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Il 13 novembre 1961 rappresenta una pietra miliare dell’informatica italiana: alla presenza del Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi si inaugura a Pisa la CEP, la Calcolatrice Elettronica Pisana costruita grazie all’accordo tra Università di Pisa e Olivetti. Con oltre 3000 valvole, 2000 transistor, 12000 diodi al germanio, la macchina occupa un’intera stanza, e permette di risolvere in pochi minuti un sistema di 100 equazioni lineari in 100 incognite.

Per celebrare i sessanta anni della Calcolatrice Elettronica Pisana, il primo computer scientifico italiano, il 13 novembre dalle 10,15 a Pisa si svolgerà il convegno “1961: l’anno che cambiò l’informatica italiana”. L’appuntamento è al Polo Congressuale Le Benedettine (Piazza S. Paolo a Ripa d'Arno, 16 - Pisa) e in streaming sui canali social di Università di Pisa Internet Festival.

Il convegno è organizzato nell’ambito dell’Internet Festival 2021 dall’Università di Pisa in collaborazione con l’Istituto di Informatica e Telematica (CNR-IIT), l’Istituto di Scienza e Tecnologie dell’Informazione “A. Faedo” (CNR-ISTI) e l’Istituto per le Applicazioni del Calcolo “M. Picone” (CNR-IAC) del Consiglio Nazionale delle Ricerche.

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La CEP in una foto dell'epoca

Il programma della giornata prevede durante la mattina l’intervento da remoto di Walter Veltroni, la presentazione della graphic novel di Ciaj Rocchi e Matteo Demonte “La macchina zero” e l’anteprima di “Pionieri dell’informatica. Uomini e donne all’alba della rivoluzione digitale”. Quest’ultimo progetto, promosso dal Museo degli Strumenti per il Calcolo del Sistema Museale di Ateneo dell’Università di Pisa e realizzato a cura di Nanof e Acquario della Memoria, raccoglie testimonianze audiovisive dei protagonisti dell’epoca, alcuni dei quali presenti all’evento. Nel pomeriggio seguiranno alcuni interventi di studiosi che ripercorreranno gli avvenimenti e i personaggi dei primi anni dell’informatica italiana.

Il convegno sarà l’occasione per ricordare l’avventura pionieristica della CEP, nata da una straordinaria convergenza di sforzi e coraggio visionario di politici, ricercatori e imprenditori, che spiega molto della storia recente non solo della città toscana, ma del nostro Paese. Alla CEP infatti contribuirono, oltre a Università e Olivetti, anche le Province e i Comuni di Pisa, Livorno e Lucca, che investirono nel progetto 120 milioni di lire – l’equivalente di 2 milioni di euro – contribuendo a quel fertile rapporto tra accademia e impresa che ha dato vita a un pezzo fondamentale della storia dell’informatica in Italia.

Nato grazie anche all’interessamento di Enrico Fermi e di Adriano Olivetti, che nella città toscana avrebbe aperto un laboratorio di ricerche avanzate nel campo dell'elettronica, il progetto pisano della CEP vide fra i suoi primi collaboratori l’ingegnere Mario Tchou. L’evento ricorderà anche questo illustre scienziato italo-cinese, artefice dei calcolatori ELEA della Olivetti, scomparso in un incidente pochi giorni prima dell’inaugurazione della CEP.

Il 13 novembre 1961 rappresenta una pietra miliare dell’informatica italiana: alla presenza del Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi si inaugura a Pisa la CEP, la Calcolatrice Elettronica Pisana costruita grazie all’accordo tra Università di Pisa e Olivetti. Con oltre 3000 valvole, 2000 transistor, 12000 diodi al germanio, la macchina occupa un’intera stanza, e permette di risolvere in pochi minuti un sistema di 100 equazioni lineari in 100 incognite.
Per celebrare li sessanta anni della Calcolatrice Elettronica Pisana, il primo computer scientifico italiano, il 13 novembre dalle 10,15 a Pisa si svolgerà il convegno “1961: l’anno che cambiò l’informatica italiana”. L’appuntamento è al Polo Congressuale Le Benedettine (Piazza S. Paolo a Ripa d'Arno, 16 - Pisa) e in streaming sui canali social di Università di Pisa Internet Festival.
Il convegno è organizzato nell’ambito dell’Internet Festival 2021 dall’Università di Pisa in collaborazione con l’Istituto di Informatica e Telematica (CNR-IIT), l’Istituto di Scienza e Tecnologie dell’Informazione “A. Faedo” (CNR-ISTI) e l’Istituto per le Applicazioni del Calcolo “M. Picone” (CNR-IAC) del Consiglio Nazionale delle Ricerche.

Il programma della giornata prevede durante la mattina l’intervento da remoto di Walter Veltroni, la presentazione della graphic novel di Ciaj Rocchi e Matteo Demonte “La macchina zero” e l’anteprima di “Pionieri dell’informatica. Uomini e donne all’alba della rivoluzione digitale”. Quest’ultimo progetto, promosso dal Museo degli Strumenti per il Calcolo dell’Università di Pisa e realizzato a cura di Nanof e Acquario della Memoria, raccoglie testimonianze audiovisive dei protagonisti dell’epoca, alcuni dei quali presenti all’evento. Nel pomeriggio seguiranno alcuni interventi di studiosi che ripercorreranno gli avvenimenti e i personaggi dei primi anni dell’informatica italiana.
Il convegno sarà l’occasione per ricordare l’avventura pionieristica della CEP, nata da una straordinaria convergenza di sforzi e coraggio visionario di politici, ricercatori e imprenditori, che spiega molto della storia recente non solo della città toscana, ma del nostro Paese. Alla CEP infatti contribuirono, oltre a Università e Olivetti, anche le Province e i Comuni di Pisa, Livorno e Lucca, che investirono nel progetto 120 milioni di lire – l’equivalente di 2 milioni di euro – contribuendo a quel fertile rapporto tra accademia e impresa che ha dato vita a un pezzo fondamentale della storia dell’informatica in Italia.
Nato grazie anche all’interessamento di Enrico Fermi e di Adriano Olivetti, che nella città toscana avrebbe aperto un laboratorio di ricerche avanzate nel campo dell'elettronica, il progetto pisano della CEP vide fra i suoi primi collaboratori l’ingegnere Mario Tchou. L’evento ricorderà anche questo illustre scienziato italo-cinese, artefice dei calcolatori ELEA della Olivetti, scomparso in un incidente pochi giorni prima dell’inaugurazione della CEP.

Dai laboratori del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa arriva la scoperta di un nuovo procedimento per sintetizzare filtri ottici partendo da un polimero trasparente su cui vengono scritte con una stampante a getto di inchiostro opportunamente modificata nanoparticelle di metallo nobile (oro o argento). Il procedimento, che di solito si misurava in giorni, in questo caso richiede circa un minuto, costa pochi centesimi e permette di ottenere risultati mai ottenuti prima.
La scoperta arriva dal team guidato dal professor Giuseppe Barillaro, docente di elettronica, e formato dai dottorandi Martina Corsi e Alessandro Paghi, ed è stata pubblicata sulla rivista "Advanced Optical Materials". Lo studio si basa sull’uso di ioni fluoro durante il processo di sintesi delle nanoparticelle sul supporto polimerico, in questo caso silicone, scelto per la sua versatilità e per il costo competitivo. La distribuzione e la densità delle particelle, che per la prima volta può essere variata in tempo reale, conferisce al prodotto risultante le sue proprietà ottiche. Fino ad ora non era stato possibile farlo a causa della lentezza del procedimento di sintesi standard.
"Il polimero siliconico - spiega il professor Barillaro - si trova quindi ad avere nuove proprietà se “decorato” con argento, oro, o con una combinazione di entrambi, e può essere usato per la produzione di filtri ottici (ma non solo) non basati sui principi dell’ottica standard, dove le proprietà della lente dipendono dalla sua curvatura e dall’angolo di incidenza della luce, ma sul fenomeno della risonanza plasmonica. Invece, le proprietà dei filtri così ottenuti derivano dalla densità e dalla distribuzione delle nanoparticelle sul polimero".
La procedura velocizza la produzione di filtri ottici plasmonici su materiale flessibile di un fattore 100, e migliora le loro proprietà di filtraggio rispetto alla procedura standard di un fattore 1000.
La lente è deformabile e resistente, e può essere attaccata alla camera di un cellulare per ottenere prestazioni comparabili a quelle di un microscopio da 30.000 euro.
Date l’economicità e la velocità della procedura, è possibile realizzare in poco tempo filtri con proprietà ottiche diverse, a seconda delle applicazioni necessarie: analisi di batteri su acqua, cibo e ferite, o analisi dei materiali sfruttato la possibilità di fare microscopia a fluorescenza con uno smartphone equipaggiato con la lente.
Una stessa lente può avere anche diversi livelli di ingrandimento: immergendola in alcool, infatti, il substrato polimerico si espande, e quindi conferisce alla lente maggiori capacità di ingrandimento.
Dato il basso costo e la facilità di manutenzione, questa può essere una tecnologia chiave per paesi in cui non è possibile eseguire in tempi rapidi analisi da laboratorio che richiederebbero un microscopio costoso. Con uno smartphone e la lente, invece, potenzialmente si potrebbe dotare ogni ospedale o presidio sanitario o scuola o altre strutture presenti sul territorio della capacità di eseguire analisi su acqua e cibo, contribuendo così a combattere diverse malattie, come ad esempio il colera, devastante in molti territori di Asia, Africa e Sud America.

L'Accademia Navale di Livorno, che nel 2021 festeggia i 140 anni dalla sua fondazione, e l'Università di Pisa consolidano i loro rapporti promuovendo in modo congiunto una giornata di studi dal titolo “Il mare e l’Italia: trasformazioni tecnologiche e formazione dei leader del futuro".
L’evento si è svolto giovedì 11 novembre nell'Aula Magna Nuova del Palazzo della Sapienza di Pisa. Ai saluti del rettore Paolo Maria Mancarella e dell'Ammiraglio comandante dell'Accademia Navale, Flavio Biaggi, è seguita la Lectio Magistralis tenuta dall'ammiraglio Giampaolo Di Paola, già Capo di Stato Maggiore della Difesa tra 2004 e 2008, presidente del Comitato militare della NATO tra 2008 e 2011 e ministro della Difesa del governo Monti tra 2011 e 2013.

Il successivo convegno si è articolato in tre panel tematici, con interventi di diversi relatori sia dell'Ateneo pisano che dell'Accademia, la regia di un moderatore e la partecipazione di studenti misti delle due istituzioni (nella foto in basso). Il primo è stato incentrato sull’importanza del mare per l’Italia e sul ruolo che il Mediterraneo ricopre come teatro del nuovo ordine internazionale. Nel pomeriggio sono seguiti gli altri due panel, che hanno approfondito il tema della leadership nell’epoca dei cambiamenti e quello della formazione rinnovata di fronte alla trasformazione digitale, con particolare riguardo all'evoluzione delle metodologie didattiche e ai nuovi paradigmi formativi per le classi dirigenti del futuro.

La giornata di studi è servita per rafforzare e aggiornare la collaborazione tra Accademia Navale e Università di Pisa, i cui primi rapporti risalgono a diversi decenni fa e sono stati concentrati sui corsi di laurea in Ingegneria elettronica, Ingegneria elettrotecnica e Medicina e Chirurgia. Dal 2001, con la firma di una specifica convenzione, i corsi di laurea si sono tenuti all'interno dell'Accademia, con apertura anche alla partecipazione di civili. Attualmente nell'Accademia si tengono il corso di laurea triennale in Ingegneria navale, che prevede poi il percorso specialistico in uno degli atenei consorziati (oltre a Pisa, Genova, Napoli e Trieste) e quello triennale in Ingegneria delle Telecomunicazioni, con prosecuzione della magistrale a Pisa. Sono inoltre attivi i due corsi di laurea in Difesa e Sicurezza, che prevedono in Accademia sia il percorso triennale che magistrale, quello magistrale a ciclo unico in Giurisprudenza e quattro anni del corso in Medicina e Chirurgia, con successiva prosecuzione triennale a Pisa.

Nei venti anni dalla firma della convenzione sono stati oltre 2.000 i laureati dell'Accademia Navale, dei quali più di 200 civili.

Dai laboratori del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa arriva la scoperta di un nuovo procedimento per sintetizzare filtri ottici partendo da un polimero trasparente su cui vengono scritte con una stampante a getto di inchiostro opportunamente modificata nanoparticelle di metallo nobile (oro o argento). Il procedimento, che di solito si misurava in giorni, in questo caso richiede circa un minuto, costa pochi centesimi e permette di ottenere risultati mai ottenuti prima.


La scoperta arriva dal team guidato dal professor Giuseppe Barillaro, docente di elettronica, e formato dai dottorandi Martina Corsi e Alessandro Paghi, ed è stata pubblicata sulla rivista "Advanced Optical Materials". Lo studio si basa sull’uso di ioni fluoro durante il processo di sintesi delle nanoparticelle sul supporto polimerico, in questo caso silicone, scelto per la sua versatilità e per il costo competitivo. La distribuzione e la densità delle particelle, che per la prima volta può essere variata in tempo reale, conferisce al prodotto risultante le sue proprietà ottiche. Fino ad ora non era stato possibile farlo a causa della lentezza del procedimento di sintesi standard.

lenti2"Il polimero siliconico - spiega il professor Barillaro - si trova quindi ad avere nuove proprietà se “decorato” con argento, oro, o con una combinazione di entrambi, e può essere usato per la produzione di filtri ottici (ma non solo) non basati sui principi dell’ottica standard, dove le proprietà della lente dipendono dalla sua curvatura e dall’angolo di incidenza della luce, ma sul fenomeno della risonanza plasmonica. Invece, le proprietà dei filtri così ottenuti derivano dalla densità e dalla distribuzione delle nanoparticelle sul polimero".

La procedura velocizza la produzione di filtri ottici plasmonici su materiale flessibile di un fattore 100, e migliora le loro proprietà di filtraggio rispetto alla procedura standard di un fattore 1000. La lente è deformabile e resistente, e può essere attaccata alla camera di un cellulare per ottenere prestazioni comparabili a quelle di un microscopio da 30.000 euro.

Date l’economicità e la velocità della procedura, è possibile realizzare in poco tempo filtri con proprietà ottiche diverse, a seconda delle applicazioni necessarie: analisi di batteri su acqua, cibo e ferite, o analisi dei materiali sfruttato la possibilità di fare microscopia  a fluorescenza con uno smartphone equipaggiato con la lente. Una stessa lente può avere anche diversi livelli di ingrandimento: immergendola in alcool, infatti, il substrato polimerico si espande, e quindi conferisce alla lente maggiori capacità di ingrandimento.

Dato il basso costo e la facilità di manutenzione, questa può essere una tecnologia chiave per paesi in cui non è possibile eseguire in tempi rapidi analisi da laboratorio che richiederebbero un microscopio costoso. Con uno smartphone e la lente, invece, potenzialmente si potrebbe dotare ogni ospedale o presidio sanitario o scuola o altre strutture presenti sul territorio della capacità di eseguire analisi su acqua e cibo, contribuendo così a combattere diverse malattie, come ad esempio il colera, devastante in molti territori di Asia, Africa e Sud America.

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Il team di ricercatori, da sinistra Giuseppe Barillaro, Martina Corsi, Alessandro Paghi.

Una vasca rivestita in marmo, un mosaico policromo con un disegno a cubi prospettici, un portico colonnato che delimitava il giardino interno di una domus dove sono state rinvenute due sepolture, e infine anche una taberna con una vasca per l’ammollo delle merci in vendita. Sono questi alcuni ritrovamenti riemersi durante le campagne di scavo dell’Università di Pisa a Vada Volaterrana (Rosignano Marittimo, Livorno) e a Luni (La Spezia) terminate lo scorso ottobre. Il lavoro sul campo diretto dalla professoressa Simonetta Menchelli si è svolto nell’ambito del progetto Porti altotirrenici di età romana.

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Vada Volataterrana: il complesso cisterna-vasca in corso di scavo


In particolare, le indagini a Vada Volaterrana, centro del sistema portuale di Volterra in età antica, si sono svolte da luglio a ottobre. I lavori hanno portato alla luce una vasca rivestita in marmo destinata probabilmente ad uso pubblico-ornamentale con annessa una grande cisterna fiancheggiata da una strada “glareata”, cioè costituita da ciottoli. Queste costruzioni, databili dagli inizi del I secolo d. C. e frequentate sino all’età tardo-antica, raccordavano il quartiere portuale a sud con quelli residenziali a nord che si trovano al di sotto della moderna Vada.

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Luni Porta Marina. Domus meridionale: pavimento in opus sectile in corso di scavo


Gli scavi a Luni, colonia fondata dai Romani nel 177 a. C. in un territorio conquistato ai Liguri, si sono svolti invece fra settembre e ottobre. Qui il lavoro si è concentrato su una delle due domus già portate alla luce nelle precedenti campagne. Sono quindi riemersi pavimenti a mosaico con un motivo a cubi prospettici policromi, la porzione di un portico con colonne in mattoni che delimitava il giardino interno della domus dove sono state rinvenute due sepolture di epoca longobarda. Infine a fianco della domus è stata trovata una taberna pavimentata in argilla, con una struttura in mattoni che probabilmente era una vasca per l’ammollo delle merci in vendita.
Le due campagne di scavo sono state accompagnate inoltre da attività di “Archeologia pubblica”, con laboratori didattici, ricostruzione storiche ed eventi di condivisione dei risultati a cui hanno partecipato centinaia di visitatori.

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Luni. Scavi a Porta Marina


Il progetto Porti altotirrenici di età romana ha coinvolto nella direzione dei lavori anche la dottoressa Silvia Marini e i dottori Paolo Sangriso, Rocco Marcheschi e Domingo Belcari. Agli scavi hanno partecipato dottorandi e studenti dei corsi di laurea in Scienze dei Beni culturali, di Archeologia e della Scuola di Specializzazione in Archeologia. Per gli aspetti paleobotanici finalizzati alle ricostruzioni ambientali ha partecipato anche il professore Stephen Carmody, della Troy University, Alabama (USA).


Una vasca rivestita in marmo, un mosaico policromo con un disegno a cubi prospettici, un portico colonnato che delimitava il giardino interno di una domus dove sono state rinvenute due sepolture, e infine anche una taberna con una vasca per l’ammollo delle merci in vendita. Sono questi alcuni ritrovamenti riemersi durante le campagne di scavo dell’Università di Pisa a Vada Volaterrana (Rosignano Marittimo, Livorno) e a Luni (La Spezia) terminate lo scorso ottobre. Il lavoro sul campo diretto dalla professoressa Simonetta Menchelli si è svolto nell’ambito del progetto Porti altotirrenici di età romana.
In particolare, le indagini a Vada Volaterrana, centro del sistema portuale di Volterra in età antica, si sono svolte da luglio a ottobre. I lavori hanno portato alla luce una vasca rivestita in marmo destinata probabilmente ad uso pubblico-ornamentale con annessa una grande cisterna fiancheggiata da una strada “glareata”, cioè costituita da ciottoli. Queste costruzioni, databili dagli inizi del I secolo d. C. e frequentate sino all’età tardo-antica, raccordavano il quartiere portuale a sud con quelli residenziali a nord che si trovano al di sotto della moderna Vada.
Gli scavi a Luni, colonia fondata dai Romani nel 177 a. C. in un territorio conquistato ai Liguri, si sono svolti invece fra settembre e ottobre. Qui il lavoro si è concentrato su una delle due domus già portate alla luce nelle precedenti campagne. Sono quindi riemersi pavimenti a mosaico con un motivo a cubi prospettici policromi, la porzione di un portico con colonne in mattoni che delimitava il giardino interno della domus dove sono state rinvenute due sepolture di epoca longobarda. Infine a fianco della domus è stata trovata una taberna pavimentata in argilla, con una struttura in mattoni che probabilmente era una vasca per l’ammollo delle merci in vendita.
Le due campagne di scavo sono state accompagnate inoltre da attività di “Archeologia pubblica”, con laboratori didattici, ricostruzione storiche ed eventi di condivisione dei risultati a cui hanno partecipato centinaia di visitatori.
Il progetto Porti altotirrenici di età romana ha coinvolto nella direzione dei lavori anche la dottoressa Silvia Marini e i dottori Paolo Sangriso, Rocco Marcheschi e Domingo Belcari. Agli scavi hanno partecipato dottorandi e studenti dei corsi di laurea in Scienze dei Beni culturali, di Archeologia e della Scuola di Specializzazione in Archeologia. Per gli aspetti paleobotanici finalizzati alle ricostruzioni ambientali ha partecipato anche il professore Stephen Carmody, della Troy University, Alabama (USA).

Didascalie
Fig.1 Vada Volataterrana: il complesso cisterna-vasca in corso di scavo.
Fig 4 Luni. Scavi a Porta Marina
Fig. 5 Luni Porta Marina. Domus meridionale: pavimento in opus sectile in corso di scavo.

Martedì, 09 Novembre 2021 12:30

Mobilità orizzontale: graduatorie

https://www.unipi.it/ateneo/personale/t-a/mobilitori/peo2021/index.htm

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