Dallo studio dell'ipnosi nuove prospettive per la riabilitazione motoria in pazienti con arti paralizzati
Accade, nelle persone altamente ipnotizzabili, che suggestioni sensomotorie (“il suo braccio si sta alzando…”), inducano movimenti reali (il braccio si alza davvero) percepiti però dai soggetti come involontari. Questo comportamento individuato e studiato per la prima volta nel laboratorio di Neuroscienze Cognitive e Comportamentali dell’Università di Pisa, l’unico in Italia interamente dedicato all’ipnosi sperimentale, è stato ora spiegato sulla base della maggiore eccitabilità della corteccia motoria delle persone più facilmente ipnotizzabili. La ricerca compiuta dalla professoressa Enrica Santarcangelo, responsabile del laboratorio, e dal professor Carmelo Chisari e il dottor Vincenzo Spina, dell’Unità di Neuroriabilitazione dell’Ateneo pisano è stata recentemente pubblicata sulla rivista internazionale "Neuroscience".
“Sapevamo già che le persone altamente ipnotizzabili – racconta Enrica Santarcangelo - sono capaci di modificare percezioni e comportamenti attraverso l’immaginazione, riescono ad esempio ad aumentare la temperatura di un braccio immaginandolo più caldo dell’altro, oppure diventano incapaci di muoversi se immaginano di essere paralizzate o riescono a sopprimere il dolore”.
Da sinsitra, Carmelo Chisari, Enrica Santarcangelo e Vincenzo Spina
La spiegazione di questi fenomeni è che i soggetti più suscettibili all’ipnosi quando immaginano o quando compiono realmente un gesto hanno un’attività cerebrale molto più simile di quanto accada invece nelle persone con bassa ipnotizzabilità. In particolare, come è stato appena scoperto, in tutto questo gioca un ruolo fondamentale la corteccia cerebrale. Attraverso la stimolazione magnetica transcranica, i ricercatori hanno infatti dimostrato che, nell’immaginare i movimenti, l’eccitabilità della corteccia motoria dei soggetti altamente ipnotizzabili è effettivamente maggiore di quella della popolazione generale.
“La scoperta – spiega Carmelo Chisari - è molto rilevante in una prospettiva neuro riabilitativa perché indica che il punteggio di ipnotizzabilità può predire l’efficacia di trattamenti basati sull’immaginazione motoria. La Motor Imagery è infatti una metodica riabilitativa che sfrutta la capacità del cervello di attivare le aree motorie anche osservando un movimento: quanto scoperto può quindi concorrere in modo significativo alla riabilitazione di quei pazienti che presentano la paralisi di un arto a seguito di una malattia neurologica come ad esempio l’ictus”.
Il prossimo obiettivo dei ricercatori sarà infatti proprio studiare l’ipnotizzabilità dei pazienti affetti da ictus e la loro capacità di immaginare il movimento.
“Per la sua capacità di modulare il rilievo delle informazioni che raggiungono il cervello e sostituire quelle alterate – conclude Enrica Santarcangelo - l’approccio multidisciplinare allo studio dell’ipnosi che conduciamo all’Università di Pisa costituisce un ponte tra neuroscienze di base, modelli psicologici di costruzione dell’identità personale e neuro riabilitazione”.
Neuroscienze: dallo studio dell'ipnosi nuove prospettive per la riabilitazione motoria in pazienti con arti paralizzati
Accade, nelle persone altamente ipnotizzabili, che suggestioni sensomotorie (“il suo braccio si sta alzando…”), inducano movimenti reali (il braccio si alza davvero) percepiti però dai soggetti come involontari. Questo comportamento individuato e studiato per la prima volta nel laboratorio di Neuroscienze Cognitive e Comportamentali dell’Università di Pisa, l’unico in Italia interamente dedicato all’ipnosi sperimentale, è stato ora spiegato sulla base della maggiore eccitabilità della corteccia motoria delle persone più facilmente ipnotizzabili. La ricerca compiuta dalla professoressa Enrica Santarcangelo, responsabile del laboratorio, e dal professor Carmelo Chisari e il dottor Vincenzo Spina, dell’Unità di Neuroriabilitazione dell’Ateneo pisano è stata recentemente pubblicata sulla rivista internazionale Neuroscience.
“Sapevamo già che le persone altamente ipnotizzabili – racconta Enrica Santarcangelo - sono capaci di modificare percezioni e comportamenti attraverso l’immaginazione, riescono ad esempio ad aumentare la temperatura di un braccio immaginandolo più caldo dell’altro, oppure diventano incapaci di muoversi se immaginano di essere paralizzate o riescono a sopprimere il dolore”.
La spiegazione di questi fenomeni è che i soggetti più suscettibili all’ipnosi quando immaginano o quando compiono realmente un gesto hanno un’attività cerebrale molto più simile di quanto accada invece nelle persone con bassa ipnotizzabilità. In particolare, come è stato appena scoperto, in tutto questo gioca un ruolo fondamentale la corteccia cerebrale. Attraverso la stimolazione magnetica transcranica, i ricercatori hanno infatti dimostrato che, nell’immaginare i movimenti, l’eccitabilità della corteccia motoria dei soggetti altamente ipnotizzabili è effettivamente maggiore di quella della popolazione generale.
“La scoperta – spiega Carmelo Chisari - è molto rilevante in una prospettiva neuro riabilitativa perché indica che il punteggio di ipnotizzabilità può predire l’efficacia di trattamenti basati sull’immaginazione motoria. La Motor Imagery è infatti una metodica riabilitativa che sfrutta la capacità del cervello di attivare le aree motorie anche osservando un movimento: quanto scoperto può quindi concorrere in modo significativo alla riabilitazione di quei pazienti che presentano la paralisi di un arto a seguito di una malattia neurologica come ad esempio l’ictus”.
Il prossimo obiettivo dei ricercatori sarà infatti proprio studiare l’ipnotizzabilità dei pazienti affetti da ictus e la loro capacità di immaginare il movimento.
“Per la sua capacità di modulare il rilievo delle informazioni che raggiungono il cervello e sostituire quelle alterate – conclude Enrica Santarcangelo - l’approccio multidisciplinare allo studio dell’ipnosi che conduciamo all’Università di Pisa costituisce un ponte tra neuroscienze di base, modelli psicologici di costruzione dell’identità personale e neuro riabilitazione”.
Ateneo in lutto per la scomparsa del professor Ernesto Andreani
Giovedì 5 marzo 2020 è scomparso il professor Ernesto Andreani, già ordinario di Malattie infettive degli animali domestici presso la Facoltà di Medicina veterinaria dell'Università di Pisa. Purtroppo, in questo triste periodo, le misure adottate per il contenimento della diffusione dell’infezione da SARS-COV-2, non hanno permesso a molti colleghi, collaboratori e allievi di dare l’ultimo saluto a un “gentiluomo di altri tempi”, così, era considerato da molti, il professor Andreani.
Nato a Ortonovo (SP) il 31/07/1934, si era iscritto alla Facoltà di Medicina veterinaria dell’Università di Pisa nell’a.a. 1955/56 conseguendo la laurea in Medicina veterinaria con il massimo dei voti il 27/07/1960.
Allievo del professor Sebastiano Paltrinieri, iniziò la sua carriera accademica nel 1962, in qualità di assistente volontario presso l’Istituto di “Patologia Speciale e Clinica medica veterinaria”. Poi assistente incaricato presso il nuovo Istituto di Malattie infettive e Polizia sanitaria diretto dal professor Renato Farina. Qui completò la sua carriera accademica: assistente ordinario, libero docente in Malattie infettive, professore stabilizzato, aiuto e, infine, professore ordinario.
Ha svolto con passione e dedizione una intensa attività didattica, tenendo per molti anni il corso di Igiene veterinaria al CdS in Scienze della produzione animale e quello di Malattie infettive al CdS in Medicina veterinaria. Ha inoltre tenuto molti corsi afferenti al settore microbiologico-infettivistico, nelle scuole di specializzazione dell’area veterinaria. Ha sempre svolto con estrema serietà il ruolo di docente universitario, fornendo agli studenti un’ottima preparazione nel comparto delle Malattie infettive e dell’Igiene veterinaria.
Durante la sua carriera accademica è stato presidente del Consiglio di corso di laurea in Scienze della produzione animale, direttore del Dipartimento di Patologia animale, Profilassi e Igiene degli alimenti, vicepreside della Facoltà di Medicina veterinaria e direttore della Scuola di Specializzazione in Sanità animale, allevamento e produzioni zootecniche. Ha collaborato con il Ministero degli Affari Esteri in qualità di membro del Comitato tecnico scientifico della Facoltà di Medicina veterinaria dell’Università di Pisa per la Facoltà di Zootecnia e Veterinaria dell’Università Nazionale Somala.
Ha fatto parte della Commissione per l’Accertamento dei Requisiti Tecnici dei Farmaci per uso Veterinario del Ministero della Sanità. Ha diretto per molti anni i centri italiani per lo studio della brucellosi e della leptospirosi degli animali. Nel 1980 ha trascorso un periodo di studio presso il Moredun Istitute di Edimburgo per approfondire le sue conoscenze sulle clamidiosi dei piccoli ruminanti.
La sua produzione scientifica comprende oltre 200 pubblicazioni su riviste nazionali e internazionali, tra le quali si distinguono molti e pregevoli contributi nel campo della brucellosi, della leptospirosi e della clamidiosi dei piccoli ruminanti; su quest’ultimo argomento in particolare, il professor Andreani ha acquisito notevole prestigio partecipando come “Invited speaker” a congressi nazionali e internazionali.
È stato autore di alcuni capitoli della prima e della seconda edizione del trattato di “Malattie Infettive degli Animali” edito da Farina e Scatozza (UTET), che ha costituito un eccellente testo di studio e di consultazione per gran parte dei veterinari e degli zootecnici del nostro Paese.
Nel 1991 il Senato Accademico dell’Università di Pisa gli ha conferito l’ordine del Cherubino.
Per il suo impegno accademico e scientifico, per la serietà, la profonda umanità e la gentilezza dei modi che lo hanno sempre contraddistinto, il professor Andreani ha rappresentato per me, e per molti colleghi che hanno avuto il piacere di conoscerlo e di collaborare con lui, un sicuro punto di riferimento e un esempio da seguire.
Domenico Cerri
Coronavirus emergency: 1,800 economists from 550 European universities launch an appeal to Europe
After the appeal launched to Italy last March, a new open letter signed by 1,800 economists from over 550 European universities was sent to Europe. The addressees are the presidents of the European Commission and the Central European Bank and the various heads of state of the European Union. The key issue is once again the urgent measures to be adopted to tackle the serious economic crisis caused by the spread of the coronavirus pandemic.
“In this new appeal to the European authorities we state once again which urgent measures must be adopted,” explains Professor Mario Morroni from the University of Pisa, the promoter of the initiative together with his colleague Pompeo Della Posta. “Even in this case, we do not mention the use of the ESM, the European Stability Mechanism, as it presents various problems but we do propose the issue of ‘European Renaissance Bonds’ guaranteed by the Central European Bank. We firmly believe in the need for a common resolve to fight a common threat.”
The new letter of appeal together with the list of signatories is available on the website https://europeanrenaissance.altervista.org/ where it is possible to participate directly.
From the left: Mario Morroni and Pompeo Della Posta
“The vast participation in this appeal in only a few days,“ emphasizes Morroni, “is undoubtedly due to the extreme seriousness of the economic and social crisis caused by the spread of the coronavirus pandemic and the need to convince the leaders of national and European economic policies to make decisions which are in keeping with the phenomenon.”
The text, edited by Mario Morroni and Pompeo Della Posta, was drafted jointly by economists from Italy as well as from German, French, Dutch, and British universities. As for Pisa, nineteen economists and academics from the University of Pisa, five from the Sant’Anna School of Advanced Studies and two from the Scuola Normale Superiore signed the appeal.
“The rapid evolution of the current political debate,“ concludes the professor from the University of Pisa, “is influenced by the growing pressure of public opinion which is now questioning the meaning of European integration if, in such a difficult moment, the European Union does not show real solidarity towards its citizens hit by the pandemic and is not able to adopt those economic measures needed to stop Europe from plunging into a recession without precedence.”
Do you speak COVIDish?
Prima o poi qualcuno doveva pur accorgersi che il virus anglico ha approfittato della pandemia per infettare ancora un po’ la nostra lingua!
Dai social e dai report giornalistici impariamo a tenerci alla larga dalle droplet (le goccioline) e discutiamo il timing dell’epidemia, le modalità del lockdown, la distribuzione dei kit per gli esami seriologici, la conversione di alcune strutture a COVID hospital, la creazione di software per le app, con i connessi pericoli di data breach, e i dubbi sull’affidabilità degli screening, e anche dei termoscanner (meglio il classico termometro) cui saranno da preferire le termocamere (intese non come camere da letto ma come telecamere) usate anche dagli hub dei trasporti.
Intanto gli studenti si attrezzano con tablet e altri device scolastici oltre a videotutorial per l’e-learning, le aziende con lo smart working e l’e-commerce per salvare il brand, e gli economisti chiedono all’Europa Eurobond, o Coronabond, anche nella declinazione più realistica di Eurofund, come suggeriscono le varie task force di esperti e tecnici cooptati per aiutarci ad uscire da questa grande crisi. E penseremo finalmente ad una Fase 2 con tanto di bike sharing, menù contactless e digital al ristorante, sportelli di ascolto per medici e infermieri contro il burnout, e webinar sull’undertourism dopo l’overtourism.
Da un lato l’Accademia della Crusca, dall'altro Paolo di Stefano e Beppe Severgnini sul Corriere della Sera, puntano giustamente il dito sull'uso di un lessico inglese per parlare di cose che potremmo benissimo dire in italiano. Giusto. Se non fosse che talvolta, quando proviamo a dirle in italiano produciamo effetti a volte semplicemente esilaranti, come “Boris Johnson è stato testato positivo” (apparso su un autorevole quotidiano), altre volte creativi, come un “lockdown parziale” (ma se lockdown è chiosato “chiusura totale” come fa ad essere parziale? Tanto vale parlare di isolamento o confinamento parziale) o anche un “lockdown severo” secondo un uso diffuso soprattutto in medicina di questo calco dall’inglese che spodesta il nostro concetto di severità nel senso di intransigenza, rigore, per sostituirlo con quello dell’inglese “severe” che però significa “grave”. Per aggiornamenti sullo “stato dell’arte”, o per “evidenze” delle sperimentazioni in corso, si consiglia di non whatsappare e twittare gli amici, o guglare i soliti siti.
Ricordiamoci che l’attuale pandemia non è “virale” perché condivisa da milioni di utenti su Internet, ma perché causata da un virus che non è per niente virtuale.
Marcella Bertuccelli Papi
Professore ordinario di Lingua inglese al dipartimento di Filologia Letteratura e Linguistica dell’Università di Pisa
Canottaggio: rinviata la 58ª edizione della Regata Universitaria Pisa-Pavia
Rinviata la 58esima edizione della storica Regata Universitaria Pisa-Pavia prevista per il prossimo maggio a Pisa. La decisione è stata assunta nei giorni scorsi dai comitati organizzatori delle Università di Pisa e Pavia e dai rispettivi Centri universitari sportivi. Il rinvio si è reso necessario per rispondere ai decreti nazionali e ai provvedimenti adottati a livello regionale e locale per il contenimento dell'epidemia da coronavirus. Se le condizioni lo permetteranno, il tradizionale appuntamento remiero si svolgerà nelle acque dell'Arno nella seconda metà di settembre.
«Con grande dispiacere siamo stati costretti a rinviare l'evento - spiega il presidente del Cus Pisa Stefano Pagliara -. La speranza è di poter rimandare l'organizzazione della tradizionale sfida al mese di settembre, studiando anche nuove modalità per il suo svolgimento ed eventuali misure necessarie ad assicurare tutte le precauzioni del caso, per dare seguito ad un'importante manifestazione che fa onore ai Cus e alle due Università».
Quella 2020 avrebbe dovuto rappresentare l'edizione del "riscatto" per l'equipaggio pisano. Per i vogatori del Cus Pisa e dell'Ateneo di Pisa, l'obiettivo era riportare all'ombra della Torre il trofeo "Curtatone e Montanara", il premio messo in palio per commemorare gli studenti pavesi e pisani che parteciparono alla battaglia risorgimentale di Curtatone e Montanara del 1848. Dopo mesi di preparazione ed allenamenti e con il sostegno delle centinaia e centinaia di appassionati che tradizionalmente affollano i lungarni in occasione di quella che è una delle più antiche regate d'Europa, il team del Cherubino avrebbe provato ad interrompere anche la serie positiva di Pavia che dura da ormai sei anni.
«Purtroppo dobbiamo adeguarci al momento e obbligatoriamente, anche nel rispetto delle direttive nazionali, siamo costretti a rimandare lo svolgimento della storica regata, che rappresenta un importante appuntamento sportivo e di relazioni tra l'Università di Pisa e quella di Pavia - commenta Marco Gesi, prorettore con delega allo sport dell'Ateneo di Pisa -. Un evento cittadino che abbiamo il dovere e il piacere di mantenere vivo: speriamo che questa fase passi in fretta e che a settembre ci siano tutte le condizioni per recuperare l'edizione 2020 e per tornare ad essere tutti uniti».
Do you speak COVIDish?
Prima o poi qualcuno doveva pur accorgersi che il virus anglico ha approfittato della pandemia per infettare ancora un po’ la nostra lingua!
Dai social e dai report giornalistici impariamo a tenerci alla larga dalle droplet (le goccioline) e discutiamo il timing dell’epidemia, le modalità del lockdown, la distribuzione dei kit per gli esami seriologici, la conversione di alcune strutture a COVID hospital, la creazione di software per le app, con i connessi pericoli di data breach, e i dubbi sull’affidabilità degli screening, e anche dei termoscanner (meglio il classico termometro) cui saranno da preferire le termocamere (intese non come camere da letto ma come telecamere) usate anche dagli hub dei trasporti.
Intanto gli studenti si attrezzano con tablet e altri device scolastici oltre a videotutorial per l’e-learning, le aziende con lo smart working e l’e-commerce per salvare il brand, e gli economisti chiedono all’Europa Eurobond, o Coronabond, anche nella declinazione più realistica di Eurofund, come suggeriscono le varie task force di esperti e tecnici cooptati per aiutarci ad uscire da questa grande crisi. E penseremo finalmente ad una Fase 2 con tanto di bike sharing, menù contactless e digital al ristorante, sportelli di ascolto per medici e infermieri contro il burnout, e webinar sull’undertourism dopo l’overtourism.
Da un lato l’Accademia della Crusca, dall’altro Paolo di Stefano e Beppe Severgnini sul Corriere della Sera, puntano giustamente il dito sull’uso di un lessico inglese per parlare di cose che potremmo benissimo dire in italiano. Giusto. Se non fosse che talvolta, quando proviamo a dirle in italiano produciamo effetti a volte semplicemente esilaranti, come “Boris Johnson è stato testato positivo” (apparso su un autorevole quotidiano), altre volte creativi, come un “lockdown parziale” (ma se lockdown è chiosato “chiusura totale” come fa ad essere parziale? Tanto vale parlare di isolamento o confinamento parziale) o anche un “lockdown severo” secondo un uso diffuso soprattutto in medicina di questo calco dall’inglese che spodesta il nostro concetto di severità nel senso di intransigenza, rigore, per sostituirlo con quello dell’inglese “severe” che però significa “grave”. Per aggiornamenti sullo “stato dell’arte”, o per “evidenze” delle sperimentazioni in corso, si consiglia di non whatsappare e twittare gli amici, o guglare i soliti siti.
Ricordiamoci che l’attuale pandemia non è “virale” perché condivisa da milioni di utenti su Internet, ma perché causata da un virus che non è per niente virtuale.
Marcella Bertuccelli Papi
Professore ordinario di Lingua Inglese