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Nasce al Tecnopolo di Bologna il Centro Nazionale di Supercalcolo, il più grande sistema italiano dedicato al calcolo ad alte prestazioni, alla gestione dei big data e al calcolo quantistico che svolgerà attività di ricerca e sviluppo a livello nazionale e internazionale a favore dell'innovazione nel campo delle simulazioni, del calcolo e dell'analisi dei dati ad alte prestazioni. Il Centro Nazionale di Ricerca in High Performance Computing, Big Data e Quantum Computing (questo il nome completo) è uno dei cinque Centri Nazionali previsti dal PNRR e sarà gestito dalla Fondazione ICSC, tra i cui membri fondatori – provenienti dai settori pubblico e privato, dal mondo della ricerca scientifica e dell’industria, distribuiti su tutto il territorio nazionale – c’è anche l’Università di Pisa.

Le attività del Centro partiranno il primo settembre e l’Università di Pisa sarà direttamente coinvolta nell’attività scientifica di quattro linee di ricerca: Future HPC & Big Data, coordinato dal professor Marco Danelutto: Multiscale Modelling & Engineering Applications, in cui l’Ateneo pisano è co-leader nazionale, coordinato dal professor Sergio Saponara; Materials & Molecular Sciences, coordinato dalla professoressa Benedetta Mennucci; Quantum Computing, coordinato dal professor Massimo D’Elia. Inoltre, il nostro Ateneo siederà tra i membri del Consiglio di Amministrazione della Fondazione.

"Essere tra le quattro università che contribuiranno a guidare la Fondazione ICSC nella gestione del neonato Centro Nazionale di Ricerca in High Performance Computing, Big Data e Quantum Computing, oltre a far parte del board per il coordinamento scientifico delle sue attività di ricerca e sviluppo, è un fatto importantissimo per l'Ateneo pisano - ha commentato il Rettore dell'Università di Pisa, Paolo Mancarella - È il riconoscimento della centralità del nostro Ateneo in campi oggi fondamentali per lo sviluppo scientifico, tecnologico, sociale ed economico del nostro Paese. Infatti, l’Università di Pisa sarà direttamente coinvolta in ben quattro dei dieci ambiti di attività del Centro. Ci occuperemo di sistemi di calcolo ad alte prestazioni (HPC) e Big Data; di modellazione computazionale multiscala e loro applicazioni ingegneristiche; di scienza molecolare e dei materiali e, infine, di quantum computing. Si tratta di ambiti che rappresentano altrettante eccellenze del nostro Ateneo e attraverso le quali porteremo un contributo sostanziale al futuro dell’Italia e delle nuove generazioni".

Per portare a compimento la sua missione, il Centro conterà su un finanziamento, su fondi Next Generation EU nell’ambito della Missione Istruzione e Ricerca del PNRR coordinata dal MUR Ministero dell’Università e della Ricerca, pari a circa 320 milioni di euro, di cui il 41% sarà investito al Sud. In particolare, del finanziamento complessivo, oltre 100 milioni di euro saranno dedicati al personale, un investimento che viene considerato prioritario, con una partecipazione femminile di almeno il 40%, e con quasi 16 milioni di euro riservati a borse di dottorato e quindi all’alta formazione di giovani ricercatori. Il budget finanziato all’Università di Pisa è di circa 4 milioni di euro.

È arrivato da pochi giorni nella regione Arequipa in Perù il professor Adriano Ribolini, docente del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa, che nelle prossime settimane effettuerà una serie di indagini su due ghiacciai tropicali delle Ande centrali (Nevado Coropuna e Quelccaya Icefield) lavorando in un team internazionale di ricercatori. L’attività fa parte del progetto Motice (Modelling and monitoring tropical ice in South Peru: glaciers, rock glaciers and permafrost), guidato dall’Università di Madrid e finanziato del Ministero della Scienze e dell’Innovazione del governo spagnolo, e ha lo scopo di ricostruire l’evoluzione di questi ghiacciai a partire dagli anni ’60 e sviluppare modelli predittivi proiettati fino al 2100 secondo diversi scenari climatici.

“Questi ghiacciai sono scientificamente strategici perché si trovano ai tropici e quindi hanno una sensibilità particolare all’attuale riscaldamento planetario – spiega il professor Ribolini – ma soprattutto rappresentano dei chiari esempi di risorsa d’acqua che alimenta numerosi insediamenti anche di dimensione rilevante posti in regioni aride della terra. L'attività progettuale è variegata, il mio compito sarà quello di effettuare misure di spessore del ghiacciaio Nevado Coropuna con una strumentazione Ground-Penetrating Radar, fornendo dati cruciali per il successivo modelling. L’ambiente di lavoro sarà sicuramente affascinante, ma anche impegnativo, perché prevede di fare attività di rilevamento e misure strumentali a quote tra 4500 e 5500 metri”.

L’attività progettuale è costituita da misure di carattere glaciologico (topografico e nivologico), remote sensing dei ghiacciai (analisi di immagini aeree e satellitari riprese a partire dal secolo scorso), geomorfologiche (studio dei depositi abbandonanti dai ghiacciai nel processo di ritiro, e della presenza di orizzonti sotto-superficiali permanentemente congelati-Permafrost). In particolare, l’attività dei ricercatori si prefigge di descrivere le modalità e le velocità del ritiro di questi ghiacciai tropicali (situati a circa 15° di latitudine sud) a partire dagli anni ’60, osservando anche le conseguenti trasformazioni del paesaggio e iniziando un programma di monitoraggio del bilancio di massa dei ghiacciai. Tra gli obiettivi del progetto c’è anche creare un modello che possa riprodurre il pattern di ritiro dei ghiacciai esaminati nell’intervallo di tempo 1960-2020 e utilizzare il modello per predire l’evoluzione dei ghiacciai esaminati dal 2025 al 2100 secondo diversi scenari climatici, valutando la perdita di risorsa d’acqua.

Il progetto va dunque ad analizzare una situazione ambientale critica nelle regioni aride andine, me che potrebbe essere una possibile prospettiva anche per le nostre regioni alpine nei prossimi decenni: “Oltre all'importanza scientifica dei risultati ottenibili, che si collocano nel solco dello studio del climate change, la ricaduta della ricerca per la società civile è collegata al tema della risorsa d’acqua, minacciata dai cambiamenti climatici globali anche alle nostre latitudini, come evidente dalla cronaca nazionale – conclude Ribolini – Il progetto ha anche connessioni con altre iniziative nella regione andina che stanno sensibilizzando le comunità sulle strategie di adattamento ai cambiamenti in atto nella disponibilità delle risorse d'acqua”.

Oltre all’Università di Pisa, partecipano al progetto ricercatori delle università Complutense di Madrid, Santiago de Compostela, Extremadura, Bologna, University of Sheffield (UK), dell'Università Nazionale a Distanza (Spain), National Institute for Glaciers and High Mountain Research (INAIGEM, Perù), Peruvian Space Agency (CONIDA). Partecipano anche tecnici dell'Autoridad Nacional dell'Agua (Perù).

In Piazza dei Miracoli per guardare proiettate sulle pareti esterne del Camposanto Monumentale le immagini dell’universo come non si era mai visto finora, in una nottata memorabile organizzata dal Dipartimento di Fisica dell’Università di Pisa in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Europea e con l’Opera della Primaziale Pisana. Venerdì 22 luglio saranno presentati al pubblico i risultati del James Webb Space Telescope, il telescopio spaziale più avanzato e tecnicamente complesso mai realizzato, le cui foto hanno fatto negli scorsi giorni il giro del mondo. Passate e presenti “cosmografie” faranno così da ponte tra i secoli. Le immagini, che rivelano l’universo invisibile infrarosso come mai visto dal genere umano, presentano una visione di futuro a partire da Fibonacci e Galileo nell’incantevole meraviglia di Piazza dei Miracoli.

L'afflusso in Piazza inizierà alle ore 22 e un quarto d’ora dopo si terranno gli interventi introduttivi e di benvenuto dell'Arcivescovo di Pisa, Giovanni Paolo Benotto, e dei docenti e studenti del Dipartimento di Fisica. La proiezione delle prime immagini riprese da James Webb Space Telescope avrà luogo dalle 22,30 alle 23,15, seguita dalla visione di oggetti del cielo profondo fino a mezzanotte e mezzo, in collaborazione con l’Associazione Cascinese Astrofili. L'evento, che rappresenta una delle prime uscite internazionali pubbliche previste per diffondere i risultati del telescopio spaziale, si svolgerà completamente al buio in modo da consentire la visualizzazione telescopica in loco.

L'ingresso all’iniziativa è gratuito e non è richiesta alcuna prenotazione. Le presentazioni saranno in italiano e inglese.

Lanciato il 25 dicembre del 2021, il telescopio Webb ha impiegato diverse settimane per raggiungere il suo sito di osservazione a 1,5 milioni di chilometri dalla Terra, per sistemarsi nel profondo freddo dello spazio e per aprirsi lungo la strada come una farfalla per poi arrivare completamente dispiegato. A differenza del precedente telescopio spaziale Hubble, che è in bassa orbita terrestre, il Webb è stato progettato per scrutare nell'oscurità senza l'impedimento dell'atmosfera e per avere una lunga vita senza l'intervento umano.

Il telescopio è progettato osservando nell'infrarosso la parte dello spettro elettromagnetico che è invisibile all'occhio umano, come una finestra sul freddo universo. Qui gli oggetti più giovani della galassia emettono luce: stelle ancora immerse nelle nubi interstellari e sistemi planetari nati in dischi attorno alle protostelle. È anche il luogo in cui la luce delle galassie più lontane dell'universo diventa visibile, dalle prime stelle nel raggio delle prime centinaia di milioni di anni dopo l'inizio dell'espansione cosmica.

 

Prende voce e diventa un podcast il libro “1980. Una lunga estate italiana. La musica che ha cambiato il consumo della politica” edito dalla Pisa University Press e scritto da Alessandro Volpi, docente di Storia contemporanea al Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Pisa. Su Spreaker, Spotify e tutte le principali piattaforme di streaming audio è infatti disponibile “Il ritorno dei grandi concerti”, il primo di tre episodi tratti dal volume e che saranno pubblicati settimanalmente.

Il podcast “1980. Una lunga estate italiana” accompagna l’ascoltatore in un viaggio che passa in rassegna un intero anno, raccontando la storia di una parte rilevante del rapporto fra politica e musica nel corso del 1980, quando, per la prima volta in maniera organica, la politica si è occupata della musica, e in particolare dei concerti, nel tentativo di costruire consensi nuovi. La voce narrante è quella dello stesso Volpi, che ha anche curato l’adattamento in podcast del testo.

“1980. Una lunga estate italiana” è il primo di un ciclo di cinque podcast originali, intitolato “Voci dai Libri” tratti dal catalogo di Pisa University press e realizzato dall’Università di Pisa. Nei prossimi mesi verrà pubblicato il secondo podcast tratto dal ciclo e che riguarderà altre opere del catalogo della casa editrice dell’Ateneo pisano.

L’iniziativa, a cura del Centro per l'innovazione e la Diffusione della Cultura dell’Università di Pisa, ha visto la collaborazione congiunta dei quattro Poli (Comunicazione, Editoriale, Multimediale e Musicale) alla realizzazione del progetto e rappresenta uno strumento di sperimentazione di nuovi linguaggi al servizio della divulgazione e comunicazione della ricerca.

 

Ha raggiunto due traguardi importanti il doppio diploma in Informatica Umanistica/Master Études italiennes – édition numérique et imprimée de textes littéraires avviato tra l’Università di Pisa e l’Università di Lille nel 2020. Nella seconda sessione di giugno si è laureata la prima studentessa, Ada Desideri, e negli stessi giorni è arrivata la notizia che il doppio diploma è stato selezionato dall’Università Franco-Italiana (UFI) – istituzione di promozione scientifica tra la Francia e l’Italia – come miglior progetto di corso binazionale, risultando vincitore del prestigioso bando Vinci 2022. Dal prossimo anno accademico il corso metterà a disposizione degli studenti borse di mobilità per la partecipazione ad attività di laboratori condivisi, lo svolgimento di tesi di laurea congiunte, la partecipazione a stages di formazione.

Il progetto, presentato dalla professoressa Antonietta Sanna, docente di Letteratura francese all’Università di Pisa, e dalla professoressa Camilla Cederna, docente di Letteratura italiana all’Università di Lille, insieme al presidente di Informatica Umanistica professor Mirko Tavosanis, alla sua vicepresidente professoressa Maria Simi e al delegato all’internazionalizzazione di Informatica Umanistica, professor Alessandro Lenci, nasce dalla esigenza di rafforzare la già proficua collaborazione tra le due università con iniziative riguardanti la didattica e la ricerca con l’obiettivo di formare nelle due sedi studenti con elevate abilità pratiche e metodologiche in Digital Humanities, capaci di agire in un contesto internazionale e di integrarsi in un mercato del lavoro multilingue e multiculturale in rapida e continua evoluzione.

Il primo doppio titolo lo ha ottenuto, con il massimo dei voti e la lode, la studentessa Ada Desideri, 25 anni, originaria di Firenze, con la tesi "Une étrange aventure, analyse littéraire et édition critique numérique", in cui ha analizzato un romanzo di fantascienza, inedito, della scrittrice Elisa Chimenti, scritto in Marocco nella seconda metà degli anni ’50.

Dopo aver superato ben due selezioni internazionali, una a Lille e la seconda a Parigi, la neolaureata ha optato per un contratto dottorale alla Sorbona durante il quale dovrà lavorare alla creazione di un database sul repertorio della Comédie italienne a Parigi nel Settecento, con i professori Glenn Roe e Andrea Fabiano.

“Ho seguito il programma del doppio diploma di Informatica Umanistica tra l’Università di Pisa e l'Università di Lille al suo primo anno di apertura – commenta Ada Desideri – Nonostante la complessa organizzazione e la grande quantità di studio da affrontare, questo percorso è molto stimolante dal punto di vista dell'insegnamento ed apre ampie possibilità grazie alla sua portata pluridisciplinare e bilingue. È una formazione allo stesso tempo teorica e pratica, orientata sia alla ricerca che al mondo del lavoro, che permette di creare dei profili specializzati ma adatti a diversi ambiti e ambienti di lavoro. Consiglierei senza dubbio questo percorso, segnalando che i due anni (il primo a Pisa e il secondo a Lille) hanno un ritmo molto serrato e si concludono con una tesi e un importante tirocinio di 3-6 mesi. Alla fine, però, si aprono moltissime strade”.

 

Il neonato team LeanIng Project ha rappresentato l’Università di Pisa a Monaco di Baviera all’Air Cargo Challenge 2022, competizione internazionale di aeromodellismo che si svolge con cadenza biennale. Il team di Pisa è composto da 8 membri: Yuri Dello Ioio, team leader, si è occupato delle strutture insieme al collega Ivan Lari; Geraldina Berti e Luca Mostallinohanno lavorato alla sezione aerodinamica del progetto; Federico Gaspari si è dedicato all’elettronica; Edoardo Gaspari e Domenico Geraci hanno sviluppato il modello al CAD; a pilotare l’aeromodello Gerardo Dello Ioio. Anche altri studenti hanno collaborato al progetto, alcuni provenienti dal corso di Ingegneria aerospaziale, altri dal corso di Ingegneria gestionale, che si sono occupati della ricerca di sponsor.

Pluto, l’aeromodello sviluppato per l’occasione, ha una struttura costituita da tubi in fibra di carbonio collegati all’ala mediante un giunto in alluminio. L’ala ha forma in pianta rettangolare e presenta un profilo curvo, mentre la coda ha una configurazione a T con profilo simmetrico. Entrambe sono realizzate in legno. Le scelte progettuali sono state fatte in accordo con il regolamento della competizione, che imponevano delle restrizioni principalmente sulle dimensioni e l’impianto propulsivo.

Lo scopo dell’Air Cargo Challenge è la progettazione e la realizzazione di un drone radiocomandato che deve affrontare delle ispezioni tecniche e delle prove di volo. La competizione si è svolta nel corso di quattro giornate. La prima è stata interamente dedicata alle ispezioni tecniche atte a verificare le informazioni dichiarate nel Technical Report, mentre nelle successive tre giornate si sono svolte le prove di volo per un totale di quattro round.

Il team di Pisa si è distinto nelle ispezioni tecniche in quanto, insieme a pochi altri team, non ha ricevuto alcuna penalità grazie alla perfetta aderenza del modello realizzato con quanto specificato nel report tecnico. La missione da portare a termine durante i voli della competizione consisteva nel trasportare un carico pagante costituito da fittizie sacche di sangue. Per questo progetto è stata predisposta una baia di carico realizzata tramite stampa 3D in ABS rinforzato al Kevlar.

Il team LeanIng Project ha chiuso la gara aggiudicandosi la sedicesima posizione a livello mondiale e la quarta a livello nazionale.

Sono Matteo Cantini e Nicola Mercanti i primi due laureati in "Innovazione Sostenibile in Viticoltura ed Enologia", il corso di laurea magistrale inter-ateneo tra l’Università di Pisa e l'Università degli Studi di Firenze attivato nell'anno accademico 2020/21. Il percorso di studi mira alla formazione di figure professionali capaci di svolgere attività complesse di pianificazione, gestione, controllo e coordinamento nell’ambito dell’intera filiera vitivinicola in un’ottica di sostenibilità e tutela dell’ambiente, impiegando consapevolmente rigorosi metodi scientifici e strumenti di lavoro innovativi. Claudio D’Onofrio (Università di Pisa) e Lisa Granchi (Università degli Studi di Firenze), rispettivamente presidente e vicepresidente del corso di laurea, esprimono grande soddisfazione per il conseguimento della laurea di Matteo Cantini e Nicola Mercanti entro i due anni previsti dal corso di studio, ed entrambi con la votazione di 110/110 e lode.

Matteo Cantini, 24 anni, proveniente da Scandicci (FI), ha discusso la tesi “Diversità e caratteristiche delle comunità di lieviti presenti nelle vespe sociali e sulle uve alla vendemmia: indagine in tre aziende Toscane”, con relatori Lisa Granchi e Marzia Cristiana Rosi dell’Università degli Studi di Firenze, correlatore Annita Toffanin dell’Università di Pisa. L’obiettivo del lavoro è stato quantificare, al momento della vendemmia, le comunità di lieviti presenti sull’esoscheletro, nell’intestino delle vespe sociali e sulla superficie delle uve in tre diverse realtà aziendali della Toscana rappresentative di tre DOCG: Chianti Classico, Brunello Di Montalcino e Nobile di Montepulciano. Lo studio ha confermato che le vespe sociali sono vettori di ceppi di lievito che si riscontrano anche sulla superficie delle uve e che possono essere un serbatoio naturale di biodiversità per la selezione di ceppi di lievito da sfruttare per applicazioni biotecnologiche che possono contribuire alla riduzione dell’uso di composti chimici rendendo più salubre il vino e più sostenibile la sua produzione. Ad agosto Matteo inizierà un nuovo impiego presso un’azienda vinicola a Montalcino per la stagione di vendemmia 2022, che lo vedrà impegnato fino a fine dicembre. Successivamente vorrebbe fare un’esperienza analoga nell’emisfero australe per aver modo di confrontarsi con modalità e stili diversi di fare vino.

Nicola Mercanti, 24 anni, originario di Carrara, ha discusso la tesi “Tecnologie innovative per lo studio dei meccanismi diffusionali che influenzano l'evoluzione del vino” con relatori Angela Zinnai e Fabio Mencarelli dell’Università di Pisa, e Fabrizio Palla dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Lo scopo del lavoro è stato verificare quali variabili e in che modo risultano essere più o meno importanti durante la fase di affinamento del vino. I risultati ottenuti hanno evidenziato il ruolo fondamentale svolto dalla temperatura e suggeriscono possibili future strategie basate sulla formulazione di cicli termici opportuni, messi a punto sulla base delle caratteristiche composizionali del vino in conservazione, da impiegare nel corso della maturazione del prodotto in cantina. I dati sperimentali mostrano che, nel periodo di osservazione, l’utilizzo del tappo di sughero monopezzo è una scelta percorribile dato che tale soluzione risulta analoga a quella del tappo a corona. La chiusura delle bottiglie deve prevedere l’uso di un rivestimento esterno al tappo che garantisca l’impermeabilità ai gas e ai liquidi che renda possibile l’affinamento dei vini in mare. Per il futuro, l’aspirazione di Nicola è entrare nel mondo della ricerca, che lo ha affascinato da quando ha iniziato a studiare, e spera di poter continuare a coltivare questa passione tramite un’attività di dottorato.

 

emanuele_neri.jpgIl laboratorio di ricerca ImagingLab dell’Università di Pisa è entrato a far parte della comunità internazionale Z-Inspection per una intelligenza artificiale (IA) affidabile. L’obiettivo è quello di esplorare le implicazioni etiche dell’IA nella diagnostica per immagini, laddove l’uso delle “macchine intelligenti” ha delle ricadute immediate sul processo diagnostico e quindi sui pazienti.

“L’intelligenza artificiale applicata alle immagini diagnostiche è un tema di grande interesse scientifico e clinico-pratico, ma anche etico”, spiega Emanuele Neri (foto), ordinario di Radiologia del Dipartimento di Ricerca Traslazionale e direttore del laboratorio di cui fanno parte docenti e ricercatori dell’Ateneo pisano.

“Possiamo fidarci dell’IA quando viene utilizzata per una diagnosi? – continua Neri – E chi è responsabile della diagnosi, il computer o il medico? L’IA può alterare l’informazione diagnostica e condurre il medico in errore? Sono queste alcune delle domande a cui Z-Inspection vuole rispondere analizzando le molte applicazioni dell’IA in medicina”.

Z-Inspection è una comunità internazionale a cui aderiscono laboratori di ricerca di tutto il mondo, conforme alle linee guida del “High-level expert group on AI” della Comunità Europea, che ha lo scopo di spiegare i processi alla base dell’IA e renderla spiegabile al medico e al paziente.

Il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione (DII) dell’Università di Pisa ha allestito nella sua sede in via Caruso 16 una nuova centralina meteo per il monitoraggio della pioggia, consultabile online su sito meteo.dii.unipi.it. L’iniziativa rientra nel progetto INSIDERAIN, finanziato dalla Regione Toscana, che punta a sviluppare strumenti innovativi per la previsione e la misurazione delle precipitazioni partendo da segnali satellitari. L’obiettivo in particolare è sostenere il settore agricolo, da sempre condizionato dall'andamento pluviometrico, e per il quale previsioni il più esatte possibili sono di fondamentale importanza.

“La centralina acquisisce le rilevazioni ogni cinque minuti - spiega Filippo Giannetti, docente di telecomunicazioni al DII – quindi i dati sono elaborati per creare grafici sull’andamento di temperature, pioggia, vento, pressione atmosferica e molto altro, grafici consultabili pubblicamente e di facile lettura”.

 

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La centralina Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa

 

La centralina è solo una delle iniziative del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione volte a trovare strumenti per affrontare l’emergenza climatica. Nell’ambito del progetto europeo SCORE, Filippo Giannetti e il suo team hanno sviluppato la prima versione di una piattaforma che raccoglie i dati dei sensori meteo ed ambientali di dieci città costiere, tra cui Massa, unica italiana, oltre a mappe georeferenziate e serie storiche di misure climatiche.

La piattaforma è già a disposizione dei ricercatori del progetto, con l’obiettivo ultimo di contrastare l’erosione e l’impatto dei cambiamenti climatici sulle aree costiere europee.

"I dati raccolti dai sensori – commenta Giannetti - andranno ad alimentare in tempo-reale anche il cosiddetto “gemello digitale” (digital twin), cioè una rappresentazione virtuale delle città costiere, che tramite appositi programmi di simulazione ed apprendimento automatico potrà fornire informazioni utili sullo stato delle città con in particolare attenzione agli effetti delle nuove condizioni meteo ed ambientali determinate dai cambiamenti climatici in corso, attivando, se necessario, un sistema di allerta precoce che potrà consentire di prendere misure tempestive”.

"La piattaforma - conclude Giannetti - sarà così al centro del complesso processo di scambio di dati fra i 28 partner del progetto, e permetterà l'elaborazione di modelli per produrre proiezioni meteo, analisi di rischio, valutazione quantitativa dell’impatto socio-economico dei cambiamenti climatici, ma anche dei possibili benefici derivanti dall’adozione di soluzioni basate su di un approccio ecosistemico”.

 

 

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