Vittoria di esordio ai mondiali di calcio femminili, in squadra un'alumna Unipi
A festeggiare la vittoria 1-0 contro l’Argentina nella prima partita dei Mondiali di calcio femminile in Australia e Nuova Zelanda c’era anche un’alumna Unipi: Lucia Di Guglielmo, terzina titolare della Nazionale e della Roma fresca di scudetto, si è infatti laureata all’Università di Pisa in Chimica nel 2019.
Nata a Pisa nel 1997 da padre campano e madre sarda, la carriera di Lucia è sempre stata legata alla Toscana, dove ha indossato la maglia di diverse squadre. Ha iniziato a calcare i campi da giovanissima, unendosi alla Polisportiva ARCI Zambra, una società con sede a Cascina, in Provincia di Pisa.
Il suo amore per il calcio l’ha portata a giocare anche nelle squadre giovanili miste fino all’età di 14 anni, quando è passata al Valdarno, sua prima squadra completamente femminile. Con la maglia del Valdarno ha ottenuto notevoli successi, tra cui l’accesso alla Serie A2 nel 2012-2013.
Lucia ha continuato a crescere e a maturare come calciatrice, diventando una delle protagoniste del calcio femminile toscano. Ha seguito la sua squadra attraverso diverse evoluzioni e acquisizioni, come il passaggio al Castelfranco Calcio Femminile restando anche quando la squadra viene acquisita dall’Empoli. Con le azzurre ha conquistato la promozione in Serie A due volte e ha guidato la squadra con la fascia da capitano al braccio. Alla fine della stagione 2020-2021 Lucia è passata nella squadra di calcio femminile della Roma, firmando un contratto triennale.
La carriera di Lucia Di Guglielmo nella Roma è stata segnata da un trionfo storico: la conquista del primo Scudetto nella storia del club, il traguardo più alto di un percorso iniziato nel 2018, quando la squadra è stata fondata e iscritta alla prima Serie A Femminile gestita direttamente dalla FIGC.
La partecipazione della Roma alla UEFA Women’s Champions League è stata un altro segno del percorso di crescita della squadra, culminato con il record italiano di spettatori per una partita di calcio femminile allo Stadio Olimpico durante gli ottavi di finale contro il Barcellona. La sua ascesa nel calcio femminile italiano non è passata inosservata, e il suo talento è stato presto riconosciuto dalla Ct Milena Bertolini, che l’ha convocata per la nazionale maggiore. Il suo debutto ufficiale con l’azzurro è avvenuto il 24 febbraio 2021, durante le qualificazioni ai campionati europei 2022, nella partita contro Israele.
Lucia ha continuato a essere una presenza costante nella nazionale italiana, partecipando a diverse amichevoli e tornei internazionali, inclusa la prestigiosa Algarve Cup. La sua determinazione e la sua abilità sul campo l’hanno portata ad essere convocata anche per i Mondiali in Australia e Nuova Zelanda. Lucia è una calciatrice completa, in grado di giocare sia sulla fascia destra che su quella sinistra. È veloce nelle ripartenze e sa contribuire sia alla fase difensiva che a quella offensiva della squadra. La sua efficacia nei contrasti e la precisione nei passaggi hanno reso la sua presenza in campo fondamentale per molte vittorie della sua squadra.
Ma Lucia Di Guglielmo non è solo una calciatrice di talento, è anche una brillante studentessa. Dopo aver conseguito la laurea triennale in Chimica per l’industria e l’ambiente con 110 e lode, sta attualmente proseguendo il suo percorso con la laurea magistrale.
Studiare a Pisa: Claudia Polese
Ciao Claudia, cominciamo dai tuoi inizi all'Unipi. Perché hai scelto di studiare Ingegneria aerospaziale a Pisa?
Arrivando da un liceo scientifico, inizialmente ero molto affascinata dall’idea di studiare astrofisica. Sono cresciuta con il mito di Margherita Hack. Seguendo il mio eterno spirito da San Tommaso mi infiltrai alle lezioni di fisica, che non mi colpirono particolarmente, così alcuni amici più grandi di me mi convinsero a provare a seguire una lezione di ingegneria aeronautica. Lì trovai un ambiente totalmente diverso, pratico, che mi dette la sensazione di potermi impegnare in qualcosa che avrebbe avuto un impatto immediato nel mondo e di essere coinvolta in un settore sempre all’avanguardia nelle nuove tecnologie. Anche l’idea di poter lavorare sugli aerei ha fatto il suo lavoro, insieme alla mia passione per i viaggi. Ai tempi era già famoso il grande disegno in aula B11: “Vieni a Ingegneria, girerai il mondo”, e quando lo vidi dal vivo qualcosa scattò nella mia testa. Così decisi che quella sarebbe stata la mia strada.
Dopo la laurea per vari anni hai ricoperto il ruolo di ricercatrice nel nostro Ateneo. Raccontaci qualcosa della tua "vita da laboratorio".
Durante la tesi di laurea in Struttura aerospaziale con il professor Agostino Lanciotti (in foto, a sinistra) fui probabilmente la prima donna con una tesi sperimentale in laboratorio. Lì cominciai davvero a divertirmi: amavo unire l’aspetto teorico alle simulazioni e quell’aspetto meccanico che per me era faticoso era qualcosa di nuovo ma molto stimolante. All’inizio abbiamo dovuto prendere le misure con gli altri tecnici di laboratorio, che trovavano curioso vedere una ragazza avere a che fare con bulloni e presse idrauliche. Nel tempo abbiamo creato un gruppo di lavoro davvero affiatato, lavorando sotto la supervisione dei professori Lanciotti, Lazzeri, Cavallini, tanti tecnici di laboratorio e studenti di master e dottorato che si sono alternati negli anni, tutti ragazzi che oggi sono in giro per il mondo.
Sono stata orgogliosa di aver avuto la possibilità di partecipare allo sviluppo di un laboratorio decisamente unico. Quello che ci piaceva di più era il lavorare direttamente nel settore Ricerca e sviluppo con ditte aeronautiche, avendo contatti diretti con ingegneri, venendo coinvolti in progetti europei e consorzi internazionali, imparando a gestire proposte di progetto da punto di vista non solo tecnico, ma anche economico e finanziario. Per me è stato un momento davvero bella della mia vita, che mi ha arricchito su tanti livelli.
Durante il dottorato hai lavorato anche in Germania, di cosa ti occupavi?
Mi sono occupata di sviluppare, in collaborazione con Alenia Spazio di Torino, la tecnologia Friction Stir Welding. L’obiettivo finale era realizzare un prototipo di modulo per la stazione spaziale internazionale. Ho avuto l’opportunità di passare sei mesi pressi il German Aerospace Centre di Colonia (in foto, a destra), lavorando direttamente con il dottor Claudio Dalle Donne. Quella è stata un’esperienza di crescita notevole, con l’esposizione a un ambiente internazionale. Nello stesso istituto c’era anche la zona di addestramento astronauti dell’Agenzia Spaziale Europea, per cui ebbi la fortuna di incontrare anche personalità importanti come l’astronauta Paolo Nespoli, che si stava preparando per la sua prima missione.
Da 14 anni insegni alla Wits University di Johannesburg. Come ci sei arrivata e perché hai scelto di rimanerci?
Ci sono arrivata quasi per caso. Durante il periodo di post-doc mi sono trovata a chiedermi a quali possibilità potessero esserci all’estero. Quasi per gioco, con un mio studente di dottorato, abbiamo cercato su AcademicKeys i bandi. Wits è apparsa immediatamente in cima, con una scadenza per il giorno successivo. Mi feci convincere a mandare la domanda, anche se mi mancava qualche timbro. Dieci giorni dopo ero sul mio primo volo per Johannesburg per fare il colloquio.
Scesa dall’aereo, la prima cosa che mi sorprese fu il cielo: un blu incredibile, una luce accecante. Le persone sono cordiali, sorridenti. I miei colleghi sono stati da subito molto accoglienti. Nonostante abbia avuto nel tempo altre opzioni, la posizione da professore associato e la possibilità di vivere in un ambiente diverso mi ha conquistato. Il Sud Africa è un paese che dà tanto in termini di ricerca, sviluppo di nuovi laboratori e nuove tecnologie. Le possibilità di crescita in questi 14 anni sono state tante.
Il titolo di Cavaliere dell'Ordine della Stella d'Italia viene assegnato dal Presidente della Repubblica ad italiani all'estero che si sono distinti nella promozione dei rapporti di amicizia e collaborazione tra l'Italia e gli altri Paesi. Cos'ha significato per te essere insignita di questo titolo?
Quando mi ha chiamato la console generale Curnis per comunicarmelo mi sono venuti i brividi. Ero in macchina e lei mi ha chiesto “Claudia, sei seduta?”. Mi ha fatto estremamente piacere ricevere un riconoscimento per l’impegno che da anni impiego nello sviluppo di progetto comuni con università italiane ed europee e nel mantenimento di contatti con colleghi in giro per il mondo. Sentirsi dire dai tuoi genitori che sono orgogliosi di te, poi, è qualcosa che fa bene al cuore.
E ora la domanda di rito: se potessi tornare indietro nel tempo a quando eri una studentessa, che consiglio ti daresti?
Mi direi: “tieni duro”. Specialmente il primo anno è veramente difficile abituarsi a un ambiente così diverso dal liceo, trovarsi in un’aula con 365 studenti, ma se è quello che vuoi fare mettici impegno e i frutti arriveranno.
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Studiare a Pisa: Lapo Mori
Da giovane laureato in Ingegneria meccanica e ricercatore, Lapo è stato uno dei primi Team Leader dell'E-Team squadra corse. Entrato nel mondo della consulenza quasi per gioco, negli ultimi 15 anni ha vissuto tra Belgio, Thailandia e Stati Uniti supportando le industrie di oltre 40 paesi sui temi delle tecnologie innovative. Questa è la storia di Lapo Mori, consulente strategico nella sede di Denver della McKinsey & Company.
Lapo è uno dei protagonisti di "Vox Alumni", il podcast di Alumni che racconta le storie di laureate e laureati dell'Università di Pisa.
Ascolta "Ep. 10 | Dalle gare con l'E-Team a consulente McKinsey: Lapo Mori" su Spreaker.
Ciao Lapo, raccontaci un po’ dei tuoi anni a Pisa, tra gli studi, la ricerca e la gestione dell’E-Team.
Da sempre appassionato di materie scientifiche (nonostante abbia fatto il classico…) volevo trovare un lavoro che mi permettesse di usarle tutti i giorni. La scelta di ingegneria fu scontata. Ho svolto la mia triennale e specialistica a Pisa in Ingegneria Meccanica e poi ho fatto il mio PhD alla Northwestern University a Chicago.
Di ritorno a Pisa per un postdoc, ho svolto per un periodo anche il ruolo di Team manager e Direttore tecnico dell’E-Team Squadra Corse, che era allora agli albori del progetto. Si è trattata di un’esperienza molto diversa da tutte le altre vissute all’università. Per la prima volta, ho vissuto un vero lavoro di gruppo in un’atmosfera molto simile alle start-up, fatta di grandi ambizioni, nessuna ricetta per risolvere i problemi, inventiva e improvvisazione, passione. Cose che mi sono poi trovato ad usare spesso nel mio lavoro.
Come sei passato dal mondo della ricerca a quello della consulenza strategica, e di cosa ti occupi esattamente?
Ci sono arrivato per puro caso. Quando ero all’università non sapevo nemmeno cosa fosse la consulenza. Ho preparato i colloqui seguendo il consiglio di un amico di esplorare questa strada come un modo per fare esperienza e poi andare nell’industria. Sono entrato con l’idea di restare qualche anno o fino a quando mi fossi divertito…Qualche anno sono diventati oltre dodici e continuo a divertirmi.
Mi occupo di molti settori ma in generale aiuto aziende nei settori della chimica, estrazione mineraria, agricoltura, metalli, carta, a migliorare la loro produzione, supply chain e sostenibilità utilizzando nuove tecnologie, per lo più legate ad analisi avanzate, big data, e automazione.
Negli ultimi quindici anni hai vissuto tra Europa, Asia e Stati Uniti, lavorando in oltre quaranta paesi. Quali sono, secondo la tua esperienza, i pro e i contro di trasferirsi all’estero per lavoro?
Fare esperienze all’estero è l’unico modo per capire come collaborare con aziende e persone che hanno una cultura diversa. Data la globalizzazione di tutti i settori, non credo che sia un’opzione, ma una necessità. Detto questo, vivere all’estero non è certamente la scelta giusta per tutti, ma consiglio per lo meno di sperimentare e decidere in base ai fatti e non a preconcetti.
Per chiudere, la domanda che facciamo a tutti: se potessi tornare indietro nel tempo a quando eri uno studente, quale consiglio ti daresti?
Non ho un solo consiglio ma due. Il primo è fare un periodo all’estero. Durante l’università l’unico obiettivo era lo studio e non ho mai considerato un periodo all’estero perché lo vedevo come una perdita di tempo. Solo più tardi ho capito che queste esperienze aiutano a crescere in un modo che non si misura con i mesi guadagnati o persi. Il secondo è esplorare discipline che non hanno niente a che vedere con quella di studio. Durante l’università, per esempio, non avevo idea che finanza e intelligenza artificiale sarebbero state materie che avrei usato molto più della progettazione nell’ambito in cui mi sono trovato a lavorare.
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Studiare a Pisa: Vincenza Folgheretti
A scuola le dissero che una donna non poteva fare l'enologa. Siciliana di nascita e toscana d’adozione, Vincenza Folgheretti si è laureata nel 2008 in Viticoltura ed Enologia, e da allora non ha mai smesso di lavorare in questo campo con passione, entusiasmo e caparbietà. Dopo due master e tanta esperienza in importanti aziende del settore che l’hanno portata fino alla Nuova Zelanda, oggi è una professionista a tutto campo: vice-delegata delle Donne del Vino della Toscana e vicepresidente di Assoenologi Toscana, fa parte di numerose commissioni di degustazione per doc/docg toscane ed è giudice di vari concorsi enologici. Oltre al lavoro di consulenza per le aziende, è anche titolare di Le Falene, azienda vitivinicola in Toscana. Vincenza è una delle protagoniste di "Vox Alumni", il podcast di Alumni che racconta le storie di laureate e laureati dell'Università di Pisa.
Ascolta "Ep. 5 | La donna del vino: Vincenza Folgheretti" su Spreaker.
Ciao Vincenza, partiamo dall’inizio: da dove nasce la tua passione per l’enologia e perché hai scelto Pisa per formarti in questo settore?
Diciamo che prima è nata la sfida e dopo la passione. Provengo da una famiglia dove il vino non era mai stato prodotto, non sapevo neanche cosa fosse l’enologia. Mi sono diplomata all’Istituto di Agraria e quando mi sono ritrovata alla fine del mio percorso di studi a decidere il mio futuro universitario chiesi ad uno dei docenti cosa ne pensasse del mondo enologico e quali potevano essere gli sbocchi per il futuro. La sua risposta è stata “É un mondo che da tantissimi soddisfazioni, sotto tutti i punti di vista…peccato però che sei una donna”. Ricordo che sono uscita da quell’aula con la testa piena di pensieri e mentre camminavo dicevo “Ok, io diventerò un enologa!”. Da li poi è nata quella che oggi è la mia più grande passione. Ho scelto poi Pisa per due grandi motivi, uno perché è in Toscana e la Toscana insieme al Piemonte sono le due regioni, per eccellenza, dei grandi vini rossi, e poi perché a me piaceva Pisa. C’ero stata da piccola e mi era rimasta nel cuore.
Dopo la laurea nel 2008 hai frequentato due master a Pisa e lavorato in varie realtà grandi e piccole in Italia e all’estero. Quali sono le competenze più importanti che queste esperienze ti hanno lasciato?
Dopo la laurea ho seguito un master sulla gestione dell’alta qualità della filiera vitivinicola, dove ho affrontato l’argomento in modo più ampio e non soltanto dal punto di vista tecnico in senso stretto, e poi un altro master su bilancio e amministrazione aziendale, che per me all’epoca era l’anello mancante di tutto il percorso. Avere la consapevolezza e la conoscenza di come funziona un’azienda anche dal punto di vista di gestione e amministrazione aziendale, nonché finanziaria, è assolutamente importante in sede di riunione quando si parla di bilanci, investimenti e gestione, per impostare strategie e progetti di sviluppo futuri per l’azienda. Le mie esperienze lavorative mi hanno lasciato davvero tanto. Io non avevo mai messo piede in una cantina prima di iniziare l’università. Una cosa che dico sempre ai giovani, abbiate l’umiltà di ascoltare tutti e fare tesoro di quello che vi dicono. La preparazione accademica porta ad avere un’importante valore aggiunto, ma dobbiamo tutti partire dalle basi per diventare grandi, sotto tutti i punti di vista.
Oggi collabori ancora con Unipi per la formazione professionale degli studenti. Raccontaci qualcosa di questa esperienza.
Per me ritrovarmi dall’altra parte della cattedra è sicuramente un’esperienza unica. Quando ero all’università guardavo ammirata questi grandi professioni che venivano a farci lezione e raccontarci la loro esperienza. Il mio obbiettivo quando sono di fronte a questi ragazzi non è insegnargli la chimica o a fare il vino in senso stretto, perché per quello c’è l’Università e i docenti sono molto più bravi e preparati di me a fare queste cose. Il mio compito è quello di far capire loro che nulla è scontato, e a volte è necessario pensare fuori dagli schemi. Lavoriamo in un settore dove il nostro più grande nemico/alleato è la natura, non dobbiamo farle la guerra, ma capirla, interpretarla e tradurla.
Cosa significa essere una “donna del vino” oggi?
Il mondo del vino è strettamente dominato da uomini ed essere donna non è semplice, anche se posso apertamente dire che le cose negli ultimi anni sono cambiate: non esiste più quell’enorme gap che ho incontrato io formandomi. Di strada da fare ce n’è veramente tanta, ma siamo su quella giusta. Uomini e donne hanno modi di agire e pensare completamente diversi per motivi storici e ancestrali, per non parlare della sensibilità sensoriale. Una collaborazione e cooperazione tra uomo e donna all’interno di un’azienda, se entrambi lavorano per raggiungere un unico obiettivo, permette di creare la squadra vincente, perché entrambi mettono insieme i loro punti di forza per un unico risultato.
Quello nel campo dell’enologia è un lavoro sicuramente complesso e variegato: qual è una tua giornata tipo?
Beh, premetto che sono anche mamma di un bimbo di 3 anni, con tutto quello che può significare. Quando è nato mio figlio mi è stato detto “Beh, adesso che sei mamma non penserai di certo di continuare a fare quello che facevi prima?”. Io viaggiavo e viaggiavo tantissimo, ero spesso fuori per lavoro. La mia risposta è stata “è vero, non posso più fare più quello che facevo prima…perché faccio molto di più, faccio anche la mamma!”. La mia giornata tipo generalmente comincia con il mio bimbo, prepararlo, portarlo all’asilo e poi si parte con il lavoro. A volte sono vicino casa, altre volte anche in altre regioni, per cui passo veramente tantissime ore in machina, che spesso vengono riempite con telefonate di lavoro, a volte anche delle piccole riunioni se vogliamo. Poi ovviamente il lavoro vero e proprio è nelle aziende, dove a seconda del periodo ci si concentra su aspetti specifici. Per intenderci: siamo in vendemmia, già a partire da agosto si parte con la degustazione delle uve per capirne le maturazioni, quando poi queste vengono vendemmiate si assaggiano i mosti, vengono date le indicazioni all’azienda verso quale direzione andare in funzione all’obiettivo enologico prefissato. Un vino giovane verrà lavorato in un determinato modo, un vino che andrà in affinamento farà un’altra strada, così come bianchi, rosati e basi spumante.
Grazie per il tempo che ci hai dedicato. Chiudiamo con la domanda di rito: se potessi tornare indietro nel tempo a quando eri una studentessa, quale consiglio ti daresti?
Quello che mi sono sempre data, non arrendersi mai. Nessuno nel mondo del lavoro regala niente e spesso ci ritroviamo sconfortati, non ci sentiamo all’altezza, vediamo magari gli altri arrivare e noi no. Io mi sono sempre detta: io ci voglio provare, se poi mi renderò conto di non essere all’altezza di questo mestiere sarò io stessa a fare un passo indietro e a prenderne consapevolezza, ma prima di allora io non mi arrendo. Non esistono le sconfitte, esistono le esperienze, e se il treno per me non passa, alla meta ci arrivo a piedi e a quel punto avrò qualcosa di diverso di quelli che sono riusciti a “prendere il treno”: una strada che ho percorso metro dopo metro.
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Studiare a Pisa: Matteo Betti Degl'Innocenti
Come si passa da una laurea in Lingue a lavorare per l'azienda di giocattoli della bambola più venduta al mondo? Questa è la storia di Matteo Betti Degl'Innocenti, giovane talento pisano che da tre anni vive e lavora in Olanda come Capo Marketing della Mattel. Matteo è uno dei protagonisti di "Vox Alumni", il podcast di Alumni che racconta le storie di laureate e laureati dell'Università di Pisa.
Ascolta "Ep. 1 | Da Pisa alla Mattel: Matteo Betti Degl'Innocenti" su Spreaker.
Ciao Matteo, raccontaci qualcosa sulla tua esperienza di studio all’Unipi.
A ottobre del 2005 iniziai la mia avventura presso l’Università di Pisa. Uscivo dal liceo scientifico Ulisse Dini, gestito dalla fantastica Preside Lia Marianelli, un’icona di Pisa. Mi ricordo ancora tutte le discussioni avute con amici e parenti, che si preoccupavano molto per il mio futuro: “Cosa vai a fare a Lingue? Cosa farai poi? Tradurre libretti delle istruzioni per le aspirapolveri?”. Questi erano alcuni dei commenti rivoltimi, eppure sentivo che in fondo in fondo, erano tutti sbagliati.Scelsi di studiare arabo e tedesco, non spagnolo, inglese o francese, perché pensavo che mi avrebbero potuto aiutare a differenziarmi nel mondo del lavoro e aprirmi più possibilità. E cosí iniziarono i miei quattro anni di carriera universitaria a Pisa; tornassi indietro li rifarei tutti. Nel corso della mia carriera lavorativa, mi son sempre rimasti in testa alcune parole pronunciate dal professor Motta, con cui diedi l’esame di glottologia. L’unico che io abbia mai bocciato durante la triennale. “Siete studenti di lingue, per cui dovete assolutamente conoscere alcune parole in tutte le lingue del mondo!”. Un consiglio tanto scontato per quanto forte e potente; restare curiosi, questo voleva dire. Ed é questo che aiuta nel mondo lavorativo.
Da Pisa alla Mattel: come ci sei arrivato?
Sono entrato in Mattel l’8 marzo 2016, il giorno prima del compleanno di Barbie (nata il 9 marzo 1959). All’epoca vivevo a Londra, dove mi ero trasferito per imparare meglio l’inglese e provare a lavorare nel marketing. Eppure, tre anni e innumerevoli lavori dopo, mi sentivo solo stanco. Cosí comprai un biglietto di sola andata per Barcellona, invitai tutti i miei amici a una festa d’addio a Soho, nel mio quartiere preferito e cosí mi preparai per dire addio a tutto e tutti. Due giorni prima della partenza per Barcellona squillò il cellulare: era la Mattel, che voleva offrirmi una posizione di social media intern per sei mesi. Accettai, mi rimisi in gioco e ricominciai da zero. Sei anni dopo essere stato assunto come stagista, mi ritrovo ad essere capo marketing di Belgio e Olanda per Mattel, nonché leader europeo di una delle associazioni interne a Mattel su diversità e inclusività, nel mio caso gestisco quella sulle tematiche LGBTQ+.
Cosa vuol dire essere Capo Marketing alla Mattel?
Essere capo marketing vuol dire essere responsabile di un team in primis. Se il team non si sente parte integrante dell’azienda e non si sente preso in considerazione, allora si crea il malcontento e le persone non daranno mai il 100%. Ovviamente, essere il capo marketing vuol dire anche occuparsi di numeri, strategie, analisi sulle aziende e sui prodotti direttamente in competizione con quelli propri, capire il consumatore (cosa e come cerca i prodotti e dove li acquista), cosí come generare delle strategie di distribuzione del prodotto nei diversi canali di vendita, ma anche di comunicazione all’interno dei diversi canali mediatici.
Cosa pensi del valore delle lauree umanistiche per il mondo del lavoro?
Per quanto molti dei miei colleghi italiani a Mattel siano laureati in economia o business, devo dire che mi sento sempre molto orgoglioso della mia laurea in linguistica. Durante gli anni di studi, ho imparato come risalire alle radici delle parole e come capire da quali lingue possano essere derivate, cosí come farle risalire all’indoeuropeo o altri ceppi linguistici. Questo modo di ragionare mi é tornato molto utile in questi anni, soprattutto nel darmi il modo di approcciare quelli che sono dati piú numerici e a me meno familiari. Proprio grazie a questi insegnamenti, ho potuto capire meglio la performance delle marche e dei prodotti, e collegarli ad alcuni eventi come campagne marketing o promozioni. Credo che le lauree umanistiche dovrebbero essere apprezzate di piú nelle realtá imprenditoriali. Nei percorsi umanistici non si richiede di applicare una formula, ma di arrivare a risolvere alcuni enigmi tramite comparazioni, somiglianze e, alle volte, alcune ipotesi azzardate ma vincenti. In fondo, l’indoeuropeo non é forse una protolingua ricostruita per dare una spiegazione logica alla somiglianza fra molte lingue?
Quali consigli daresti a un giovane studente di oggi?
Come prima cosa, fa’ l’erasmus! Io ho avuto la fortuna, grazie ai miei genitori e ai loro sacrifici, di poter vivere sei mesi in Germania. L’erasmus é un’esperienza di vita che ti scuote le membra e ti fa cambiare la percezione della realtá. Se non avessi fatto quella prima esperienza, probabilmente non sarei poi andato a vivere in Svizzera, Spagna, Regno Unito e adesso Paesi Bassi. E poi resta aperto a tutto, osservati intorno, cerca di sentire sempre le diverse versioni della realtá e circondati di amici di diverse culture e etnie, perché questo ti arricchisce molto di piú di quanto possa fare qualsiasi stipendio.
Grazie mille Matteo, un’ultima domanda prima di lasciarci. Se potessi tornare indietro nel tempo a quando eri uno studente, che consiglio daresti a te stesso?
Solo uno: non pensare mai di essere sbagliato perché ti piace colorarti i capelli di rosa, perché sei gay o perché non ti vesti in giacca e cravatta come tanti che vogliono sentirsi importanti. Continua a ridere forte e ad alta voce e a vestirti come vuoi. Solo se ti senti libero di essere quello che vuoi, come mi sento da quando sono entrato a Mattel, puoi davvero portare un cambiamento. Solo questo sentimento può portare innovazione e far sí che l’azienda non resti indietro, ma continui ad innovarsi e a migliorarsi.
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GKN fa teatro - Una storia di reindustrializzazione
Tutte le informazioni al link: https://www.unipi.it/index.php/attivita-e-viaggi-studenteschi/item/26322-gkn-fa-teatro-una-storia-di-reindustrializzazione
GKN fa teatro - Una storia di reindustrializzazione
Giovedì 27 luglio alle ore 18.00 presso l'Aula AM2 (Largo Bruno Pontecorvo) avrà luogo lo spettacolo teatrale dal titolo "GKN fa teatro - Una storia di reindustrializzazione", organizzato a cura dell'Associazione Pisa Città di Frontiera, con la partecipazione dell'Associazione Culturale APS SOMS Insorgiamo e con Maria Perrera.
L'evento è realizzato con il contributo dell'Università di Pisa per le attività studentesche autogestite.
Per informazioni: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
La magia di Bright Night con lo sguardo dei bambini
L’edizione 2023 di Bright Night, la Notte delle Ricercatrici e dei Ricercatori che da diversi anni richiama a Pisa migliaia di visitatori nel centro della città l’ultimo venerdì di settembre, riparte dai bambini e da un video che attraverso l’esperienza di Liam e Emily racconta l’emozione e il sogno di essere ricercatori almeno per un giorno.
Guarda il video
Il video segue i due protagonisti nelle cinque colorate Piazze della Ricerca proposte lo scorso anno, attratti da giochi ed esperimenti, quiz e curiosità, e impegnati a ottenere i timbri e completare il “passaporto” pensato appositamente per loro. Il progetto è stato curato dal Polo Comunicazione del Centro per l'Innovazione e la Diffusione della Cultura (CIDIC) con la regia di Livia Giunti.
Tantissime le attività dedicate alle bambine e ai bambini anche nell’edizione 2023, in programma venerdì 29 settembre nelle Piazze della Ricerca nel centro della città: spazi dedicato ai più piccoli, talk su argomenti legati all’attualità e stand interattivi. Nella mattinata i dipartimenti, le biblioteche, i musei, le sedi universitarie e i centri di ricerca saranno aperti alle visite di studenti delle scuole per attività laboratoriali, attività ed esperimenti a loro dedicati.
Le sedi della ricerca proporranno anche tante attività nelle loro sedi dove il pubblico potrà vedere da vicino il lavoro dei ricercatori e delle ricercatrici e partecipare a eventi divulgativi e dimostrazioni coinvolgenti. Il palinsesto di Bright prevede anche le Passeggiate con la Scienza dedicate a cittadini, famiglie e bambini interessati a scoprire o approfondire luoghi, storie e curiosità della città con la guida dei ricercatori.
Bright Night, protagonista a Pisa come in tutta la Toscana, si svolge in occasione della Notte europea delle ricercatrici e dei ricercatori, nata nel 2005 su impulso della Commissione Europea. Con il sostegno della Regione Toscana nell’ambito del progetto Giovanisì, ne sono promotori gli atenei toscani (Università di Firenze, Pisa, Siena, Stranieri di Siena, Scuola Superiore Sant’Anna, Scuola Normale Superiore e Scuola IMT Alti Studi Lucca), insieme a un’ampia rete di enti di ricerca, fra i quali ci sono il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), l’European Gravitational Observatory (EGO), l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF).
Aperte le immatricolazioni ai corsi di laurea triennale e magistrale a ciclo unico di Unipi
Sono partite giovedì 27 luglio le immatricolazioni ai corsi di laurea triennale e ai corsi di laurea magistrale a ciclo unico dell’Università di Pisa per l’anno accademico 2023-2024, con procedura da poter svolgere interamente a distanza e informazioni sul portale Matricolandosi. Lo stesso giorno al Polo Fibonacci è stato aperto il Centro Matricolandosi, punto di riferimento per studenti e famiglie in cerca di informazioni sull’offerta didattica, sulle scadenze e sui servizi, oltre che di assistenza sulle procedure on line e orientamento sulla scelta del corso da seguire.
Il Centro Matricolandosi, che resterà accessibile fino al 4 agosto per riprendere le attività dalla fine del mese, dovrà essere raggiunto dai nuovi immatricolati a partire dal 20 settembre esclusivamente su appuntamento per la consegna della carta “Studente della Toscana”, una tessera magnetica che permette a chi frequenta uno degli atenei della regione di accedere a tutti i servizi del diritto allo studio, indipendentemente dall’università alla quale è iscritto. Al momento del ritiro della carta al Centro, si potranno ricevere la brochure sulla guida ai servizi Unipi e un gadget a scelta. Invece, chi non si recherà di persona potrà comunque ricevere la carta per posta, ma solo dopo il 15 dicembre. Da quest'anno, contestualmente alle procedure di immatricolazione, sarà somministrato un questionario agli immatricolati, mirato a rilevare aspetti motivazionali e di contesto socio-demografico, con il principale obiettivo di contrastare il fenomeno degli abbandoni, anche attraverso azioni mirate di orientamento. Gli interessati potranno inoltre compilare, su base volontaria, una serie di altri questionari su vari aspetti su cui l'ateneo investe in servizi per gli studenti, ricerca e studi, come le attività sportive, la musica, i comportamenti associati alla salute fisica e psicologica.
Per quanto riguarda le immatricolazioni, sarà possibile perfezionare l’iter entro il mese di settembre, mentre a ottobre è previsto il pagamento di una mora di 50 euro, a novembre di 100 euro e a dicembre di 150 euro, con esclusione del pagamento della mora per i vincitori dei concorsi per i corsi a numero chiuso. Oltre il 2 gennaio 2024 non sarà più possibile immatricolarsi ai corsi di laurea triennale e ai corsi di laurea magistrale a ciclo unico dell’Università di Pisa.
Per l’anno accademico 2023-2024 sono 144 i corsi di laurea attivati all’Università di Pisa, suddivisi tra laurea triennale, laurea magistrale a ciclo unico e laurea magistrale. Nell’offerta formativa spiccano i nuovi corsi a orientamento professionale per geometri e per periti laureati, o abilitanti per le rispettive professioni, come quelli in Farmacia, Chimica e tecnologia farmaceutiche, Psicologia clinica e scienze comportamentali.
Ogni immatricolato può usufruire di un tutorato di accoglienza pensato per aiutare le matricole a inserirsi nell’ambiente universitario. Inoltre ogni Dipartimento offre un servizio di tutorato alla pari, in cui degli studenti “senior” si mettono a disposizione degli studenti più giovani per fornire informazioni di qualsiasi genere e per aiutare a sciogliere dubbi e difficoltà di carattere sia organizzativo sia didattico.
La comunità studentesca ha inoltre a disposizione una nuova Guida ai servizi e opportunità scaricabile a questo link.
Il gruppo degli organizzatori di Matricolandosi, con il prorettore per la Didattica, Giovanni Paoletti, e il delegato per i Rapporti con il territorio, Marco Macchia.
Entro il 6 settembre gli studenti iscritti o che intendano iscriversi ai corsi di laurea triennale, laurea magistrale e magistrale a ciclo unico possono presentare domanda per le borse di studio e i posti alloggio all’Azienda regionale per il diritto allo studio universitario. Da metà settembre e fino al 31 ottobre potrà essere presentata la domanda per la riduzione delle tasse, da compilare on line tramite il portale Alice.
“Quest’anno l’Università di Pisa ha scelto lo slogan ‘La giusta prospettiva’ per la campagna di immatricolazioni – ha detto il rettore Riccardo Zucchi - e non solo come riferimento alla sua illustre tradizione rappresentata da Galileo Galilei e al telescopio simbolo della scienza. È soprattutto un invito alle ragazze e ai ragazzi a scegliere il proprio percorso universitario in modo consapevole e ragionato. L’impegno dell’Ateneo è di aiutarli a far emergere e valorizzare il talento di cui ognuno dispone, senza lasciare indietro nessuno”.
Dal Mesolitico una storia di adattamento alla crisi climatica
Nell’estate più rovente della storia, l’area semi-desertica di Los Monegros, in Spagna, ci restituisce una straordinaria storia di adattamento e sopravvivenza ai cambiamenti climatici avvenuti attorno al 6200 a.C. A ritrovarne le tracce, un’equipe di archeologi dell’Università di Pisa impegnati nel progetto “MesoHistories”, diretto da Niccolò Mazzucco, professore dell’Ateneo pisano, e Javier Rey Lanaspa, archeologo del Governo di Aragona.
“Lo scenario che si sta componendo è di grandissimo interesse non solo archeologico – spiega il professor Niccolò Mazzucco – In quasi un mese di scavi nel sito chiamato ‘PBM‘, situato a Sariñena (Huesca, Spagna), abbiamo riportato alla luce i resti di almeno una capanna, con buche di palo, quattro focolari in fossa, resti di combustione, alcune punte di proiettile di forma triangolare e trapezoidale, caratteristiche del periodo mesolitico, e un’area di lavorazione della selce”.
“Si tratta del sito più antico finora scoperto nel territorio di Los Monegros; un accampamento all’aperto del Mesolitico, che ci riporta all’epoca degli ultimi cacciatori-raccoglitori-pescatori nomadi vissuti qui in un momento di grave crisi climatica, uno dei periodi più freddi e aridi dell’attuale era geologica, l’Olocene - prosegue Mazzucco - I resti ritrovati ci aiuteranno a comprendere come questi esseri umani abbiano cercato di adattarsi alla nuova condizione ambientale determinata da quello che viene indicato evento 8.2 ka, ossia il brusco raffreddamento di 1–3 °C che circa 8.200 anni fa interessò gran parte dell'emisfero settentrionale e durò circa 160 anni”.
Le indagini sui reperti sono ancora in corso, ma già i primi risultati delle analisi polliniche ci parlano di un ambiente estremamente diverso da quello attuale. I dati, infatti, indicano che in quel periodo preistorico il luogo dello scavo sarebbe stato caratterizzato principalmente da un paesaggio semi-aperto, dominato da specie come il cipresso e il ginepro. Oltre a ciò, in questo angolo dell’attuale deserto di Los Monegros sembra fosse presente una palude.
È sulle sue rive che il gruppo di cacciatori-raccoglitori nomadi, probabilmente di piccole dimensioni, aveva costruito il suo accampamento, per poter cacciare mammiferi ed uccelli, come testimoniano alcuni resti di ossa trovati durante lo scavo e che ci raccontano di un significativo cambio di dieta.
“La caccia agli uccelli non era una cosa molto frequente ed è spesso difficile da documentare a livello archeologico. Nel caso di PBM, la relativa abbondanza di ossa di uccelli e piccoli mammiferi potrebbe suggerire un cambiamento nell’alimentazione di questi cacciatori-raccoglitori-pescatori che si erano adattati alle nuove, più rigide, condizioni climatiche – conclude Niccolò Mazzucco – L’allargamento del numero e del tipo di prede cacciate rispetto ad una dieta altrimenti principalmente basata sulla caccia ai grandi ungulati, quali cervo, cinghiale o capre selvatiche, è spesso riflesso di un adattamento a nuove condizioni ambientali, ad un cambiamento della mobilità e delle strategie economiche di questi gruppi. Sebbene sia ancora presto per trarre conclusioni, e solo le analisi di laboratorio potranno chiarire l’effettiva composizione delle specie cacciate, PBM è un sito che potrà offrire nuovi spunti per interpretare quest’ultima fase di vita dei cacciatori-raccoglitori-pescatori europei, all’alba della rivoluzione Neolitica, che pochi secoli dopo il 6200 a.C. porterà nuovi stravolgimenti con l’arrivo di specie domestiche e l’inizio dell’agricoltura”.
La campagna di scavo iniziata a luglio, la terza nel sito “PBM”, fa parte del progetto “MesoHistories”, diretto da Niccolò Mazzucco, professore presso l’Università di Pisa (Italia), e Javier Rey Lanaspa, archeologo del Governo di Aragona. Nel gruppo scientifico sono coinvolti Aitor Ruiz-Redondo, professore presso l’Università di Saragozza e ricercatore presso l’Università di Saragozza, insieme a Ignacio Clemente Conte, ricercatore titolare presso la IMF-CSIC, ed Ermengol Gassiot dell’Università Autonoma di Barcellona. Questa terza campagna vede la partecipazione di studenti delle Università di Pisa e Saragozza ed ha avuto una durata di circa tre settimane, durante le quali si sono concluse le operazioni di scavo, definendo con maggiore precisione l’estensione dell’occupazione e le attività svolte, nonché la raccolta di nuovi campioni per analisi cronologiche e ambientali.
Per seguire gli aggiornamenti sullo scavo PBM e sul progetto, è attivo il profilo instagram @mesohistories.