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Grazie alla generosità del Rotary Club Cascina, alla sovvenzione District Grant e al contributo della società A.T.E.F.I. srl, il percorso espositivo del Museo nazionale della Certosa di Calci si arricchisce di una parte importante dell'appartamento priorale: la sala/quadreria, la cappellina privata dalle elegantissime decorazioni parietali, l’affaccio sul giardino del Priore con lo splendido grottesco che arreda e decora il muro di cinta che separa il giardino dagli orti.

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In questa sala, grazie all’intesa della direzione del Museo nazionale con la direzione del Museo di Storia naturale dell’Università di Pisa, è stato esposto l’affresco realizzato nell'ottobre del 1770 sulla parete esterna che si affaccia nel Chiostro delle Foresterie, o chiostro priorale, e strappato per motivi legati alla sua conservazione sul finire degli anni '70 del Novecento. L’affresco, raffigurante San Bruno, fondatore dell'Ordine certosino, era stato commissionato dai Padri certosini al pittore fiorentino Pietro Giarrè per ricordare il cospicuo contributo di 500 scudi che la Certosa, insieme agli altri monasteri dell’ordine, aveva offerto per la realizzazione della statua del santo che ancor oggi si trova in San Pietro a Roma, scolpita in marmo dallo scultore fiammingo, naturalizzato francese, Renè Michel Slodz nel 1744 e a questa opera il pittore si era ispirato.

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La sala scelta per l’esposizione dell’affresco, un arioso ambiente nella cui volta è dipinta la Gloria di San Bruno, copia del dipinto eseguito da Pietro Giarrè nel corridoio grande che conduce al chiostro dei Padri, ospitava in antico e fino all’abbandono del convento da parte dell’Ordine, la Quadreria del Priore nella quale spiccavano le incisioni con Storie della vita di Cristo e alcuni quadri di valore quali ad esempio i ritratti dei Priori che sono state qui ricollocati.

Rivediamo oggi tali opere nel loro contesto d’origine, ricreando così l’atmosfera di elegante riservatezza che aveva nei secoli caratterizzato gli ambienti di vita del Priore. (Fonte MIUR - Polo Museale della Toscana).

Sono quattro i laureati in Ingegneria nucleare dell’Università di Pisa che riceveranno nel 2018 la certificazione EMSE dell’European Nuclear Education Network (ENEN). Si tratta di Gerardo Chiavacci, Claudio Grima, Mohita Gupta e Lisa Lampunio che hanno svolto la loro tesi presso istituzioni europee che fanno parte dell’associazione ENEN, in Belgio, Francia e Olanda.

I quattro nuovi “EMSNE Laureates” pisani riceveranno la certificazione insieme altri nove ingegneri nucleari italiani ed europei il prossimo autunno.


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Da sinistra, Gerardo Chiavacci, Lisa Lampunio  Mohita Gupta e Claudio Grima


“La certificazione degli ingegneri nucleari pisani, che avviene ormai sistematicamente da molti anni, conferma il nostro contributo come ateneo al mantenimento degli studi e della ricerca nel settore nucleare - sottolinea il professore Walter Ambrosini dell’Università di Pisa, nonché presidente del Teaching and Academic Affair Committee di ENEN - anche con il saldo inserimento nelle reti Europee dell’istruzione universitaria per la fissione e la fusione (ENEN e FuseNet) e la partecipazione a progetti di ricerca e di sviluppo della didattica in ambito Europeo ed Internazionale come ANNETTE ed ENEN+”.

“I nostri nuovi ‘EMSNE laureates’ - conclude Ambrosini - sono quindi pronti a partecipare allo sviluppo energetico sostenibile del pianeta, che dovrà essere caratterizzato da una produzione estesa ed un uso oculato di energia pulita, per soddisfare i bisogni di un’umanità in crescita. A loro vanno le nostre più fervide congratulazioni e i nostri più sentiti auguri per la loro carriera e la loro vita”.

Sono quattro i laureati in Ingegneria nucleare dell’Università di Pisa che riceveranno nel 2018 la certificazione EMSE dell’European Nuclear Education Network (ENEN). Si tratta di Gerardo Chiavacci, Claudio Grima, Mohita Gupta e Lisa Lampunio che hanno svolto la loro tesi presso istituzioni europee che fanno parte dell’associazione ENEN in Belgio, Francia e Olanda.
I quattro nuovi “EMSNE Laureates” pisani riceveranno la certificazione insieme altri nove ingegneri nucleari italiani ed europei il prossimo autunno.
“La certificazione degli ingegneri nucleari pisani, che avviene ormai sistematicamente da molti anni, conferma il nostro contributo come ateneo al mantenimento degli studi e della ricerca nel settore nucleare insieme al saldo inserimento nelle reti europee”, sottolinea il professore Walter Ambrosini dell’Università di Pisa, nonché presidente del Teaching and Academic Affair Committee di ENEN.
“I nostri nuovi ‘EMSNE laureates’ - conclude Ambrosini - sono quindi pronti a partecipare allo sviluppo energetico sostenibile del pianeta, che dovrà essere caratterizzato da una produzione estesa ed un uso oculato di energia pulita, per soddisfare i bisogni di un’umanità in crescita. A loro vanno le nostre più fervide congratulazioni e i nostri più sentiti auguri per la loro carriera e la loro vita”.

Esiste una connessione stretta tra la parodontite e il diabete e a rivelarlo è uno studio internazionale a cui hanno partecipato anche i professori Filippo Graziani e Anna Solini del dipartimento di Patologia chirurgica, medica, molecolare e dell’area critica dell’Università di Pisa: curando l’una si migliora l'altra e, viceversa, se si trascura una delle due, l’altra si aggrava. Inoltre, chi si ammala di parodontite ha un rischio diabete di almeno il 20% più alto rispetto a chi ha le gengive sane, a parità di altri fattori di rischio per il diabete. Infine, un soggetto diabetico che ha anche la parodontite presenta delle complicazioni diabetologiche più gravi rispetto a chi ha solo il diabete.
Questo studio ha costituito la base per un documento congiunto pubblicato sia sul “Diabetes Research and Clinical Practice”, sia sul “Journal of Clinical Periodontology” promosso dai parodontologi della Federazione Europea di Parodontologia e i diabetologi della Federazione Internazionale Diabete.
«Parodontite e diabete hanno probabilmente un meccanismo comune alle spalle,– spiega Filippo Graziani – Il nostro studio rivela i possibili meccanismi comuni alle due problematiche: diverse evidenze scientifiche analizzate e raccolte in questo documento consentono di dimostrare che, curando la parodontite, si riesce anche a controllare meglio il diabete, a mostrare cioè un miglior controllo glicemico nel tempo (con migliori valori dell'esame dell’“emoglobina glicata”, usato proprio per valutare nel diabetico quanto la sua malattia è sotto controllo). Inoltre si è visto che il meccanismo biologico in gioco per entrambe le malattie è probabilmente un’infiammazione generale dell'organismo come suggerito dalla presenza sia nei pazienti diabetici sia in quelli con parodontite di eccesso di molecole pro-infiammatorie come le interleuchine, fattore di necrosi tumorale ed eccesso di radicali liberi».
Inoltre nel documento le due federazioni stilano delle linee guida congiunte rivolte a medici, dentisti e pazienti per migliorare la diagnosi precoce, la prevenzione e la cogestione di diabete e parodontite.

Esiste una connessione stretta tra la parodontite e il diabete e a rivelarlo è uno studio internazionale a cui hanno partecipato anche i professori Filippo Graziani e Anna Solini del dipartimento di Patologia chirurgica, medica, molecolare e dell’area critica dell’Università di Pisa: curando l’una si migliora l'altra e, viceversa, se si trascura una delle due, l’altra si aggrava. Inoltre, chi si ammala di parodontite ha un rischio diabete di almeno il 20% più alto rispetto a chi ha le gengive sane, a parità di altri fattori di rischio per il diabete. Infine, un soggetto diabetico che ha anche la parodontite presenta delle complicazioni diabetologiche più gravi rispetto a chi ha solo il diabete.
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Il prof. Filippo Graziani.

Questo studio ha costituito la base per un documento congiunto pubblicato sia sul “Diabetes Research and Clinical Practice”, sia sul “Journal of Clinical Periodontology” promosso dai parodontologi della Federazione Europea di Parodontologia e i diabetologi della Federazione Internazionale Diabete.

«Parodontite e diabete hanno probabilmente un meccanismo comune alle spalle – spiega Filippo Graziani – Il nostro studio rivela i possibili meccanismi comuni alle due problematiche: diverse evidenze scientifiche analizzate e raccolte in questo documento consentono di dimostrare che, curando la parodontite, si riesce anche a controllare meglio il diabete, a mostrare cioè un miglior controllo glicemico nel tempo (con migliori valori dell'esame dell’“emoglobina glicata”, usato proprio per valutare nel diabetico quanto la sua malattia è sotto controllo). Inoltre si è visto che il meccanismo biologico in gioco per entrambe le malattie è probabilmente un’infiammazione generale dell'organismo come suggerito dalla presenza sia nei pazienti diabetici sia in quelli con parodontite di eccesso di molecole pro-infiammatorie come le interleuchine, fattore di necrosi tumorale ed eccesso di radicali liberi».

Inoltre nel documento le due federazioni stilano delle linee guida congiunte rivolte a medici, dentisti e pazienti per migliorare la diagnosi precoce, la prevenzione e la cogestione di diabete e parodontite.

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