino mediterraneo”.
I resti fossili di un raro squalo nella campagna senese rivelano nuovi indizi sull'evoluzione climatica e ambientale del Mediterraneo
A Castelnuovo Berardenga, nelle colline senesi, un’equipe di geologi e paleontologi ha rinvenuto un fossile dello squalo Lamna nasus, meglio noto come smeriglio o vitello di mare, il primo mai trovato sul territorio italiano e nell'intera regione mediterranea.
La scoperta dei ricercatori del dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa e del Gruppo AVIS Mineralogia Paleontologia Scandicci (GAMPS) è stata pubblicata sulla rivista scientifica internazionale Neues Jahrbuch für Geologie und Paläontologie e fornisce nuove indizi sull’evoluzione climatica del Mediterraneo.
“Lo smeriglio, un predatore veloce e vorace strettamente imparentato con il più famoso squalo bianco, è oggi molto raro nelle acque del Mar Mediterraneo, e come fossile è principalmente noto da pochi reperti rinvenuti in Belgio e nei Paesi Bassi”, spiega Alberto Collareta dell’Ateneo pisano.
Secondo gli autori dello studio, il fossile di Lamna ritrovato nel senese e risalente al tardo Pliocene (da circa 5,3 a circa 2,6 milioni di anni fa) potrebbe testimoniare una delle prime fasi di raffreddamento del Mediterraneo, che solo poche centinaia di migliaia di anni prima era popolato da molte specie tropicali simili a quelle che oggi abitano le acque Indo-Pacifiche. Il rafforzamento della glaciazione artica avvenuto circa 3 milioni di anni fa avrebbe infatti mutato sensibilmente le acque toscane inducendo sia la scomparsa di specie tropicali sia l’arrivo di altre tipiche di ambienti temperati e freddi, come lo smeriglio, attraverso lo stretto di Gibilterra.
“Durante il Pliocene, buona parte del territorio toscano era sommerso da un mare popolato da una grande varietà di organismi – dicono Simone Casati e Andrea Di Cencio del GAMPS – le centinaia di denti fossili di squali “esotici” rinvenuti negli anni a Castelnuovo Berardenga indicano che l’attuale campagna senese era un ambiente di mare profondo, il cui fondale era caratterizzato da acque fredde, come quelle degli strati più profondi dei moderni oceani”.
Da allora, i profondi mutamenti geologici e climatici intercorsi hanno rimodellato il territorio, rendendolo una “miniera a cielo aperto” ricca di indizi che, se debitamente interpretati, possono svelare le origini dell'ambiente attuale.
“Il riscaldamento globale a cui assistiamo oggi e, più in generale, una pressione antropica solo in parte sostenibile stanno contribuendo a invertire nuovamente la rotta - conclude Alberto Collareta - Pesci tropicali provenienti dall'Oceano Indiano sono sempre più frequentemente pescati nel Mar Mediterraneo, mentre molte popolazioni caratteristiche di questo bacino sono in forte sofferenza. Sono tante dunque le prospettive di ricerca ancora aperte, con le colline toscani che si riconfermano un eccezionale scrigno naturalistico per chi cerca di redigere la storia biologica del bacino Mediterraneo”.
Didascalia foto: Il reperto di Lamna nasus dal Pliocene di Castelnuovo Berardenga conservato presso l'esibizione permanente del “Gruppo AVIS Mineralogia e Paleontologia Scandicci) (Badia a Settimo, Scandicci, FI).
Ripensare il futuro
Il 15 aprile l'associazione Pisa città di Frontiera organizzano una conferenza dal nome "Ripensare il futuro". Relatori dell'incontro saranno Francesco Chicchi e Federica Coin.
L'evento è stato realizzato con i contributi dell'ateneo per le attività studentesche autogestite all'Università di Pisa.
Cosa proviamo pensando al “futuro”?
La nostra mente, pensando a chi potremmo essere domani e in che mondo vivremo, a quale sarà la nostra realizzazione, entra in una paralisi angosciata. Ci sentiamo di camminare a vista dentro un’atmosfera che ci limita nella capacità di prendere decisioni e di progettare una propria, certa, felicità. Privati di qualsiasi sicurezza economica, cadiamo in solitudine. Finiamo per essere soggetti smarriti, agglomerati di desideri irrealizzabili e promesse mai mantenute, che oscillano tra entusiasmi fulminei e lunghe depressioni.
È difficile dare soluzioni. Ma possiamo tornare a mettere al centro delle domande la nostra vita e condizione comune, disegnare nuovi orizzonti di senso e immaginari collettivi dove non essere sfruttati e sentirsi avviliti per i nostri desideri.
Immaginare un futuro per tempi presenti, in cui le menti si connettono e i corpi, insieme, si tendono verso nuove comunità.
Alla professoressa Benedetta Mennucci un ERC per studiare come le proteine “usano” la luce
Con il progetto 'LIFETimeS' la professoressa Benedetta Mennucci del dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell'Università di Pisa, ha ricevuto un finanziamento di 2,4 milioni di euro dal Consiglio europeo della ricerca. La docente dell’Ateneo è risultata tra gli 11 ricercatori italiani che si sono aggiudicati il prestigioso ERC Advanced Grant, assegnato in tutta Europa a un totale di 269 progetti, ed è l’unico in Italia nel settore della Chimi.
LIFETimes, acronimo di “Light-Induced Function:
from Excitation to Signal through Time and Space”, avrà una durata di 5 anni e avrà l’obiettivo di sviluppare nuove metodologie computazionali per simulare la funzione biologica svolta dalle proteine fotoresponsive in piante e batteri. L’idea che sta alla base del progetto è partire da un processo all'apparenza semplice, come l'assorbimento della luce per arrivare ai meccanismi biologici complessi che questo attiva, fondamentali per la vita degli organismi.
La professoressa Mennucci, insieme al suo team, proverà a simulare al computer tali processi fotoindotti: «I meccanismi molecolari utilizzati per percepire, usare e rispondere alla luce sono diversi, ma più comunemente l'evento iniziale è un'eccitazione elettronica localizzata su una o poche molecole interagenti contenute all’interno di una proteina – spiega la professoressa - L’energia coinvolta in questo processo molecolare iniziale rapidamente genera altre trasformazioni all’interno del sistema che infine portano alla funzione biologica. Simulare al computer questa cascata di processi, un “effetto domino” sia di tipo temporale che spaziale, è esattamente lo scopo del progetto. Tale obiettivo potrà essere raggiunto sviluppando una nuova strategia basata sull'integrazione di metodi molto accurati basati sulla chimica quantistica con modelli con minore dettaglio atomistico che però possono essere estesi a trattare la dinamica lenta dell’intera proteina e del suo ambiente. La completezza e l’accuratezza di queste simulazioni rappresenteranno una svolta nella comprensione dei meccanismi molecolari che regolano le funzioni biologiche fotoattivate e ci aiuteranno a imparare a modificarle in modo non invasivo utilizzando la luce e quindi potendo ottenere una risoluzione spazio-temporale senza precedenti».